The Articolist
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#CITAZIONI 💬

✑ Forse, quella di Abramo Lincoln è la figura meno controversa alla presidenza degli Stati Uniti d’America ⁽¹⁾ nonostante prove suggeriscono sia che apprezzasse le consorterie ⁽²⁾ sia che che fu tolto di mezzo da quest’ultime. ⁽³⁾ A ogni modo, così come il periodo secessionista succeduto al suo discorso, ⁽⁾ così come il periodo attuale, vi è un’analogia: è ingenuo credere che si possano cambiare le cose seguendo le regole di un sistema che ci soffoca giorno dopo giorno; quelle stesse regole che nel tempo sono state limate al punto che, così come sono, potevano nient’altro che riprodurre lo stesso risultato a cui oggi assistiamo: un grande teatro a cui le persone, comodamente sedute e intrise di suggestioni emozionali, assistono inermi. Se continuassimo a rispettare le regole, l’unica cosa che potremmo fare è una sola: fare il tifo per una delle parti in commedia. Ovviamente, a patto che si rimanga “comodamente” seduti: lo spettacolo deve continuare.
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✑ Letteralmente: «La commedia è finita. Applaudite!», queste sembrerebbero essere le ultime parole di Gaio Giulio Cesare Ottaviano, o meglio conosciuto come l’Augusto: il primo imperatore romano al quale ancora oggi, dopo oltre 2.000 anni, gli si viene riconosciuta la matrice culturale del Ferragosto. ⁽¹⁾ Ebbene, anche per noi la commedia è finita: crediamo ormai di aver capito chi è davvero intenzionato a cambiare le cose e chi no; chi supporta un cambiamento basato sulla totale responsabilizzazione di sé e chi ha ancora intenzione di delegare il proprio destino a un sistema che così com’è produrrà sempre lo stesso risultato. Passi falsi e false promesse: il quadro è ben nitido e siamo certi che lo sarà sempre di più. Buon Ferragosto.
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✑ Ripresa dall’intervista “La linea invisibile della democrazia” al vomitevole Noam Chomsky ⁽¹⁾ va riconosciuto che descrisse in modo molto semplice la fredda e predatoria natura delle grandi aziende. All’interno delle multinazionali non esiste alcuna democrazia. Esistono solo tre fattori-chiave che fungono da minimo comune denominatore della loro operatività e sono: profitto, allacci da e nelle istituzioni e/o chi le rappresenta e un controllo delle scelte sulle popolazioni, diretto o indiretto che sia. L’internazionalizzazione del commercio e della produzione hanno di fatto soppiantato l’impianto territoriale che, se prima era depredato dal potere statale, oggi si addiziona alla non-compatibilità con le attuali leggi di mercato. Siamo difronte ad apparati sempre più affamati di svuotare tasche e menti degli individui con il fine ultimo di trascinarci nell’abisso del neo-liberismo, questo a stampo totalitario e socialista: proprio quello che Chomsky ha scelto di rappresentare.
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✑ Questa è, parer nostro, la citazione che risponde nel modo più semplice ed eloquente possibile a chi ha ancora qualche dubbio su cos’è stato e cos’è ancora il nuovo marchio della bestia. Agamben ha racchiuso con maestria il cortocircuito ideologico che si cela dietro la scimmiottatura dell’AhnenPass dove, l’unica differenza tra i due nell’esibizione, è che uno richiede l’iniezione di un farmaco sperimentale. Ebbene Agamben, una delle figure più coerenti e lungimiranti ⁽¹⁾ che abbiamo visto durante il periodo cosiddetto pandemico, disarticola il neo-significato di “libertà”: oggi caro al figlio più o meno legittimo del Partito Comunista. ⁽²⁾ Lo fa semplicemente definendo cos’è la “vera” libertà, soprattutto se relazionata a un lasciapassare che lui stesso definì una «barbarie»: ovvero, qualsiasi azione non delimitata dall’arbitrio altrui.
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✑ Quella di Dario Fo è stata una figura controversa ⁽¹⁾, ⁽²⁾ nel panorama intellettuale italiano e mondiale. Chissà perché i Premi Nobel vengono conferiti soltanto a personaggi di questo calibro. Riferendosi alla proibizione da parte della Chiesa delle traduzioni in volgare della Bibbia, in modo voluto o meno, Fo è riuscito a far immortalare questa sua frase dando spazio ad interpretazioni più distanti dal significato originario e noi avremmo qualcosa da dire a riguardo. Oggi il potere non ha più bisogno di bruciare libri per fermare la conoscenza: nella maggior parte dei casi basta un pulsante. Oggi il potere si serve della censura attraverso il controllo totale sui media. Ci sono però altri arnesi che svolgono un lavoro eccellente in tal senso, e stiamo parlando dei “disturbatori”. I disturbatori sono coloro che volontariamente impediscono la diffusione della verità usando la manipolazione delle parole: il loro unico scopo è distorcerla.
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✑ Più attuale che mai, Agosti evidenzia come la definizione di essere “schiavi” si relega, prima di tutto, a una condizione mentale: ovvero, non essere in grado riconoscere cosa significhi essere liberi, portandoci a difendere quella falsa sensazione di sicurezza che, guarda caso, soltanto chi apparentemente “è” più di noi può darci. Certo, come è difficile trovare soluzioni per fuggire dalla “ruota” è anche difficilissimo immaginare cosa significhi essere liberi, dato che con tutte le probabilità non lo siamo mai stati. Ma non è impensabile. Davvero possiamo ritenere impossibile un mondo diverso da quello che viviamo oggi?
