Il 29 dicembre del 1945, a pochi chilometri da San Mauro, nei pressi di Caltagirone, ebbe luogo la "battaglia di San Mauro" tra l'EVIS, l'Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia, e le forze armate Italiane.
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L'evento bellico, che contrappose poche decine di ribelli (i siciliani, infatti, non raggiungevano il centinaio di unità) ad almeno 3.000 (5.000 secondo i rappresentanti dell'EVIS).
A seguito di quella battaglia, precipitarono le trattative tra indipendentisti e governo, e si arrivò, a fine 1945 all'accordo che avrebbe portato alla conquista dello Statuto della Regione Siciliana. Quello stesso Statuto che l'Italia non ha mai rispettato, facendo così cadere il fondamento stesso sul quale i Siciliani avevano rinunciato alla loro indipendenza.
Molti di noi, a titolo personale, o come associazioni o movimenti, avevano dato il loro contributo alla costruzione di questa stele, che ricorda quel lontano evento, ed oggi, con una delegazione guidata da Luigi Crispino, anche noi saremo presenti a San Mauro, in spirito di fratellanza con il MIS e con tutte le organizzazioni indipendentiste.
Oggi non è più tempo di guerre civili e di violenza. Le guerre per l'indipendenza del passato, come il 1848/49 o il 1943/45, appartengono al nostro Pantheon, e stanno a ricordare come qualche volta solo la forza riesca a fermare la violenza dell'occupante.
Oggi non ci sono più morti di guerra civile, bensì morti di guerra economica, quella guerra economica non dichiarata che l'Italia sta conducendo contro di noi.
Noi oggi adottiamo mezzi pacifici, che siano quelli elettorali o plebiscitari o di pacifica disobbedienza civile.
Ma lo Stato, che oggi sta irridendo e violando, anzi sta mettendosi sotto i piedi, la nostra Carta costituzionale, sappia che non subiremo in silenzio. L'Assessore Baccei "si diverte" col bilancio della Regione, e quindi con quello di centinaia di comuni, di centinaia di migliaia di imprese e di cinque milioni di siciliani, ridotti al dissesto o alla fame.
Noi siamo e rimarremo pacifici, ma sapremo rispondere, con i mezzi adatti alla nostra epoca a questa violenza inaudita che minaccia di cancellarci come Popolo dalla faccia della terra.
Questo ci ricordano i morti del 1945 e questo li rende drammaticamente attuali.
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Leonardo Sciascia nasce 8 Gennaio del 1921.
(Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989) .
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E' stato uno scrittore, giornalista, saggista, drammaturgo, poeta, politico, critico d'arte e insegnante.
Spirito libero e anticonformista, lucidissimo e impietoso critico del nostro tempo, Sciascia è una delle grandi figure del Novecento italiano ed europeo.
Leonardo Sciascia nasce l'8 gennaio 1921 a Racalmuto, in provincia di Agrigento, primo di tre fratelli, figlio di un impiegato, Pasquale Sciascia, e di una casalinga, Genoveffa Martorelli. La madre proviene da una famiglia di artigiani mentre il padre era impiegato presso una delle miniere di zolfo locali e la storia dello scrittore ha le sue radici nella zolfara dove hanno lavorato il nonno e il padre.
Trascorre l'infanzia circondato da zie e zii nella casa di Racalmuto di via Regina Margherita, 37 (oggi via Leonardo Sciascia), aperta al pubblico nel luglio del 2019 da privati e inserita nel percorso turistico "Strada degli scrittori".
Dall'esperienza d'insegnante nelle scuole elementari del suo paese trasse ispirazione per un fortunato racconto-inchiesta, Le parrocchie di Regalpetra (1956), in cui coglieva acutamente le radici storico-sociali dell'arretratezza siciliana.
Successivamente, senza trascurare una vena saggistico-libellista, di dichiarata ascendenza illuministica (Pirandello e la Sicilia, 1961; La corda pazza, 1970; Nero su nero, 1979; Cruciverba, 1983; ecc.), ottenne un crescente successo di pubblico con una serie di romanzi brevi di ambientazione prevalentemente siciliana (Il giorno della civetta, 1961; A ciascuno il suo, 1966; Il contesto, 1971; Todo modo, 1974; Una storia semplice, 1989), in cui la denuncia del sistema di connivenze di cui godeva la mafia coinvolgeva la politica nazionale e alludeva alla diffusione incontenibile della mentalità mafiosa.
Investì poi la sua penetrante immaginazione inquisitoria nella ricerca storiografica (Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, 1971; La scomparsa di Majorana, 1975; I pugnalatori, 1976; Dalle parti degli infedeli, 1979) fino a misurarsi con la tragica attualità del terrorismo (L'affaire Moro, 1978), anche come relatore di minoranza nella commissione parlamentare d'inchiesta sull'assassinio di A. Moro e sul terrorismo in Italia (era stato eletto alla Camera dei deputati nel 1979 nelle liste del Partito radicale).
