♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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Il Gigante dei Templi è una statua colossale di un telamone, una figura mitologica che rappresenta un guerriero o un eroe.

Il "Telamone", una delle colossali statue antropomorfe che sostenevano l'architrave del tempio di Zeus Olimpio, l'Olympieion, simbolo della Valle dei templi, ed è stata rinvenuta nel sito archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, in Sicilia.

La statua è stato riportato in posizione eretta,
alta quasi 8 metri, è sostenuta da una struttura in acciaio di 12 metri alla quale sono ancorate delle mensole dove sono collocati i singoli.

Il Gigante dei Templi è uno dei monumenti più importanti della Valle dei Templi e testimonia la grandezza della civiltà greca antica.

La statua è stata realizzata in marmo e rappresenta un guerriero nudo, con i capelli lunghi e crespi e la barba corta. Il gigante tiene un'arma nella mano destra e una scultura nella mano sinistra.

La statua è stata rinvenuta nel 1930 e si presume che sia stata realizzata nel V secolo a.C., per decorare il Tempio di Zeus Olimpio, il più grande tempio della Valle dei Templi.

La statua è stata gravemente danneggiata da terremoti e altri eventi naturali nel corso dei secoli, ma é stata accuratamente restaurata e oggi é visibile al pubblico nel Museo.

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II sugo alla ghiotta

Uno dei piatti simbolo della mia città, infatti, è il sugo a ghiotta alla messinese: un intingolo preparato con olio extravergine, cipolle, sedano, capperi, olive in salamoia e pomodoro, semplice ma goloso. In questo sugo viene cotto il pesce.

Innanzitutto il pesce spada dello Stretto. E se passaste da Messina, vi suggerirei di guardare il mare la notte, con le luci delle lampare che segnalano le piccole imbarcazioni disseminate sull’acqua.

Un paesaggio dell’anima per ogni siciliano che varchi il mare dello Stretto.

Alla ghiotta vengono preparati anche il pesce stocco e il baccalà, lasciati a Messina in eredità dai norvegesi che, con le loro navi, hanno soccorso la cittadinanza all’indomani del terremoto e del conseguente maremoto del 1908.

Pesce spada e pesce stocco a ghiotta sono molto noti, la loro fama ha sorpassato anche i confini cittadini.

Pochi conoscono invece la ricetta che vi presento oggi, i totani ripieni a ghiotta. Un piatto che unisce il sugo più tipico della città dello Stretto ai totani, un altro dei pesci simbolo dei mari siciliani.

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Totani e calamari appartengono entrambi alla famiglia dei cefalopodi e sono molto simili.

Nonostante i calamari siano ritenuti un pesce pregiato e siano sicuramente più morbidi, un vero siciliano ha nel proprio cuore i totani.

Un pesce più rustico, da trattare con attenzione. Più duro se non gli si lascia il giusto tempo di cottura, ma sicuramente molto, molto più saporito.

Ripieni, con la solita farcia sicula a base di pane grattugiato, pecorino canestrato, prezzemolo, capperi, pomodoro e olio extravergine, i totani fanno la loro magia e diventano un piatto delizioso e profumato. Cotti nel sugo alla ghiotta sono indimenticabili, come anche in umido o ripieni.

La cottura ottimale è in una pentola di coccio: anticamente la si poggiava sulla brace, esattamente come si faceva per la PASTA ‘NCASCIATA ALLA MESSINESE e per tante altre RICETTE SICILIANE.

Ho abbinato i totani ripieni a ghiotta alla messinese con un altro dei simboli della mia città: la birra Messina Cristalli di Sale.

La storia di Messina è legata a quella di questa birra che è cresciuta insieme a questa città, fino ad essere conosciuta in tutta la Sicilia e anche oltre.

