Briciole di teologia
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«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso». Possiamo comprendere l'invito di Gesù come un gioco impossibile che Dio ci impone dall'alto,oppure possiamo accoglierlo come evangelo, come buona notizia, come dono che Dio ci vuole fare. Trattandosi del Vangelo, la seconda interpretazione è quella giusta. Il vangelo non è annunciato per esasperarci, ma per portare a compimento la bellezza disseminata nel nostro essere. Apriamo il cuore all'opera di Dio, apriamo la nostra realtà al suo sogno.
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Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,36-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
«Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini». La Bibbia associa a questa vanagloria l'incapacità di credere! Volendo essere visti dagli uomini rischiamo di non vedere più Dio. La vanità vanifica l'ascesa spirituale e ci fa sprofondare negli abissi del compiacimento umano troppo umano. Il rimedio è sostare continuamente nel silenzio orante e sincerare il proprio cuore, dicendo al Signore: te solo cerco, te solo desidero, te solo amo.
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(Mt 23,1-12)
Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare 'rabbì''dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare 'rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno 'padrè'sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare 'maestrì', perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.
La parabola della vigna è un'ottima analogia che ci aiuta a capire la gravità dell'escludere il Signore dalla nostra vita. La nostra vita è una vigna affidataci da lui. Io sono suo. Siamo suoi. Il primato e le primizie sono suoi. Tanto è semplice questa verità quanto è difficile metterla in pratica. È molto facile scivolare in una logica di possesso e di esclusività del proprio tempo e dei propri progetti, mentee il nostro primo compito è quello di custodire il posto di Dio in noi. Come farlo? A ognuno la sua vocazione.
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(Mt 21,33-43.45-46)
Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare. Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta.
La prima lettura ci rammenta che il Signore è geloso. Cosa significa ciò? Significa che il suo amore per noi è un amore nuziale che richiede fedeltà ed esclusività. E Gesù, nel vangelo, opera un gesto profetico che incarna questa esclusività. Nessun altro commercio deve frapporsi nel “commercio” tra l'anima e il suo Signore. L'insidia grande è che spesso ci accorgiamo degli ostacoli grandi, ma sono le tavole dei piccioni, ovvero le cose piccole e frivole che ci ostruiscono il cuore. È lì che dobbiamo chiedere a Gesù di sfidante le barriere e le barricate che eleviamo per proteggerci salvarlo del Signore Sposo.
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(Gv 2,13-25)
Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo.
Ogni mattina [il Signore] fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli... Auguro a me e a voi questo dono del Signore attestato dal profeta Isaia: Sensi attenti al suo passaggio perché il suo passaggio è discreto e delicato per non violare la nostra libertà... tanto delicato che possiamo rifiutarlo o essere talmente abituati alla sua presenza da non coglierne più la profezia e la chiamata. Domani Signore occhi per vederti, orecchi per ascoltarti e cuori per accoglierti... Non nell'astratto, ma negli strati umili del nostro quotidiano, nei suoi incontri e scontri... Nelle sue grazie e disgrazie. Amen.
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(Lc 4,24-30)
Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro». All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.
Quando si commentono vangelo come questo, a volte si corrono rischi di imprudenza o, meglio, di mancanza di discernimento. Mi spiego: è vero che dobbiamo perdonare. È vero che dobbiamo incoraggiare cui ci chiede consiglio a perdonare, un perdono perfetto, abbondante. In breve, un perdono a immagine di Cristo. Ma perdonare, a volte, significa anche prendere le distanze, intraprendere percorsi che separano. Un po' come la scelta di Abramo quando decide di allontanarsi da Lot. Ci vuole discernimento. Ci vuole un dono dello Spirito noto come lo Spirito di consiglio e che ci permette di vivere la sapienza concreta del Signore nelle situazioni concrete della città.
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(Mt 18,21-35)
Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
Leggendo gli esorcismi di Gesù con la lente del pregiudizio, gli ”alcuni” di cui parla il vangelo perdono una grande occasione: quella di contemplare e di gustare la prossimità del Regno di Dio. In gioco ci sono cose molto sensibili e importanti compromesse da scelte quasi banali della (loro) quotidianità. Mi spiego meglio: quelle persone hanno davanti un evento divino ed unico, ma leggendolo con pregiudizio e superficialità, si lasciano sfuggire l'occasione di vedere il dito del Signore all'opera! Anche noi possiamo essere superficialmente accecati da idee preconcette e chiusure del cuore. Preghiamo allora «l'uomo forte» affinché custodisca la casa della nostra vita sempre ospitale a lui e alla sua chiamata.
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(Lc 11,14-23)
Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. Ma alcuni dissero: «E' in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.
Lo scriba che riconosce che i due comandamenti dell'amare Dio e dell'amare il prossimo sono i più grandi comandamenti, riceve da Gesù un bellissimo complimento: «Non sei lontano dal regno di Dio». Chi è capace di vedere la centralità dell'amore, guarda al mondo da un'ottica particolare, un'ottica vicina - anzi, coincidente - con quella di Dio. Certo, il nostro amore ha bisogno di essere purificato, ha bisogno di misurarsi con il vero amore. Per questo, il “corrertivo” del nuovo comandamento di Gesù... Di amare come (ci) ha amato lui è fondamentale.
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(Mc 12,28b-34)
». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi». Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Gesù provoca questo papà considerando la sua richiesta come incredulità. Ma quell'uomo aveva un'altra intenzione. Non si offende e non sta lì a dibattere. Non gli interessa avere ragione, vuole che il suo figlio viva. Ed è proprio il suo amore che strappa il miracolo. La sua è una umile fede che ama. Una fede che ci viene narrata affinché anche noi cresciamo in una fede così.
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(Gv 4,43-54)
Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea. Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Ma il funzionario del re insistette: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli risponde: «Và, tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.
Noi formiamo le nostre abitudini e le nostre abitudini ci formattano. Il paralitico del vangelo è stato abituato dalla durezza della vita a ricevere i beni con il contagocce. L'apparire di Gesù sembra troppa grazia. Non riesce ad accoglierlo facilmente. Ha bisogno di essere guarito dalla paralisi delle abitudini per vedere l'opera del Signore Gesù e accogliere successivamente una guarigione fisica. Così anche i fissati del sabato. Non vedono la persona, vedono solo l'orologio e il timer della loro bravura. Sono così abituati al tempo che passa, che non vedono il kairos di Dio. Chissà quali abitudini in noi ci paralizzano il cuore e la fede. Mettiamoci in ascolto del Signore e della nostra vita e chiediamo a Colui che è la sorpresa di Dio di guarirci.
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(Gv 5,1-3a.5-16)
Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: «E' sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina». Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio». Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.