♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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M’INNAMORAI
L’aspittai sutta ddu barcuni
Nun sacciù quantu ma mi sirviu di lezioni.
E ddi cosi duci ca avia accattatu
A unu a unu tutti mi l’haiu manciatu.
E mentri a casa turnavu scunsulatu
Nà picciotta bedda, eleganti e ccù fari garbatu,
Ccù l’occhi lucidi comu si cianceva,
M’addumannò chi ura era.
(Puru idda forsi era ntà li guai
E aspittava unu can nun vinìa mai).
A taliai e ristai fulminatu di dda Madonna
Camicetta bianca e nà minigonna
Senza tacchi, senza russettu e senza truccu
Arrussicai nun parlai e ristai di stuccu.
Nun avia vistu mai nà fimmina accussi bedda
Sciacquata e luccicanti comu nà stidda.
Idda furba u capìu mi detti la manu
E ridiennu m’addumannò: chi fai passiamu ?
Allura ci stringiu la manu forti forti e senza parrari
Felici nnì misimu a camminari.
Mamma mia chi sensazioni cà pruvai…
E fù propriu accussi ca m’innamurai

Di "Salvatore Migliore".

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📍Avola (Siracusa): Pineta del Gelsomineto.
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Forwarded from Clippy 📎
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Siamo al centro della Sicilia, in quella parte dell'isola che i Romani chiamarono "umbilicus Siciliae" e che gli Arabi segnarono nelle carte geografiche come ideale spartiacque tra la Val Demone e la Val di Noto.

Una piana sconfinata dove un incredibile silenzio si accompagna a una natura quieta e delicata ma che allo studioso ricorda le mille battaglie legate alle storiche mire di conquista dell'uomo: l'era dei Siculi, il processo di ellenizzazione degli abitanti a opera dei Greci, l'epoca romana, l'avvento degli Arabi e poi di Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli sino alla dominazione borbonica, travolta, alla fine, dai moti garibaldini e dall'unità d'Italia. Per queste terre transitò intorno alla fine del Settecento Wolfgang Goethe provando grandi emozioni dinanzi a natura e paesaggi incantati.

Un'immensa radura che fu per lunghi decenni un fertilissimo granaio sino all'operosa trasformazione che del luogo fu avviata poco dopo il 1950. Per assicurare l'irrigazione degli agrumeti di parte dell'Ennese e della piana di Catania, oltre che per alimentare una centrale idroelettrica, Regione e Stato decisero di realizzare un bacino che ancora oggi è fra i più estesi d'Europa. Ci sono voluti quasi dieci anni per completare la costruzione di questo vero e proprio lago denominato Pozzillo la cui lunga striscia argentea somiglia curiosamente a una elegante cravatta e la cui vista quasi nobilita i caratteri di un pezzo di Sicilia probabilmente sconosciuta ancora a molti.

Dalla fusione delle contrade Cangemi, Prato e Buterno è stata come ricavata un'area che si estende per circa quindici chilometri in cui è sorto un bacino imbrifero di rimarchevole portata. E ciò quasi a voler incentivare la caratteristica vocazione della provincia di Enna definita la "provincia dei laghi" per via del progressivo sorgere di ben cinque potenti serbatoi mirati a irrigare le arse campagne isolane.

La diga di Pozzillo o lago Orcel, ottenuta dallo sbarramento del fiume Salso è stata ultimata nel 1959, costruita per conto dell'Ente di Sviluppo Agricolo ed attualmente gestita dall'Enel.

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Le Bellezze di Fiumedinisi in collaborazione con la città metropolitana di Messina

Fiumedinisi (Ciuminisi in siciliano) è un comune italiano di 1,326 abitanti della città metropolitana di Messina in Sicilia.

Fiumedinisi sorge nella omonima valle, sul lato orientale dei monti Peloritani. Il territorio comunale si estende su una superficie di circa 36 km². Il centro urbano si trova sulla sponda destra del torrente Fiumedinisi, a 190 metri sul livello del mare e distante 5 chilometri dalla costa ionica, circondato da alcune delle più alte cime peloritane: il Pizzo Poverello, il Monte Scuderi, il Pizzo Croce, il Pizzo Cavallo e il Pizzo di Frinzi.

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La fondazione di Fiumedinisi viene fatta risalire al VII secolo a.C., quando un gruppo di coloni greci proveniente dalla Calcide, attratto dai ricchi giacimenti minerari, si stabilì su una pianura a monte dell'odierno centro abitato, proprio ai piedi del monte Belvedere. Il sito doveva essere già popolato dai Siculi. Fu così fondata la colonia di Nisa (il nome riflette una venerazione del dio greco Dioniso da parte dei fondatori) e al fiume del posto fu dato il nome di "Chrysorhoas" (Aurea Corrente). Sulla cima del Monte Belvedere, secondo antica tradizione, gli antichi abitanti di Nisa edificarono un tempio dedicato al dio greco Dioniso. Nel 428 a.C., durante la Guerra del Peloponneso la città fu assediata dagli ateniesi, ma i sicelioti nisani e i loro alleati siracusani riuscirono a resistere all'assedio e a respingere gli invasori. Testimonianze archeologiche inducono a pensare che Nisa fosse attiva in epoca romana, con l'attività estrattiva e l'agricoltura.

Con la nascita del Regno di Sicilia, (XI-XII secolo d.C.) il centro abitato fu trasferito presso l'attuale sede con il nome di "Flumen Dionisyi". Nel 1197, la Valle del Nisi fu teatro della morte dell'imperatore e Re di Sicilia Enrico I, padre di Federico II. Nel 1392, su iniziativa del Re Martino I di Sicilia, Fiumedinisi divenne feudo della famiglia Romano Colonna e conobbe un periodo di ampio splendore. Durante la Rivolta antispagnola di Messina del 1674-78 Fiumedinisi fu uno dei pochi centri rimasti fedeli alla Corona spagnola, che vi trasferì il conio druvidiale monetario, subendo però devastazioni e violenze da parte dei messinesi. La ricostruzione avvenne per opera del Re Carlo III di Sicilia, il quale espresse la sua "reale gratitudine" a Fiumedinsi con un messaggio ancora oggi leggibile su una lapide posta sul prospetto principale della chiesa Matrice. Fiumedinisi fu pesantemente colpito dalla epidemia di peste del 1743 e profondamente devastato dalla tremenda alluvione del 1855 la quale causò la perdita o il danneggiamento di importanti strutture produttive tra le quali la fabbrica di Mussola, la fonderia e lo stabilimento di lavorazione cartacea. Fino agli inizi degli anni '60 dello scorso secolo a Fiumedinisi era ancora attiva l'estrazione mineraria, specialmente nei giacimenti di contrada San Carlo-Mabmisisì.

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