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Le Candelore o Ceri di Sant’Agata “i cannalori” o
“i cili” – Catania
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Annunciano la festività della Patrona catanese, Sant’Agata appunto: si tratta di pesanti costruzioni in legno, dai 400 ai 900 chilogrammi, ricche di fregi e sculture in stile barocco o rococò, ricoperti con una patina dorata, costruite in segno di devozione e portate in spalla da diversi uomini.
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Nel 1514 se ne contavano 22, la prima in processione era quella dei Confettieri adorna di “cosi zuccarati”; nel 1674 sappiamo fossero 28, mentre agli inizi del ‘900 se ne contavano 13. Oggi sono in totale 11, pesanti dai 400 ai 900 chili, portate a spalla, a seconda del peso, da 4, 8, 10 o 12 uomini. Ciascuna di esse è legata ad una corporazione di arti e mestieri, ad eccezione della prima, la più piccola, voluta dal vescovo Ventimiglia dopo l’eruzione lavica del 1776 che minacciò di invadere i paesi di Pedara e Nicolosi e dell’ultima, quella del Circolo Cittadino di Sant’Agata fondato dal Beato Cardinale Dusmet.
Colpita dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, quella voluta da Mons. Ventimiglia, venne ricostruita, nella seconda metà del ‘900, non del tutto fedelmente a quella originale.
Oggi è custodita nella chiesa di S. Placido ed è gestita dall’Associazione Sant’Agata in Cattedrale. Segue in processione la candelora dei Rinoti, intitolata “Primo Cereo” e donata dagli abitanti di San Giuseppe la Rena agli inizi dell’800. A seguire la candelora degli Ortofloricoltori (giardinieri e fiorai), la più originale, in stile gotico veneziano, restaurata interamente nel 1983, ripristinando in quest’occasione la tradizionale boccia a corona che la sovrasta, per la quale viene comunemente definita “La regina”.
Si conserva nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata. Segue quella dei Pescivendoli, in stile rococò, di fattura ottocentesca, custodita oggi al mercato ittico. Caratteristico il mazzetto di fiori freschi, oggi sostituito da fiori artificiali, che un tempo completava la candelora, che, al tempo dell’Arcivescovo Bentivoglio, veniva benedetto durante una manifestazione nel cuore della pescheria, la mattina del 3 febbraio.
La candelora dei Fruttivendoli, detta la “signorina” per il suo movimento e le sue forme eleganti, scandite alla base da 4 artistici cigni, attualmente è conservata nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata. La candelora dei Macellai, nota comunemente come candelora dei chianchieri, è adornata da una statua rappresentante S. Sebastiano, patrono della corporazione dei macellai e da sempre si conserva presso i locali annessi alla chiesa di S. Sebastiano nei pressi del Castello Ursino. Il cereo dei Pastai spicca per la sua semplicità ed eleganza, in stile barocco esso è l’unico che manca di scenografie rappresentanti il martirio di Agata, all’interno custodisce ancora il cerone in vera cera, ed è conservato all’interno della chiesa dedicata a S. Francesco all’Immacolata.
Ottava in processione la candelora dei Pizzicagnoli, nota per il suo stile liberty con alla base quattro splendide cariatidi, anch’essa conservata nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata. Segue quella dei Vinaioli o Bettolieri, la quale esce in processione a cura del comitato delle feste agatine da quando, agli inizi degli anni ’60, la corporazione non si occupò più della manutenzione e dell’uscita della candelora.
Si conserva nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata. La candelora dei Fornai e dei Panettieri, è stata sempre la più pesante di tutte e viene comunemente definita la “Mamma”; portata in processione da ben 12 portantini, oggi si conserva nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata.
L’ultima candelora quella del Circolo Cittadino di Sant’Agata, è la più recente, realizzata nel 1874, ed adornata nel 1996 con una statua del Beato Dusmet. La copresenza di una statua raffigurante Sant’Agata ed una dell’Immacolata ricorda come i Catanesi, insieme a Sant’Agata, hanno sempre venerato la Vergine Immacolata come patrona della città. Si conserva presso la Basilica Collegiata sede del Circolo Cittadino Sant’Agata.
