La stazione di "Taormina-Giardini" consiste di un pregevole fabbricato in stile neogotico con un corpo centrale elevato a due piani, affiancato da due corpi laterali allungati. La facciata esterna è arricchita nel corpo centrale da due torri merlate simmetricamente disposte rispetto al corpo centrale. L'ingresso è protetto da una tettoia artistica in ferro battuto. Il disegno riprende elaborandoli i motivi architettonici del demolito castello di Villagonia. Le finestrature ad arco e sesto acuto riprendono motivi del passato medievale riconducibili al gotico catalano-siculo
Il fabbricato viaggiatori è architettonicamente uno dei più belli e pregevoli d'Italia: in stile liberty, si presenta su due livelli, con un corpo centrale, che permette l'accesso ai vani interni, protetto da due torri merlate e due corpi laterali, sempre a due piani, ma di fattura più semplice.
Le sale interne sono arredate con mobili in legno scuro in stile siciliano di fine Ottocento. Le pareti e i soffitti degli ambienti della stazione sono impreziositi da affreschi e decorazioni a rilievo del palermitano Salvatore Gregorietti che ne curò anche la realizzazione di vetrate e arredi in ferro battuto.
La stazione è posta quasi a metà percorso tra Messina e Catania, sul tratto a semplice binario dell'importante collegamento ferroviario della regione. Il fabbricato viaggiatori è posto in posizione quasi simmetrica rispetto al fascio binari dal lato monte rispetto ad esso. Sono presenti due colonne idrauliche per il rifornimento delle macchine a vapore.
Il fascio binari comprende tre binari per servizio viaggiatori; i marciapiedi sono collegati da sottopassaggio e muniti di pensiline tipicamente ferroviarie in ferro con colonne portanti in ghisa con capitello. Il primo binario è quello di corretto tracciato; da esso diramano successivamente il secondo, il terzo e un fascio di binari per servizio merci e di ricovero.
Esiste anche un fascio di binari tronchi per carico e scarico posto a nord del fabbricato dotato di magazzino merci e ponte a bilico da 40 t e 6 m di lunghezza; il piazzale è in parte utilizzato come parcheggio scambiatore.
Vi hanno sempre avuta fermata tutte le categorie di treni viaggiatori.
Nel 1938 la stazione era sede di fermata di 9 treni accelerati provenienti da Messina, di 3 treni diretti con carrozze provenienti dal continente e di 3 treni rapidi effettuati con automotrici ALn 56 di cui due in prosecuzione fino alla stazione di Siracusa Marittima; in senso inverso vi fermavano 4 treni accelerati provenienti da Catania e 2 provenienti da Siracusa, 4 treni diretti di cui 3 in prosecuzione verso il continente e 3 treni rapidi di cui uno originario da Catania centrale. Nella stazione di Taormina-Giardini avevano origine due treni accelerati e un treno rapido per Messina e un accelerato serale per Siracusa; vi terminavano la corsa due accelerati, un misto e un rapido provenienti da Messina.
L'orario ufficiale del 1975 riportava ancora la fermata di 10 treni in servizio locale, di 10 espressi (dei quali 3 periodici) e di 2 diretti provenienti dal continente o coincidenti ma aventi origine a Messina e di un treno rapido proveniente da Roma Termini. In senso inverso i treni aventi fermata erano 7 locali, uno diretto e 7 di categoria espresso (di questi 3 erano periodici). Avevano origine a Taormina-Giardini, 4 treni locali per Messina e 2 per Catania.
Nel 2014 nell'impianto fermano i treni viaggiatori regionali operati da Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio previsto per la Regione Siciliana: il servizio offre la fermata di 20 treni regionali feriali provenienti da Messina e in prosecuzione e vi hanno origine 2 treni per Catania. In senso inverso i treni regionali che vi effettuano fermata sono 20. Vi fermano anche due coppie di Intercity e tre coppie di ICN in arrivo dal continente e in prosecuzione per Catania e Siracusa e viceversa
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Il fabbricato viaggiatori è architettonicamente uno dei più belli e pregevoli d'Italia: in stile liberty, si presenta su due livelli, con un corpo centrale, che permette l'accesso ai vani interni, protetto da due torri merlate e due corpi laterali, sempre a due piani, ma di fattura più semplice.
