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IL CASO UNRWA: PENSAVAMO DI AVER TOCCATO IL FONDO, INVECE... | di Michelle Mazel (traduzione di Yehudit Weisz)

Ci si dimentica facilmente che l’UNRWA – Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente – è stata creata nel 1949 dall’ONU da cui dipende ancora oggi, sebbene questa organizzazione copra solo una parte del suo budget, il resto dipende dalla buona volontà dei Paesi che sostengono la sua attività. Va precisato che, contrariamente alla norma e alla definizione dell'Alto Commissariato per i Rifugiati della stessa ONU, lo status di rifugiato palestinese si trasmette di generazione in generazione. Sembra che nel 1949 vi fossero 700.000 rifugiati; oggi sono sei milioni, distribuiti in 59 campi profughi, di cui 10 in Giordania, 9 in Siria e 12 in Libano. Per la cronaca, 800.000 ebrei che vivevano in certi Paesi da secoli furono cacciati in un’operazione di pulizia etnica che non suscitò l’indignazione globale. Per loro non è stata creata alcuna organizzazione internazionale. Fu la solidarietà ebraica a venire in loro aiuto. Oggi sono cittadini a pieno titolo in Israele e in altri Paesi.

Perché allora i rifugiati palestinesi sono ancora in quei campi? Ci sono due risposte a questa domanda. La prima è che beneficiano del vitalizio e dei servizi dell'UNRWA; la seconda è che i cosiddetti Paesi ospitanti si rifiutano di integrarli e di concedere loro dei diritti. Il 99% del personale dell'UNRWA ha lo status di rifugiato. Oltre il 70% del personale opera nel settore educativo. I programmi educativi dell’UNRWA dovrebbero insegnare i valori della pace e della tolleranza. Ahimè, niente è più lontano dalla realtà. Anno dopo anno diverse ONG lanciano grida d’allarme. Prove alla mano, esse dimostrano che i libri di testo insegnano l’odio e la demonizzazione degli ebrei. Non c’è alcuna traccia di Israele nelle carte geografiche che appaiono in quei libri di testo, finanziati in gran parte dall’Unione Europea. Le proteste delle autorità israeliane cadono nel vuoto. Gli europei si accontentano di ammonimenti senza sanzioni reali e senza insistere su un monitoraggio regolare.

I bambini palestinesi sono esposti fin dalla prima infanzia a una narrativa alternativa che non ha alcuna somiglianza con la verità storica. Una narrativa alla quale è stato esposto lo stesso personale dell’UNRWA nella Striscia di Gaza. Non c’è dunque da stupirsi nell’apprendere che alcuni di questi membri del personale sono dei simpatizzanti, se non degli attivisti di Hamas. Israele ha dimostrato, con prove alla mano, che almeno dodici funzionari dell'UNRWA hanno preso parte alle atrocità del 7 ottobre su appello di Hamas. Sono stati identificati grazie alle foto che loro stessi hanno scattato e diffuso. Uno di loro ha rapito una donna israeliana e l'ha trascinata a Gaza, dove si ritiene sia ancora detenuta.

Questa volta l’indignazione è quasi generale.

I principali Paesi occidentali sospendono i loro contributi all’UNRWA. Il Segretario Generale dell'Onu si dice scandalizzato, ma supplica i Paesi donatori a revocare una sospensione che colpisce duramente i palestinesi, che vivono degli aiuti dell'Unrwa. Non menziona la riforma necessaria di un'organizzazione che ha prodotto tali mostri. È molto probabile che ce ne siano stati degli altri che operano ancora al suo interno.

Testo | Informazione Corretta

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"UNRWA E' HAMAS CON RESTYLING, HA PERSO LEGITTIMITA'"

L'UNRWA è "Hamas con un restyling" e ha "perso la sua legittimità di esistere nella sua forma attuale".

Lo ha detto il ministro della Difesa israeliano יואב גלנט - Yoav Gallant ad una delegazione di ambasciatori presso l'Onu.

"Fondi provenienti da Paesi di tutto il mondo - ha aggiunto - sono stati incanalati attraverso l'Unrwa e utilizzati per rafforzare le infrastrutture del terrorismo e per pagare i terroristi".

