Frosinone
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notizie ed eventi da Frosinone e provincia
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"Studia figlio mio, che poi te lo ritrovi": è stata questa una delle esortazioni più ricorrenti pronunciate dalle mamme italiane, rivolte ai propri figli. Il "suggerimento" delle madri, oltre ad essere un amorevole stimolo ad applicarsi sui libri, a volte seguito da robuste quanto salutari ciabattate volanti, è confortato da dati oggettivi.
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Li ha analizzati la fondazione Openpolis che ha pubblicato, sul proprio sito web in queste ore, uno studio che evidenza come le opportunità di occupazione e la condizione lavorativa di chi ha avuto la possibilità di studiare sono sistematicamente migliori.
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Chi prosegue il percorso
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L'università La Sapienza
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Generalmente sono i figli di laureati a proseguire il percorso verso i gradi di istruzione superiore. Viceversa, è spesso proprio chi nasce in una famiglia già svantaggiata ad avere meno probabilità di andare avanti con gli studi. Questa dinamica rischia di rendere ereditario lo svantaggio sociale.
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Lo studio di Openpolis evidenzia che in Italia tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni che hanno concluso il proprio percorso di istruzione con il conseguimento del diploma, il 60,5% risulta occupato. La quota scende al 44,4% tra chi ha abbandonato la scuola prima del tempo. Al crescere del titolo di studio, aumenta anche la possibilità per i giovani adulti di essere occupati.
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Nella generazione successiva, tra i 25 e i 34 anni, chi ha al massimo la Licenza Media è occupato nel 57,3% dei casi. Quota che sale di oltre 10 punti tra i diplomati (68,9%). Mentre tra i laureati il tasso di occupazione raggiunge il 74%.
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Si tratta tuttavia di un dato piuttosto basso rispetto al contesto europeo. In media, nell'Ue a 27 anni, sono occupati quasi l'87% dei laureati e il 79,4% dei diplomati.
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Le variazioni nello Stivale
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Foto © DepositPhotos.com
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La quota di giovani laureati occupati varia comunque tra le diverse aree dello stivale. A fronte di un tasso di occupazione medio del 74% nella fascia d'età 25-34 anni, la quota supera l'80% nel Nord (82,8%), raggiunge il 75,6% nel Centro e si ferma al 58% nel Mezzogiorno.
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Questo nonostante una crescita dell'intero Paese e del Meridione in particolare negli ultimi anni. Al Sud infatti si è passati dal 46,6% del 2018 al 58% del 2023.
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Lo studio pubblicato da Openpolis, analizza anche quanti sono gli occupati, i diplomati e i laureati nei comuni italiani. Nella fascia 25-49 anni, in media il tasso di occupazione si attestava al 71,7% alla fine del 2021. In questo segmento demografico, la quota di persone con almeno il diploma era pari al 73,6%; il 27% aveva la laurea o un altro titolo di livello terziario.
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Rispetto all'occupazione, tra i capoluoghi le prime 57 città per tasso di occupazione sono tutte del centro-nord. Ai primi posti in particolare Belluno (84,7%), Bolzano (81,9%), Monza (81,8%), Lodi (81,5%), Trento (81,4%), Lecco (81,4%), Milano e Cuneo (entrambe all'81,2%).
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La situazione nel Lazio
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ComuneResidenti
(25-49 anni)% Occupati
(25-49 ANNI)% Laureati% DiplomatiFROSINONE13.41766,8%31,1%80,4%ROMA852.86871,8%39,3%83,3%LATINA40.61870,4%30,3%78,7%VITERBO20.87671,5%33,3%78,4%RIETI13.69972,9%36%84,2%
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Come è agevole rilevare dalla lettura dei dati, il Comune di Frosinone oltre ad avere il tasso di occupazione più basso tra i Capoluoghi del Lazio, nella fascia 25-49 anni, (la percentuale media italiana è del 71.7%), ha anche la seconda peggiore performance della Regione per percentuale di laureati, solo prima di Latina.
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La città con più laureati è la Capitale. Non poteva essere altrimenti.
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La situazione in Ciociaria
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Volendo analizzare i Comuni ciociari più grandi e maggiormente rappresentativi, l'istantanea fotografata da Openpolis è questa:
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ComuneResidenti
25-49 anni% Occupati
25-49% Laureati% DiplomatiCASSINO11.47166,1%36,3%83,7%SORA7.82367,4%30,2%82,3%FERENTINO6.55568,9%23,9%77,4%ALATRI9.15468%20%72,5%ANAGNI6.65171,3%22,1%76,8%CECCANO7.19869,3%24,3%78,5%ISOLA DEL LIRI3.09869,4%33,7%85,2%VEROLI6.32367,1%20,8%71,2%PONTECORVO3.92866,1%29%79,8%
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Anagni svetta
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In Ciociaria, secondo i dati di Openpolis, la percentuale più alta di occupati sta ad Anagni. Questo potrebbe in parte essere spiegabile con le tante importanti realtà industriali nella zona. Specialmente del comparto chimico farmaceutico.
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Mentre la percentuale più alta di laureati si registra a Cassino, probabilmente grazie anche alla presenza nella città martire della sede della importante università di Cassino e del Lazio Meridionale.
