3 Febbraio - Pescheria di Catania - Candelora dei pescivendoli.
Una grande festa🎉
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Le " Nduppatedde"- 3 Febbraio - Pescheria di Catania
Le " Nduppatedde " erano donne che ai tempi di Sant' Agata giravano con il volto coperto per non svelare la loro identità.
Stamattina erano in giro per mantenere la tradizione.
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Le " Nduppatedde " erano donne che ai tempi di Sant' Agata giravano con il volto coperto per non svelare la loro identità.
Stamattina erano in giro per mantenere la tradizione.
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Il termine ‘Ntuppatedde deriva dal siciliano “tuppa”, che designa la membrana che protegge il corpo delle lumache e dunque rimanda a qualcosa che si nasconde.
Con questa interpretazione è nata la tradizione delle ‘Ntuppatedde a Catania che fa riferimento alle donne che si travestivano e nascondevano il viso per non svelare la propria identità durante i giorni della festa di Sant’Agata.
Delle ‘Ntuppatedde ci parla Giovanni Verga nella sua novella “La coda del diavolo” che fa parte della raccolta da “Primavera e altri racconti” del 1877.
Così si legge: Il costume componesi di un vestito elegante e severo,possibilmente nero,chiuso quasi per intero nel manto,il quale poi copre tutta la persona e lascia scoperto soltanto un occhio per vederci e per far perdere la tramontana,o per far dare al diavolo.
Dalle quattro alle otto o alle nove di sera la ‘ntuppatedda è padrona di sé (cosa che da noi ha un certo valore).
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Con questa interpretazione è nata la tradizione delle ‘Ntuppatedde a Catania che fa riferimento alle donne che si travestivano e nascondevano il viso per non svelare la propria identità durante i giorni della festa di Sant’Agata.
Delle ‘Ntuppatedde ci parla Giovanni Verga nella sua novella “La coda del diavolo” che fa parte della raccolta da “Primavera e altri racconti” del 1877.
Così si legge: Il costume componesi di un vestito elegante e severo,possibilmente nero,chiuso quasi per intero nel manto,il quale poi copre tutta la persona e lascia scoperto soltanto un occhio per vederci e per far perdere la tramontana,o per far dare al diavolo.
Dalle quattro alle otto o alle nove di sera la ‘ntuppatedda è padrona di sé (cosa che da noi ha un certo valore).
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La tradizione delle ‘Ntuppatedde dal 1600 al 1800
Si tratta di una tradizione legata alla Festa di Sant’Agata, attuata a Catania dal 1600 fino al 1870, quando venne soppressa per questioni morali e di sicurezza.
Le donne velate erano malviste perchè considerate pericolose e rimandavano alle streghe della tradizione popolare siciliana.
Nella Sicilia di quel tempo, che dava ogni potere decisionale al padre o al marito, la donna aveva poche occasioni di svago e divertimento.
In occasione della festa di Sant’Agata, le donne potevano uscire con il vestito più bello che avevano chiedendo in giro doni e stuzzicando altri uomini per affermare la propria libertà e i propri diritti, libere dal controllo maschile.
Indossavano dei domino euna maschera
successivamente sostituita da un cappuccio con due buchi per gli occhi, liberi di guardare, ammiccare e sedurre.
Si coprivano con abiti neri e lasciavano scoperto solo qualche particolare, libere di andare in giro da sole. Non c’era distinzione fra loro: erano nubili, sposate, signore e popolane.
Per Sant’Agata scelgono le donne, con un ribaltamento dei classici ruoli sociali e delle convenzioni.
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Si tratta di una tradizione legata alla Festa di Sant’Agata, attuata a Catania dal 1600 fino al 1870, quando venne soppressa per questioni morali e di sicurezza.
Le donne velate erano malviste perchè considerate pericolose e rimandavano alle streghe della tradizione popolare siciliana.
Nella Sicilia di quel tempo, che dava ogni potere decisionale al padre o al marito, la donna aveva poche occasioni di svago e divertimento.
In occasione della festa di Sant’Agata, le donne potevano uscire con il vestito più bello che avevano chiedendo in giro doni e stuzzicando altri uomini per affermare la propria libertà e i propri diritti, libere dal controllo maschile.
Indossavano dei domino euna maschera
successivamente sostituita da un cappuccio con due buchi per gli occhi, liberi di guardare, ammiccare e sedurre.
Si coprivano con abiti neri e lasciavano scoperto solo qualche particolare, libere di andare in giro da sole. Non c’era distinzione fra loro: erano nubili, sposate, signore e popolane.
