"La crisi è l’effetto collaterale dell’impennata dei tassi voluta dalla #Fed. È crollato l’attivo della Silicon Valley Bank perché l’impennata degli interessi porta alla svalutazione dei valori in portafoglio, e intanto il giro d’affari soffre per le incertezze delle società interessate.
Le aziende del settore sono superindebitate, e con i tassi che lievitano e i fatturati che arrancano non si sa se e quando riusciranno a restituire i prestiti».
La crisi è appena cominciata? Che succede?
«NON è appena cominciata. Il settore della tecnologia dà segnali di sofferenza, fra licenziamenti in massa e utili a picco, da mesi. Di repentino c’è l’#impennata dei #tassi americani, passati in nove mesi da zero al 4,5%.
Logico che qualche spaesamento dovessero crearlo, e che a farne le spese sarebbero stati i più deboli: l’hi-tech e le banche che in questo settore hanno la loro monocultura. Così è partita la fuga dei depositanti».
Vuol dire che è solo l’inizio?
«Vedremo con ogni probabilità fallimenti analoghi nel mondo bancario. Almeno fra i piccoli istituti: la #Svb ha provato a collocare i suoi bond per ricapitalizzarsi o addirittura a vendere le sue azioni, ma senza successo.
Con questi tassi, è finita la corsa a cercare migliori rendimenti, ormai con un Treasury bond o un Btp italiano posso ottenere il 4 e più per cento, per di più sotto la tutela di Fed e Bce. Perché devo correre rischi?»
È come la Lehman nel 2008?
«Analoghe sono la #rapidità con cui la crisi è precipitata e la fulminea decisione di chiudere tutto senza appello. Ma le somiglianze finiscono qui: stiamo parlando di una piccola banca regionale, certo al centro di un sistema cruciale quale l’hi-tech però sempre di dimensioni limitate.
Allora crollò una delle prime banche del mondo, e infatti la Fed e la Casa Bianca crearono subito un cordone di salvataggio intorno agli altri grandi nomi di Wall Street, senza peraltro riuscire a evitare una crisi epocale».
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Logico che qualche spaesamento dovessero crearlo, e che a farne le spese sarebbero stati i più deboli: l’hi-tech e le banche che in questo settore hanno la loro monocultura. Così è partita la fuga dei depositanti».
Vuol dire che è solo l’inizio?
«Vedremo con ogni probabilità fallimenti analoghi nel mondo bancario. Almeno fra i piccoli istituti: la #Svb ha provato a collocare i suoi bond per ricapitalizzarsi o addirittura a vendere le sue azioni, ma senza successo.
Con questi tassi, è finita la corsa a cercare migliori rendimenti, ormai con un Treasury bond o un Btp italiano posso ottenere il 4 e più per cento, per di più sotto la tutela di Fed e Bce. Perché devo correre rischi?»
È come la Lehman nel 2008?
«Analoghe sono la #rapidità con cui la crisi è precipitata e la fulminea decisione di chiudere tutto senza appello. Ma le somiglianze finiscono qui: stiamo parlando di una piccola banca regionale, certo al centro di un sistema cruciale quale l’hi-tech però sempre di dimensioni limitate.
Allora crollò una delle prime banche del mondo, e infatti la Fed e la Casa Bianca crearono subito un cordone di salvataggio intorno agli altri grandi nomi di Wall Street, senza peraltro riuscire a evitare una crisi epocale».
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