Le sale interne sono arredate con mobili in legno scuro in stile siciliano di fine Ottocento. Le pareti e i soffitti degli ambienti della stazione sono impreziositi da affreschi e decorazioni a rilievo del palermitano Salvatore Gregorietti che ne curò anche la realizzazione di vetrate e arredi in ferro battuto.
La stazione è posta quasi a metà percorso tra Messina e Catania, sul tratto a semplice binario dell'importante collegamento ferroviario della regione. Il fabbricato viaggiatori è posto in posizione quasi simmetrica rispetto al fascio binari dal lato monte rispetto ad esso. Sono presenti due colonne idrauliche per il rifornimento delle macchine a vapore.
Il fascio binari comprende tre binari per servizio viaggiatori; i marciapiedi sono collegati da sottopassaggio e muniti di pensiline tipicamente ferroviarie in ferro con colonne portanti in ghisa con capitello. Il primo binario è quello di corretto tracciato; da esso diramano successivamente il secondo, il terzo e un fascio di binari per servizio merci e di ricovero.
Esiste anche un fascio di binari tronchi per carico e scarico posto a nord del fabbricato dotato di magazzino merci e ponte a bilico da 40 t e 6 m di lunghezza; il piazzale è in parte utilizzato come parcheggio scambiatore.
Vi hanno sempre avuta fermata tutte le categorie di treni viaggiatori.
Nel 1938 la stazione era sede di fermata di 9 treni accelerati provenienti da Messina, di 3 treni diretti con carrozze provenienti dal continente e di 3 treni rapidi effettuati con automotrici ALn 56 di cui due in prosecuzione fino alla stazione di Siracusa Marittima; in senso inverso vi fermavano 4 treni accelerati provenienti da Catania e 2 provenienti da Siracusa, 4 treni diretti di cui 3 in prosecuzione verso il continente e 3 treni rapidi di cui uno originario da Catania centrale. Nella stazione di Taormina-Giardini avevano origine due treni accelerati e un treno rapido per Messina e un accelerato serale per Siracusa; vi terminavano la corsa due accelerati, un misto e un rapido provenienti da Messina.
L'orario ufficiale del 1975 riportava ancora la fermata di 10 treni in servizio locale, di 10 espressi (dei quali 3 periodici) e di 2 diretti provenienti dal continente o coincidenti ma aventi origine a Messina e di un treno rapido proveniente da Roma Termini. In senso inverso i treni aventi fermata erano 7 locali, uno diretto e 7 di categoria espresso (di questi 3 erano periodici). Avevano origine a Taormina-Giardini, 4 treni locali per Messina e 2 per Catania.
Nel 2014 nell'impianto fermano i treni viaggiatori regionali operati da Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio previsto per la Regione Siciliana: il servizio offre la fermata di 20 treni regionali feriali provenienti da Messina e in prosecuzione e vi hanno origine 2 treni per Catania. In senso inverso i treni regionali che vi effettuano fermata sono 20. Vi fermano anche due coppie di Intercity e tre coppie di ICN in arrivo dal continente e in prosecuzione per Catania e Siracusa e viceversa
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Equinozio Primavera 2024: perché è il 20 marzo e non il 21 [Foto]
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Equinozio Primavera 2024: perché è il 20 marzo e non il 21 [Foto]
Si è abituati a pensare che la data dell’equinozio di primavera sia il 21 marzo, o almeno così ci insegnavano a scuola, invece non è così… Il 20 marzo 2024 alle ore 4:06 si è verificato l’equinozio: è l’inizio della primavera astronomica. Cosa rappresenta…
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🌦Buon pomeriggio ☕️🌻
🗓️ 21 Marzo
📖Proverbiu du jionnu
"Mali non fari,paura non aviri".
🗞Videmu chi succidiu na vota di sti tempi.
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📌 Si celebra oggi, 21 marzo, la "Giornata della memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie"
👉🏻 In una prima fase iniziale, l'iniziativa è stata lanciata per volontà di Libera, ma da qualche anno la ricorrenza è divenuta istituzionale per merito della Legge n. 20 dell’8 marzo 2017
🌸 L'iniziativa nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage di Capaci e non sentiva mai pronunciare il suo nome. Così dal 1996, ogni anno, in una città diversa, nel primo giorno di primavera viene scandito il lungo elenco di nomi come un interminabile rosario civile, per farli vivere ancora, per non farli morire mai.