Gallant ha poi confermato che l'esercito "continuerà a operare fino a raggiungere gli obiettivi: smantellare le capacità militari e di governo di Hamas e riportare a casa gli ostaggi".

Testo | ANSA.it

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LETTERA DI 800 FUNZIONARI ANONIMI CONTRO ISRAELE: UN BEL REGALO A HAMAS | di Marco Paganoni

Che sciocchi, come abbiamo fatto a non pensarci prima?

Per porre fine al conflitto in corso e alle sue tragiche conseguenze basta imporre a Israele un cessate il fuoco immediato – togliendogli ogni sostegno politico, diplomatico e militare – e chiedere cortesemente a Hamas, Jihad Islamica e altri stupratori e tagliagole assortiti di rilasciare gli ostaggi e accettare “una pace duratura” che contempli “uno stato palestinese sicuro” accanto a Israele e la garanzia che “non abbia più a ripetersi un attacco come quello del 7 ottobre”.

Insomma, bastava dirlo.

Ma ora che la formula geniale è stata messa nero su bianco da 800 impavidi – ancorché anonimi – funzionari di Stati Uniti e Unione Europea nella loro indignata “Dichiarazione di funzionari pubblici transatlantici su Gaza”, par già di vederli i caporioni di Hamas che si agitano in penosissima difficoltà: “Oddio, ora che ce l’hanno chiesto (di rilasciare gli ostaggi, fare la pace con Israele e non perpetrare altri 7 ottobre) come facciamo a dir di no?”.

Forse, letta la sagace missiva, in queste ore sono anche in preda a una profonda crisi di coscienza da far impallidire la conversione dell’Innominato.

O forse, invece, ringraziano il cielo per questo insperato regalo: centinaia di funzionari in servizio attivo presso i principali stati dell’Occidente che si fanno zelanti portavoce esattamente di ciò che da mesi chiedono (e pretendono, coi più vili ricatti) proprio Hamas e compari jihadisti. Quando si dice l’eterogenesi dei fini.

E Yahya Sinwar sentitamente ringrazia.

Testo | Israele.net

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GLI IPOCRITI AIUTI UMANITARI CHE CON UNA MANO SFAMANO I PALESTINESI E CON L'ALTRA ARMANO HAMAS | di Iuri Maria Pardo

Sanno tutti, hanno sempre saputo tutti, che il fiume di miliardi che va a ingolfarsi nei protettorati mediorientali della cooperazione internazionale serve anche (non solo, certo, ma anche) al finanziamento della milizia terroristica che uccide gli ebrei. Ovviamente non vuol dire – o non sempre, o non necessariamente – che i finanziatori internazionali elargiscono quel denaro affinché i percettori uccidano gli ebrei: vuol dire che quei finanziatori sanno, e hanno sempre saputo, tutti, tranne forse la Bella Addormentata S.p.A., che i loro soldi sono usati anche per uccidere gli ebrei e da parte di chi li uccide rivendicando il diritto di ucciderli.

Poiché la situazione dei palestinesi è tragica e miserrime sono le condizioni di vita che essi sopportano (specie perché tutti quei soldi sono in buona parte amministrati e inguattati da capibastone e dirigenze corrotte), si accetta, girando la faccia verso altrove, che il pane dato a una famiglia indigente valga bene il rischio, cioè la certezza, che mammà metta a tavola anche per il babbo o il fratellone che si rifocillano dopo aver scannato un ebreo.

Si può anche decidere (e di fatto è questo che si decide) che in quel mare di aiuti sguazzi per forza di cose anche l’esercito di tagliagole che ha dato tanta prova di sé il 7 ottobre. Ma almeno che non ci si nasconda dietro a un dito: i soldi destinati laggiù hanno fatto adulte le mani che impugnavano i coltelli che quel giorno sgozzavano uno a uno gli ebrei prelevati dalle loro case; le risorse devolute alla sofferenza del popolo oppresso nutrono lo sperma degli stupratori che ingravidano le donne ebree fatte prigioniere; le provvidenze umanitarie hanno tenuto in carica i cellulari con i quali i combattenti per la libertà, invitati a resistere da qualche consulente Onu, comunicavano agli orgogliosi familiari le quantità di ebrei che erano riusciti a fare a pezzi.

