Nessun dialetto come il siciliano è capace di far capire subito intenzioni e concetti 🤌🤏🤘
Ma forse non sapete che alcuni dei nostri termini provengono dal nord 😮
Ecco cinque parole (che proprio non ti aspetti) che non sono siciliane!
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- Vugghia o agugghia:
Da non confodersi con la spingula, a vugghia, ovvero l’ago, potrebbe essere un adattamento del settentrionale aguggia, che a sua volta origina dal latino acucula. Ma non chiedete mai una acucula ca senno rischiate di fare malafiure. Giusto pur parlè, Ie vugghie sono pure dei pesci azzurri, che infarinati e fritti sono troppo belli, e che proprio per la loro forma allungata ed a punta vengono chiamate come lo strumento da cucito.
- Ruppu:
Quando qualcosa sembra irrisolvibile, il siciliano esclama, <<minchia va sciogghi stu ruppo!>>. Il ruppo o gruppu è un nodo, ma non un nodo qualsiasi da pisciteddu i cannuzza, u ruppo è quando le corde si ammatassano tra di loro rendendo il tutto impossibile da districare.
Ecco spiegata la similitudine con una situazione ingarbugliata. Una volta in cui mi invitarono a pescare, a bordo di una barca, cominciai a tirare la lenza perché un pesce aveva abboccato, incurante però di come la lenza si stesse aggrovigliando ai miei piedi. Alla fine, mostrando tutto fiero la mia microsardina di circa 2 cm, il padrone della barca, pescatore vero, tistiò verso la lenza aggrovigliata dicendomi <<nca bravo… ora va sciogghi stu ruppo>>.
Si presume che l’origine lombarda sia groppo, che potrebbe derivare dal gallo-italico grop, ovverosia nodo. Il termine potrebbe essere stato portato dalle dominazioni germaniche in Italia, durante le quali i neocrucchi utilizzavano il lemma kruppa proprio per indicare un nodo complesso.
- Pumu:
Se andate a Ballarò è possibile che sentiate abbanniare, <<signoraaaa talia che beddi puma chi aiu!>> Tralasciando i doppi sensi, per noi u pumu è un qualsiasi frutto dalla forma sferica, ma nel profondo nord il pomo o pum, è legato al latino pomum, che sta ad indicare nello specifico la mela. Per le cose giuste, c’è da dire che il termine potrebbe derivare anche dal francese pomme.
- Uorbu :
La parola più usata dagli automobilisti, assieme ad altri epiteti più incisivi, quando, troppo spesso, qualche figlio di libera professionista taglia la strada o fa altre manovre automobilistiche alla pene di segugio. L’uorbu indica una persona cieca o comunque qualcuno gravemente ipovedente. Proveniente dal latino orbus (privo, sprovvisto), in settentrione divenne orb, e con la nostra parlata un po’ strascicata divenne infine uorbo.
- Ruvulu o ruviettu:
Ho un brutto ricordo dei ruvietti dato che da piccolino, pur di raccogliere qualche mora, precipitai dentro una di queste trappole del demonio uscendone tutto fridduliato. Ruvulu è più usato nella parte orientale della Sicilia, mentre ruviettu in quella occidentale. Dovrebbe originare dal latino robur, (che starebbe indicare la quercia e per antonomasia la forza) divenuto poi rovol al nord.
- Soggiru e soggira:
Amati o odiati, il loro appellativo potrebbe derivare dal latino socerum, virare al volgare socrum, che infine divenne in alta lombardia souser, per assonanza a beaperè (suocero in francese).
- Troja :
Cognome molto diffuso in Sicilia e non vado oltre, pezzi i vastasacieddi! In realtà l’offesa potrebbe derivare proprio da questo termine. Infatti in alcune zone della Sicilia la troja sta ad indicare la scrofa e in particolar modo il suo caratteristico verso, il che porterebbe ad assimilarlo ad una donna di facili costumi ed il suo parlare civettuolo. L’origine potrebbe derivare dal porcus troianus, ovvero il maiale farcito che ricorda un po’ il cavallo di troia con i soldati, ma recenti ipotesi darebbero le origini dalla parola troca, usata in settentrione, che deriva dal gaelico torc che sta ad indicare il verro, ovvero il maschio del maiale adibito alla riproduzione.
