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BASTA ESSERE UN GIORNALISTA PALESTINESE PER AVERE DIRITTO AL PREMIO DELL'UNESCO? | di Luigi Chiarello

Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), con sede a New York, almeno 97 membri della stampa sono stati uccisi dallo scoppio della guerra in ottobre, 92 dei quali erano palestinesi. Giorni fa, la giuria internazionale professionisti dei media dell'UNESCO ha scelto di assegnare il premio mondiale per la libertà di stampa a tutti i giornalisti palestinesi che seguono la guerra a Gaza, dove Israele sta combattendo contro Hamas da oltre sei mesi.

Ora, sommessamente, si potevano premiare i giornalisti palestinesi con un sacco di motivazioni:

- abnegazione nell'esercizio del diritto di cronaca sotto le bombe,

- coraggio nell'esercizio della professione,

- sacrificio nell'esercizio del dovere informativo, ecc, ecc.

Ma io non ho mai letto grandi reportage dei colleghi palestinesi sulle violenze che Hamas conduce sulla popolazione palestinese, sul giogo che i terroristi esercitano sui gazawi, sul drenaggio che Hamas ha compiuto delle risorse destinate a ospedali e università per costruire tunnel e armarsi fino ai denti. Né, ho mai letto scoop su chi ci sia dietro agli ordigni scagliati su Israele, su chi finanzia le brigate Ezzedin al Qassam, sui rapporti tra Hamas e Iran, su come siano arrivate le armi a Gaza, sulle infiltrazioni dei jihadisti dell'Isis nella striscia. Nulla sugli addestramenti per gli attentati, zero documenti palestinesi sulla mattanza del sette ottobre e su come sia stata organizzata.

Allora, esattamente, di quale libertà di stampa parliamo quando l'Unesco li premia con questa motivazione? Siamo tutti qui a ripetere che è un riconoscimento giusto. Che sono liberi. Liberi di scrivere cosa?

Testo | ItaliaOggi

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LILIANA SEGRE: "DIRE CHE ISRAELE COMMETTE GENOCIDIO E' UNA BESTEMMIA"

"Quando mi dicono che Israele fa genocidi, questo confronto diventa una bestemmia".

Lo ha detto la senatrice a vita Liliana Segre durante un convegno sull'antisemitismo al Memoriale della Shoah di Milano. "Non usiamo questa parola davvero spaventosa", ha aggiunto.

"Devo dire la verità, io ho accettato subito questo invito fatto tempo fa, ma non credevo di arrivare qui così triste e pessimista, sconvolta dai fatti che già conoscevo e qui sono stati ben espressi e spiegati. Perché a distanza di tanti anni da quando ho cominciato ad andare nelle scuole e nelle università, quando i ragazzi mi ascoltavano e facevano domande anche molto interessanti, che aprivano in me nuovi orizzonti, capisco con me stessa che non esistono parole per raccontare la Shoah".

“Mi chiedo dove trovo le parole per giustificare in qualunque modo cosa si possa fare oggi quando la gioventù ignorante della storia, perché sono veramente pochi quelli che la studiano, va nelle università a gridare?".

Testo | Tgcom24 & Adnkronos

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Si tratta di un passo estremamente importante per ripristinare i diritti usurpati del popolo palestinese sotto occupazione e per raggiungere lo status che la Palestina merita nella comunità internazionale. La Turchia continuerà a compiere sforzi affinché sempre più Paesi riconoscano la Palestina", si legge nella dichiarazione.

Pronto anche l'intervento dell'Autorità Palestinese, che ben contenta di riscuotere un premio nonstante da ANNI stia portando avanti la propria campagna di demonizzazione di tutto ciò che ebraico, in Israele e nel mondo, ha accolto "con soddisfazione" la decisione di Norvegia, Spagna e Irlanda sul riconoscimento dello Stato di Palestina. Lo riferisce l'agenzia palestinese Wafa. La Norvegia, afferma la presidenza palestinese, "ha sostenuto con forza i diritti del popolo palestinese nel corso degli ultimi anni e ha votato a favore di questi diritti nelle sedi internazionali". E "questa prima decisione costituisce il culmine di queste posizioni ed è conforme ai principi del diritto internazionale che riconoscono il diritto dei popoli a liberarsi dal colonialismo e dall'oppressione e a vivere nella libertà, nella giustizia e nell'indipendenza".

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Forse perché uccidere ebrei è per lei cosa encomiabile? Vorrei ricordare al viceministro che lo slogan dei jihadisti è 'prima il sabato e poi la domenica', che tradotto vuole dire "prima perseguitiamo gli ebrei e poi toccherà ai cristiani". Del resto, è visibile a tutti come nei territori governati da Hamas o dall'Anp i cristiani scappano, mentre Israele è l'unico luogo del Medio Oriente dove sono in aumento».

