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MEDICI SENZA FRONTIERE E IL COLLEGA TERRORISTA UCCISO DA ISRAELE: NESSUNA INDIGNAZIONE PER IL DOTTORE CON IL KALASHNIKOV | di Iuri Maria Prado

I responsabili di Medici Senza Frontiere (Médecins Sans Frontières / MSF) disponevano di parecchie alternative per commentare la notizia secondo cui un loro “collega”, eliminato l’altro giorno dall’esercito israeliano, sarebbe stato coinvolto in attività terroristiche. Apprendendo dell’uccisione, i plenipotenziari di quella sconfinata propensione umanitaria avrebbero potuto – per esempio – contestare la verità della notizia, argomentando e documentando che il loro “collega” non era in realtà un terrorista. Non l’hanno fatto.

Avrebbero potuto rammaricarsi della fine violenta del loro “collega” nella desolazione per la scoperta che era un terrorista. Non l’hanno fatto. Avrebbero potuto piangere il proprio “collega” scusandosi per non essersi accorti che era un terrorista. Non l’hanno fatto. Avrebbero potuto – come hanno fatto – inviare messaggi di condoglianze ai familiari del loro “collega” e avrebbero potuto – come non hanno fatto – chiedere perdono alle vittime dell’attività terroristica di quel medico-miliziano.

Che han fatto, invece, a parte esercitarsi in quelle giuste condoglianze? Hanno messo mano ai propri profili social per dar fuori questo comunicato: “Siamo indignati e condanniamo con forza l’uccisione del nostro collega, Fadi Al-Wadiya, in un attacco avvenuto questa mattina a Gaza City”. Non sono indignati, con se stessi, per aver assunto e tenuto nei propri ranghi un terrorista. Perché? Due ipotesi, diremmo. La prima: che non era un terrorista, e i signori di Medici Senza Frontiere sanno che non lo era. Ma allora (torniamo a ciò che avrebbero potuto fare e non hanno fatto) perché non hanno condannato, oltre che l’uccisione del “collega”, anche la motivazione menzognera che l’avrebbe giustificata? Vai a sapere.

Oppure c’è l’ipotesi seconda, che in greco antico si dice ‘sticazzi: sapevano che era un terrorista, o sono venuti a saperlo, ma non importa. E sul non importa, ovviamente, ci si può sbizzarrire. Non importa perché è una questione di privacy: se un medico, nelle ore libere, allestisce le rampe per il lancio dei razzi sui civili tu che fai, interferisci? Oppure non importa perché l’attività di Medici Senza Frontiere, come ostentano i loro cartigli, è ispirata a “imparzialità, indipendenza e neutralità”: ti arriva l’affiliato degli sgozzatori e tu che fai, lo discrimini? O forse non importa perché c’è il genocidio, c’è la pulizia etnica, c’è la carestia. E, siccome c’è tutto questo, ci sta pure che Medici Senza Frontiere vi si opponga assoldando chi vi si oppone a modo suo, col kalashnikov. Diversi, ma uniti nella lotta.

Se poi fosse tutto falso, e cioè se quel loro “collega” fosse stato solo un medico e non anche un terrorista, sarebbe una tragedia in più di questa orrenda guerra e una tragedia in meno per la credibilità frantumata di certe organizzazioni “imparziali”.

Testo |Il Riformista

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LA CRUDELTA' DEI TERRORISTI PALESTINESI NON RISPARMIA NEANCHE GLI ANIMALI

Terroristi di Hamas sono riusciti a impadronirsi di un cane delle unità cinofile delle Forze di Difesa israeliane. Mentre era nelle loro mani, i terroristi hanno filmato quello che appare come un attacco del cane contro un’anziana palestinese nel suo letto. Il video girato dalla body-camera del cane è stato passato al giornalista di Al-Jazeera Anas Al Sharif, notoriamente affiliato a Hamas, ed è poi diventato virale sul web.

Le Forze di difesa israeliane hanno specificato che ovviamente ai cani dell’esercito non viene mai dato l’ordine di aggredire inutilmente civili indifesi.

Successivamente, i terroristi hanno ucciso il cane e ne hanno abbandonato il corpo imbottito di esplosivo, con l’obiettivo di uccidere i soldati israeliani che fossero venuti a recuperarlo. Ma il metodo dei cadaveri usati come trappole esplosivi è tipico dei terroristi palestinesi, e i militari israeliani che hanno trovato il cane hanno disinnescato l’esplosivo prima di recuperarne il corpo.

