Giorgio Bianchi Photojournalist
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Notizie e analisi sull'attualità e la geopolitica.
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Prima di intraprendere "l'esportazione della democrazia", invitiamo i nostri partner nordamericani a risolvere i problemi in sospeso a casa loro e a tentare di superare le profonde divisioni nella società su questioni di etica, valori e visione del proprio passato e futuro. È evidente che qui le modeste ammissioni sull’imperfezione della democrazia americana non sono sufficienti.

Nemmeno la Gran Bretagna ha il diritto di posizionarsi come democrazia avanzata. Nel paese vivono serenamente organizzazioni che professano l'ideologia neonazista, si registra un aumento di fenomeni di razzismo e le minoranze etniche e culturali sono discriminate in molti settori della vita pubblica. Emergono casi di raccolta illegale di dati personali dei cittadini da parte dei servizi segreti britannici, gli interventi violenti della polizia, anche contro manifestanti pacifici, sono ormai all’ordine del giorno.

La situazione non è migliore nell'Unione Europea. Bruxelles ignora costantemente i diritti e gli interessi legittimi dei russi e dei residenti russofoni negli Stati baltici, in #Ucraina e in #Moldavia. Si chiude un occhio sulla creazione di miti di storia politica da parte dei paesi "giovani europei", mentre gli ex collaboratori nazisti che hanno commesso crimini di guerra sono proclamati eroi nazionali.

La soppressione amministrativa del dissenso e l'imposizione aggressiva di valori e pratiche ultraliberali che distruggono i fondamenti cristiani della civiltà europea sono diventati la norma quotidiana in molti stati dell'#UE.

Gli Stati Uniti, che pretendono di essere ideologicamente e moralmente nel giusto, e un piccolo gruppo di alleati hanno minato la propria credibilità attraverso azioni aggressive sulla scena mondiale all’insegna della "promozione della democrazia". Interventi armati e tentativi di "cambio di regime" - più di una decina negli ultimi 30 anni - e azioni provocatorie nella sfera politico-militare spesso violano palesemente il diritto internazionale e generano caos e distruzione.

La storia recente mostra che le avventure militari di "democratizzazione" forzata hanno portato a guerre cruente e sono finite con tragedie nazionali per i paesi vittime di questa politica: l'ex #Jugoslavia, l'#Afghanistan, l'#Iraq, la #Libia, la #Siria e un certo numero di altri stati. Per innescare la guerra è stato utilizzato ogni tipo di pretesto: la lotta contro il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa e la "protezione della popolazione civile".

Tutti ricordano come, nel 2003, dopo l'intervento militare in Iraq da parte della coalizione dei volenterosi, il presidente George Bush Jr. a bordo della portaerei Abraham Lincoln annunciò la "vittoria della democrazia" in quel paese. Quello che è successo dopo è ben noto: non ci sono ancora statistiche esatte sul numero di morti, ma secondo alcune stime, sono centinaia di migliaia gli iracheni morti prematuramente.

La missione americana in Afghanistan, nonostante le enormi spese di trilioni di dollari, si è conclusa con un completo fallimento. Il triste risultato di più di 20 anni di "guerra al terrorismo" è stato il frenetico ritiro da Kabul, nell'agosto di quest'anno, degli americani e degli altri membri della coalizione da loro guidata.

La Libia non si è ancora ripresa dopo l'operazione #NATO per "proteggere i civili", che – con tutte le peculiarità della struttura sociale e politica dell'ex Jamahiriya – doveva mantenere la stabilità e assicurare condizioni di vita dignitose per la popolazione. Questa sconsiderata azione militare ha portato, tra le altre conseguenze dannose, alla diffusione incontrollata di armi e terroristi in tutta la regione del Sahara-Sahel.

Si potrebbe continuare con gli esempi che mostrano la doppiezza degli ispiratori del “vertice per la democrazia”. Ma servirebbe?