📌 21 Marzo 1927 nasce Rosa Balistreri
👉🏻 E' stata una Cantautrice e Cantastorie.
(Licata, 21 marzo 1927 – Palermo, 20 settembre 1990).
🎶 Rosa Balistreri è la più popolare cantautrice Siciliana. Con le sue canzoni cariche di malinconia, amore per la propria terra e coraggiosa denuncia sociale, Rosa Balistreri può a ben diritto essere definita la voce della Sicilia del Novecento.
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🌸 L'iniziativa nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage di Capaci e non sentiva mai pronunciare il suo nome. Così dal 1996, ogni anno, in una città diversa, nel primo giorno di primavera viene scandito il lungo elenco di nomi come un interminabile rosario civile, per farli vivere ancora, per non farli morire mai.
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🎶 Rosa Balistreri è la più popolare cantautrice Siciliana. Con le sue canzoni cariche di malinconia, amore per la propria terra e coraggiosa denuncia sociale, Rosa Balistreri può a ben diritto essere definita la voce della Sicilia del Novecento.
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Rosa Balistreri "Nostalgia Pensu a sta terra"
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👩🎤 LA VOCE DELLA SICILIA NOVECENTESCA
🎵Con le sue canzoni cariche di malinconia, amore per la propria terra e coraggiosa denuncia sociale, Rosa #Balistreri può a ben diritto essere definita la voce della #Sicilia del novecento.
👶Nata a #Licata il 21 marzo 1927 presso un'umilissima famiglia, all'età di sedici anni Rosa sposò Gioacchino Torregrossa, uomo che in seguito la cantautrice definirà «latru, jucaturi e ‘mbriacuni». Il matrimonio, da cui nacque la figlia Angela, finì quando Rosa, apprendendo che il marito aveva perso al gioco il corredo della figlia, lo colpì con una lima e, credendo di averlo ucciso, si costituì. A causa di questo gesto la futura cantautrice dovette scontare alcuni mesi di carcere.
Al fine di mantenere la figlia ed aiutare la famiglia d'origine, Rosa svolse i mestieri più umili e disparati, fino a quando fu assunta come donna di servizio presso la casa di una famiglia nobile di #Palermo. Qui si innamorò del figlio del padrone di casa, rimandendo incinta. Tuttavia, accusata di furto, perse il lavoro e scontò altri mesi di galera. Uscita dal carcere, trovò occupazione come sagrestana e custode della Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti, nel centro storico di Palermo, vivendo in un sottoscala con il fratello invalido. Perso anche questo lavoro per via di gravi problemi con il sacerdote della chiesa, Rosa decise di lasciare Palermo e trasferirsi a #Firenze.
Nel capoluogo toscano lavorò dapprima come donna di servizio presso famiglie benestanti e poi aprì un banco di frutta e verdura insieme alla madre e ad altri membri della famiglia giunti da Licata. La sorella Maria, arrivata a Firenze insieme ai figli per sfuggire al marito violento, fu poi uccisa da quest'ultimo. Per il dispiacere il padre di Rosa si suicidò impiccandosi. Le dolorose esperienze familiari ebbero senza dubbio un impatto importante sullo struggente stile della cantautrice.
A inizio anni sessanta Rosa conobbe il pittore fiorentino Manfredi Lombardi, con cui visse per parecchi anni. Risale a quest'epoca l'inizio della carriera pubblica come cantante folk. Dopo aver collaborato con Dario Fo tra il 1966 ed il 1969, Rosa balzò agli onori delle cronache per la mancata partecipazione al Festival di #Sanremo del 1973 con il brano "Terra che non senti", escluso per ragioni politiche. Con questa canzone la Balistreri avrebbe voluto denunciare le drammatiche condizioni della sua terra, la Sicilia.
In quell'occasione dichiarò: «Finora ho cantato nelle piazze, nei teatri, nelle università, ma sempre per poche migliaia di persone. Adesso ho deciso di gridare le mie proteste, le mie accuse, il dolore della mia terra, dei poveri che la abitano, di quelli che l’abbandonano, dei compagni operai, dei braccianti, dei disoccupati, delle donne siciliane che vivono come bestie. Era questo il mio scopo quando ho accettato di cantare a Sanremo. Anche se nessuno mi ha visto in televisione, tutti gli italiani che leggono i giornali sanno chi sono, cosa sono stata, tutti conoscono le mie idee, alcuni compreranno i miei dischi, altri verranno ai miei concerti e sono sicura che rifletteranno su ciò che canto».