Testo | Israele.net

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MEDIA ARABI: SOLO 2 O 3 PERSONE SANNO DOVE SI TROVA SINWAR A GAZA

Solo due o tre persone sono a conoscenza di dove si trovi il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar. Lo ha riferito il giornale in lingua araba - ma di base a Londra - Asharq Al-Awsat che cita fonti interne alla fazione islamica. «Un circolo ristretto di non più di 2 e o 3 persone - hanno detto - sanno dove si trovi e soddisfano le sue varie esigenze, oltre a garantire la sua comunicazione con i leader del movimento all'interno e all'esterno».

«Israele - hanno aggiunto senza specificare se il leader sia nascosto nei tunnel o meno - non è riuscito a raggiungere molti dei leader di primo e secondo livello di Hamas a livello politico e militare, ma ha cercato di assassinarne alcuni che sono rimasti feriti e altri sopravvissuti in diverse aree. Ma Sinwar non è tra questi». Le stesse fonti hanno ripetuto di credere che Sinwar non consideri un accordo per la fine della guerra che preveda il suo esilio.

«Sinwar pensa a due opzioni, senza una terza opzione finché sarà vivo: o soddisfare le condizioni della resistenza di fermare la guerra, di far ritirare le forze di occupazione e di completare un accordo di scambio onorevole, oppure ottenere l'onore del martirio. Non ci sono altre opzioni. L'ipotesi dell'esilio è fondamentalmente inaccettabile per Sinwar».

Testo | Corriere della Sera

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HEZBOLLAH, NASRALLAH: "SE CI SARA' UN CESSATE IL FUOCO A GAZA, SI CHIUDERA' ANCHE IL FRONTE LIBANESE"

"Hamas negozia per se stesso e a nome delle fazioni palestinesi, nonché a nome dell'intero asse della resistenza. Qualsiasi cosa Hamas accetti, tutti la accettano e ne sono soddisfatti". Lo ha detto il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah.

L'obiettivo di Hezbollah negli ultimi nove mesi di attacchi quasi quotidiani al nord di Israele è quello di "esaurire il nemico materialmente, finanziariamente e mentalmente", ha detto intervenendo ad un evento commemorativo per l'alto esponente di Hezbollah Mohammed Nasser, ucciso in un attacco israeliano la scorsa settimana, aggiungendo che gli scontri al confine con il Libano sono riusciti a distrarre Israele dalla guerra in corso contro Hamas a Gaza. La situazione nel nord di Israele "ha fatto loro capire che se vogliono che tutto finisca, devono fermare l'aggressione a Gaza", ha aggiunto ancora.

"Se ci sarà una svolta nei negoziati in corso tra Israele e Hamas che si tradurrà in un cessate-il-fuoco a Gaza, "anche Hezbollah cesserà" i suoi attacchi contro Israele "senza alcuna discussione o negoziazione".

Testo | askanews

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𝐍𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐀𝐒𝐄 𝐄 𝐒𝐂𝐔𝐎𝐋𝐄 𝐃𝐈 𝐆𝐀𝐙𝐀 𝐒𝐈 𝐍𝐀𝐒𝐂𝐎𝐍𝐃𝐎𝐍𝐎 𝐈 𝐌𝐀𝐍𝐃𝐀𝐍𝐓𝐈 𝐃𝐄𝐋 𝟕 𝐎𝐓𝐓𝐎𝐁𝐑𝐄: 𝐐𝐔𝐄𝐋𝐋𝐎 𝐂𝐇𝐄 𝐍𝐎𝐍 𝐕𝐄𝐃𝐎𝐍𝐎 𝐋𝐄 𝐀𝐆𝐄𝐍𝐙𝐈𝐄 𝐔𝐌𝐀𝐍𝐈𝐓𝐀𝐑𝐈𝐄 | di Iuri Maria Prado

Non è un’ipotesi, ma un fatto, che gli autori e i mandanti dei massacri del 7 ottobre si rifugino nelle strutture civili di Gaza, vale a dire nelle case, nelle scuole, nelle moschee, negli ospedali. Neppure è un’ipotesi, ma ancora un fatto, che quei macellai li usino come bunker non per la “libertà della Palestina”, bensì in attuazione del diverso programma liberatorio rivendicato dai loro capi: “Distruggere Israele e uccidere tutti gli ebrei, senza lasciarne vivo nemmeno uno”. Chi volesse trovare una denuncia di questa pratica, tuttavia, invano la cercherebbe nella corposa e inesausta produzione comunicazionale di Médecins Sans Frontières / MSF (Medici Senza Frontiere), l’organizzazione umanitaria che il mese scorso deplorava l’uccisione del “collega” Fadi Al-Wadiya, part time medico e per il resto terrorista, e che l’altro giorno annunciava di dover chiudere una propria clinica a causa dell’ordine di evacuazione diffuso dall’esercito israeliano.