Testo | Panorama

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APPELLO DI ERDOGAN AL MONDO ISLAMICO: "REAGIRE CONTRO ISRAELE, ALLAH CI RITERRA' RESPONSABILI SE NON LO FACCIAMO"

"Nessuna religione al mondo può legittimare questa brutalità". "Il sangue è anche sulle vostre mani", ha affermato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, rivolgendosi agli Stati Uniti, durante una discorso al suo gruppo parlamentare Akp, trasmesso dalla tv di stato turca Trt.

"Anche i paesi europei hanno partecipato alla barbarie israeliana perchè sono stati in silenzio", ha aggiunto il leader turco tornando a paragonare il premier di Israele, Benjamin Netanyahu, a Adolf Hitler, definendo "psicopatico" il premier israeliano e ha detto che "il mondo sta assistendo in diretta televisiva ad un genocidio" che "non sarà dimenticato dal mondo".

Erdogan ha poi lanciato un appello al mondo islamico per reagire contro Israele. "Ho qualcosa da dire al mondo islamico: che cosa aspettate a prendere una decisione condivisa? Allah considererà voi, tutti noi, responsabili per questo", ha affermato Erdogan durante una discorso al suo gruppo parlamentare Akp, trasmesso dalla tv di stato turca Trt.

testo | RaiNews

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Bravo il sindaco democratico di New York, Eric Adams, che ha pubblicato sui social i volti delle vittime del festival Nova e che ha reso omaggio al memoriale. Potrebbero ispirarsi a lui i sindaci dem in Italia, come quello di Bologna (ma anche quelli di destra), che invece garriscono con le bandiere palestinesi i loro palazzi comunali.

Testo | Il Foglio

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ISRAELE E' ASSEDIATO SU PIU' FRONTI, I SUOI NEMICI VOGLIONO DISTRUGGERLO MA IL MONDO DELLA PACE NON LO DIFENDE | di Iuri Maria Prado

C’è un solo motivo per cui, dal sette ottobre dell’anno scorso in qua, non ci sono stati dieci, cento, mille altri sette ottobre: e il motivo è che lo Stato Ebraico ha lo spirito, la forza, la tecnologia, le armi e un popolo in armi che ne garantiscono le capacità di difesa. Non l’incolumità, questo no: dopo essere già stato sventrato il sette ottobre, infatti, quel Paese e il suo popolo, accusati di genocidio, hanno visto cadere centinaia di soldati, hanno visto decine di migliaia israeliani sfollati e molti di più, centinaia di migliaia, abituati a nascondersi pressoché ogni giorno nei rifugi. L’opinione pubblica sequestrata dalla propaganda pregiudizialmente anti-israeliana, o antisemita senz’altro, sa di tutto questo? E sa da che cosa tutto questo è determinato? C’è serio motivo di credere che non lo sappia.

Non sa, quell’opinione pubblica, che ci sono quattro, cinque, sei, sette fronti di guerra che circondano Israele. Non c’è solo quello di Gaza, presentato come la zona di ricreazione sionista in cui tuttavia, inopinatamente, i bambini in fasce, le puerpere, gli ottantaquattrenni in sedia a rotelle, i cardiopatici e i diabetici fronteggiano i soldati israeliani uccidendone cinquecento. Se Israele impiega settimane per prendere un ospedale o una scuola, infatti, non è certo perché quelli sono vespai di terroristi, ma perché si scambia fucilate con i ragazzini che fanno lezione e con i pazienti in fila per la dialisi. Ma poi? Poi c’è il fronte della guerra al Nord, con le migliaia di razzi e droni che hanno incenerito la Galilea, c’è il fronte con la Siria, quello fremente nella West Bank, quello tenuto attivo dalle milizie iraniane che lavorano dall’Iraq, quello dei pirati yemeniti e infine quello più vasto e più ambizioso, che abbraccia tutto e muove tutto, il fronte del regime fondamentalista e genocidiario iraniano.

Non c’è il mondo della pace a difendere Israele su quei tanti fronti. E, se fosse per il mondo della pace, da quei tanti fronti verrebbe il repulisti degli ebrei dal fiume al mare: la rifinitura, concentrata in quell’orlo di Medio Oriente, del lavoro fatto da Adolf Hitler nell’Europa che ottant’anni dopo assiste all’incendio delle sinagoghe, alle minacce di morte nei confronti di una novantenne sopravvissuta ad Auschwitz e al vilipendio delle immagini degli uomini, delle donne e dei bambini rapiti dalle belve del 7 ottobre. E allora condanniamo senz’altro ogni proiettile che abbia ucciso un qualsiasi civile. Pretendiamo senz’altro che gli israeliani si liberino di un primo ministro spregiudicato e faccendiere. Ma prima, o almeno insieme, ricordiamo che l’assedio che subisce Israele non è per nessuna resistenza, per nessun diritto, per nessuna libertà, ma solo e soltanto per distruggere quel Paese e per uccidere tutti gli ebrei.