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✑ Più attuale di così non si può. A volte anche i guardiani del sistema, questi incaricati di mantenere il mite - quanto grottesco - equilibrio socioeconomico a causa dell’ottemperanza al quieto vivere dei più, si lasciano sfuggire delle verità. Come potremmo riassumere l’intera storia politica oggi? Ci sarebbero tanti modi per farlo… ma potremmo benissimo partire con il caposaldo per eccellenza: un insieme di promesse non mantenute.
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✑ Con queste parole Kierkegaard fa una riflessione dalla quale si può denocciolare uno spunto interessante. La sintesi è che non può esistere libertà di parola senza libertà di pensiero, ma come ci si è arrivati? L’uomo nasce in apparenza libero. Questi si tenterà di uniformarlo allo spettro della collettività con dei limiti, con i quali gli sarà insegnato che oltrepassarli lo renderà irresponsabile e dunque isolato. Cosa succede però, se l’uomo capisce che molti di questi limiti imposti portano, in realtà, all’assoggettamento del pensiero di tutti noi? Due piste: mettere in discussione i propri convincimenti con gli altri o auto-censurarsi. Chi sceglie la prima comprenderà per forza di cose che il primo bersaglio in questa guerra psicologica è lo sviluppo della propria e individuale consapevolezza di sé. È in quel momento che comprendiamo quanti piccoli aspetti in apparenza innocui mirano alla capacità di dialogo tra persone che la pensano in modo diverso.
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✑ Se Mann con “vittoria per l’umanità” intendeva la vittoria delle consorterie a cui aderì, ⁽¹⁾ noi lo sfigureremo intendendo tutt’altro. Chiunque abbia capito qual è la posta in gioco, sa bene che oggi è chiamato a fare tutto ciò che è possibile per far sì che sempre più persone diffondano lo stesso verbo: qualcuno vuole (s)opprimerci e per riuscire nell’intento hanno preparato una serie di strategie. Casomai ci riuscissero, quei pochi che non vorranno soccombere alle “vittorie” saranno destinati a nascondersi: nascondersi dallo spettro dalla collettività, nascondersi da un impero fondato sulle menzogne, nascondersi da tutto ciò che è inconsistenza. Dobbiamo riprenderci ciò che è nostro partendo dal principio che una delle armi su cui il sistema conta di più è propugnare incessantemente l’illusione che ognuno di noi, nel suo singolo, non conti nulla. Una volta disillusi, siamo sicuri che questo troverebbe molti, molti più ostacoli di quelli che siamo riusciti a piazzare finora.
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✑ Tratto ⁽¹⁾ dal celebre romanzo ⁽²⁾ de Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la frase completa pronunciata del nipote prediletto del principe Fabrizio Salina è: «se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica in quattro e quattr'otto. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». ⁽³⁾ I nostri cari amici borghesi intendevano che se tutto fosse cambiato esteriormente, tutto sarebbe potuto rimanere così com’è, quindi in una situazione che garantisse il controllo sui governati; riconoscendo però il rischio che se tutto fosse rimasto così com’è - e quindi non fosse cambiato nulla - tutto sarebbe potuto cambiare interiormente. Questo è il cosiddetto gattopardismo: un vero e proprio prerequisito della politica.
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✑ Cosa rappresenta oggi il concetto di libertà, se non un grande totem composto da ideologie, principi e mete che non solo hanno come mezzo il compito di distorcere la realtà, ma ne fanno un prerequisito sociale che mina le fondamenta dello spirito critico umano? Per non parlare di chi tenta anche solamente di opinare la struttura di questo totem. Ed è lì che la libertà ci appare così vuota, lontana. Forse, nemmeno mai conosciuta, se non dentro di noi: l’unico luogo dove il tiranno non può entrare senza il nostro consenso.
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✑ Ah… la cosiddetta “scatola malefica”. ⁽¹⁾ Seppure la vediamo in modo leggermente diverso rispetto alla prima affermazione di Kusturica, ci troviamo del tutto d’accordo con la seconda; quelle immagini che lui definisce “preventive” sono qualcosa che, infondo, si estende su tutti gli schermi (e oltre). ⁽²⁾ Quante volte abbiamo visto l’utilizzo scientifico della parola per indurre gli individui a fare una determinata azione o a percepire la realtà in un certo modo? Innumerevoli. Nonostante alcune posizioni di Kusturica, ⁽³⁾ oggi sembra essersi dimenticato ⁽⁾ di ciò che ha scritto anni fa…
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✑ “Crisi” economiche, pandemiche, belliche e climatiche: questi sono i presupposti con i quali il potere tenta di redigere le basi del nostro stile di vita; giusto o sbagliato che sia, esso deve - secondo il potere - assoggettarsi acriticamente allo spettro della collettività: quest’ultimo costruito con mantra e ideologie che hanno il solo scopo di garantire, oltre che un’ipnosi di massa protratta nel tempo, un dominio su molti da parte di pochi. Quei pochi che, attraverso il ricatto e il denaro fanno dell’uomo un ventriloquo - consapevole o meno - del potere. Chiunque risieda al di fuori di questo macabro recinto felice, è uno di troppo. Un difetto di fabbrica.