Briciole di teologia
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L’homo sapiens è generato dall’homo narrans. È dalle narrazioni che acquisiamo i primi concetti e modelliamo la nostra visione di vita. Scoprire e riscoprire i vangeli come quadri narrativi, piuttosto che come abecedari di dogmatica, ci permette di cogliere il volto vivo dei dogmi. Martini, grande frequentatore della Scrittura, ricorda che «la gente ama scoprire il dinamismo narrativo delle pagine bibliche. Mentre i concetti statici fanno fatica ad essere capiti, l’attenzione dell’uditorio si risveglia quando si trova di fronte a una “storia” che non fa evadere dalla realtà di oggi ma la interpreta con la forza del messaggio evangelico».
#letture

http://www.theologhia.com/2017/08/giovanni-il-vangelo-narrante-letture.html
Passavamo per due “bravi ragazzi”, prima di incontrarci, e una “bella coppia”, una volta insieme, così ci dicevano, e un po’ avevamo finito per crederci. Camminavamo nella Chiesa e quando ci siamo sposati ci sembrava di aver meditato proprio su tutto.
[…] Quando, però, dai il via ai cantieri e ti apri alla vita, se la vita non risponde come ti aspetti, cominci a intuire che non dipende tutto da te, che nei tuoi progetti c’è qualcosa da ripensare...
http://www.theologhia.com/2017/08/quando-linfertilita-e-feconda-letture.html
«Non disse, infatti, “leggete le Scritture”, ma scrutate le Scritture. Siccome le cose che erano state dette su di lui esigevano attente ricerche (in quanto erano rimaste provvidenzialmente per questo nascoste agli antichi sotto un velo), ordina loro di scavare con diligenza, per poter trovare quanto sta celato in profondità. Esse infatti non vennero alla superficie, né sono state messe in un luogo in vista, ma sono state nascoste in profondità come un tesoro. Chi dunque cerca ciò che è celato nel profondo, se non cerca con diligenza e con fatica, non troverà mai ciò che cerca» (Giovanni Crisostomo).
#letture
http://www.theologhia.com/2017/08/scrutate-le-scritture-letture.html
«La conversione è l’equivalente individuale della rivoluzione. Pertanto ogni vero rivoluzionario è sfidato a farsi mistico nel cuore e colui che percorre la via del misticismo è chiamata a smascherare la qualità illusoria della società umana. Misticismo e rivoluzione sono due aspetti del medesimo tentativo di provocare cambiamenti radicali. Nessun mistico potrà evitare di diventare un critico sociale perché riflettendo su se stesso vi scoprirà le radici di una società malata. Allo stesso modo nessun rivoluzionario potrà evitare di affrontare la propria condizione umana, perché al centro della sua lotta per un mondo nuovo scoprirà di combattere le sue stesse paure reazionarie e le sue stesse false ambizioni»
http://www.theologhia.com/2017/09/il-guaritore-ferito-letture.html
La sponsalità, quale apertura alla comunione, non è solo una forma dello spirito, ma, in forza della stessa natura umana che è spirituale e corporea insieme, prende anche figura corporea.
Scrive Nicolaj Berdiaeff: «In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l’uomo è chiamato all’amore in questa sua totalità unificata. L’amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso partecipe dell’amore spirituale».
La corporeità, non come cosa indistinta, ma nella sua concreta presenza sessuata, è in qualche modo la concrezione fisica del progetto divino di due esseri fatti per la comunione delle persone. Il corpo dell’uomo reca in sé un’anticipazione di senso: esso è fatto, fin da principio, per l’incontro e per l’unità, come struttura capace secondo il suo proprio linguaggio (in quanto corpo, dunque) di dire, di esprimere e attuare il movimento di donazione per la comunione».
Scrive Giovanni Paolo II: «Il corpo umano, con il suo sesso, e la sua mascolinità e femminilità, visto nel mistero stesso delle creazione, è non soltanto sorgente di fecondità e di procreazione, come in tutto l’ordine naturale, ma racchiude fin “dal principio” l’attributo “sponsale”, cioè la capacità di esprimere l’amore: quell’amore appunto nel quale l’uomo-persona diventa dono e - mediante questo dono - attua il senso stesso del suo essere ed esistere».
#letture
http://www.theologhia.com/2017/09/sessualita-matrimonio-famiglia-maurizio-pietro-faggioni.html
In uno studio di Joseph Ratzinger intitolato Il fondamento sacramentale dell'esistenza cristiana. In quel saggio, l'allora docente di teologia parla di «sacramenti naturali» in senso lato, intendendo quei sacramenti, che «con una specie di necessità interna, affiorano sempre là dove gli uomini vivono assieme e di quali, con alcune trasformazioni, perdurano persino nel mondo desacramentalizzato della tecnica».
Questi 4 sacramenti naturali sono la nascita, la morte, la comunione sessuale, i pasti. Quello che sorprende in questi quattro connotati dell’esistenza umana, in questi «sacramenti naturali» è che tutti e quattro scaturiscono dalla nostra natura biologica.
Proprio perché questi processi sono essenzialmente anche biologici, e non semplicemente spirituali, ci consentono di fare esperienza di un potere che ci soggioga, che noi non siamo in grado di evocare e di determinare, di cui non possiamo affatto disporre, ma che precede le nostre decisioni e ci avvolge e sostiene. L'esperienza della nascita e della morte pone inevitabilmente il problema del «da dove vengo?» E «dove vado?», mentre il bisogno di comunione sessuale, la generazione di una nuova la vita, le necessità di alimentarsi continuamente ci fanno sperimentare in che modo, nel nostro realizzarci, siamo preoccupati di garantire la nostra stabilità, vogliamo continuare a vivere, durare nel tempo.