𝐋’𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐞𝐯𝐚𝐜𝐮𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞
Naturalmente è ben possibile, diremmo anzi probabilissimo, che l’ordine di evacuazione sia stato impartito per completare l’azione di sterminio dei civili privandoli dell’assistenza sanitaria: una misura di irriducibile necessità per il caso, fastidiosamente imponderabile, che le bombe e la carestia possano risultare insufficienti al compimento del genocidio. Ma almeno per ipotesi di scuola potrebbe anche darsi che l’esercito israeliano abbia chiesto l’evacuazione perché deve dare la caccia ai terroristi, i quali non per ipotesi ma di fatto stanno tra quei civili – che usano come sacchi di sabbia – razzolando tra i banchi di scuola e, appunto, le corsie degli ospedali.

𝐈𝐥 𝐥𝐢𝐦𝐢𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐚𝐠𝐞𝐧𝐳𝐢𝐚 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐭𝐚𝐫𝐢𝐞
Costretti a dover operare in una situazione tanto drammatica, i signori di “Medici Senza Frontiere” potrebbero – non si dice ogni volta, ma anche una volta sola in nove mesi – sfogare la propria indignazione nei confronti dei tagliagole embedded, assai felici di proclamare che un ulteriore mucchio di carne palestinese (preferibilmente infantile) è stata utilmente offerta in sacrificio. Invece, macché. E macché pure l’UNRWA, l’agenzia Onu inconsapevolmente locatrice di spazi sicuri per i server di Hamas che – ancora l’altro giorno – lamentava l’assenza a Gaza di zone sicure. Cosa probabilmente e drammaticamente vera, salvo che a rendere insicure quelle che potrebbero essere tali c’è – immeritevole di qualsiasi denuncia dell’Unrwa – l’abitudine dell’esercito degli sgozzatori di fare capolino dai tunnel che sbucano a trentacinque metri dall’entrata dell’ospedale o a dodici dalla cattedra dell’insegnante, stipendiato dalla cooperazione internazionale, che illustra agli alunni il loro futuro da martiri. Ma per occuparsi di simili dettagli queste agenzie umanitarie hanno prospettive troppo ampie: dal fiume al mare, diciamo.

Testo | Il Riformista

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FONTI GAZA: "DEIF COLPITO IN RAID AL MAWASI, DESIGNATO SUCCESSORE"

Secondo fonti di Gaza, Mohammed Deif, il capo militare di Hamas, è stato "colpito" mentre si trovava nel complesso di Mawasi bombardato dall'esercito israeliano sabato scorso. Nell'ipotesi che Deif sia morto, la fazione terrorista islamica ha già designato il suo successore: si tratta del comandante della brigata Gaza, Ezz A-Din Haddad. Lo ha riferito la tv pubblica israeliana Kan.

Testo | RaiNews

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ISRAELE TROVA HAMAS TRA I DIPENDENTI ONU A GAZA | di Giulio Meotti

Altri cento terroristi di Hamas figurano fra i dipendenti dell'ONU a Gaza. Sono stati trovati i loro documenti che ne confermano l'identità. E' la prova ulteriore che le agenzie ONU, soprattutto UNRWA (che l'Italia continua a finanziare), a Gaza sono colluse con il terrorismo di Hamas. Israele ha indicato altri cento dipendenti dell’agenzia delle Nazioni Unite a Gaza come membri di Hamas e ha chiesto che fossero licenziati. Si tratta solo di “una frazione” del numero reale di membri dell’organizzazione terroristica, si legge in una lettera al capo dell’agenzia Unrwa, Philippe Lazzarini. Israele ha inviato l’elenco anche ai paesi che aderiscono all’agenzia dell’Onu come donatori, molti dei quali – tra cui Stati Uniti e Regno Unito – hanno congelato i propri finanziamenti dopo gli attacchi di Hamas. Dopo il 7 ottobre era emerso infatti che dodici dipendenti delle Nazioni Unite avevano legami con Hamas.