Tornata a vivere Palermo nel 1971, collaborò - tra gli altri - con il poeta Ignazio Buttitta, che di lei disse «ogni volta che cercheremo le parole, i suoni sepolti nel profondo della nostra memoria, quando vorremo rileggere una pagina vera della nostra memoria, sarà la voce di Rosa che ritornerà a imporsi con la sua ferma disperazione, la sua tragica dolcezza». Morì a Palermo il 20 settembre 1990, a 63 anni. Artiste come Carmen Consoli hanno più volte sottolineato l'importanza di Rosa nella storia della musica popolare siciliana.
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🎵Con le sue canzoni cariche di malinconia, amore per la propria terra e coraggiosa denuncia sociale, Rosa #Balistreri può a ben diritto essere definita la voce della #Sicilia del novecento.
👶Nata a #Licata il 21 marzo 1927 presso un'umilissima famiglia, all'età di sedici anni Rosa sposò Gioacchino Torregrossa, uomo che in seguito la cantautrice definirà «latru, jucaturi e ‘mbriacuni». Il matrimonio, da cui nacque la figlia Angela, finì quando Rosa, apprendendo che il marito aveva perso al gioco il corredo della figlia, lo colpì con una lima e, credendo di averlo ucciso, si costituì. A causa di questo gesto la futura cantautrice dovette scontare alcuni mesi di carcere.
Al fine di mantenere la figlia ed aiutare la famiglia d'origine, Rosa svolse i mestieri più umili e disparati, fino a quando fu assunta come donna di servizio presso la casa di una famiglia nobile di #Palermo. Qui si innamorò del figlio del padrone di casa, rimandendo incinta. Tuttavia, accusata di furto, perse il lavoro e scontò altri mesi di galera. Uscita dal carcere, trovò occupazione come sagrestana e custode della Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti, nel centro storico di Palermo, vivendo in un sottoscala con il fratello invalido. Perso anche questo lavoro per via di gravi problemi con il sacerdote della chiesa, Rosa decise di lasciare Palermo e trasferirsi a #Firenze.
Nel capoluogo toscano lavorò dapprima come donna di servizio presso famiglie benestanti e poi aprì un banco di frutta e verdura insieme alla madre e ad altri membri della famiglia giunti da Licata. La sorella Maria, arrivata a Firenze insieme ai figli per sfuggire al marito violento, fu poi uccisa da quest'ultimo. Per il dispiacere il padre di Rosa si suicidò impiccandosi. Le dolorose esperienze familiari ebbero senza dubbio un impatto importante sullo struggente stile della cantautrice.
A inizio anni sessanta Rosa conobbe il pittore fiorentino Manfredi Lombardi, con cui visse per parecchi anni. Risale a quest'epoca l'inizio della carriera pubblica come cantante folk. Dopo aver collaborato con Dario Fo tra il 1966 ed il 1969, Rosa balzò agli onori delle cronache per la mancata partecipazione al Festival di #Sanremo del 1973 con il brano "Terra che non senti", escluso per ragioni politiche. Con questa canzone la Balistreri avrebbe voluto denunciare le drammatiche condizioni della sua terra, la Sicilia.
In quell'occasione dichiarò: «Finora ho cantato nelle piazze, nei teatri, nelle università, ma sempre per poche migliaia di persone. Adesso ho deciso di gridare le mie proteste, le mie accuse, il dolore della mia terra, dei poveri che la abitano, di quelli che l’abbandonano, dei compagni operai, dei braccianti, dei disoccupati, delle donne siciliane che vivono come bestie. Era questo il mio scopo quando ho accettato di cantare a Sanremo. Anche se nessuno mi ha visto in televisione, tutti gli italiani che leggono i giornali sanno chi sono, cosa sono stata, tutti conoscono le mie idee, alcuni compreranno i miei dischi, altri verranno ai miei concerti e sono sicura che rifletteranno su ciò che canto».