E infine. Quando (pur giustamente) reclamano che Israele stesso si adoperi affinché non si interrompa il flusso degli aiuti, valutino, questi finti tonti, che l’acqua deve bensì essere in ogni caso assicurata: solo che essa, mentre rinfranca le donne e i vecchi e i bambini, disidrata la gola e tiene sciolta la voce di quello che grida il nome di dio mentre sfonda a zappate il cranio di un ebreo.

Tengano conto, questi ipocriti, che l’energia elettrica di cui lamentano la penuria serve, e deve essere assicurata, per tenere in funzione i frigoriferi degli ospedali: ma è la stessa che alimenta quelli in cui i terroristi conservano le teste degli ebrei decapitati. Ci pensino, quando strillano come oche spennate perché si attenta al diritto acquisito del personale dell’UNRWA di chattare che il 7 ottobre è stato una benedizione.

Testo | Linkiesta.it

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GAZA: "GIORNALISTA" DI AL JAZEERA ERA UN COMANDANTE DI HAMAS

Fino al 2022 il giornalista di Al Jazeera Mohammed Wishah aveva un secondo lavoro come comandante nelle unità missilistiche anticarro di Hamas, e alla fine del 2022 e passato nel campo ricerca e sviluppo delle unità aeree di Hamas. Lo rivelano documenti e foto recuperate dalle Forze di Difesa israeliane alcune settimane fa in uno dei campi di Hamas nel nord della striscia di Gaza, e rese note domenica sera dal portavoce militare per i media arabi, Avichay Adraee.

“La mattina giornalista di Al Jazeera e la sera terrorista di Hamas” ha scritto Adraee su X, spiegando che “durante le operazioni è stato sequestrato un computer portatile appartenente a qualcuno di nome Muhammed Samir Muhammed Wishah, nato nel 1986 a Bureij, che risulta chiaramente essere un importante comandante delle unità missilistiche anticarro di Hamas”.

L’account X in inglese delle Forze di Difesa israeliane ha commentato: “Ehi Al Jazeera, pensavamo che i tuoi giornalisti dovessero fornire resoconti imparziali sui fatti, non partecipare attivamente alla loro creazione in prima linea come terroristi di Hamas”.

Il mese scorso, il portavoce militare Daniel Hagari ha presentato le prove che due giornalisti uccisi a Gaza erano in realtà membri di Hamas e della Jihad Islamica palestinese.

Testo | Israele.net

Al Jazeera English Al Jazeera Channel - قناة الجزيرة
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LA DOPPIA VITA DI WISHAH, GIORNALISTA DI AL JAZEERA E COMANDANTE DI HAMAS | di David Spagnoletto

Un giornalista di Al Jazeera era un comandante di Hamas. La rivelazione choc è arrivata grazie ai documenti e foto recuperate dalle Forze di Difesa israeliane alcune settimane fa nel nord di Gaza, che sono stati resi pubblici domenica sera dal portavoce militare per i media arabi, Avichay Adraee.

Portavoce che su X non ha usato mezze parole per definire l’imbarazzo attorno alla rete televisiva satellitare con sede in Qatar, le cui “notizie” vengono prese come oro colato da diversi addetti ai lavori: “La mattina giornalista di Al Jazeera e la sera terrorista di Hamas. Durante le operazioni è stato sequestrato un computer portatile appartenente a qualcuno di nome Muhammed Samir Muhammed Wishah, nato nel 1986 a Bureij, che risulta chiaramente essere un importante comandante delle unità missilistiche anticarro di Hamas”.

Una doppia vita quella di Al Jazeera Mohammed Wishah che fino al 2022 era un comandante nelle unità missilistiche anticarro di Hamas e alla fine del 2022 è passato nel campo ricerca e sviluppo delle unità aeree del gruppo terrorista arabo-palestinese.

Una doppia vita che getta ombre sul lavoro di Al Jazeera, come ha fatto notare l’account X in inglese delle Forze di Difesa israeliane: “Ehi Al Jazeera, pensavamo che i tuoi giornalisti dovessero fornire resoconti imparziali sui fatti, non partecipare attivamente alla loro creazione in prima linea come terroristi di Hamas”.