Testo | Il Riformista

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SONDAGGIO PALESTINESE: CIVILI FAVOREVOLI AL MASSACRO DEL 7 OTTOBRE

8 arabo-palestinesi su 10 hanno espresso sostegno al massacro di Hamas contro i civili del sud d’Israele.

Lo rivela un sondaggio del Palestinian Center for Policy and Survey Research, secondo cui, in linee generali, nonostante il pogrom del 7 ottobre, Hamas ha aumentato i consensi anche a discapito di Fatah, il cui crollo sembra la storia di un delitto annunciato.

Sondaggio, condotto dal 26 maggio al primo giugno, che ha mostrato come 3 intervistati su 4 si sono detti contrari a una forza di interposizione araba nella Striscia di Gaza, mentre più della metà è in favore della lotta armata e contraria alla soluzione a due Stati; sostenuta da tanti leader politici internazionali che non si rendono conto della reale situazione all’interno della popolazione arabo-palestinese.

Per questo colpisce solo chi non ha voluto vedere per decenni, che soprattutto nella West Bank – ma anche a Gaza – alle domande “chi preferirebbero che mantenesse il controllo” e “quale scenario preferirebbero per il dopo guerra”, la risposta è stata sempre la stessa: Hamas.

Il gruppo terrorista arabo-palestinese assieme al suo leader nella Striscia Sinwar godono di un consenso che dà la misura dell’aria che si respira presso i gazawi, i quali considerano gli Houthi il miglior partner arabo contemporaneo.

Sempre secondo i partecipanti al sondaggio, Hamas vincerà la guerra contro Israele e continuerà a gestire Gaza.

Non arrivano notizie confortanti neanche in merito per la leadership dei macellai del 7 ottobre: per gli intervistati la guida di Ismail Haniyeh può essere messa in discussione solo dal noto sanguinario Marwas Barghouti.

Il sondaggio parla chiara: la popolazione civile esprime pieno sostegno ad Hamas, al suo terribile attacco contro i civili israeliani di otto mesi fa e la tendenza è quella di sostenere dei gestori di Gaza sempre più sanguinari.

Il sondaggio parla chiaro a tutti quei governanti del mondo, secondo cui la strada da percorrere per la pace è quella della soluzione a due stati.

I gazawi l’hanno detto: a esistere deve solo lo stato palestinese, quello d’Israele non è contemplato nel loro immaginario futuro…

[Continua a leggere l'articolo sul nostro sito >> https://www.progettodreyfus.com/sondaggio-palestinesi-7-ottobre/ ]

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GAZA: EGITTO RIFIUTA DI EVACUARE PALESTINESI MALATI DA RAFAH

L'Egitto ha respinto la proposta israeliana di consentire l'evacuazione dei palestinesi malati dalla Striscia di Gaza attraverso il valico di frontiera di Rafah. Lo scrive il quotidiano libanese Al-Akhbar citando fonti egiziane secondo le quali il Cairo ha rifiutato l'offerta perché Israele ora controlla il lato palestinese del valico.

Il valico di Rafah è stato chiuso da quando Israele ha preso il controllo del lato di Gaza il 7 maggio scorso. L'Egitto si è rifiutato di riaprirlo finché non fosse tornato sotto il controllo palestinese, per evitare di essere visto come complice dell'operazione militare israeliana nella città più meridionale di Gaza.

L'Egitto si è invece offerto di portare forniture mediche e curare gli abitanti della Striscia di Gaza feriti al valico di frontiera di Kerem Shalom in coordinamento con le organizzazioni umanitarie internazionali che lavorano nell'enclave palestinese. L'offerta israeliana consentiva il trasferimento di un numero ''illimitato'' di palestinesi feriti in Egitto per ricevere cure mediche, riferisce Al-Akhbar.

Testo | Sky tg24

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E LA STELLA GIALLA SULLA MERCE QUANDO?

"Deutsche kauft nicht bei Juden”. I tedeschi non comprano dagli ebrei. Così recitava un manifesto nella Germania di Hitler. Allora lo slogan era: “Geh nach Palästina, du Jud”. Ebrei, andate in Palestina! Oggi il motto del boicottaggio è: “Ebrei, fuori dalla Palestina!”.

“Socio Coop per la Palestina. No ai prodotti israeliani nei punti vendita di Coop”. Così recita un manifesto che gira in questi giorni:

“Come socie/soci/clienti Coop ci impegniamo a non acquistare prodotti provenienti da aziende israeliane, a informare altri e incoraggiare consumatori e consumatrici a non acquistare prodotti israeliani”.

