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Castello di Donnafugata

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Il Castello di Donnafugata è un’enorme dimora nobiliare ottocentesca voluta dal barone di Donnafugata che è circondata da un parco di 8 ettari. Grandi ficus, specie mediterranee e esotiche coprono una vasta area ricca di sorprese: un tempietto circolare, una caffeaus e un grande labirinto con muri a secco.

All’interno 120 lussuose stanze sono divise su 3 piani. Tra gli sfarzosi saloni si respira ancora l’atmosfera dell’aristocrazia siciliana di fine 800. Si può passare dalla sala della musica arredata con pianoforti, alla pinacoteca, dalla sala degli specchi a quella degli stemmi in cui sono presenti i blasoni delle famiglie nobili siciliane.

Il castello prende il nome dal feudo Donnafugata secondo una leggenda, potrebbe derivare da donna-fuggita e sarebbe legato alla regina Bianca di Navarra, rinchiusa nel castello da Bernardo Cabrera, conte di Modica. La regina con la sua fuga avrebbe dato nome al castello, ma per quanto affascinante sia la storia rimane solo una leggenda.

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🌦Buongiorno ☕️🌻

🗓️ 18 Marzo

📖Proverbiu du jionnu

Ci dissi u surci a nuci:
" Dammi tempu ca ti perciu"

🗞Videmu chi succidiu na vota di sti tempi.

#Accaddeoggi #18Marzu

Dopo il suo ingresso trionfale nella città santa, il giorno seguente – 18 marzo 1229 – Federico II poté finalmente cingere la corona di re di Gerusalemme, anche se ciò avvenne in modo tutt’altro che ordinario.

18 marzo 1883: nasce a Palermo Vincenzo Florio, imprenditore e mecenate sportivo italiano. Di famiglia benestante, chiamato anche Vincenzo junior, per distinguerlo dall'omonimo nonno, e figlio minore del senatore Ignazio Florio, armatore e industriale di vini; fratello minore di Ignazio, con la morte del padre nel 1891 ereditò, insieme al fratello che le gestì, le imprese di famiglia.

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18 marzo 1883: nasce a Palermo Vincenzo Florio, imprenditore e mecenate sportivo italiano.

Di famiglia benestante, chiamato anche Vincenzo junior, per distinguerlo dall'omonimo nonno, e figlio minore del senatore Ignazio Florio, armatore e industriale di vini; fratello minore di Ignazio, con la morte del padre nel 1891 ereditò, insieme al fratello che le gestì, le imprese di famiglia.

Vincenzo fu da sempre appassionato di automobilismo, tanto che partecipò come pilota a diverse gare. Nel 1905 concepì la Coppa Florio.

Ma fu nel 1906 che applicò le sue doti imprenditoriali per la creazione e organizzazione di un trofeo
automobilistico in Sicilia, la Targa Florio, corsa automobilistica annuale sul circuito delle Madonie, che avrebbe conosciuto grande successo. L'anno dopo ideò anche la prima corsa a tappe di ciclismo, il Giro di Sicilia. Nel 1913 fondò l'Automobile Club di Sicilia.

Brevettò, durante la prima guerra mondiale, un autocarro cingolato per il trasporto di munizioni e viveri per le strade di montagna arrivando ad una velocità di 20 km/h, come un moderno fuoristrada.

L'autocarro venne prodotto dal 1916 in poi e fu utilizzato nella grande guerra.

Nel 1920 diede vita anche alla Targa Florio motociclistica.

Dopo una vita dedicata allo sport ed alla promozione dell'immagine della Sicilia, Vincenzo Florio jr. si spense ad Épernay, in Francia, presso la casa della sua seconda moglie, il 6 gennaio 1959, all'età di 76 anni.

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18 MARZO FEDERICO II, RE DI SICILIA, OTTIENE LA CORONA DI GERUSALEMME

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Dopo il suo ingresso trionfale nella città santa, il giorno seguente - 18 marzo 1229 - Federico II poté finalmente cingere la corona di re di Gerusalemme, anche se ciò avvenne in modo tutt'altro che ordinario.

A dare a Federico la legittimazione per l'ottenimento di questo titolo simbolicamente assai importante era stato il matrimonio nel 1225 con Jolanda di Brienne, sua seconda moglie. Jolanda era figlia dei sovrani di Gerusalemme Giovanni di Brienne e Maria degli Aleramici e, in quanto tale, erede al trono della città santa. Il matrimonio tra Federico e Jolanda era stato concordato con Papa Onorio III mediante un'intesa diplomatica che avrebbe apportato un reciproco vantaggio: per Federico ottenere il prestigioso titolo; per Onorio stimolare il re di Sicilia e imperatore ad intraprendere la crociata più volte promessa.

