La Courbe De Tes Yeux, Paul Éluard, 1926
La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
Ruota un moto di danza e di dolcezza,
Nimbo del tempo, arca notturna e fida,
E se non so piú tutto quello che vissi
È che non sempre i tuoi occhi m’hanno visto.
Foglie di luce e spuma di rugiada
Canne del vento, risa profumate,
Ali che il mondo coprono di luce,
Navi che il cielo recano ed il mare,
Caccia dei suoni e fonti dei colori,
Profumi schiusi da cova di aurore
Sempre posata su paglia degli astri,
Come il giorno vive d’innocenza
Il mondo vive dei tuoi occhi puri
E va tutto il mio sangue in quegli sguardi.
#poesia #francia
La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
Ruota un moto di danza e di dolcezza,
Nimbo del tempo, arca notturna e fida,
E se non so piú tutto quello che vissi
È che non sempre i tuoi occhi m’hanno visto.
Foglie di luce e spuma di rugiada
Canne del vento, risa profumate,
Ali che il mondo coprono di luce,
Navi che il cielo recano ed il mare,
Caccia dei suoni e fonti dei colori,
Profumi schiusi da cova di aurore
Sempre posata su paglia degli astri,
Come il giorno vive d’innocenza
Il mondo vive dei tuoi occhi puri
E va tutto il mio sangue in quegli sguardi.
#poesia #francia
Disincatenamento, Mario Lo Tasso
Del tuo pallino di fare il solitario
Oggi
Non saprei che farmene
Della tua vena autolesionista
Lo ammetto
Ancora mi piace
Pensarti nel tuo lento
Letto di suicidio
Ma
In definitiva
Quello che ci legava
Era il tuo fiato randagio
La tua barca assonnata
Il tuo carico pallido di lagrime
Persi questi talenti con la tua dipartita
Annegato il tuo fare il solitario suicida
Perché dovresti mancarmi anche dopo morta quando
So perfettamente che non potrai mai più tornare
In quanto sei morta?
Perché doverei tenderti, se potessi, la nervosa mano per farti
Tornare dall’aldilà all’aldiqua come tirandoti su dacché sei caduta,
magari in fondo ad un pozzo estremo
al tuo ghetto di morte?
Perché dovrei allungarti un barlume di bastone mentre scendi
Incautamente
i gradini delle scale?
Scale su scale,
moglie amata,
una montagna di scale
come una montagna di sedie
da bruciare
in piazza.
Il meglio è andato,
il pendolo suona un rintocco di cenetta,
il meglio è andato, vecchia amata,
oggi ho dalla mia la badante rumena
e la devozione dei miei parenti prossimi
vivo aspettando la pensione
e ho molto riguardo per la mia libertà
che è il bene più profondo che ho
dopo averti lasciata in balia della costipazione celeste,
dei messi paradisiaci… delle messe infernali…
ti ho lasciata nel catafalco che pesavi un quintale,
profumavi di gesso di lavagna,
ti trovo oggi in una scheggia di muro
incarnata in una fantasia di farfalla
brava
fai progressi
ama anche tu,
lassù,
chi vuoi…
ama più che puoi!
dove sta scritto che l’amore debba durare
in tutti i gironi,
in tutti i meandri
per tutte le vite?
anche la mia attuale amata
la badante
trova opportuno come me
che ognuno
si tenga
i suoi
spazi
ovunque
esso
sia….
e io sto spesso solo
ma felice
con questo nuovo amore letterario
d’appendice..
#poesia #italia
Del tuo pallino di fare il solitario
Oggi
Non saprei che farmene
Della tua vena autolesionista
Lo ammetto
Ancora mi piace
Pensarti nel tuo lento
Letto di suicidio
Ma
In definitiva
Quello che ci legava
Era il tuo fiato randagio
La tua barca assonnata
Il tuo carico pallido di lagrime
Persi questi talenti con la tua dipartita
Annegato il tuo fare il solitario suicida
Perché dovresti mancarmi anche dopo morta quando
So perfettamente che non potrai mai più tornare
In quanto sei morta?
Perché doverei tenderti, se potessi, la nervosa mano per farti
Tornare dall’aldilà all’aldiqua come tirandoti su dacché sei caduta,
magari in fondo ad un pozzo estremo
al tuo ghetto di morte?
Perché dovrei allungarti un barlume di bastone mentre scendi
Incautamente
i gradini delle scale?
Scale su scale,
moglie amata,
una montagna di scale
come una montagna di sedie
da bruciare
in piazza.
Il meglio è andato,
il pendolo suona un rintocco di cenetta,
il meglio è andato, vecchia amata,
oggi ho dalla mia la badante rumena
e la devozione dei miei parenti prossimi
vivo aspettando la pensione
e ho molto riguardo per la mia libertà
che è il bene più profondo che ho
dopo averti lasciata in balia della costipazione celeste,
dei messi paradisiaci… delle messe infernali…
ti ho lasciata nel catafalco che pesavi un quintale,
profumavi di gesso di lavagna,
ti trovo oggi in una scheggia di muro
incarnata in una fantasia di farfalla
brava
fai progressi
ama anche tu,
lassù,
chi vuoi…
ama più che puoi!
dove sta scritto che l’amore debba durare
in tutti i gironi,
in tutti i meandri
per tutte le vite?
anche la mia attuale amata
la badante
trova opportuno come me
che ognuno
si tenga
i suoi
spazi
ovunque
esso
sia….
e io sto spesso solo
ma felice
con questo nuovo amore letterario
d’appendice..