C’è anche il Qr code. Un invito a fare pressione sulla Coop perché smetta di vendere pro- dotti dallo stato ebraico. Un mezzo di pressione per non comprarle.

Il The Wall Street Journal scriveva tempo fa che si è passati “dallo Judenfrei (nazista) allo Zionistfrei (antisionista)”. Quando il boicottaggio ha iniziato a prendere forza in Europa, l’azienda vinicola Bazelet sul Golan ha deciso di spedire le sue bottiglie in Europa avvolte da una bandiera israeliana, in segno di sfida.

Chissà se non si arriverà a mettere una stella gialla sui prodotti israeliani. Abbiamo visto città come Leicester mettere al bando i prodotti made in Israel. George Galloway ha promesso che anche la sua città, Bradford, sarebbe diventata “Israel free”. Nella città irlandese di Kinvara i ristoranti e persino le farmacie per un periodo non hanno venduto più prodotti israeliani. Ci sono caffè
di Londra che hanno esposto la scritta “No Israeli products here”. La città spagnola di Villanueva de Duero non distribuisce più l’acqua israeliana Eden Springs nei suoi edifici pubblici.

In tedesco era “Kauft nicht bei Juden”. Oggi suona più semplice: Boycott divest sanctions.

Testo | Il Foglio

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COOP ITALIA: "NOI ESTRANEI A BOICOTTAGGIO PRODOTTI ISRAELE"

Coop "è estranea" all'appello promosso da alcuni soci con un volantino di boicottaggio di prodotti israeliani nei punti vendita e "conferma di non aver mai praticato azioni di boicottaggio di prodotti". Lo afferma una nota della società cooperativa.

"Coop - è scritto nella nota - sostiene le istanze di pace e giustizia tra il popolo palestinese e Israele, ma ciò non comporta attivare azioni di boicottaggio che Coop non ha mai praticato. Tutte le scelte di acquisto o di 'non acquisto' sono legittime, strumentalizzazioni e interpretazioni non corrette sono ingiustificate. Così riteniamo di tutelare il punto di vista di una platea di oltre 6 milioni di soci che rappresentano valori, opinioni e sensibilità inevitabilmente diverse e tutte analogamente da rispettare".

Testo | Sky tg24

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DOPO IL SABATO C'E' LA DOMENICA | di Michelle Mazel

“Val-de-Marne: un ragazzino di 10 anni chiamato “sporco cristiano” e “sporco ebreo” da altri due bambini per strada” E’ successo lo scorso 20 giugno ad Alfortville. Considerato come semplice mancanza di educazione, di questo episodio non si è parlato molto. Innanzitutto per la sua scarsa rilevanza. La Francia purtroppo ha subito delle aggressioni antisemite ma anche degli attacchi contro delle chiese e perfino contro dei preti. Tuttavia, questa equazione tra ebreo e cristiano sulla bocca di ragazzini di quartiere avrebbe dovuto farci riflettere, visto l’attuale contesto. Tanto più che si può pensare che questi ragazzi abbiano imparato l'odio dell'ebreo e quello del cristiano proprio in casa loro.

Pochi giorni dopo, era domenica sera del 23 giugno, in Daghestan, dei terroristi hanno attaccato due sinagoghe e una chiesa nelle due città più grandi. Una sinagoga è stata data alle fiamme, ad un prete ortodosso è stata tagliata la gola. L’indomani, lo Stato islamico del Khorasan (Asia centrale) ne ha rivendicato la responsabilità. Di certo non esiste alcuna disputa territoriale tra questa repubblica russa e il Daesh e ovviamente nessun motivo per attaccare sinagoghe o chiese, se non il cieco fanatismo.

"Gli islamisti dicono sempre che dopo il sabato c’è la domenica. Attaccano prima gli ebrei, poi i cristiani. Questa è la logica della jihad…” aveva affermato Éric Zemmour in un’intervista del 2 novembre del 2023. Non sembra che i due eventi accaduti negli ultimi giorni, a poche migliaia di chilometri di distanza, abbiano fatto venire in mente agli europei questa espressione simbolica. Infatti è più comodo vederla come una manifestazione di islamofobia e nulla di più. Tuttavia, in origine si tratta di un proverbio arabo. E in Medio Oriente non ci possiamo fare illusioni sul suo significato.