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Il maggior numero di diplomati, infine, lo può vantare la città di Isola del Liri.
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La visione di Niccolini ed il nuovo ruolo di Confagricoltura: quello efficace
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E’ presidente in carica di Confagricoltura Latina, cioè di uno degli spot associativi cruciali per mettere a regime le esigenze di un comparto che vale circa 180 milioni di euro. E che con il Pontino va a rappresentare il 3,7% del valore di comparto nazionale ed il 78% di quello della Regione Lazio. Roba da far pesare il piatto della bilancia produttiva regionale più di Brenno il senone a Roma espugnata.
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Quando nel 2021 Luigi Niccolini venne confermato alla guida di Confagricoltura pontina in una provincia che all’agricoltura affida una parte fondamentale del suo Pil, lui si rese conto di due cose.
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Due input che Niccolini ha messo a regime parallelo anche come responsabile di Informare, l’Azienda speciale di Internazionalizzazione Formazione ed Economia del Mare della Camera di Commercio Frosinone Latina.
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Regimentare il comparto
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(Foto © DepositPhotos.com) (https://it.depositphotos.com/stock-photography.html)
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La prima: che l’aria stava cambiando più velocemente di quanto non cambiasse una certa concezione del settore, e che andasse modellato il Green Deal, il piano dell’Unione Europea per rendere l’economia più sostenibile, cioè più attenta all’ambiente, riducendo l’inquinamento, usando meno combustibili fossili e proteggendo la natura, senza bloccare lo sviluppo economico e con l'obiettivo di arrivare a zero emissioni di gas serra entro il 2050. Perché modellarla e sulla base di cosa? Sulle esigenze di un comparto in liaison strettissima con i cambiamenti climatici.
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La seconda: che bisognava regimentare, testimoniare ed implementare le esigenze di una branca operativa che è molto più di quello che una certa mistica pop sottintende.
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Un comparto cruciale da sempre ed oggi più cruciale che mai. In che misura e secondo quali direttrici Niccolini lo ha spiegato di persona. Con una chiave di lettura duplice: innovazione tecnologica ed input assoluto alla logistica che è suddita di un settore legato alla stagionalità.
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Incentivare i giovani
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Partiamo dal nodo della manodopera: come si convincono nel concreto i giovani a ritornare alla terra come spot produttivo ed opportunità esistenziale?
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(Foto © DepositPhotos.com) (https://it.depositphotos.com/stock-photography.html)
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“L’idea è quella di superare la fallacità di certi luoghi comuni. Una volta si diceva ‘braccia rubate all’agricoltura’. Di solito nel nostro settore il ricambio generazionale avviene per una sorta di ‘successione’, di padre in figlio. E’ difficile che una famiglia di professionisti veda i figli decidere di fare gli agricoltori, a meno che non abbiano terreni di proprietà e la finestra di un cosiddetto ‘secondo lavoro’. Ecco, qui interveniamo noi: lo scopo di Confagricoltura come associazione è quello di operare per rendere il settore sempre più attrattivo".
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In che modo?
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“C’è un sistema incentivante tramite i Psr, i Piani di Sviluppo regionale, che oggi si chiamano Piani di Sviluppo locale a matrice Europea”.
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Lo sviluppo di un comparto così cruciale è legato soprattutto all’ottimizzazione delle sue potenzialità: quali iniziative avete messo in campo in questo senso?
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Luigi Niccolini
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“Ci sono fondi che vengono dati a fondo perduto ed attraverso l’utilizzo dei quali i giovani al di sotto dei 35 anni e che vogliano aprire un’attività agricola possono operare appieno, sia attraverso il format della ‘costola familiare’ che della scelta radicale di partire ex novo con una nuova avventura”.
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“L’agricoltura è sempre stata cruciale, ma calcoli che in particolare nell’ultimo decennio è stata investita da uno sviluppo tecnologico impressionante”.
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“E questo sia nei macchinari che nelle sementi, perché noi siamo convinti che il solo modo per far fronte al cambiamento climatico ed alle conseguenti malattie delle piante più virulente proprio questo serva. Come pure per far fronte al mercato, dove il consumatore chiede cibi sempre più salutari - e non vuol sentir parlare di fitofarmaci - sia un elemento fondamentale. Cardinale per fare quel salto di qualità che il consumatore stesso richiede”.
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Il decennio determinante
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“Visto quindi che ogni anno vengono tolti sempre più principi attivi, che sono quelli che costituiscono gli agro-farmaci, a mio avviso il solo modo per superare questo collo di bottiglia è quello di spingere sull’innovazione tecnologica”.
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“Su quella e sulla ricerca scientifica. Cioè, nello specifico, usare le cosiddette Tea, Tecniche di Evoluzione Assistita. Come Confagricoltura le abbiamo fortemente volute con la nostra azione sindacale. Questo perché sono quelle che possono dare le risposte che noi tutti cerchiamo”.
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“Lo scopo è creare delle nuove piante, nuove “cultivar” che non siamo immuni dagli attacchi esogeni, ma resistenti. Il che ci aiuterebbe moltissimo anche sul fronte del risparmio idrico, altro enorme problema che abbiamo".
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Nuove cultivar più resistenti
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Il fenomeno del lavoro nero e del caporalato in agricoltura è tragicamente endemico, o lo si può battere?
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