La produzione letteraria di Sciascia è raccolta in Opere (3 voll., a cura di C. Ambroise, 1987-91).
«Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia… E sale come l'ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia, ed è già, oltre Roma…»
(Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta, 1961)
💻Fonti: Eciclopedia Treccani – Enciclopedia Wikipedia
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Leonardo Sciascia nasce l'8 gennaio 1921 a Racalmuto, in provincia di Agrigento, primo di tre fratelli, figlio di un impiegato, Pasquale Sciascia, e di una casalinga, Genoveffa Martorelli. La madre proviene da una famiglia di artigiani mentre il padre era impiegato presso una delle miniere di zolfo locali e la storia dello scrittore ha le sue radici nella zolfara dove hanno lavorato il nonno e il padre.
Trascorre l'infanzia circondato da zie e zii nella casa di Racalmuto di via Regina Margherita, 37 (oggi via Leonardo Sciascia), aperta al pubblico nel luglio del 2019 da privati e inserita nel percorso turistico "Strada degli scrittori".
Dall'esperienza d'insegnante nelle scuole elementari del suo paese trasse ispirazione per un fortunato racconto-inchiesta, Le parrocchie di Regalpetra (1956), in cui coglieva acutamente le radici storico-sociali dell'arretratezza siciliana.
Successivamente, senza trascurare una vena saggistico-libellista, di dichiarata ascendenza illuministica (Pirandello e la Sicilia, 1961; La corda pazza, 1970; Nero su nero, 1979; Cruciverba, 1983; ecc.), ottenne un crescente successo di pubblico con una serie di romanzi brevi di ambientazione prevalentemente siciliana (Il giorno della civetta, 1961; A ciascuno il suo, 1966; Il contesto, 1971; Todo modo, 1974; Una storia semplice, 1989), in cui la denuncia del sistema di connivenze di cui godeva la mafia coinvolgeva la politica nazionale e alludeva alla diffusione incontenibile della mentalità mafiosa.
Investì poi la sua penetrante immaginazione inquisitoria nella ricerca storiografica (Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, 1971; La scomparsa di Majorana, 1975; I pugnalatori, 1976; Dalle parti degli infedeli, 1979) fino a misurarsi con la tragica attualità del terrorismo (L'affaire Moro, 1978), anche come relatore di minoranza nella commissione parlamentare d'inchiesta sull'assassinio di A. Moro e sul terrorismo in Italia (era stato eletto alla Camera dei deputati nel 1979 nelle liste del Partito radicale).
La produzione letteraria di Sciascia è raccolta in Opere (3 voll., a cura di C. Ambroise, 1987-91).
«Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia… E sale come l'ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia, ed è già, oltre Roma…»
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🌦Buon pomeriggio ☕️🌻
🗓️ 21 Marzo
📖Proverbiu du jionnu
"Mali non fari,paura non aviri".
🗞Videmu chi succidiu na vota di sti tempi.
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📌 Si celebra oggi, 21 marzo, la "Giornata della memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie"
👉🏻 In una prima fase iniziale, l'iniziativa è stata lanciata per volontà di Libera, ma da qualche anno la ricorrenza è divenuta istituzionale per merito della Legge n. 20 dell’8 marzo 2017
🌸 L'iniziativa nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage di Capaci e non sentiva mai pronunciare il suo nome. Così dal 1996, ogni anno, in una città diversa, nel primo giorno di primavera viene scandito il lungo elenco di nomi come un interminabile rosario civile, per farli vivere ancora, per non farli morire mai.
📌 21 Marzo 1927 nasce Rosa Balistreri
👉🏻 E' stata una Cantautrice e Cantastorie.
(Licata, 21 marzo 1927 – Palermo, 20 settembre 1990).
🎶 Rosa Balistreri è la più popolare cantautrice Siciliana. Con le sue canzoni cariche di malinconia, amore per la propria terra e coraggiosa denuncia sociale, Rosa Balistreri può a ben diritto essere definita la voce della Sicilia del Novecento.
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🌸 L'iniziativa nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage di Capaci e non sentiva mai pronunciare il suo nome. Così dal 1996, ogni anno, in una città diversa, nel primo giorno di primavera viene scandito il lungo elenco di nomi come un interminabile rosario civile, per farli vivere ancora, per non farli morire mai.
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Rosa Balistreri "Nostalgia Pensu a sta terra"
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👩🎤 LA VOCE DELLA SICILIA NOVECENTESCA
🎵Con le sue canzoni cariche di malinconia, amore per la propria terra e coraggiosa denuncia sociale, Rosa #Balistreri può a ben diritto essere definita la voce della #Sicilia del novecento.