Tornata a vivere Palermo nel 1971, collaborò - tra gli altri - con il poeta Ignazio Buttitta, che di lei disse «ogni volta che cercheremo le parole, i suoni sepolti nel profondo della nostra memoria, quando vorremo rileggere una pagina vera della nostra memoria, sarà la voce di Rosa che ritornerà a imporsi con la sua ferma disperazione, la sua tragica dolcezza». Morì a Palermo il 20 settembre 1990, a 63 anni. Artiste come Carmen Consoli hanno più volte sottolineato l'importanza di Rosa nella storia della musica popolare siciliana.
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I Nebrodi sono una catena montuosa situata nella parte nord-orientale della Sicilia, in Italia.
Durante l'inverno, queste montagne possono essere innevate, creando paesaggi suggestivi e offrendo opportunità per attività come ciaspolate e le passeggiate sulla neve.
La neve conferisce un fascino particolare ai boschi di faggi, querceti e castagneti che caratterizzano la regione, rendendo i Nebrodi un luogo affascinante da esplorare durante la stagione invernale.
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#sicilia #nebrodi #nature #natura
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🌦Buongiorno ☕️🌻
🗓️ 22Marzo
📖Proverbiu du jionnu
"Iu manciu cipudda, e a tia t’abbrucianu l’occhi".
🎥 @christian.chiari82
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🗞Videmu chi succidiu na vota di sti tempi.
🔸Addì 22 Marzo 1609 , Dominica matino – Nel convento di Sancto Dominico di questa città, si fici lu spittaculu della Santa Inquisizioni. Et a uri 13 in circa niscero di Castello a Mare li Inquisiti, con tutti li Conventi. E nell’ultima venìa la Compagnia di detta Inquisizione, con la cruci del Sancto Ufficio coperta con velo negro e poi li cruci delli Parrocchi coverta di nigro et ogniuno delli fratelli con la intorcia allumata; et appresso li inquisiti, quali foro di numero di 25, uomini e donni. Et arrivati chi foro in ditto Convento, si lessi lu processo di ogniuno. E finito, li Inquisitori ci ficiro la assoluzioni; e sindi tornarono tutti li inquisiti nella Vicaria del novo edificio di questa città.
🔸Addì 22 Marzo 1670 – Muore Pietro Fullone ( per i Palermitani, Fudduni ) e fu sepolto nella chiesa di S. Maria dell'Itria (così attesta lo storico Antonio Mongitore). Nato a Palermo agli inizi del sec. XVII, forse nel rione Capo, non si conoscono i nomi dei genitori, tantomeno la sua biografia, avvolta nella leggenda e tramandata per aneddoti dalla memoria popolare.Il cognome stesso del poeta pare sia un soprannome, ricavato dalla voce dialettale foddi, "folle", accresciuta nell'epiteto "Fudduni", con cui egli era noto.
🔸Addì 22 Marzo 1943 – Una ventina di quadriplani americani hanno effettuato una incursione aerea su Palermo. Molti fabbricati urbani sono stati demoliti o danneggiati. Le vittime accertate tra la popolazione civile salgono a 38 morti e 184 feriti. Il contegno della popolazione è stato esemplare.
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IL GATTO SELVATICO SICILIANO
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🐈⬛ Il gatto selvatico europeo (Felis silvestris silvestris) è una sottospecie continentale presente in un vasto areale comprendente la #Scozia, l’Europa centrale, la penisola Iberica ed i #Balcani. Presente anche in Italia, con una popolazione stimata in circa 700 – 800 animali, vive sulle Alpi Giulie ed in alcune valli delle Alpi Carniche, sulle #Alpi occidentali, sull’Appennino centrale, sull’Appennino calabro, nel Gargano, nel Vulture, in Sardegna ed in Sicilia.
In Sicilia il gatto selvatico ha un patrimonio genetico «unico» e distinto dagli altri esemplari europei e italiani. La distribuzione del gatto selvatico siciliano è a macchia di leopardo. Esistono piccole colonie isolate che vivono sull’Etna, sui #Nebrodi e sulle #Madonie.
I numeri dei soggetti sono estremamente limitati e ciò rende il gatto selvatico siciliano a rischio estinzione.