La credibilità giornalistica dei reporter di Gaza è stato un problema che aveva già sollevato il mese scorso il portavoce militare Daniel Hagari, dimostrando come in realtà due giornalisti uccisi nella Striscia altro non erano che membri di Hamas e della Jihad Islamica palestinese.

Verso Israele stanno arrivando diverse critiche per le modalità e i mancati risultati della reazione contro Hamas dopo il massacro dei civili del 7 ottobre.

La realtà, però, dice ben altro...

[Continua a leggere l'articolo sul nostro sito >> https://www.progettodreyfus.com/giornalista-al-jazeera-hamas/ ]

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"HAMAS MOVIMENTO POLITICO": IRA DI ISRAELE SUL RAPPRESENTANTE ONU GRIFFITHS

Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha criticato il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e il coordinatore degli aiuti di emergenza Martin Griffiths per aver affermato in un'intervista a Sky News che "Hamas non è un gruppo terroristico. Per noi, ovviamente, come sapete, è un movimento politico".

"Si vergogni", ha scritto Katz in alcuni post sul social X, "le Nazioni Unite raggiungono ogni giorno un livello sempre più basso".

Testo | la Repubblica

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GAZA: NELLA BASE DI HAMAS SOTTO IL QUARTIER GENERALE DELLA UNRWA TROVATE ALTRE PROVE DEL SUPPORTO IRANIANO AL TERRORISMO PALESTINESE

Nel data center di Hamas scoperto dalle Forze di Difesa israeliane sotto il quartier generale della UNRWA nell’area Rimal di Gaza City (completo di server, collegamenti elettrici, generatori di riserva e alloggi), i militari hanno sequestrato “tecnologia iraniana” apparentemente entrata a Gaza attraverso la Cina. Ne ha dato notizia l’emittente Kan aggiungendo che i ritrovamenti vengono ora analizzati dall’intelligence informatica delle Forze di Difesa israeliane.

Sabato scorso, un portavoce militare israeliano ha dato notizia sull’account ufficiale X in lingua farsi del ritrovamento a Gaza di armi di fabbricazione iraniana, accompagnando la notizia con un video

Testo | Israele.net

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GAZA: "MORTAI IN BORSE DELL'UNRWA"

L'esercito israeliano ha rinvenuto mortai in borse dell'UNRWA e altre armi ed equipaggiamento militare. Lo rende noto l'Idf, precisando che la scoperta è avvenuta nel corso di un'incursione delle truppe della 7a Brigata Corazzata nella casa di un alto ufficiale dell'intelligence di Hamas a Khan Younis, nel sud di Gaza, durante la quale è stato individuato anche un tunnel successivamente distrutto. Nel raid l'esercito ha eliminato otto combattenti di Hamas.

Testo | la Repubblica

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Senza contare che, il 15 febbraio, Hamas ha ammesso di aver perso 6mila combattenti, cioè il 20% del totale dei decessi: va inteso che tutti gli uomini della Striscia sono da ritenersi miliziani jihadisti?

In tutto questo (e ci siamo arrivati) non ci sono solo i morti a seguito degli attacchi di Israele, ma anche quelli causati da esplosioni accidentali, da razzi mal diretti o che han fatto cilecca (il disastro all’ospedale al-Shifa di Gaza per cui, a proposito di “bollettini di Hamas”, molti commentatori occidentali, italiani compresi, ancora non han chiesto scusa per la cantonata che han preso, è il caso più eclatante) e che, però, le autorità palestinesi della Striscia mettono nel calderone alla stregua delle altre vittime della guerra. Ché tanto l’importante è gridare al “genocidio” e scatenare chi, qui da noi, non fa che sgolarsi con berci come “Israele assassino”.

Lo Stato ebraico, da par suo, stima di aver ucciso 12mila affiliati ad Hamas. Sulla base delle sue analisi (sicuramente più accurate) «il rapporto tra vittime civili e combattenti sarebbe notevolmente più basso», chiosa Wyner, «al massimo 1,4 a 1, se non addirittura 1 a 1». Non si riduce la guerra a una lezione di algebra, è vero: però accertare la veridicità delle notizie, specie quando a darle sono i tagliagole del 7 ottobre e lo fanno arbitrariamente, o quando si riempiono i cortei ripetendo a pappagallo slogan sconnessi dalla realtà, è altrettanto utile.