Durante il suo breve regno, Daesh – il Califfato islamico – ha dato fuoco agli edifici religiosi e massacrato i cristiani, che sono tuttora perseguitati. Un tempo, loro rappresentavano un quarto della popolazione del Medio Oriente, oggi sono appena undici milioni. Ne è consapevole lei, questa bella gioventù studentesca che indossa con orgoglio la kefiah e che mostra la sua solidarietà ad Hamas? Probabilmente no. Proclama il suo sostegno a una Palestina libera “dal fiume al mare” senza sapere veramente di quale fiume, e nemmeno di quale mare, si tratti.

Questi studenti coraggiosi, così pieni di fervore, provengono tuttavia principalmente da ambienti cristiani – cattolici o protestanti. Sono lontani dall'immaginare che per i sostenitori dell'Islam essi sono considerati “infedeli” allo stesso modo degli ebrei. Degli individui in definitiva inferiori che, nel mondo governato dalla Sharia a cui aspirano gli islamisti di ogni genere, dovranno sottomettersi e accettare la loro condizione di dhimmi. Per quanto riguarda i membri della comunità omosessuale che marciano con orgoglio in favore della Palestina, dobbiamo aver dimenticato di dire loro che nel mondo islamico, l’omosessualità è un crimine punibile con la morte.

Testo | Informazione Corretta

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MEDICI SENZA FRONTIERE E IL COLLEGA TERRORISTA UCCISO DA ISRAELE: NESSUNA INDIGNAZIONE PER IL DOTTORE CON IL KALASHNIKOV | di Iuri Maria Prado

I responsabili di Medici Senza Frontiere (Médecins Sans Frontières / MSF) disponevano di parecchie alternative per commentare la notizia secondo cui un loro “collega”, eliminato l’altro giorno dall’esercito israeliano, sarebbe stato coinvolto in attività terroristiche. Apprendendo dell’uccisione, i plenipotenziari di quella sconfinata propensione umanitaria avrebbero potuto – per esempio – contestare la verità della notizia, argomentando e documentando che il loro “collega” non era in realtà un terrorista. Non l’hanno fatto.

Avrebbero potuto rammaricarsi della fine violenta del loro “collega” nella desolazione per la scoperta che era un terrorista. Non l’hanno fatto. Avrebbero potuto piangere il proprio “collega” scusandosi per non essersi accorti che era un terrorista. Non l’hanno fatto. Avrebbero potuto – come hanno fatto – inviare messaggi di condoglianze ai familiari del loro “collega” e avrebbero potuto – come non hanno fatto – chiedere perdono alle vittime dell’attività terroristica di quel medico-miliziano.

Che han fatto, invece, a parte esercitarsi in quelle giuste condoglianze? Hanno messo mano ai propri profili social per dar fuori questo comunicato: “Siamo indignati e condanniamo con forza l’uccisione del nostro collega, Fadi Al-Wadiya, in un attacco avvenuto questa mattina a Gaza City”. Non sono indignati, con se stessi, per aver assunto e tenuto nei propri ranghi un terrorista. Perché? Due ipotesi, diremmo. La prima: che non era un terrorista, e i signori di Medici Senza Frontiere sanno che non lo era. Ma allora (torniamo a ciò che avrebbero potuto fare e non hanno fatto) perché non hanno condannato, oltre che l’uccisione del “collega”, anche la motivazione menzognera che l’avrebbe giustificata? Vai a sapere.

Oppure c’è l’ipotesi seconda, che in greco antico si dice ‘sticazzi: sapevano che era un terrorista, o sono venuti a saperlo, ma non importa. E sul non importa, ovviamente, ci si può sbizzarrire. Non importa perché è una questione di privacy: se un medico, nelle ore libere, allestisce le rampe per il lancio dei razzi sui civili tu che fai, interferisci? Oppure non importa perché l’attività di Medici Senza Frontiere, come ostentano i loro cartigli, è ispirata a “imparzialità, indipendenza e neutralità”: ti arriva l’affiliato degli sgozzatori e tu che fai, lo discrimini? O forse non importa perché c’è il genocidio, c’è la pulizia etnica, c’è la carestia. E, siccome c’è tutto questo, ci sta pure che Medici Senza Frontiere vi si opponga assoldando chi vi si oppone a modo suo, col kalashnikov. Diversi, ma uniti nella lotta.

Se poi fosse tutto falso, e cioè se quel loro “collega” fosse stato solo un medico e non anche un terrorista, sarebbe una tragedia in più di questa orrenda guerra e una tragedia in meno per la credibilità frantumata di certe organizzazioni “imparziali”.

Testo |Il Riformista

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AMBASCIATORE ISRAELIANO: "IN ITALIA ABBIAMO PAURA DI DICHIARARCI ISRAELIANI"

"Non so se si possa parlare di 'minaccia', ma penso che le persone siano meno serene nel mostrare apertamente la propria identità ebraica o israeliana in Italia". A dirlo in una intervista a @Il Messaggero è l'ambasciatore di Gerusalemme in Italia, Alon Bar, che alla fine del prossimo mese lascerà l'incarico.