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- Ruppu:
Quando qualcosa sembra irrisolvibile, il siciliano esclama, <<minchia va sciogghi stu ruppo!>>. Il ruppo o gruppu è un nodo, ma non un nodo qualsiasi da pisciteddu i cannuzza, u ruppo è quando le corde si ammatassano tra di loro rendendo il tutto impossibile da districare.
Ecco spiegata la similitudine con una situazione ingarbugliata. Una volta in cui mi invitarono a pescare, a bordo di una barca, cominciai a tirare la lenza perché un pesce aveva abboccato, incurante però di come la lenza si stesse aggrovigliando ai miei piedi. Alla fine, mostrando tutto fiero la mia microsardina di circa 2 cm, il padrone della barca, pescatore vero, tistiò verso la lenza aggrovigliata dicendomi <<nca bravo… ora va sciogghi stu ruppo>>.
Si presume che l’origine lombarda sia groppo, che potrebbe derivare dal gallo-italico grop, ovverosia nodo. Il termine potrebbe essere stato portato dalle dominazioni germaniche in Italia, durante le quali i neocrucchi utilizzavano il lemma kruppa proprio per indicare un nodo complesso.
- Pumu:
Se andate a Ballarò è possibile che sentiate abbanniare, <<signoraaaa talia che beddi puma chi aiu!>> Tralasciando i doppi sensi, per noi u pumu è un qualsiasi frutto dalla forma sferica, ma nel profondo nord il pomo o pum, è legato al latino pomum, che sta ad indicare nello specifico la mela. Per le cose giuste, c’è da dire che il termine potrebbe derivare anche dal francese pomme.
- Uorbu :
La parola più usata dagli automobilisti, assieme ad altri epiteti più incisivi, quando, troppo spesso, qualche figlio di libera professionista taglia la strada o fa altre manovre automobilistiche alla pene di segugio. L’uorbu indica una persona cieca o comunque qualcuno gravemente ipovedente. Proveniente dal latino orbus (privo, sprovvisto), in settentrione divenne orb, e con la nostra parlata un po’ strascicata divenne infine uorbo.
- Ruvulu o ruviettu:
Ho un brutto ricordo dei ruvietti dato che da piccolino, pur di raccogliere qualche mora, precipitai dentro una di queste trappole del demonio uscendone tutto fridduliato. Ruvulu è più usato nella parte orientale della Sicilia, mentre ruviettu in quella occidentale. Dovrebbe originare dal latino robur, (che starebbe indicare la quercia e per antonomasia la forza) divenuto poi rovol al nord.
- Soggiru e soggira:
Amati o odiati, il loro appellativo potrebbe derivare dal latino socerum, virare al volgare socrum, che infine divenne in alta lombardia souser, per assonanza a beaperè (suocero in francese).
- Troja :
Cognome molto diffuso in Sicilia e non vado oltre, pezzi i vastasacieddi! In realtà l’offesa potrebbe derivare proprio da questo termine. Infatti in alcune zone della Sicilia la troja sta ad indicare la scrofa e in particolar modo il suo caratteristico verso, il che porterebbe ad assimilarlo ad una donna di facili costumi ed il suo parlare civettuolo. L’origine potrebbe derivare dal porcus troianus, ovvero il maiale farcito che ricorda un po’ il cavallo di troia con i soldati, ma recenti ipotesi darebbero le origini dalla parola troca, usata in settentrione, che deriva dal gaelico torc che sta ad indicare il verro, ovvero il maschio del maiale adibito alla riproduzione.
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La Sicilia possiede un territorio ricco di paesaggi mozzafiato e natura incontaminata, ma è anche terra di cultura e tradizioni popolari tra queste: la Sciaccariata.
Spesso natura e folclore si intrecciano, si fondono, e danno vita a veri e propri spettacoli.