👶Nata a #Licata il 21 marzo 1927 presso un'umilissima famiglia, all'età di sedici anni Rosa sposò Gioacchino Torregrossa, uomo che in seguito la cantautrice definirà «latru, jucaturi e ‘mbriacuni». Il matrimonio, da cui nacque la figlia Angela, finì quando Rosa, apprendendo che il marito aveva perso al gioco il corredo della figlia, lo colpì con una lima e, credendo di averlo ucciso, si costituì. A causa di questo gesto la futura cantautrice dovette scontare alcuni mesi di carcere.
Al fine di mantenere la figlia ed aiutare la famiglia d'origine, Rosa svolse i mestieri più umili e disparati, fino a quando fu assunta come donna di servizio presso la casa di una famiglia nobile di #Palermo. Qui si innamorò del figlio del padrone di casa, rimandendo incinta. Tuttavia, accusata di furto, perse il lavoro e scontò altri mesi di galera. Uscita dal carcere, trovò occupazione come sagrestana e custode della Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti, nel centro storico di Palermo, vivendo in un sottoscala con il fratello invalido. Perso anche questo lavoro per via di gravi problemi con il sacerdote della chiesa, Rosa decise di lasciare Palermo e trasferirsi a #Firenze.
Nel capoluogo toscano lavorò dapprima come donna di servizio presso famiglie benestanti e poi aprì un banco di frutta e verdura insieme alla madre e ad altri membri della famiglia giunti da Licata. La sorella Maria, arrivata a Firenze insieme ai figli per sfuggire al marito violento, fu poi uccisa da quest'ultimo. Per il dispiacere il padre di Rosa si suicidò impiccandosi. Le dolorose esperienze familiari ebbero senza dubbio un impatto importante sullo struggente stile della cantautrice.
A inizio anni sessanta Rosa conobbe il pittore fiorentino Manfredi Lombardi, con cui visse per parecchi anni. Risale a quest'epoca l'inizio della carriera pubblica come cantante folk. Dopo aver collaborato con Dario Fo tra il 1966 ed il 1969, Rosa balzò agli onori delle cronache per la mancata partecipazione al Festival di #Sanremo del 1973 con il brano "Terra che non senti", escluso per ragioni politiche. Con questa canzone la Balistreri avrebbe voluto denunciare le drammatiche condizioni della sua terra, la Sicilia.
In quell'occasione dichiarò: «Finora ho cantato nelle piazze, nei teatri, nelle università, ma sempre per poche migliaia di persone. Adesso ho deciso di gridare le mie proteste, le mie accuse, il dolore della mia terra, dei poveri che la abitano, di quelli che l’abbandonano, dei compagni operai, dei braccianti, dei disoccupati, delle donne siciliane che vivono come bestie. Era questo il mio scopo quando ho accettato di cantare a Sanremo. Anche se nessuno mi ha visto in televisione, tutti gli italiani che leggono i giornali sanno chi sono, cosa sono stata, tutti conoscono le mie idee, alcuni compreranno i miei dischi, altri verranno ai miei concerti e sono sicura che rifletteranno su ciò che canto».
Tornata a vivere Palermo nel 1971, collaborò - tra gli altri - con il poeta Ignazio Buttitta, che di lei disse «ogni volta che cercheremo le parole, i suoni sepolti nel profondo della nostra memoria, quando vorremo rileggere una pagina vera della nostra memoria, sarà la voce di Rosa che ritornerà a imporsi con la sua ferma disperazione, la sua tragica dolcezza». Morì a Palermo il 20 settembre 1990, a 63 anni. Artiste come Carmen Consoli hanno più volte sottolineato l'importanza di Rosa nella storia della musica popolare siciliana.
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👶Nata a #Licata il 21 marzo 1927 presso un'umilissima famiglia, all'età di sedici anni Rosa sposò Gioacchino Torregrossa, uomo che in seguito la cantautrice definirà «latru, jucaturi e ‘mbriacuni». Il matrimonio, da cui nacque la figlia Angela, finì quando Rosa, apprendendo che il marito aveva perso al gioco il corredo della figlia, lo colpì con una lima e, credendo di averlo ucciso, si costituì. A causa di questo gesto la futura cantautrice dovette scontare alcuni mesi di carcere.
Al fine di mantenere la figlia ed aiutare la famiglia d'origine, Rosa svolse i mestieri più umili e disparati, fino a quando fu assunta come donna di servizio presso la casa di una famiglia nobile di #Palermo. Qui si innamorò del figlio del padrone di casa, rimandendo incinta. Tuttavia, accusata di furto, perse il lavoro e scontò altri mesi di galera. Uscita dal carcere, trovò occupazione come sagrestana e custode della Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti, nel centro storico di Palermo, vivendo in un sottoscala con il fratello invalido. Perso anche questo lavoro per via di gravi problemi con il sacerdote della chiesa, Rosa decise di lasciare Palermo e trasferirsi a #Firenze.