"Penso che in tutto il mondo occidentale le forti critiche e proteste abbiano creato un ambiente meno sicuro per gli studenti israeliani e per gli israeliani portando, in alcuni casi, anche ad attacchi di stampo antisemita", sottolinea, spiegando di non essere "più certo di sapere quale sia il modo migliore per affrontare questa situazione, perché di solidarietà ne abbiamo vista tanta in Italia dopo i fatti del 7 ottobre. Ritengo che si tratti non di gente che ignori le atrocità di quel giorno, ma che preferisce non sapere oltre, confrontarsi con l'evidenza. Non importa cosa mostri loro (video o immagini), non vogliono ascoltare. Non esiste spazio per il dissenso: per le personalità italiane esprimere un'opinione diversa è impossibile. Vengono bloccate e criticate. Come ambasciata abbiamo fatto molti sforzi per dare informazioni sull'assistenza umanitaria israeliana, sullo sforzo per evitare vittime civili, sul fatto che il numero dei decessi civili fornito da Hamas è inattendibile e sovrastimato perché include per oltre la metà combattenti e membri attivi. Spero che a un certo punto le persone si sveglino e capiscano che non è tutto in bianco e nero. Ma siamo in un mondo di polarizzazione: o sei pro Israele o pro Palestina, mentre si potrebbe essere per entrambi".

Testo | @Sky tg24

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ENTEBBE: ALL'INDOMANI DELL'OPERAZIONE DI SALVATAGGIO, "L'UNITA'" CONDANNAVA ISRAELE SU SPINTA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO

All'indomani dell'Operazione Entebbe, il PCI chiese al governo italiano di condannare ufficialmente l'azione israeliana che portò al salvataggio di oltre cento ostaggi. Nei giorni successivi poi, sul quotidiano del partito, l'Unità, uscirono una serie di articoli in cui l'eroica azione dei commando di Israele veniva paragonata a quella dei terroristi.

Per l'Unità, Israele agì "secondo il principio, assurdo e irrazionale, che in casi del genere non si debba venire a patti" e che l'azione ha rappresentato un "cinico atto di aggressione".

Dopo aver parlato di "crudele vicenda sullo sfondo del dramma palestinese" e di "spietata condotta israeliana", l'anonimo articolista si spinge ancora più in basso quando definisce l'Operazione Entebbe come una "ferita inferta alla coscienza dell'umanità da Israele, non certo minore di quella di cui si erano resi responsabili i terroristi".

Noi restiamo dell'avviso che nel conflitto fra civiltà e barbarie, perché il terrorismo altro non è che questo, sia sempre necessario schierarsi dalla parte della civiltà.

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AMSTERDAM: IMBRATTATA STATUA ANNA FRANK CON SCRITTA "GAZA"

La statua di Anne Frank ad Amsterdam è stata imbrattata con una scritta rossa 'Gaza'. Lo rende noto il The Jerusalem Post citando politici olandesi che hanno fotografato lo sfregio e lo hanno postato su X. "Vergognoso" ha scritto Stijn Nijssen del Consiglio della citta', "attirare l'attenzione sulla causa palestinese deturpando il memoriale dell'Olocausto nel parco del quartiere di Rivierenbuurt".

"Questa giovane ragazza, brutalmente assassinata dai nazisti all'età di 15 anni, ricorda ogni giorno a noi e alla nostra città l'umanità e la gentilezza nelle circostanze più difficili" ha scritto il sindaco di Amsterdam Femke Halsema, aggiungendo che non ci sono scuse per un simile atto.

Il Centro per l'informazione e la documentazione israeliana ha rimarcato sui social media che il vandalismo della statua è un altro esempio del cosiddetto "antisionismo".

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HEZBOLLAH, NASRALLAH: "SE CI SARA' UN CESSATE IL FUOCO A GAZA, SI CHIUDERA' ANCHE IL FRONTE LIBANESE"

"Hamas negozia per se stesso e a nome delle fazioni palestinesi, nonché a nome dell'intero asse della resistenza. Qualsiasi cosa Hamas accetti, tutti la accettano e ne sono soddisfatti". Lo ha detto il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah.

L'obiettivo di Hezbollah negli ultimi nove mesi di attacchi quasi quotidiani al nord di Israele è quello di "esaurire il nemico materialmente, finanziariamente e mentalmente", ha detto intervenendo ad un evento commemorativo per l'alto esponente di Hezbollah Mohammed Nasser, ucciso in un attacco israeliano la scorsa settimana, aggiungendo che gli scontri al confine con il Libano sono riusciti a distrarre Israele dalla guerra in corso contro Hamas a Gaza. La situazione nel nord di Israele "ha fatto loro capire che se vogliono che tutto finisca, devono fermare l'aggressione a Gaza", ha aggiunto ancora.