#poesia #italia
La collera che spezza l’uomo in bambini, César Vallejo, 1937
La collera che spezza l’uomo in bambini,
che spezza il bambino in uccelli eguali
e l’uccello, poi, in piccole uova;
la collera del povero
ha un olio contro due aceti.
La collera che l’albero spezza in foglie,
la foglia in germogli diseguali,
e il germoglio, in fessure telescopiche;
la collera del povero
ha due fiumi contro molti mari.
La collera che spezza il bene in dubbi,
il dubbio, in tre archi somiglianti,
e l’arco, quindi, in impreviste tombe;
la collera del povero
ha un acciaio contro due pugnali.
La collera che spezza l’anima in corpi,
il corpo, in organi dissomiglianti,
l’organo, in ottavi pensamenti;
la collera del povero
ha un fuoco in centro contro due crateri.
#poesia #perù
La collera che spezza l’uomo in bambini,
che spezza il bambino in uccelli eguali
e l’uccello, poi, in piccole uova;
la collera del povero
ha un olio contro due aceti.
La collera che l’albero spezza in foglie,
la foglia in germogli diseguali,
e il germoglio, in fessure telescopiche;
la collera del povero
ha due fiumi contro molti mari.
La collera che spezza il bene in dubbi,
il dubbio, in tre archi somiglianti,
e l’arco, quindi, in impreviste tombe;
la collera del povero
ha un acciaio contro due pugnali.
La collera che spezza l’anima in corpi,
il corpo, in organi dissomiglianti,
l’organo, in ottavi pensamenti;
la collera del povero
ha un fuoco in centro contro due crateri.
#poesia #perù
Il saggio, Hafez, XIV secolo.
Ero perso con lo sguardo verso il mare
Ero perso con lo sguardo nell’orizzonte,
tutto e tutto appariva come uguale;
poi ho scoperto una rosa in un angolo di mondo,
ho scoperto i suoi colori e la sua disperazione
di essere imprigionata fra le spine
non l’ho colta ma l’ho protetta con le mie mani,
non l’ho colta ma con lei ho condiviso e il profumo e le spine tutte quante.
Ah, stenderei il mio cuore come un tappeto sotto i tuoi passi,
ma temo per i tuoi piedi le spine di cui lo trafiggi.
“L’idioma dell’Amore non si può veicolare con la lingua:
versa il vino, coppiere, e smetti quest’insulso parlare”.
#poesia #iran
Ero perso con lo sguardo verso il mare
Ero perso con lo sguardo nell’orizzonte,
tutto e tutto appariva come uguale;
poi ho scoperto una rosa in un angolo di mondo,
ho scoperto i suoi colori e la sua disperazione
di essere imprigionata fra le spine
non l’ho colta ma l’ho protetta con le mie mani,
non l’ho colta ma con lei ho condiviso e il profumo e le spine tutte quante.
Ah, stenderei il mio cuore come un tappeto sotto i tuoi passi,
ma temo per i tuoi piedi le spine di cui lo trafiggi.
“L’idioma dell’Amore non si può veicolare con la lingua:
versa il vino, coppiere, e smetti quest’insulso parlare”.
#poesia #iran
Spleen, Charles Baudelaire, 1857
Quando il cielo basso e oppressivo pesa come un coperchio
sull’anima che geme in preda a lunghi affanni,
e versa, abbracciando l’intero giro dell’orizzonte,
una luce nera più triste di quella delle notti;
quando la terra si è trasformata in un’umida prigione,
dove la Speranza, come un pipistrello,
va sbattendo contro i muri la sua ala timida
e picchiando la testa sui soffitti marciti;
quando la pioggia distendendo le sue immense strisce,
imita le sbarre di una grande prigione,
e un popolo muto d’infami ragni
tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli,
a un tratto delle campane sbattono con furia
e lanciano verso il cielo un urlo orrendo,
simili a spiriti erranti e senza patria,
che si mettono a gemere ostinatamente.
– E lunghi funerali, senza tamburi né musica,
sfilano lentamente nella mia anima;
vinta, la Speranza piange; e l’atroce Angoscia, dispotica,
pianta sul mio cranio chinato il suo vessillo nero.
#poesia #francia
Quando il cielo basso e oppressivo pesa come un coperchio
sull’anima che geme in preda a lunghi affanni,
e versa, abbracciando l’intero giro dell’orizzonte,
una luce nera più triste di quella delle notti;
quando la terra si è trasformata in un’umida prigione,
dove la Speranza, come un pipistrello,
va sbattendo contro i muri la sua ala timida
e picchiando la testa sui soffitti marciti;
quando la pioggia distendendo le sue immense strisce,
imita le sbarre di una grande prigione,
e un popolo muto d’infami ragni
tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli,
a un tratto delle campane sbattono con furia
e lanciano verso il cielo un urlo orrendo,
simili a spiriti erranti e senza patria,
che si mettono a gemere ostinatamente.
– E lunghi funerali, senza tamburi né musica,
sfilano lentamente nella mia anima;
vinta, la Speranza piange; e l’atroce Angoscia, dispotica,
pianta sul mio cranio chinato il suo vessillo nero.
#poesia #francia