Continua la lettura nel link:
http://www.theologhia.com/2017/09/i-sacramenti-sono-segni-della-vicinanza.html
«La vita la attraversiamo a piedi. Non ci muoviamo con l'automobile o in bicicletta. Perciò occorre vagliare attentamente quello che mettiamo nello zaino della nostra vita. Non possiamo portarci dietro tutto, ma soltanto quello di cui abbiamo davvero bisogno per procedere lungo il cammino».
Insegna Viktor E. Frankl, anche lui appassionato scalatore, che l'alpinista è «in concorrenza e in rivalità soltanto con una persona e quella persona è lui stesso. Pretende qualcosa da se stesso, esige qualcosa da se stesso».
#letture #AnselmGrun http://www.theologhia.com/2017/11/la-vita-e-unescursione-tra-cime-e-valli.html
Giovanni Paolo II ricorda che quando l'uomo e la donna nel matrimonio si donano e si ricevano reciprocamente nell'unità di una sola carne, la logica del dono sincero entra nella loro vita. Questa capacità di dono sincero, più grande della solita quotidiana capacità dell'umano, apre l'amore umano all'amore divino. Per questo motivo scrive di nuovo Giovanni Paolo II che «l'amore può essere approfondito e custodito soltanto dall'Amore».
http://www.theologhia.com/2017/11/gli-sposi-alla-riscoperta-del-mistero.html
Ogni volta che Gesù diceva (e lo diceva spesso): «Il regno di Dio è simile a…», stava invitando a usare l’immaginazione, a cogliere l’analogia tra gli enti di questo mondo e l’essere di Dio e il conseguente rapporto con lui. «Non c’è Parola di Dio che possiamo sentire se non in parole umane» (17) e ciò vale anche per la predicazione di Gesù, maestro nell’uso dell’analogia entis.
#passeggiandonellibro di Gaetano Piccolo e Nicolas Steeves SJ
http://www.theologhia.com/2017/11/larte-difficile-della-predicazione.html
Il Cantico dei Cantici fu, fino all’epoca moderna, letto in modo indiscutibile ed esclusivo in chiave teologica. La comprensione del Cantico cambiò fondamentalmente nell’epoca moderna, da quando cioè si è affermato che esso non parla dell’amore divino, ma di quello umano. Questo processo è iniziato per mano di diversi autori come Johann Gottfried Herder, Othmar Keel, Otto Kaiser. Keel, ad esempio, considera l’allegorizzazione del Cantico come «una forma elegante di disprezzo del testo». Staubli celebra il ritorno al senso letterale come un «ritorno del Cantico dall’esilio babilonese dell’allegoresi».
Così, riassumendo, secondo il giudizio del germanista Friedrich Ohly, «il cristianesimo dell’epoca successiva a Goethe non ha sperimentato più nessun grande incontro religioso con il Cantico, considerando sempre più il suo rapporto con esso come un problema filologico-storico, se non estetico, ovvero come una questione di tradizione inalienabile, dalla quale tuttavia non proveniva alcuno stimolo vitale».
Ma è giusto questo aut-aut? Credo di no. Lungi dall’essere appannaggio esclusivo della lettura divina o della lettura umana, il Cantico va guardato con quello che chiamerei “occhi calcedonesi” vedendo in esso inseparabilmente la dimensione dell’amore umano e quella dell’amore divino.
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https://www.theologhia.com/2018/07/il-cantico-dei-cantici-un-libro-solo.html
#letture Editrice Queriniana
Come cristiani-dentro siamo invitati a interrogarci se «ci manca quella Chiesa che manca». Siamo invitati a non rimanere indifferenti verso i 99 che sono andati via. A tal proposito è bene riprendere un testo suggestivo di papa Francesco il quale, nel convegno della diocesi di Roma del 2013, aveva avvertito i cristiani di Roma a non essere «pettinatori di pecorelle» attaccandosi alle poche pecore rimaste nell’ovile, dimenticandosi di quelle che non sono più nell’ovile. Dice il papa: «Nel Vangelo è bello quel brano che ci parla del pastore che, quando torna all’ovile, si accorge che manca una pecora, lascia le 99 e va a cercarla, a cercarne una. Ma, fratelli e sorelle, noi ne abbiamo una; ci mancano le 99! Dobbiamo uscire, dobbiamo andare da loro! In questa cultura - diciamoci la verità - ne abbiamo soltanto una, siamo minoranza! E noi sentiamo il fervore, lo zelo apostolico di andare e uscire e trovare le altre 99? Questa è una responsabilità grande, e dobbiamo chiedere al Signore la grazia della generosità e il coraggio e la pazienza per uscire, per uscire ad annunziare il Vangelo. Ah, questo è difficile. E’ più facile restare a casa, con quell’unica pecorella! E’ più facile con quella pecorella, pettinarla, accarezzarla… ma noi preti, anche voi cristiani, tutti: il Signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecorelle; pastori! E quando una comunità è chiusa, sempre tra le stesse persone che parlano, questa comunità non è una comunità che dà vita. E’ una comunità sterile, non è feconda. La fecondità del Vangelo viene per la grazia di Gesù Cristo, ma attraverso noi, la nostra predicazione, il nostro coraggio, la nostra pazienza».
#letture
https://www.theologhia.com/2018/08/la-chiesa-che-manca-letture.html
«Un giorno il sentimento amoroso potrà essere talmente intenso da implicare più persone alla volta […] il poliamore, in cui ciascuno potrà avere più partner sessuali distinti; la polifamiglia, in cui ciascuno apparterrà a più famiglie; la polifedeltà, in cui ciascuno sarà fedele a tutti i membri di un gruppo dalle sessualità multiple». Queste parole non sono di un sofista o di un edonista epicureo (che tra l’altro non avrebbero mai toccato questi temi con cotanta leggerezza), ma le fantasticherie (profezie?) di Jacques Attali, economista ed ex consigliere di Mitterand, nonché padrino politico dell’attuale presidente francese Macron...
Non so voi... ma fatico a comprendere il concetto di polifedeltà che mi sembra assolutamente inconsistente con la definizione fondamentale di fedeltà quale dedizione totale a un altro. Senza menzionare che fatico a concepire un amore sessuale, che nella sua essenza più pura, è dedizione totale – corpo, anima e spirito – a un altro come poliamore.