"Se ci sarà una svolta nei negoziati in corso tra Israele e Hamas che si tradurrà in un cessate-il-fuoco a Gaza, "anche Hezbollah cesserà" i suoi attacchi contro Israele "senza alcuna discussione o negoziazione".

Testo | askanews

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INSULTI ALLA SEGRE E TWEET "ISRAELE STATO PSICOPATICO": LE PAROLE DELL'OSPITE AL CONVEGNO SU PALESTINA ORGANIZZATO DA BOLDRINI & CO. ALLA CAMERA DEI DEPUTATI

"Ciò di cui abbiamo bisogno è riconoscere Israele come uno psicopatico collettivo, e studiare l'origine di questo carattere nazionale unico. È una questione di sopravvivenza per il mondo". Questo è uno dei passaggi del saggio di Laurent Guyénot dal titolo "La psicopatia biblica di Israele", brano citato su , ex Twitter, lo scorso 16 marzo dall'avvocato Nicola Quatrano, che martedì sarà ospite alla Camera dei deputati del convegno organizzato in collaborazione con l'Intergruppo parlamentare per la Pace tra la Palestina e Israele e che vedrà come relatori, tra gli altri, Laura Boldrini (Pd), Stefania Ascari (M5S) e Franco Mari (Avs). "Sostiene Guyénot, a proposito della psicopatia biblica di Israele, che il tratto più caratteristico dello psicopatico è la completa assenza di empatia e, di conseguenza, di inibizione morale nel nuocere agli altri, unita alla sete di potere", le parole postate da Quatrano a corredo di una foto della senatrice a vita Liliana Segre, superstite e testimone dell'Olocausto.

Nel saggio menzionato da Quatrano, disponibile sul sito ossin.org, Guyénot definisce lo Stato ebraico "lo psicopatico tra le nazioni": Israele, scrive l'intellettuale francese, "agisce nei confronti delle altre nazioni nello stesso modo in cui uno psicopatico agisce nei confronti dei suoi simili". "Considerando l'assoluta ipocrisia di Israele, la disumanizzazione dei Palestinesi e la sua straordinaria capacità di mentire e manipolare, abbiamo a che fare con uno psicopatico", si legge in un altro passaggio del brano. Guyénot poi rincara: "La psicopatia collettiva di Israele non è genetica, è culturale, ma si è formata in tempi molto antichi, e quindi è radicata nel subconscio ancestrale (qualunque cosa sia): in ultima analisi, proviene dal dio geloso inventato dai Leviti per tenere sotto controllo le tribù affamate che partirono alla conquista della Palestina circa tremila anni fa. Per nascita, Israele è la nazione del dio psicopatico".

L'invito di Quatrano al convegno di martedì è finito nel mirino di Fratelli d'Italia: "Esprimiamo tutta la nostra solidarietà alla senatrice a vita Liliana Segre, presidente della Commissione, per i vergognosi attacchi e le parole, da condannare, che Quatrano le ha rivolto sui social", scrivono in una nota i componenti di Fdi della Commissione straordinaria intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all'odio e alla violenza, esprimendo la loro solidarietà a Liliana Segre. "Aspettiamo l'indignazione a reti unificate di La7, Repubblica, opinionisti e dispensatori vari di 'legittimità democratica'", attacca invece Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione del partito di Giorgia Meloni. Alla conferenza stampa di martedì, organizzata da Aoi, Arci, Assopace Palestina e Amnesty International, interverrà Shawan Jabarin, direttore della ong palestinese Al-Haq, nell'ottobre 2021 accusata da Israele, insieme ad altre 5 ong, di essere una "organizzazione terroristica". Accuse sempre negate da Jabarin, che in passato fu anche audito dal Comitato per i diritti umani della Camera, allora presieduto dalla Boldrini.

Testo | Adnkronos

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CHI È SHAWAN JABARIN, L'OSPITE DELLA CONFERENZA PRO PALESTINA ORGANIZZATA DALLA BOLDRINI ALLA CAMERA, POI ANNULLATA

“AOI, ARCI e Amnesty International annunciano la decisione di annullare la Conferenza stampa prevista per martedì 16 luglio alle ore 16 presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati”. Con questo comunicato l’Arci ha reso noto l’annullamento dell’evento pro Palestina che sarebbe dovuto andare in scena oggi in Parlamento. “Reputiamo che non ci siano più le condizioni minime necessarie per tutelare Shawan Jabarin, direttore generale della ong palestinese Al–Haq, e garantire la centralità che deve avere l’attuale inaccettabile strage in corso a Gaza e la grave crisi umanitaria nella Cisgiordania occupata”, si legge nel comunicato.