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Il fascino del borgo definito come la “Petra” della Sicilia | immergiti in questo incantevole borgo medievale
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Il fascino del borgo definito come la “Petra” della Sicilia | immergiti in questo incantevole borgo medievale
Scopri il fascino unico del borgo affettuosamente definito come la “Petra” della Sicilia. Immergiti in un incantevole viaggio nel tempo, esplorando le antiche vie di questo borgo medievale.
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🏰Castello - Cammarata (AG)
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La storia del castello di Cammarata è molto incerta, perché non esistono documenti antichi che senza ombra di dubbio datino la sua edificazione oppure raccontino per volere di chi è stato costruito.
La prima volta che si può leggere del castellum Cameratae, in un carteggio ufficiale, è intorno al 1100, per cui è chiaro che la sua edificazione originaria era precedente a questa data. Secondo gli studiosi Barone e Giarratana, quindi, la sua edificazione dovrebbe essere precedente a quella della nascita del borgo, visto che gli agglomerati di case si sviluppavano di solito intorno ad un castello, che aveva la funzione di protezione.
Dallo stemma, che è ben visibile su uno dei portoni principali, si ricava poi il dato che, a partire dal 1302, il castello e tutto il feudo relativo passarono sotto il dominio della famiglia Palizzi.
Il castello passò poi di famiglia nobile in famiglia nobile fino al 1838 quando, abolito il feudalesimo, la struttura passò prima nelle mani del Comune, che lo vendette a Vincenzo Collari, il quale a sua volta lo cedette a don Giuseppe Longo, che invece lo donò alle religiose, che vi organizzarono al suo interno un orfanotrofio.
Del castello non è rimasta l'intera struttura e anche la parte superstite ha subito nel corso dei secoli una profonda rivisitazione, quindi è difficile riuscire a capire con esattezza quale fosse il suo aspetto originale.
Da quello che oggi si può ammirare e dagli studi condotti dagli esperti, si evince che originariamente il castello era dotato di una pianta rettangolare, con un lato più lungo degli altri due.
Ai quattro angoli, poi, erano poste altrettante torri di avvistamento, tutte a pianta circolare. Se il nucleo originario del castello era molto semplice, nel corso del tempo erano sorte all'interno delle mura altre strutture, che servivano per l'autosufficienza del castello, soprattutto in periodi di assedio.
Ancora oggi si possono scorgere le carceri nei sotterranei, ma anche le parti adibite a stalle e a magazzini, all'interno dei quali erano conservate le provviste.
Oggi il castello è visitabile e in alcune delle sue zone ospita mostre d'arte permanenti.
(Castelli di Sicilia)
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La prima volta che si può leggere del castellum Cameratae, in un carteggio ufficiale, è intorno al 1100, per cui è chiaro che la sua edificazione originaria era precedente a questa data. Secondo gli studiosi Barone e Giarratana, quindi, la sua edificazione dovrebbe essere precedente a quella della nascita del borgo, visto che gli agglomerati di case si sviluppavano di solito intorno ad un castello, che aveva la funzione di protezione.
Dallo stemma, che è ben visibile su uno dei portoni principali, si ricava poi il dato che, a partire dal 1302, il castello e tutto il feudo relativo passarono sotto il dominio della famiglia Palizzi.
Il castello passò poi di famiglia nobile in famiglia nobile fino al 1838 quando, abolito il feudalesimo, la struttura passò prima nelle mani del Comune, che lo vendette a Vincenzo Collari, il quale a sua volta lo cedette a don Giuseppe Longo, che invece lo donò alle religiose, che vi organizzarono al suo interno un orfanotrofio.
Del castello non è rimasta l'intera struttura e anche la parte superstite ha subito nel corso dei secoli una profonda rivisitazione, quindi è difficile riuscire a capire con esattezza quale fosse il suo aspetto originale.
Da quello che oggi si può ammirare e dagli studi condotti dagli esperti, si evince che originariamente il castello era dotato di una pianta rettangolare, con un lato più lungo degli altri due.
Ai quattro angoli, poi, erano poste altrettante torri di avvistamento, tutte a pianta circolare. Se il nucleo originario del castello era molto semplice, nel corso del tempo erano sorte all'interno delle mura altre strutture, che servivano per l'autosufficienza del castello, soprattutto in periodi di assedio.
Ancora oggi si possono scorgere le carceri nei sotterranei, ma anche le parti adibite a stalle e a magazzini, all'interno dei quali erano conservate le provviste.
Oggi il castello è visitabile e in alcune delle sue zone ospita mostre d'arte permanenti.
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