Il recente elenco inviato a Lazzarini fa nomi, passaporti e numeri di carta d’identità militare di cento terroristi di Hamas a libro paga dell’Onu. Non sembra un caso che il corpo dell’ostaggio tedescoisraeliano Shani Louk sia stato trovato in un edificio dell’Unrwa finanziato con i soldi dei contribuenti tedeschi.

Intanto Mohammad Deif, il comandante supremo delle Brigate Izzadin al Qassam, ala militare di Hamas, è stato preso di mira in un attacco aereo israeliano, sabato mattina, nella zona di Khan Yunis, nel sud della striscia di Gaza, in cui sono morti numerosi civili palestinesi. Insieme a Deif (ricercato da trent’anni come uno dei maggiori responsabili del terrorismo di Hamas), era nel mirino anche Rafa’a Salameh, suo braccio destro e comandante della Brigata Khan Yunis di Hamas. I due si nascondevano in zona civile, le aree di al Mawasi e Khan Younis occidentale, che fanno parte della zona umanitaria designata da Israele. Deif è sulla lista dei massimi ricercati da Israele sin dal 1995 per il suo coinvolgimento nella pianificazione ed esecuzione di un grande numero di attacchi terroristici, compresi molti attentati sugli autobus negli anni 90 e all’inizio degli anni 2000. Deif ha svolto un ruolo di primissimo piano nell’organizzare la carneficina perpetrata da Hamas il 7 ottobre. “Hamas non deve nascondersi tra i civili – ha affermato persino un portavoce di Fatah, citato da Maariv – Perché Deif era nel campo di Al-Mawasi?”.

Un’indagine approfondita del New York Times rivela le tattiche di combattimento di Hamas nella Striscia di Gaza che si basano sul massiccio uso della popolazione civile come scudi umani. Il reportage, basato sull’analisi di video di Hamas e interviste a combattenti di Hamas e a soldati israeliani, descrive uno sfruttamento sistematico per scopi militari dei civili e delle loro infrastrutture, incolpando di fatto Hamas per la guerra in corso, le distruzioni, le morti e gli sfollamenti di popolazione. Il New York Times conferma che Hamas nasconde terroristi, pozzi d’ingresso ai tunnel e depositi di munizioni dentro edifici residenziali, strutture mediche, uffici delle Nazioni Unite e moschee, abolendo intenzionalmente il confine tra combattenti e non combattenti. Il reportage rivela che i terroristi di Hamas indossano spesso abiti civili, a volte anche sandali e tute da ginnastica, prima di sparare contro i soldati israeliani o lanciare razzi da aree civili. Hamas usa anche i civili, compresi bambini, come “vedette” e “informatori”. Prima di Hamas, nessun’altra organizzazione militare aveva costruito una guerra sul “sacrificio necessario” del proprio popolo.

Testo | @Il Foglio

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I SOLDI DELL'ONU A GAZA: POCHI PER BISOGNOSI, TANTI PER LARETE DI TUNNEL DI HAMAS, PIU' VASTA DELLA METRO DI LONDRA | di Iuri Maria Prado

L’altro giorno l’UNRWA (l’”Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente”) ha scritto che saranno necessari anni di lavoro per rimuovere le macerie di Gaza, e che l’operazione costerebbe più di 500 milioni di dollari. Una cifra notevole, in effetti. Ma insignificante rispetto a quanto è costata la costruzione – sotto gli occhi dell’Unrwa e con i soldi della cooperazione internazionale – di una rete di tunnel più vasta della metropolitana di Londra.

C’è da domandarselo. Chi deplora le distruzioni di Gaza che cosa ha fatto, in diciassette anni, per evitare che i soldi della cooperazione internazionale finissero lì, nei tunnel, e nelle camere di albergo in cui dimorano a tremila dollari a notte i capi del terrorismo? Che cosa ha fatto la cooperazione internazionale per proteggere la popolazione di Gaza dai miliziani aguzzini, dai fustigatori delle adultere e dai decapitatori di omosessuali?