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🫕INGREDIENTI

✔️150 grammi di pane grattugiato
✔️200 grammi di mollica di pane o pane in cassetta
✔️capperi dissalati, quanto basta
✔️olio extravergine di oliva, quanto basta
✔️sale e pepe, quanto basta
✔️100 grammi di pecorino siciliano Dop grattugiato
✔️uno spicchio di aglio
✔️prezzemolo fresco, quanto basta
✔️8 pomodori Piccadilly

🥫PER IL SUGO ALLA GHIOTTA:

✔️2 coste di sedano
✔️una cipolla grande di Tropea o 2 piccole
✔️una manciata di capperi di Pantelleria Igp
✔️150 grammi olive verdi salate in salamoia
✔️olio extravergine, quanto basta
✔️sale, quanto basta
✔️600 grammi di pomodori pelati

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MAZARA DEL VALLO -  SATIRO DANZANTE

Era la notte fra il 4 e il 5 marzo del 1998 e il Satiro Danzante usciva dal fondo del Canale di Sicilia dove si era perso in chissà quale naufragio e rientrava nella storia.

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Il Satiro danzante, statua bronzea originale dell'arte greca di epoca classica o ellenistica.
Museo del Satiro danzante, Mazara del Vallo, Trapani.

L'opera è di dimensioni pari ad un modello in posizione stante di circa 2.5 metri di altezza.

La storia dell'eccezionale ritrovamento del Satiro inizia nell'estate del 1997, quando il peschereccio "Capitan Ciccio", appartenente alla flotta marinara di Mazara del Vallo e comandato dal capitano Francesco Adragna, ripesca dai fondali del Canale di Sicilia una gamba di una scultura bronzea.

Nella notte fra il 4 e il 5 marzo del 1998 lo stesso peschereccio riporta a galla, da 500 metri sotto il livello del mare in cui era adagiata, gran parte del resto della scultura, perdendo nel recupero un braccio. Il reperto viene acquisito dalla Regione Sicilia ed esposto in una vasca d'acqua dolce deionizzata nell'ex chiesa di San Egidio a Mazara del Vallo.

Nel settembre del 1998 l'Istituto Centrale per il Restauro di Roma prende in consegna i due frammenti della statua, per effettuarvi i necessari interventi di restauro.

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Il terremoto del 1823 a Palermo: "decoro urbano" e "ristauri - IRIS UniPA

Il 5 marzo 1823 ci fu un terremoto che colpì gran parte della Sicilia settentrionale.

Numerosi danni si sono verificati a Palermo, nella zona sud ovest del capoluogo e zone limitrofe, in alcuni centri delle Madonie e nelle zone lungo la costa e l'entroterra tirrenico da Palermo a Patti (in particolare a Naso).

Il presente lavoro si propone di indagare, attraverso lo studio dei libri di autori contemporanei al sisma, e di una copiosa documentazione d'archivio, le modalità con cui si confronta con le problematiche provocate dal sisma, la gestione dell'emergenza dei danni delle successive ricostruzioni.

Dal quadro emerge in particolare il carattere sistematico e la razionalità che caratterizza l'intera vicenda, che coinvolge alcuni tra i più celebri esponenti della cultura architettonica dell'epoca, come gli ingegneri Luigi Speranza, Giuseppe Patti e Alessandro Emmanuele Marvuglia.

La capillare azione di verifica e monitoraggio delle condizioni del patrimonio architettonico e i conseguenti interventi di consolidamento e ripristino proposti sono efficacemente testimoniati dai quadri analitici dei danni sui centri colpiti e dalle numerose perizie prodotte su edifici monumentali.

Verrà sottolineato anche l'aspetto normativo, attraverso l'analisi delle disposizioni emanate dal governo, anche attraverso il confronto con terremoti precedenti, come quello di Palermo del 1726.

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NEL ‘700 IN SICILIA VIENE NORMATO IL PARTO CESAREO

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Quando le doglie del parto o certe condizioni della madre non consentono il parto naturale è il taglio cesareo, che può salvare il nascituro e/o la madre.