Nel capoluogo toscano lavorò dapprima come donna di servizio presso famiglie benestanti e poi aprì un banco di frutta e verdura insieme alla madre e ad altri membri della famiglia giunti da Licata. La sorella Maria, arrivata a Firenze insieme ai figli per sfuggire al marito violento, fu poi uccisa da quest'ultimo. Per il dispiacere il padre di Rosa si suicidò impiccandosi. Le dolorose esperienze familiari ebbero senza dubbio un impatto importante sullo struggente stile della cantautrice.
A inizio anni sessanta Rosa conobbe il pittore fiorentino Manfredi Lombardi, con cui visse per parecchi anni. Risale a quest'epoca l'inizio della carriera pubblica come cantante folk. Dopo aver collaborato con Dario Fo tra il 1966 ed il 1969, Rosa balzò agli onori delle cronache per la mancata partecipazione al Festival di #Sanremo del 1973 con il brano "Terra che non senti", escluso per ragioni politiche. Con questa canzone la Balistreri avrebbe voluto denunciare le drammatiche condizioni della sua terra, la Sicilia.
In quell'occasione dichiarò: «Finora ho cantato nelle piazze, nei teatri, nelle università, ma sempre per poche migliaia di persone. Adesso ho deciso di gridare le mie proteste, le mie accuse, il dolore della mia terra, dei poveri che la abitano, di quelli che l’abbandonano, dei compagni operai, dei braccianti, dei disoccupati, delle donne siciliane che vivono come bestie. Era questo il mio scopo quando ho accettato di cantare a Sanremo. Anche se nessuno mi ha visto in televisione, tutti gli italiani che leggono i giornali sanno chi sono, cosa sono stata, tutti conoscono le mie idee, alcuni compreranno i miei dischi, altri verranno ai miei concerti e sono sicura che rifletteranno su ciò che canto».
Tornata a vivere Palermo nel 1971, collaborò - tra gli altri - con il poeta Ignazio Buttitta, che di lei disse «ogni volta che cercheremo le parole, i suoni sepolti nel profondo della nostra memoria, quando vorremo rileggere una pagina vera della nostra memoria, sarà la voce di Rosa che ritornerà a imporsi con la sua ferma disperazione, la sua tragica dolcezza». Morì a Palermo il 20 settembre 1990, a 63 anni. Artiste come Carmen Consoli hanno più volte sottolineato l'importanza di Rosa nella storia della musica popolare siciliana.
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🌦Buongiorno ☕️🌻
🗓️ 22Marzo
📖Proverbiu du jionnu
"Iu manciu cipudda, e a tia t’abbrucianu l’occhi".
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🔸Addì 22 Marzo 1609 , Dominica matino – Nel convento di Sancto Dominico di questa città, si fici lu spittaculu della Santa Inquisizioni. Et a uri 13 in circa niscero di Castello a Mare li Inquisiti, con tutti li Conventi. E nell’ultima venìa la Compagnia di detta Inquisizione, con la cruci del Sancto Ufficio coperta con velo negro e poi li cruci delli Parrocchi coverta di nigro et ogniuno delli fratelli con la intorcia allumata; et appresso li inquisiti, quali foro di numero di 25, uomini e donni. Et arrivati chi foro in ditto Convento, si lessi lu processo di ogniuno. E finito, li Inquisitori ci ficiro la assoluzioni; e sindi tornarono tutti li inquisiti nella Vicaria del novo edificio di questa città.
🔸Addì 22 Marzo 1670 – Muore Pietro Fullone ( per i Palermitani, Fudduni ) e fu sepolto nella chiesa di S. Maria dell'Itria (così attesta lo storico Antonio Mongitore). Nato a Palermo agli inizi del sec. XVII, forse nel rione Capo, non si conoscono i nomi dei genitori, tantomeno la sua biografia, avvolta nella leggenda e tramandata per aneddoti dalla memoria popolare.Il cognome stesso del poeta pare sia un soprannome, ricavato dalla voce dialettale foddi, "folle", accresciuta nell'epiteto "Fudduni", con cui egli era noto.
🔸Addì 22 Marzo 1943 – Una ventina di quadriplani americani hanno effettuato una incursione aerea su Palermo. Molti fabbricati urbani sono stati demoliti o danneggiati. Le vittime accertate tra la popolazione civile salgono a 38 morti e 184 feriti. Il contegno della popolazione è stato esemplare.
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