Testo | Liberoquotidiano.it

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𝐍𝐎𝐍 𝐒𝐈 𝐏𝐀𝐑𝐋𝐀 (𝐁𝐄𝐍𝐄) 𝐃𝐈 𝐈𝐒𝐑𝐀𝐄𝐋𝐄: 𝐒𝐀𝐋𝐓𝐀 𝐈𝐋 𝐂𝐎𝐍𝐕𝐄𝐆𝐍𝐎 𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐓𝐀𝐓𝐀𝐋𝐄 𝐃𝐈 𝐌𝐈𝐋𝐀𝐍𝐎. 𝐓𝐑𝐎𝐏𝐏𝐄 𝐌𝐈𝐍𝐀𝐂𝐂𝐄 | 𝐝𝐢 𝐆𝐢𝐮𝐥𝐢𝐨 𝐌𝐞𝐨𝐭𝐭𝐢

“Israele: storia di una democrazia sotto attacco. Terrorismo, propaganda e antisemitismo 4.0. La sfida all’occidente”. Era questo il titolo del convegno che si sarebbe dovuto tenere il prossimo 7 maggio all’Università Statale di Milano (Università degli Studi di Milano), con la proiezione del docufilm “#NOVA” sul massacro commesso dai terroristi di Hamas al Nova Festival lo scorso 7 ottobre. 𝐌𝐚 𝐢𝐧 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐢𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐦𝐢𝐧𝐚𝐜𝐜𝐞 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐯𝐚𝐭𝐞, 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐞 𝐧𝐞 𝐟𝐚𝐫𝐚̀ 𝐧𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞. Organizzato da Cristina Franco, presidente dell’Associazione Italia-Israele di Savona, il convegno si sarebbe dovuto aprire con i saluti del rettore, Elio Franzini, per lasciare poi la parola a Hillel Neuer, direttore esecutivo di UN Watch; Marco Cuzzi della Statale, Alessandra Veronese dell’Università di Pisa, fino alla testimonianza di Alexandre Del Valle sulla Fratellanza musulmana in Europa.

𝐍𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐚 𝐟𝐚𝐫𝐞.

Da giorni erano arrivate minacce e intimidazioni alla volta del convegno, dei convegnisti e dell’università da parte del solito giro di collettivi, anarchici e gruppi anti israeliani. La questura era pronta ad allestire un cordone di sicurezza e la minaccia era passata da “alta” ad “altissima”. Alla fine, Cristina Franco e gli altri organizzatori hanno deciso di annullare l’evento.

“𝐼𝑙 𝑚𝑒𝑠𝑠𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑒̀ 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑎𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑐ℎ𝑒, 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑟𝑒 𝑙’𝑎𝑙𝑡𝑟𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒 ℎ𝑎 𝑎𝑣𝑢𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑑𝑖𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑖𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑜𝑐𝑐𝑢𝑝𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑢𝑛𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖𝑡𝑎̀ 𝑖𝑡𝑎𝑙𝑖𝑎𝑛𝑒, 𝑎 𝑛𝑜𝑖 𝑒̀ 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑖𝑚𝑝𝑒𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑟 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑢𝑡𝑒𝑟𝑒 𝑝𝑎𝑐𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙 7 𝑜𝑡𝑡𝑜𝑏𝑟𝑒 𝑒 𝑑𝑖 𝐼𝑠𝑟𝑎𝑒𝑙𝑒, 𝑠𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑎 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑜𝑙𝑒𝑛𝑧𝑒”, ci dice Franco.

All’organizzatrice era stato anche offerto di spostare online l’evento dai media della Statale. “ 𝐴𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜, 𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑒”, taglia corto Franco. “ 𝑂 𝑠𝑖 ℎ𝑎 𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑑𝑎𝑡𝑎 𝑎𝑙𝑙’𝑎𝑙𝑡𝑟𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒, 𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑛𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒. 𝐿𝑎 𝑓𝑜𝑔𝑙𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑓𝑖𝑐𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑡𝑡𝑜”.

La morale della storia sta tutta in quel titolo: “Israele: storia di una democrazia sotto attacco. Terrorismo, propaganda e antisemitismo 4.0. La sfida all’occidente”. La democrazia e la sua ancella che è la libertà di parola sotto attacco, la propaganda che dilaga nelle università, l’antisemitismo che ne è il rumore di fondo e l’occidente che è il nemico comune.