⚕️Il taglio cesareo è uno dei più antichi interventi chirurgici della pratica medica. Il termine “cesareo” deriva dal termine latino “caesum” (tagliare) e dal nome “Cesare” dal momento che, secondo  Plinio il Vecchio, Giulio Cesare sarebbe nato  da parto cesareo.

📜Già dall’antica Roma la pratica del cesareo era praticata e i nascituri venivano chiamati “cesoni” ovvero nati dall’utero materno tagliato (caeso matris uterus).

Questo intervento viene descritto già da Ippocrate di Samo (460-377 a.C.), da Sorano di Efeso (98-138 d.C.), o da Claudio Galeno (131-201 d.C.).

Fino al 1700 la pratica era eseguita, salvo pochi casi riportati in letteratura da considerare per lo più aneddotici, su donna morta vista la quasi certa morte per emorragie o complicazioni settiche effettuandolo su vivente.

Le complicazioni erano legate anche al fatto che la breccia operatoria non veniva suturata perché ritenuta inefficace per le contrazioni post parto e nei casi in cui veniva tentato l’intervento su vivente la cicatrizzazione auspicata era per seconda intenzione e quindi spontanea.

La pratica era legata ad un fatto etico morale e ad esigenze politico religiose per estrarre vivo il nascituro e sottoporlo al battesimo per la salvezza dell’anima del nascituro.

Consideriamo che il nato morto veniva seppellito in terra sconsacrata, mentre se moriva nel grembo materno godeva del diritto di sepoltura materna.

In merito a questa pratica va segnalato lo scritto L’Embriologia Sacra, ovvero dell’uffizio de’ sacerdoti, medici e superiori, circa l’eterna salute de’ bambini racchiusi nell’utero dell’arciprete palermitano Francesco Emanuele Cangiamila pubblicato nel 1745.

L’opera di particolare pregio è suddivisa in quattro libri.
L’arciprete aveva in dettaglio analizzato le tipologie di morte dei nascituri (distinguendone tre categorie principali: l’aborto volontario e involontario, il decesso della madre e gli incidenti che sopraggiungevano durante i parti), e promuoveva la pratica del parto cesareo post mortem come metodo più adatto per assicurare la salvezza eterna a tutti i feti e, quello su donna viva, lo considerava una grande opportunità di speranza per la salvezza di madre e figlio.

📓Nell’opera Cangiamila pone attenzione alla descrizione minuziosa della tecnica chirurgica, tanto che spesso sembra un manuale ostetrico.

L’opera ha anche un intento di sensibilizzazione per i parroci in modo da poter insegnare la pratica chirurgica alle levatrici, ma per padroneggiare il metodo in caso di necessità e di assenza di personale specializzato.

Questo testo di embriologia nonostante la scabrosità della materia trattata, ottenne un successo straordinario e venne approvata dalle autorità ecclesiastiche e da larga parte del mondo laico e scientifico e ispirò nel 1749 la promulgazione della legge Pragmatica unica, De Usu Partus caesarei, normativa   diretta ad impedire la perdita dei feti nel Regno di Sicilia.

Solo dopo questo atto politico ufficiale la pratica da empirica e praticata in modo individuale e non normato si diffuse come atto politico/religioso dalla Sicilia all’impero austriaco alla Repubblica di Venezia, al Ducato di Milano, alla Spagna.

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🌦Buon pomeriggio ☕️🌻

🗓️ 6 Marzo

📖Proverbiu du jionnu

"Ragghiu di sceccu nun acchiana ’n celu."

🗞Videmu chi succidiu na vota di sti tempi.

💰 IL VECCHIO CONIO

Il 6 marzo 1820 veniva emesso il decreto che aboliva la storica monetazione siciliana in Onze e #Tarì.

La riforma, entrata in vigore nel 1821, mirava a uniformare il sistema monetario del nuovo Regno delle #DueSicilie.

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