Era il 20 marzo 1994 e quel giorno Ian, suo figlio, che ai tempi aveva 9 anni, rimase orfano.
Sono passati 30 anni dall'omicidio a Mogadiscio di Miran Hrovatin e Ilaria Alpi.
Miran era triestino. Faceva parte della comunità italiana in lingua slovena. E Trieste oggi lo ha ricordato in diversi momenti pubblici ed ufficiali, culminati nel pomeriggio con la proiezione del documentario "Saluti da Miran" al Teatro Franco e Franca Basaglia, all'interno del Parco San Giovanni.
Se attaverso i suoi occhi abbiamo visto le ultime immagini di Ilaria Alpi, prima che entrambi venissero giustiziati, dopo che avevano scoperto le connessioni tra istituzioni, governi, servizi segreti e mercanti di armi e rifiuti, tra l'Italia e la Somalia, il film scorre a ritroso, a partire dal giorno dei suoi funerali, in una Trieste scesa in piazza per rendergli onore.
Prima di diventare cineoperatore del TG3, infatti, Miran aveva fatto una gavetta ventennale, come fotografo e poi filmaker. Aveva iniziato a girare per il mondo, fino a ritrovarsi a documentare la guerra oltre confine, in Jugoslavia a partire dalla secessione della Slovenia, fino al conflitto serbo-croato.
Le sue immagini dell'assedio e della strage del mercato di Sarajevo, il sangue, i bambini mutilati e morti, ci hanno riportato al nostro tremendo oggi tra Gaza e l'Ucraina, con dolore.
Ma oltre questo, emerge l'uomo, il marito, il padre, l'amico. Una persona piena dii vita consapevole del rischio e della necessità del suo lavoro.
Il documentario, realizzato nel 2014 per il ventennale della morte, curato dalla casa di produzione di Miran, l'agenzia @Videoest, è stato presentato in collaborazione con la Casa del Cinema di Trieste.
Dico questo perché mi piacerebbe molto fosse possibile renderlo ancora più visibile. Oggi che siamo immersi nella cultura della guerra, Miran ci mostra ancora l'insensatezza di ogni conflitto.
#recensionenonrichiesta
#MiranHrovatin
#IlariaAlpi #Trieste @_articoloventuno_
#videoest
https://www.instagram.com/p/C4v4NKfs6aA/?igsh=MXFvNmRueHVreGJlcw==
Sono passati 30 anni dall'omicidio a Mogadiscio di Miran Hrovatin e Ilaria Alpi.
Miran era triestino. Faceva parte della comunità italiana in lingua slovena. E Trieste oggi lo ha ricordato in diversi momenti pubblici ed ufficiali, culminati nel pomeriggio con la proiezione del documentario "Saluti da Miran" al Teatro Franco e Franca Basaglia, all'interno del Parco San Giovanni.
Se attaverso i suoi occhi abbiamo visto le ultime immagini di Ilaria Alpi, prima che entrambi venissero giustiziati, dopo che avevano scoperto le connessioni tra istituzioni, governi, servizi segreti e mercanti di armi e rifiuti, tra l'Italia e la Somalia, il film scorre a ritroso, a partire dal giorno dei suoi funerali, in una Trieste scesa in piazza per rendergli onore.
Prima di diventare cineoperatore del TG3, infatti, Miran aveva fatto una gavetta ventennale, come fotografo e poi filmaker. Aveva iniziato a girare per il mondo, fino a ritrovarsi a documentare la guerra oltre confine, in Jugoslavia a partire dalla secessione della Slovenia, fino al conflitto serbo-croato.
Le sue immagini dell'assedio e della strage del mercato di Sarajevo, il sangue, i bambini mutilati e morti, ci hanno riportato al nostro tremendo oggi tra Gaza e l'Ucraina, con dolore.
Ma oltre questo, emerge l'uomo, il marito, il padre, l'amico. Una persona piena dii vita consapevole del rischio e della necessità del suo lavoro.
Il documentario, realizzato nel 2014 per il ventennale della morte, curato dalla casa di produzione di Miran, l'agenzia @Videoest, è stato presentato in collaborazione con la Casa del Cinema di Trieste.
Dico questo perché mi piacerebbe molto fosse possibile renderlo ancora più visibile. Oggi che siamo immersi nella cultura della guerra, Miran ci mostra ancora l'insensatezza di ogni conflitto.
#recensionenonrichiesta
#MiranHrovatin
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