Testo | Il Foglio

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SONDAGGIO PALESTINESE: CIVILI FAVOREVOLI AL MASSACRO DEL 7 OTTOBRE

8 arabo-palestinesi su 10 hanno espresso sostegno al massacro di Hamas contro i civili del sud d’Israele.

Lo rivela un sondaggio del Palestinian Center for Policy and Survey Research, secondo cui, in linee generali, nonostante il pogrom del 7 ottobre, Hamas ha aumentato i consensi anche a discapito di Fatah, il cui crollo sembra la storia di un delitto annunciato.

Sondaggio, condotto dal 26 maggio al primo giugno, che ha mostrato come 3 intervistati su 4 si sono detti contrari a una forza di interposizione araba nella Striscia di Gaza, mentre più della metà è in favore della lotta armata e contraria alla soluzione a due Stati; sostenuta da tanti leader politici internazionali che non si rendono conto della reale situazione all’interno della popolazione arabo-palestinese.

Per questo colpisce solo chi non ha voluto vedere per decenni, che soprattutto nella West Bank – ma anche a Gaza – alle domande “chi preferirebbero che mantenesse il controllo” e “quale scenario preferirebbero per il dopo guerra”, la risposta è stata sempre la stessa: Hamas.

Il gruppo terrorista arabo-palestinese assieme al suo leader nella Striscia Sinwar godono di un consenso che dà la misura dell’aria che si respira presso i gazawi, i quali considerano gli Houthi il miglior partner arabo contemporaneo.

Sempre secondo i partecipanti al sondaggio, Hamas vincerà la guerra contro Israele e continuerà a gestire Gaza.

Non arrivano notizie confortanti neanche in merito per la leadership dei macellai del 7 ottobre: per gli intervistati la guida di Ismail Haniyeh può essere messa in discussione solo dal noto sanguinario Marwas Barghouti.

Il sondaggio parla chiara: la popolazione civile esprime pieno sostegno ad Hamas, al suo terribile attacco contro i civili israeliani di otto mesi fa e la tendenza è quella di sostenere dei gestori di Gaza sempre più sanguinari.

Il sondaggio parla chiaro a tutti quei governanti del mondo, secondo cui la strada da percorrere per la pace è quella della soluzione a due stati.

I gazawi l’hanno detto: a esistere deve solo lo stato palestinese, quello d’Israele non è contemplato nel loro immaginario futuro…

[Continua a leggere l'articolo sul nostro sito >> https://www.progettodreyfus.com/sondaggio-palestinesi-7-ottobre/ ]

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MEDICI SENZA FRONTIERE E IL COLLEGA TERRORISTA UCCISO DA ISRAELE: NESSUNA INDIGNAZIONE PER IL DOTTORE CON IL KALASHNIKOV | di Iuri Maria Prado

I responsabili di Medici Senza Frontiere (Médecins Sans Frontières / MSF) disponevano di parecchie alternative per commentare la notizia secondo cui un loro “collega”, eliminato l’altro giorno dall’esercito israeliano, sarebbe stato coinvolto in attività terroristiche. Apprendendo dell’uccisione, i plenipotenziari di quella sconfinata propensione umanitaria avrebbero potuto – per esempio – contestare la verità della notizia, argomentando e documentando che il loro “collega” non era in realtà un terrorista. Non l’hanno fatto.

Avrebbero potuto rammaricarsi della fine violenta del loro “collega” nella desolazione per la scoperta che era un terrorista. Non l’hanno fatto. Avrebbero potuto piangere il proprio “collega” scusandosi per non essersi accorti che era un terrorista. Non l’hanno fatto. Avrebbero potuto – come hanno fatto – inviare messaggi di condoglianze ai familiari del loro “collega” e avrebbero potuto – come non hanno fatto – chiedere perdono alle vittime dell’attività terroristica di quel medico-miliziano.