“Richiamiamo la stampa e la politica – aggiungono le associazioni – ad affrontare questioni fondamentali per la nostra democrazia fuori da polemiche strumentali. Censura e propaganda, criminalizzazione delle Ong e dei difensori dei diritti umani sono temi che meritano attenzione e adeguate misure di contrasto. Riproporremo in altra sede ed in altre forme l’evento con Shawan Jabarin” conclude la nota di Arci.

Shawan Jabarin è nato nel 1960 in Cisgiordania e per alcune ong è un attivista per i diritti della popolazione palestinese, per Israele è invece un attivista legato a organizzazioni terroristiche. È il direttore generale della ong Al Haq, che nell’ottobre del 2021 è stata messa – insieme ad altre organizzazioni palestinesi – nella lista di organizzazioni terroristiche da parte del governo di Gerusalemme.

Proprio in quell’anno ci fu un altro caso in Italia per cui salì agli onori delle cronache. Jabarin fu invitato in audizione dal Comitato per i diritti umani della Camera, presieduto da Laura Boldrini, proprio in merito alle misure del governo israeliano nei confronti delle ong palestinesi. In quel caso l’ambasciata israeliana intervenne con un duro comunicato, volto a stigmatizzare il comportamento dell'ex presidente della Camera, nota sostenitrice della cosoddetta "causa palestinese".

In mattinata erano emerse le polemiche sulla conferenza stampa organizzata dall’intergruppo parlamentare per la pace tra Palestina e Israele. All’inizio era prevista la partecipazione anche di Nicola Quatrano, noto per i post antisemiti e contro la senatrice Liliana Segre. Ad attaccare le opposizioni per l’iniziativa è stato Giovanni Donzelli, di Fratelli d’Italia, soprattutto per la presenza di Shawan Jabarin, direttore della ong palestinese Al-Haq. “Questa Ong è una organizzazione terroristica” ha sostenuto Donzelli. “Credo che sia sbagliato, non possiamo assistere in silenzio come hanno fatto Conte, Fratoianni e Schlein i segretari dei tre partiti che hanno organizzato l’evento” ha poi aggiunto il deputato FdI, definendo la conferenza stampa “indegna di essere ospitata in questo luogo”.

Testo | Il Riformista

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CALCIO, ITALIA-ISRAELE, IL COMUNE DI UDINE NEGA IL PATROCINIO: "È UNO STATO IN GUERRA". MONFALCONE: "LI OSPITIAMO NOI"

L'amministrazione comunale di Udine non ha concesso il patrocinio per la partita di calcio tra Italia e Israele, match valido per la Nations League e in programma nella città friulana il prossimo 14 ottobre. La richiesta, arrivata dalla Federcalcio, è stata negata in quanto non rientra fra le modalità prevista dal regolamento per la concessione del patrocinio da parte dell'ente, che può essere concesso solo per iniziative che non hanno scopo di lucro.

Il sindaco di Udine: "Israele è in guerra, il patrocinio potrebbe creare divisioni"
La giunta comunale non ha concesso una deroga prevista in caso di evento benefico e per la rilevanza di prestigio di immagine per la città non ritenuta tale in relazione al conflitto israelo-palestinese. "Una deroga al regolamento, concedendo il patrocinio, sarebbe stata una scelta troppo divisiva, essendo Israele uno Stato in guerra. La nostra scelta poteva essere diversa solo se a oggi fosse stato annunciato un cessate il fuoco. Purtroppo così non è", ha spiegato il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni. "La concessione del patrocinio, più che fornire prestigio alla città, potrebbe creare divisioni e quindi problemi sociali", ha aggiunto.

La risposta di Monfalcone: "Pronti a ospitare la nazionale di Israele"
A fare da contraltare al diniego di Udine è arrivata la proposta della ex sindaca di Monfalcone, oggi parlamentare europea, Anna Maria Cisint, che ha offerto la disponibilità della città a ospitare l’evento o, quantomeno, la nazionale di Israele: "La città di Monfalcone sarebbe sommamente onorata ad ospitare l'incontro Italia-Israele e si rende disponibile a offrire patrocinio e strutture per celebrare questo importante appuntamento sportivo. Il Comune di Udine non perde occasione per distinguersi in termini di faziosità e nella capacità di alimentare divisioni a senso unico, sempre dalla parte delle posizioni più estreme della sinistra. Non accorgersi che lo sport è un elemento di unione e dimenticare che Israele è la vittima del terrorismo di Hamas con 1500 innocenti uccisi è un segno grottesco di una caduta di civiltà che una città come Udine non merita di dover sopportare", ha scritto polemicamente in una nota.

Testo | la Repubblica

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