bei spunti nel libro di Marco Scicchitano e Giuliano Guzzo
https://www.theologhia.com/2018/09/sette-sfide-per-non-rimanere.html
Il web ci fa quattro promesse (allettanti ma pericolose)... e come educatori dobbiamo saperci gestire affinché, a nostra volta, possiamo aiutare i nostri figli (Ed educandi)

https://www.theologhia.com/2018/09/educare-i-figli-nellera-digitale-letture.html
«È sempre un miracolo quando la parola eterna di Dio s'incarna nel balbettio di un essere umano»
- Hans Urs von Balthasar
#apoftegma #letture #viecachéeenChrist
L’orgoglio si manifesta come ignoranza. A ragione scrive san Giovanni Crisostomo: «Non è la conoscenza che porta alla vertigine dell'orgoglio, ma l'ignoranza».

L’orgoglio, oltre a essere una profonda ignoranza, è una grande povertà umana e spirituale. La persona orgogliosa, che pensa di essere qualcosa da sola, mostra la più totale ignoranza di se stessa, non si conosce e non conosce Dio. La vera comprensione e conoscenza di noi stessi consiste nel sapere che non siamo niente da soli, indipendentemente da Dio: «Se infatti uno pensa di essere qualcosa, mentre non è nulla, inganna se stesso» (Gal 6,3).

L'orgoglio è un inganno. La verità è l’umiltà.
#letture
https://www.theologhia.com/2022/04/lorgoglio-e-un-inganno-parliamo-di-vizi.html
«Tu non discendesti dalla croce quando ti si gridava: “Discendi dalla croce e crederemo che sei Tu!”. Perché una volta di più non volesti asservire l’uomo. Avevi bisogno di un amore libero e non di servili entusiasmi, avevi sete di fede libera, non fondata sul prodigio». (F. Dostoevskij)

Conosci le sette parole di Gesù in croce? 👇
https://www.theologhia.com/2022/04/le-sette-parole-di-gesu-in-croce-letture.html
Vi è nel matrimonio cristiano «una tensione tra il prevalere della sárx e del pnêuma. È il paradosso del matrimonio dei cristiani: in esso la potenza di Dio si rivela nella debolezza della coppia. La sessualità non è a priori un rapporto d’amore; può essere egoismo e violenza. Perciò la sacramentalità del matrimonio si manifesta se esso è vissuto nella fede, nella speranza e nella carità. È l’agire ispirato dalla fede, dalla speranza e dalla carità che trasforma il matrimonio dei cristiani in evento di salvezza»
- dal libro "Il matrimonio" di Maurizio Aliotta per Editrice Queriniana
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https://www.theologhia.com/2022/10/il-matrimonio-una-tensione-tra-eros-et.html