Che han fatto, invece, a parte esercitarsi in quelle giuste condoglianze? Hanno messo mano ai propri profili social per dar fuori questo comunicato: “Siamo indignati e condanniamo con forza l’uccisione del nostro collega, Fadi Al-Wadiya, in un attacco avvenuto questa mattina a Gaza City”. Non sono indignati, con se stessi, per aver assunto e tenuto nei propri ranghi un terrorista. Perché? Due ipotesi, diremmo. La prima: che non era un terrorista, e i signori di Medici Senza Frontiere sanno che non lo era. Ma allora (torniamo a ciò che avrebbero potuto fare e non hanno fatto) perché non hanno condannato, oltre che l’uccisione del “collega”, anche la motivazione menzognera che l’avrebbe giustificata? Vai a sapere.

Oppure c’è l’ipotesi seconda, che in greco antico si dice ‘sticazzi: sapevano che era un terrorista, o sono venuti a saperlo, ma non importa. E sul non importa, ovviamente, ci si può sbizzarrire. Non importa perché è una questione di privacy: se un medico, nelle ore libere, allestisce le rampe per il lancio dei razzi sui civili tu che fai, interferisci? Oppure non importa perché l’attività di Medici Senza Frontiere, come ostentano i loro cartigli, è ispirata a “imparzialità, indipendenza e neutralità”: ti arriva l’affiliato degli sgozzatori e tu che fai, lo discrimini? O forse non importa perché c’è il genocidio, c’è la pulizia etnica, c’è la carestia. E, siccome c’è tutto questo, ci sta pure che Medici Senza Frontiere vi si opponga assoldando chi vi si oppone a modo suo, col kalashnikov. Diversi, ma uniti nella lotta.

Se poi fosse tutto falso, e cioè se quel loro “collega” fosse stato solo un medico e non anche un terrorista, sarebbe una tragedia in più di questa orrenda guerra e una tragedia in meno per la credibilità frantumata di certe organizzazioni “imparziali”.

Testo |Il Riformista

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ISRAELE TROVA HAMAS TRA I DIPENDENTI ONU A GAZA | di Giulio Meotti

Altri cento terroristi di Hamas figurano fra i dipendenti dell'ONU a Gaza. Sono stati trovati i loro documenti che ne confermano l'identità. E' la prova ulteriore che le agenzie ONU, soprattutto UNRWA (che l'Italia continua a finanziare), a Gaza sono colluse con il terrorismo di Hamas. Israele ha indicato altri cento dipendenti dell’agenzia delle Nazioni Unite a Gaza come membri di Hamas e ha chiesto che fossero licenziati. Si tratta solo di “una frazione” del numero reale di membri dell’organizzazione terroristica, si legge in una lettera al capo dell’agenzia Unrwa, Philippe Lazzarini. Israele ha inviato l’elenco anche ai paesi che aderiscono all’agenzia dell’Onu come donatori, molti dei quali – tra cui Stati Uniti e Regno Unito – hanno congelato i propri finanziamenti dopo gli attacchi di Hamas. Dopo il 7 ottobre era emerso infatti che dodici dipendenti delle Nazioni Unite avevano legami con Hamas.

Il recente elenco inviato a Lazzarini fa nomi, passaporti e numeri di carta d’identità militare di cento terroristi di Hamas a libro paga dell’Onu. Non sembra un caso che il corpo dell’ostaggio tedescoisraeliano Shani Louk sia stato trovato in un edificio dell’Unrwa finanziato con i soldi dei contribuenti tedeschi.

Intanto Mohammad Deif, il comandante supremo delle Brigate Izzadin al Qassam, ala militare di Hamas, è stato preso di mira in un attacco aereo israeliano, sabato mattina, nella zona di Khan Yunis, nel sud della striscia di Gaza, in cui sono morti numerosi civili palestinesi. Insieme a Deif (ricercato da trent’anni come uno dei maggiori responsabili del terrorismo di Hamas), era nel mirino anche Rafa’a Salameh, suo braccio destro e comandante della Brigata Khan Yunis di Hamas. I due si nascondevano in zona civile, le aree di al Mawasi e Khan Younis occidentale, che fanno parte della zona umanitaria designata da Israele. Deif è sulla lista dei massimi ricercati da Israele sin dal 1995 per il suo coinvolgimento nella pianificazione ed esecuzione di un grande numero di attacchi terroristici, compresi molti attentati sugli autobus negli anni 90 e all’inizio degli anni 2000. Deif ha svolto un ruolo di primissimo piano nell’organizzare la carneficina perpetrata da Hamas il 7 ottobre. “Hamas non deve nascondersi tra i civili – ha affermato persino un portavoce di Fatah, citato da Maariv – Perché Deif era nel campo di Al-Mawasi?”.

