Frosinone
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notizie ed eventi da Frosinone e provincia
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Foto: Lothar Dieterich / Pixabay
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E’ trascorsa una mezz’ora dopo l’una. Nessuno, a colpo d’occhio, mostra segni di cedimento fisico. E’ tempo di impiegare il massimo delle risorse nella più consolidata delle abitudini. Gli smartphone si levano verso quelle volte dorate, sembra che nessuno resista ad immortalare meraviglie artistiche che tutti ci invidiano nello sconfinato mondo.
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Ma non è così. Non è sete di cultura. Né ansia di documentare il bello. Sono solo le prove generali di avvicinamento al Santo Padre (https://www.alessioporcu.it/rubriche/ce-bisogno-di-parola/la-meravigliosa-eredita-di-papa-francesco/). Si accendono le lucette rosse, partono in simultanea un numero imprecisato di dirette che ritraggono le capocce di chi è davanti. In attesa che si spostino e appaia Francesco.
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L’età media di chi si sta improvvidamente calando nel ruolo di reporter occasionale con fame da social è un colpo al cuore. Supera ampiamente i 50. E quando gli viene intimato di non registrare né scattare, la delusione prende il sopravvento. Ma come, ho fatto due ore di fila, di notte, e me ne torno a casa senza neanche un’immagine sfocata?
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Da lì, inizia una delirante via di fuga, una ricerca del punto anche più lontano. Da cui prendere un’angolazione imprevista.
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Trofeo assicurato
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(Foto © DepositPhotos.com (https://it.depositphotos.com/stock-photography.html))
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Poi, accade il miracolo. Scatta il cambio della guardia per chi vigila giorno e notte sulla salma. Ed è l’apoteosi. Quei colori sgargianti delle divise delle Guardie Svizzere hanno l’effetto di un cocktail adrenalinico. Le videocamere si attivano praticamente da sole.
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Il trofeo è assicurato. Mentre a casa si commenterà che è stato davvero emozionante rendere omaggio ad un Papa umile e coraggioso. Rivoluzionario anche nel linguaggio. E che utilizzava i social media per essere più vicino a tutti nel mondo. In più lingue. Senza aggiungere che forse avrebbe gradito un banale segno della croce ed un eterno riposo (https://www.alessioporcu.it/rubriche/opinioni/i-potenti-a-salutare-il-papa-senza-baldacchino-e-gli-umili-a-dirgli-addio/).
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Anche se pronunciato allontanandosi frettolosamente per non rallentare la fila. Di altre centinaia di smartphone e di una voce stridula che, pensando di essere divertente, commenta ridendo che quelle guardie “sono pronte ad infilzare chiunque cada per sbaglio nel recinto”.
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Peccato. E’ la voce di una donna. E questa volta è con la 'd' minuscola.
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Il Papa tra san Francesco e sant’Ignazio nella teologia della liberazione
https://www.alessioporcu.it/politica/il-papa-tra-san-francesco-e-santignazio-nella-teologia-della-liberazione/
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Pulito. Un viaggio pulito da San Pietro fino a Santa Maria Maggiore. In mezzo una Roma che pare, quando muoiono i Papi, farsi da caciarona a silente, da cinica a triste. Qui sono venuti i potenti della terra: impotenti di fronte alla grandezza della Storia, del divino.
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Si chiamava Francesco e basta. Ogni nome ha il suo dolore ma qualcuno, di nome, ha Speranza. Francesco il francescano ha donato il nome al gesuita. L' umiltà che soccorre la sapienza, la regola così umana alla conoscenza così vicina a Dio.
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Allora un nome francescano per un gesuita che pensava la città degli uomini vicino alla città di Dio 
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La sapienza dei padri gesuiti
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Papa Francesco (Foto: Cristian Gennari © Imagoeconomica)
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Dicono che Francesco avesse dentro la Teologia della Liberazione: quella corrente di pensiero cattolico sviluppatasi in America Latina nel 1968, diretta estensione delle idee e dei principi riformatori del Concilio Vaticano. Sostiene che la Chiesa ha un ruolo centrale nella società umana ed esalta i valori di emancipazione nel messaggio cristiano.
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Forse è così. Di certo è che la sapienza dei padri gesuiti era così razionale nella sapienza da sapere che la ricchezza non è dono se si fa egoista. Furono loro ad organizzare le missioni alla fine del mondo conosciuto, dove andare a dire che l'anima era in ogni creatura e non solo in chi stava al nord del mondo.