Subito dopo il matrimonio con l'appena tredicicenne Jolanda, Federico assunse la reggenza di Gerusalemme. Dal matrimonio tra i due nacque nel 1228 Corrado, futuro re di Sicilia, che fu investito della corona di Gerusalemme pochi giorni dopo la sua venuta al mondo, con il padre ovviamente confermato nella reggenza, ora in favore del figlio anziché della moglie.

La sesta crociata, con il conseguente successo diplomatico ottenuto da Federico attraverso il trattato di Jaffa del febbraio 1229, diede allo Stupor Mundi l'occasione propizia per passare dallo status di reggente del figlio a quello di vero e proprio re di Gerusalemme. Ciò, tuttavia, avvenne in condizioni alquanto surreali.

Federico, infatti, aveva intrapreso la crociata con una scomunica pendente sul suo capo. La condizione di scomunicato, oltre che alimentare la diffidenza del clero di Gerusalemme, impediva al sovrano di partecipare alle funzioni religiose e di ricevere benedizioni. In tal senso un'incoronazione rispettosa dei crismi del cerimoniale era impossibile.

Il giorno dopo il suo ingresso a Gerusalemme, dunque, Federico fece svolgere una messa di ringraziamento presso la Basilica del Santo Sepolcro, a cui però non partecipò in quanto scomunicato. Al termine della funzione religiosa, in modo non certo ordinario, egli indossò con le sue stesse mani la corona reale, malgrado l'opposizione del patriarca latino di Gerusalemme, che emise l'interdetto sulla città.

In questa occasione, nel clima di aperto conflitto politico con il Papato, Federico II emanò un manifesto di propaganda politica e teologica atto a dipingerlo come un nuovo re Davide, investito di un potere teocratico che riecheggiava la tradizione cesaropapista degli imperatori romani d'Oriente.

Per ironia della storia, circa un secolo prima, anche il nonno materno di Federico, Ruggero II d'Altavilla, aveva accarezzato per un momento l'idea di diventare re di Gerusalemme e teorizzato - in una fase di forte contrasto con Roma - una dottrina politica fortemente improntata al cesaropapismo bizantino.

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Non c’è siciliano che non ami la pasta con le sarde! Un primo piatto questo dal sapore intenso, che fa venire immediatamente l’acquolina in bocca.

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Le origini della pasta con le sarde: tra storia e leggenda

Molte delle ricette nascono quasi per caso, nascono dall’arte di arrangiarsi, dalla necessità cioè di portare in tavola un piatto ricco non solo di gusto ma anche di sostentamento, avendo però a disposizione pochi e semplici ingredienti.

Sono quindi ricette povere, che poi con il passare degli anni sono diventate tradizionali. È il caso della pasta con le sarde.

Si narra che sia stato un cuoco arabo ad inventare questo piatto durante il 1800, per la precisione il cuoco di Eufemio da Messina.

Di fronte ad un intero esercito da sfamare questo cuoco decise di accettare tutti i doni che questa meravigliosa isola offriva, sia quelli del mare che quelli della terra.

Sarde a cui aggiunse del finocchietto fresco così da smorzare un po’ il sapore intenso del pesce e donare freschezza al piatto, pinoli che erano considerati utilissimi per evitare eventuali intossicazioni, zafferano per amalgamare al meglio i sapori: con questi ingredienti dette vita ad un condimento eccezionale per la pasta, rimasto nella storia.

Ricetta:

Ecco la lista di tutti gli ingredienti necessari con le dosi:

320 g di tonnarelli
1 mazzo di finocchio selvatico
300 g di sarde fresche
4 acciughe
1 cipolla
30 g di uvetta
25 g di pinoli
1 bustina di zafferano
Olio extra vergine di oliva q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.

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📍SALEMI

▪️L’usanza del Pane di San Giuseppe a Salemi si tramanda da una generazione all’altra. In strada vi sono altari e cappelle votive, con i pani che richiamano la natura, i fiori, le piante e gli animali, oltre ai simboli della fede.

L’altare solitamente include un quadro con la Sacra Famiglia e, tutto intorno, si dispongono mensole con tovaglie bianche. Tra gli oggetti simbolici che si includono, vi sono brocche con il vino, lumini e vasi con pesciolini rossi. Ai piedi dell’altare c’è un tappeto, oltre ai piatti con i germogli di frumento.