Un’indagine approfondita del New York Times rivela le tattiche di combattimento di Hamas nella Striscia di Gaza che si basano sul massiccio uso della popolazione civile come scudi umani. Il reportage, basato sull’analisi di video di Hamas e interviste a combattenti di Hamas e a soldati israeliani, descrive uno sfruttamento sistematico per scopi militari dei civili e delle loro infrastrutture, incolpando di fatto Hamas per la guerra in corso, le distruzioni, le morti e gli sfollamenti di popolazione. Il New York Times conferma che Hamas nasconde terroristi, pozzi d’ingresso ai tunnel e depositi di munizioni dentro edifici residenziali, strutture mediche, uffici delle Nazioni Unite e moschee, abolendo intenzionalmente il confine tra combattenti e non combattenti. Il reportage rivela che i terroristi di Hamas indossano spesso abiti civili, a volte anche sandali e tute da ginnastica, prima di sparare contro i soldati israeliani o lanciare razzi da aree civili. Hamas usa anche i civili, compresi bambini, come “vedette” e “informatori”. Prima di Hamas, nessun’altra organizzazione militare aveva costruito una guerra sul “sacrificio necessario” del proprio popolo.

Testo | @Il Foglio

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I SOLDI DELL'ONU A GAZA: POCHI PER BISOGNOSI, TANTI PER LARETE DI TUNNEL DI HAMAS, PIU' VASTA DELLA METRO DI LONDRA | di Iuri Maria Prado

L’altro giorno l’UNRWA (l’”Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente”) ha scritto che saranno necessari anni di lavoro per rimuovere le macerie di Gaza, e che l’operazione costerebbe più di 500 milioni di dollari. Una cifra notevole, in effetti. Ma insignificante rispetto a quanto è costata la costruzione – sotto gli occhi dell’Unrwa e con i soldi della cooperazione internazionale – di una rete di tunnel più vasta della metropolitana di Londra.

C’è da domandarselo. Chi deplora le distruzioni di Gaza che cosa ha fatto, in diciassette anni, per evitare che i soldi della cooperazione internazionale finissero lì, nei tunnel, e nelle camere di albergo in cui dimorano a tremila dollari a notte i capi del terrorismo? Che cosa ha fatto la cooperazione internazionale per proteggere la popolazione di Gaza dai miliziani aguzzini, dai fustigatori delle adultere e dai decapitatori di omosessuali?

La cooperazione internazionale e la causa palestinese
Che cosa ha fatto la cooperazione internazionale per la “causa palestinese”, se per causa palestinese intendiamo far avere a quel popolo un livello accettabile di libertà e almeno un accenno di ordinamento democratico? Si tratta di due acquisizioni – un pizzico di libertà, la prospettiva di un governo sottratto al dominio di bande sanguinarie – che la compiacenza “pro pal” vuole impedite in modo esclusivo dalla sopraffazione sionista, senza neppure l’ipotesi che magari, forse, chissà, il degrado civile e umano in cui sono costretti a vivere i palestinesi dipenda dalle angherie delle loro classi dirigenti e dal regime corrotto e parassitario che proprio la cooperazione internazionale continua a garantire laggiù.

Perché non è colpa della grinfia giudaica
Non è colpa della grinfia giudaica se quell’orlo di Medio Oriente è un latifondo di miseria, violenza e disperazione galleggiante su un sottosuolo traforato di orrore.
E se pure fosse vero che Bibi Netanyahu ha irresponsabilmente preferito vedere l’ingrossamento dei ranghi più fondamentalisti a spese di quelli sempre più sguarniti dell’Autorità Nazionale Palestinese, ebbene si tratterebbe di un contributo assai poco cospicuo rispetto a quello fatto avere ai macellai da parte della cooperazione internazionale che non parla, non vede e non sente quando passa in rassegna la realtà inconfessabile.

E cioè che quei denari servono molto poco a investire su un futuro di sviluppo e di pace per i palestinesi: e molto, invece, a tenerli avvinghiati al sogno di una palingenesi irredentista da costruire sulle macerie del nemico smantellato.

Testo | Il Riformista

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