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A Roma risposero alle missioni che era il caso di chiudere per sopravvivere, ed ecco il gesuita di Buenos Aires che viene a Roma per votare il Papa e il Papa era lui, gesuita.
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Lui non è tornato mai alla fine del mondo, nella sua Buenos Aires dove si muore di fame ma ballando il tango. Ecco Francesco ha liberato la Chiesa dal peso degli orpelli per darle le ali pur di dare la misericordia ai tribolati.
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Il dolore di Roma
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(Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)
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Bella Roma quando è triste, bella quando ascolta il senso del suo silenzio. Teologia della Liberazione, cioè che Dio libera gli uomini su questa terra spianandogli la strada per andare liberi al Suo cospetto.
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Difficile da capire se non sai della povertà di Francesco e della sapienza di Ignazio. Ecco i santi di Papa Francesco: il santo di Assisi e il fondatore dei soldati di Santa Romana Chiesa armati di conoscenza e delle lettere di Dio da farsi rivoluzionari del Signore.
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Un viaggio su di un fuoristrada nel posto dove sono nate le strade di ogni mondo. Con due Franceschi nella stessa bara: quello della povertà del frate di Assisi e quello del sapere dell'ex soldato di Loyola.
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C'è il respiro ampio della Storia che ha spirato ai funerali del Pontefice argentino. Il format sarebbe dovuto essere quello della contemplazione etica di un’eredità difficile, quella che Papa Francesco ha lasciato (ed apparecchiato) ad un mondo troppo attento ai pochi ricchi e poco avvezzo alla ricchezza di tutti.
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Purtroppo però la politica, specie quella di rango mondiale e specie in momenti cruciali come questo, tende a prendersi la sua libbra di carne anche quando la sola cosa da fare sarebbe riflettere sulla grana di una perdita. Ed ecco quindi che, quasi a scavalcare quella bara semplice di zinco e legno poco nobile, sono arrivare le possibilità.
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La circostanza utile
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Il dialogo in Vaticano tra Donald trump e Volodymir Zelensky (Foto: Imagoeconomica via Andrii Sybiha)
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Gli incastri che, con la presenza di centinaia di delegazioni mondiali convenute in Vaticano, avrebbero potenzialmente potuto dare la stura a quella che in gergo si chiama la “diplomazia dei funerali”. Tradotto: se il mondo è un casino allora ben venga la morte di un papa che raggruppa giocoforza tutti i player di quel casino.
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E che magari li mette nelle condizioni fisiche di iniziare a sbrogliare la matassa, galvanizzati in empatia anche dal momento mesto e dalla figura di un pontefice che, in vita, al mondo le aveva sempre cantate. Tutto falso, o comunque impreciso. Impreciso come il taglio che quasi tutti gli organi di stampa ed i media hanno voluto, ruffianamente, dare a quella foto iconica.
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Quella di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che, seduti faccia faccia a margine delle esequie, sono sembrati dirsi cose cardinali per il raggiungimento della pace. Ed impreciso come la notizia, insinuata con sciabordìo di saliva, per la quale Giorgia Meloni possa aver avuto un ruolo, occulto ma non troppo, cercato ma senza troppi proclami, in quella seduta da Pax Bergoliana.
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Gli auspici della premier
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Giorgia Meloni al funerale di Papa Francesco
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La premier è quella che è, cioè una donna di intelligenza rara (specie rispetto ai suoi quadri). E come tutti i governanti di rango, non ha smentito. Ma essendo furba di tre cotte non ci ha pensato neanche un attimo a confermare che lei possa aver avuto un ruolo attivo in una cosa che ha il solo dono dell’iconografia figa.
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Però ha lanciato auspici, e lo ha fatto con la complicità di certe ricostruzioni giornalistiche untuose al punto tale che a leggerle si rischia di scivolare in tinello. Roba come questa di AdnKronos: “Nella foto simbolo dell'incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky in Vaticano, a margine dei funerali del Pontefice, lei non compare. E non figura nemmeno nello scatto che ritrae il breve colloquio tra i due leader, allargato alla presenza del presidente francese Emmanuel Macron e del primo ministro britannico Keir Starmer”.
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