❗️Una piccola curiosità: vi sono anche mazzi di finocchi verdi, un simbolo di abbondanza.

▪️Il pane di San Giuseppe si poggia sull’altare, mentre altri piccoli pani si appendono.

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🎉 La festa di S. Giuseppe in Sicilia è una festa che tradizionalmente occupa un posto di tutto rispetto sia come festa religiosa sia come rituale accompagnato da specialità gastronomiche.

😇 La figura di S. Giuseppe, sposo di Maria e padre putativo di Gesù, è molto venerata in Sicilia, ed è legato al profondo sentimento religioso diffuso in Sicilia e che si evince anche dalla diffusione del nome Giuseppe e tutti i suoi derivati: Peppe, Peppino, Pippineddu, Pino, Pippo, Giuseppa, Giuseppina, Pinuzzu, Peppina, Pina, Giusy, ecc…

La festa di San Giuseppe è caratterizzata da feste religiose con caratteristiche tipiche nei diversi comuni come diverse le specialità culinarie che si possono gustare in questa ricorrenza.

🍞 Dal punto di vista gastronomico la Sicilia è ricca di piatti tipici per il giorno di San Giuseppe.
Tipiche pietanze che venivano anche offerte dai più benestanti alle persone più disagiate erano il minestrone di San Giuseppe, il pane di San Giuseppe, la pasta con le sarde e il dolce tipico della ricorrenza è la famosa sfincia di San Giuseppe.

🏢 Nella città di #Caccamo si organizzano ben due manifestazioni per la festa di San Giuseppe, entrambe organizzate dalla Chiesa della SS Annunziata. La prima manifestazione è la domenica prima del 19.
In questa primo evento si svolge ‘A Retina che è una sfilata di muli bardati a festa accompagnati dalla banda musicale, che fa il giro del paese raccogliendo offerte in natura, le cosiddette prumisioni che i devoti fanno al Santo. Già due domeniche prima della festa, alla chiesa dell’Annunziata, viene accesa ‘A Scalunata di San Giuseppe. In queste giornate vengono accesi dei ceri lungo la scalinata in cima alla quale si trova la statua di S. Giuseppe col Bambino.

🏙️ In molti paesi vengono allestiti gli Altari di San Giuseppe e vengono imbandite le Tavolate di S. Giuseppe, in cui intere famiglie, in virtù di una promessa fatta al santo, contribuiscono nella preparazione di cibi e pietanze tipiche da offrire ai poveri. Questo rito si conserva in molti comuni, ma negli ultimi anni a Salemi è diventato un vero e proprio evento turistico.
Anche nell’agrigentino la festa è sentita e partecipata, in particolare a Ribera dove i festeggiamenti iniziano dalla domenica precedente.
Nella città sfilano uomini a cavallo che portano per le vie della città dei rami d’ulivo con al seguito un carro che porta una torre di varie forme di pane benedetto sormontata dal quadro di San Giuseppe.

🏬 Il centro storico di Palermo, invece si illumina con le spettacolari Vampe di S. Giuseppe, degli immensi falò dove vengono bruciati anche vecchi oggetti. Le vampe sono da tempo vietate, ma la tradizione è così forte che la sera del 18 le cataste di legna si illuminano in diverse piazze del centro.
Anche nel Ragusano, a #Scicli la notte del 16 marzo, fin dal medioevo si ripete la Cavalcata di S. Giuseppe nella quale uomini a cavallo accendono i fuochi benedetti lungo la città.

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Festa di San Giuseppe – Nicolosi (CT)

E’ un'antica tradizione della cittadina di Nicolosi che, seppur improntata sulla massima semplicità, rappresenta un momento di tradizione e fede immancabile per i cittadini nicolositi.

Particolarmente sentito è l'appuntamento con la tradizionale distribuzione della minestra di ceci che avviene, come da consuetudine, nella mattinata di giorno 18, grazie all'impegno e alla bravura di tante donne del paese e dei membri della Commissione.

Altro immancabile appuntamento tradizionale è l'asta dei numerosi doni raccolti durante la festa, il cui ricavato viene utilizzato per finanziare la realizzazione della festa.

Nei giorni della festa il Simulacro del Patriarca viene stato svelato dalla sua cameretta, portato a spalla fuori dalla Chiesa e collocato sulla vara per essere portato in processione lungo le vie del paese.

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