La diversità e la tipicità dei soggetti siciliani è dimostrata da uno studio che ha accertato una unicità del suo patrimonio genetico rispetto al patrimonio genetico delle colonie italiane ed europee. Il paradosso è che seppure il patrimonio genetico del gatto selvatico siciliano è più simile a quello domestico di quanto non lo sia con gli altri nuclei di gatti selvatici europei, è geneticamente discendente dal gatto selvatico europeo, mentre i gatti domestici europei sono discendenti dal gatto selvatico africano.
Questo paradosso è legato probabilmente all’insularità che come in altre specie ha creato dei soggetti con patrimonio genetico peculiari. La peculiarità genetica si palesa anche nell’espressione fenotipica. I soggetti siciliani infatti, hanno una colorazione di base più scura per una maggiore presenza di melanina e si tratta di soggetti più corposi.
Il gatto selvatico siciliano è il carnivoro selvatico di maggiore taglia presente nella fauna selvatica siciliana. Si trovano circa 1000 esemplari nei parchi dell’Etna, delle Madonie e dei Nebrodi. Avvistamenti sporadici sono stati rilevati nel trapanese nella #Riserva dello Zingaro. Le popolazioni più numerose, complessivamente si stima circa un migliaio di esemplari, sono state avvistate sull’Etna e nei boschi delle Madonie e dei Nebrodi.
Un centinaio nella zona etnea quelle studiate grazie alle foto trappole di cui si è servito Stefano Anile. Due avvistamenti insoliti sono avvenuti invece alla Riserva dello Zingaro.
L’Etna rappresenta per il gatto selvatico un habitat idoneo e ospita una popolazione tra le più dense riportate in letteratura (0,3 gatti per km2). Lo studio ha tuttavia evidenziato una contrazione dell’habitat del gatto selvatico probabilmente derivante da un pascolo eccessivo e prolungato.
L’ibridazione con le specie domestiche e il bracconaggio mette a rischio di estinzione il gatto selvatico siciliano.
💻 Fonte
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In Sicilia il gatto selvatico ha un patrimonio genetico «unico» e distinto dagli altri esemplari europei e italiani. La distribuzione del gatto selvatico siciliano è a macchia di leopardo. Esistono piccole colonie isolate che vivono sull’Etna, sui #Nebrodi e sulle #Madonie.
I numeri dei soggetti sono estremamente limitati e ciò rende il gatto selvatico siciliano a rischio estinzione.
La diversità e la tipicità dei soggetti siciliani è dimostrata da uno studio che ha accertato una unicità del suo patrimonio genetico rispetto al patrimonio genetico delle colonie italiane ed europee. Il paradosso è che seppure il patrimonio genetico del gatto selvatico siciliano è più simile a quello domestico di quanto non lo sia con gli altri nuclei di gatti selvatici europei, è geneticamente discendente dal gatto selvatico europeo, mentre i gatti domestici europei sono discendenti dal gatto selvatico africano.
Questo paradosso è legato probabilmente all’insularità che come in altre specie ha creato dei soggetti con patrimonio genetico peculiari. La peculiarità genetica si palesa anche nell’espressione fenotipica. I soggetti siciliani infatti, hanno una colorazione di base più scura per una maggiore presenza di melanina e si tratta di soggetti più corposi.
Il gatto selvatico siciliano è il carnivoro selvatico di maggiore taglia presente nella fauna selvatica siciliana. Si trovano circa 1000 esemplari nei parchi dell’Etna, delle Madonie e dei Nebrodi. Avvistamenti sporadici sono stati rilevati nel trapanese nella #Riserva dello Zingaro. Le popolazioni più numerose, complessivamente si stima circa un migliaio di esemplari, sono state avvistate sull’Etna e nei boschi delle Madonie e dei Nebrodi.
Un centinaio nella zona etnea quelle studiate grazie alle foto trappole di cui si è servito Stefano Anile. Due avvistamenti insoliti sono avvenuti invece alla Riserva dello Zingaro.
L’Etna rappresenta per il gatto selvatico un habitat idoneo e ospita una popolazione tra le più dense riportate in letteratura (0,3 gatti per km2). Lo studio ha tuttavia evidenziato una contrazione dell’habitat del gatto selvatico probabilmente derivante da un pascolo eccessivo e prolungato.
L’ibridazione con le specie domestiche e il bracconaggio mette a rischio di estinzione il gatto selvatico siciliano.
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