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vi condivido una bella riflessione sul caso Taranto di Rosy Battaglia. Perdonatemi l’OT dalle solite notizie tech e data che condivido:
Oggi gli operai di Taranto in sciopero. I cittadini mobilitati davanti alle porte dello stabilimento. Il governo con il cappello in mano e Arcelor che minaccia il taglio di 5000 mila posti di lavoro e forte riduzione del piano ambientale, che già chi scrive, aveva inquadrato, dati alla mano, disastroso per aumento delle emissioni.

Ieri sera le immagini di Ilva. A denti stretti su Radiodue. La chemioterapia, le immagini dei genitori tarantini orfani dei propri figli e in piazza a manifestare. Gli operai costretti a denunciare le condizioni da terzo mondo in modo anonimo.

Una Valutazione di Impatto Sanitario e Ambientale, negata da tutte le istituzioni, tranne che da regione Puglia. I dati epidemiologici lo dicono chiaro una volta per tutte. Produrre acciaio a queste condizioni vuol dire produrre morte.

Di acciaio si muore, si è già morti, si morirà, a queste condizioni. Così è stato sotto la gestione Ilva- Riva, che commissariale a produzione dimezzata a 4,7 milioni di tonnellate nel 2015.

Ma di questo non se ne parla.

Intanto tutti pontificano su cosa fare. Compreso l'ex-ministro della Lega che aveva in portafoglio 300mila euro di obbligazioni di Arcelormittal come già avevano già rivelato da febbraio Stefano Vergine e Giovanni Tizian nel loro Libro Nero. O l'ex presidente del consiglio Matteo Renzi che ha varato per primo lo scudo penale, aprendo un conflitto costituzionale ancora in corso. O l'ex ministro Calenda che per primo ha sottoscritto l'accordo con Mittal.

Per tutto questo siamo stati condannati dalla Corte per i Diritti Umani. Ma che ce ne importa.

Italia, 2019 ancora a scegliere tra lavoro o morte.