La cooperazione internazionale e la causa palestinese
Che cosa ha fatto la cooperazione internazionale per la “causa palestinese”, se per causa palestinese intendiamo far avere a quel popolo un livello accettabile di libertà e almeno un accenno di ordinamento democratico? Si tratta di due acquisizioni – un pizzico di libertà, la prospettiva di un governo sottratto al dominio di bande sanguinarie – che la compiacenza “pro pal” vuole impedite in modo esclusivo dalla sopraffazione sionista, senza neppure l’ipotesi che magari, forse, chissà, il degrado civile e umano in cui sono costretti a vivere i palestinesi dipenda dalle angherie delle loro classi dirigenti e dal regime corrotto e parassitario che proprio la cooperazione internazionale continua a garantire laggiù.

Perché non è colpa della grinfia giudaica
Non è colpa della grinfia giudaica se quell’orlo di Medio Oriente è un latifondo di miseria, violenza e disperazione galleggiante su un sottosuolo traforato di orrore.
E se pure fosse vero che Bibi Netanyahu ha irresponsabilmente preferito vedere l’ingrossamento dei ranghi più fondamentalisti a spese di quelli sempre più sguarniti dell’Autorità Nazionale Palestinese, ebbene si tratterebbe di un contributo assai poco cospicuo rispetto a quello fatto avere ai macellai da parte della cooperazione internazionale che non parla, non vede e non sente quando passa in rassegna la realtà inconfessabile.

E cioè che quei denari servono molto poco a investire su un futuro di sviluppo e di pace per i palestinesi: e molto, invece, a tenerli avvinghiati al sogno di una palingenesi irredentista da costruire sulle macerie del nemico smantellato.

Testo | Il Riformista

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“Mentre viene lanciata una guerra su sei fronti contro lo stato di Israele – ha detto Avigdor Liberman - אביגדור ליברמן, leader di Yisrael Beytenu (all’opposizione) – la Corte Internazionale di Giustizia ha scelto di lanciare la propria campagna, il cui scopo è quello di ledere il diritto di Israele a difendersi dal terrorismo. Un’altra dimostrazione antisemita da parte della Corte dell’Aja, che ancora una volta sottolinea la sua palese ipocrisia”.

Testo | Israele.net

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GAZA: RECUPERATI I CORPI DI 5 OSTAGGI

I corpi di cinque ostaggi israeliani presi prigionieri il 7 ottobre sono stati recuperati dalle truppe che operano nella Striscia di Gaza meridionale e riportati in Israele mercoledì. Ravid Katz, 51 anni, Oren Goldin, 33 anni, della squadra di difesa civile del kibbutz di Nir Yitzhak, ucciso il 7 ottobre e portato a Gaza , Maya Goren, 56 anni, maestra d’asilo nel kibbutz di Nir Yitzhak, il sergente Kiril Brodski, 19 anni, e il sergente maggiore Tomer Yaakov Ahimas, 20 anni, erano stati tutti precedentemente dichiarati morti dalle forze di difesa israeliane, anche se i loro corpi erano ancora a Gaza. Ahimas è stato ucciso durante uno scontro con Hamas il 7 ottobre e il suo cadavere portato a Gaza, riferiscono i media israeliani. I loro resti sono stati trovati a Khan Younis mercoledì dalle truppe, comprese le forze speciali sotto la 98a divisione dell'IDF e gli agenti di Shin Bet che ha dato l’annuncio ieri sera proprio dopo la fine del discorso del premier Netanyahu al Congresso e dunque su fuso orario statunitense. È già la seconda volta in una settimana. Nei giorni scorsi erano stati dichiarati morti altri due ostaggi. Da mesi la tensione tra il governo e l’esercito è sempre più alta. Secondo la dichiarazione, gli interrogatori di Shin Bet dei terroristi detenuti a Gaza hanno permesso alle truppe di raggiungere il sito di Khan Younis e recuperare i corpi, in mezzo a una nuova offensiva nella città nella Striscia di Gaza meridionale

Ynet pubblica la foto della maestra d'asilo Maya Goren mentre tiene in braccio e imbocca Kfir Bibas, il bambino rapito a 9 mesi dal kibbutz Nir Oz insieme con la madre e il fratellino e di cui non si hanno più notizie. I cinque figuravano nell'elenco dei 120 ostaggi ancora a Gaza, circa un terzo dei quali Israele ha dichiarato morto in contumacia, sulla base di risultati forensi, intelligence, interrogatori di militanti catturati, video e testimonianze di ostaggi rilasciati.

Testo | Corriere della Sera

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