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È il caso di una pianta in particolare: "L’Ampelodesmos mauritanicus".🌾
Questa pianta perenne è conosciuta nel dialetto siciliano con il nome di Disa, Liama o “Strazzamanu” (tagliamani).
L’ultimo epiteto è dovuto alle sue foglie, dure e taglienti, che se tirate con la mano possono tagliarla. I nostri nonni andavano a raccoglierla, nelle numerose valli iblee, e la portavano alle donne della famiglia. Queste, scorticandosi le dita, la intrecciavano fittamente per ottenere dei cordini utili per svariati usi.
Il nome generico invece, deriva dal greco ‘ampelos’ (vite) e ‘desmos’ (vincolo, legaccio) in quanto i fusti venivano usati per legare le piante di vite ai supporti.
Oltre ad essere usata nell’agricoltura, veniva usata per intrecciare cesti, sedie e reti da pesca. Le tonnare, per esempio, erano costruite interamente con reti di Ampelodesma, e in particolare la camera della morte, dove avveniva la mattanza, testimonianza questa di quanto le sue foglie siano resistenti.
La pianta, importante anche per l’ecosistema in cui vive, poiché è la prima a nascere su terreni incendiati, fiorisce da Aprile a Giugno. L’infiorescenza, simile a delle spighette arriva a un altezza di due – tre metri.
Ed è proprio questa spiga, “sciaccara” in dialetto, la protagonista di uno spettacolo fuori dal comune.
Essa viene raccolta ancora oggi nel periodo di Pasqua dagli abitanti di Ferla, piccolo e caratteristico paesino nella provincia di Siracusa, dove la notte del Sabato Santo ha luogo “A sciaccariata”.
Il Cristo risorto è portato a spalla dai giovani del paese in un’energica corsa, e questa toccante e suggestiva processione viene accompagnata da centinaia di fiaccole accese, le “sciaccare” appunto, creando uno spettacolo mozzafiato.
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Questa pianta perenne è conosciuta nel dialetto siciliano con il nome di Disa, Liama o “Strazzamanu” (tagliamani).
L’ultimo epiteto è dovuto alle sue foglie, dure e taglienti, che se tirate con la mano possono tagliarla. I nostri nonni andavano a raccoglierla, nelle numerose valli iblee, e la portavano alle donne della famiglia. Queste, scorticandosi le dita, la intrecciavano fittamente per ottenere dei cordini utili per svariati usi.
Il nome generico invece, deriva dal greco ‘ampelos’ (vite) e ‘desmos’ (vincolo, legaccio) in quanto i fusti venivano usati per legare le piante di vite ai supporti.
Oltre ad essere usata nell’agricoltura, veniva usata per intrecciare cesti, sedie e reti da pesca. Le tonnare, per esempio, erano costruite interamente con reti di Ampelodesma, e in particolare la camera della morte, dove avveniva la mattanza, testimonianza questa di quanto le sue foglie siano resistenti.
La pianta, importante anche per l’ecosistema in cui vive, poiché è la prima a nascere su terreni incendiati, fiorisce da Aprile a Giugno. L’infiorescenza, simile a delle spighette arriva a un altezza di due – tre metri.
Ed è proprio questa spiga, “sciaccara” in dialetto, la protagonista di uno spettacolo fuori dal comune.
Essa viene raccolta ancora oggi nel periodo di Pasqua dagli abitanti di Ferla, piccolo e caratteristico paesino nella provincia di Siracusa, dove la notte del Sabato Santo ha luogo “A sciaccariata”.
Il Cristo risorto è portato a spalla dai giovani del paese in un’energica corsa, e questa toccante e suggestiva processione viene accompagnata da centinaia di fiaccole accese, le “sciaccare” appunto, creando uno spettacolo mozzafiato.
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Walk in Nature
Strazzamanu e sciaccariata | Walk in Nature
La Sicilia oltre ad avere un alto patrimonio naturalistico è anche terra di cultura e tradizioni popolari tra queste: la Sciaccariata.
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