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Colpita dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, quella voluta da Mons. Ventimiglia, venne ricostruita, nella seconda metà del ‘900, non del tutto fedelmente a quella originale.
Oggi è custodita nella chiesa di S. Placido ed è gestita dall’Associazione Sant’Agata in Cattedrale. Segue in processione la candelora dei Rinoti, intitolata “Primo Cereo” e donata dagli abitanti di San Giuseppe la Rena agli inizi dell’800. A seguire la candelora degli Ortofloricoltori (giardinieri e fiorai), la più originale, in stile gotico veneziano, restaurata interamente nel 1983, ripristinando in quest’occasione la tradizionale boccia a corona che la sovrasta, per la quale viene comunemente definita “La regina”.
Si conserva nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata. Segue quella dei Pescivendoli, in stile rococò, di fattura ottocentesca, custodita oggi al mercato ittico. Caratteristico il mazzetto di fiori freschi, oggi sostituito da fiori artificiali, che un tempo completava la candelora, che, al tempo dell’Arcivescovo Bentivoglio, veniva benedetto durante una manifestazione nel cuore della pescheria, la mattina del 3 febbraio.
La candelora dei Fruttivendoli, detta la “signorina” per il suo movimento e le sue forme eleganti, scandite alla base da 4 artistici cigni, attualmente è conservata nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata. La candelora dei Macellai, nota comunemente come candelora dei chianchieri, è adornata da una statua rappresentante S. Sebastiano, patrono della corporazione dei macellai e da sempre si conserva presso i locali annessi alla chiesa di S. Sebastiano nei pressi del Castello Ursino. Il cereo dei Pastai spicca per la sua semplicità ed eleganza, in stile barocco esso è l’unico che manca di scenografie rappresentanti il martirio di Agata, all’interno custodisce ancora il cerone in vera cera, ed è conservato all’interno della chiesa dedicata a S. Francesco all’Immacolata.
Ottava in processione la candelora dei Pizzicagnoli, nota per il suo stile liberty con alla base quattro splendide cariatidi, anch’essa conservata nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata. Segue quella dei Vinaioli o Bettolieri, la quale esce in processione a cura del comitato delle feste agatine da quando, agli inizi degli anni ’60, la corporazione non si occupò più della manutenzione e dell’uscita della candelora.
Si conserva nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata. La candelora dei Fornai e dei Panettieri, è stata sempre la più pesante di tutte e viene comunemente definita la “Mamma”; portata in processione da ben 12 portantini, oggi si conserva nella chiesa di S. Francesco all’Immacolata.
L’ultima candelora quella del Circolo Cittadino di Sant’Agata, è la più recente, realizzata nel 1874, ed adornata nel 1996 con una statua del Beato Dusmet. La copresenza di una statua raffigurante Sant’Agata ed una dell’Immacolata ricorda come i Catanesi, insieme a Sant’Agata, hanno sempre venerato la Vergine Immacolata come patrona della città. Si conserva presso la Basilica Collegiata sede del Circolo Cittadino Sant’Agata.
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🗓️ 1 Febbraio 2024
📖Proverbiu du jionnu
"U scheccu chi mancia ficara si leva u vizio quannu mori".
🗞Videmu chi succidiu na vota di sti tempi.
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🏴 LA PRIMA MORTE ECCELLENTE
Il 1° febbraio 1893 veniva ucciso con 27 pugnalate lungo il tragitto in treno tra #TerminiImerese e #Trabia l’ex Sindaco di #Palermo e direttore del Banco di #Sicilia Emanuele #Notarbartolo, considerato la prima vittima eccellente della mafia.
Nato a Palermo il 23 febbraio 1834 in una famiglia aristocratica, Notarbartolo si avvicinerà già in giovane età alle idee che saranno alla base della cosiddetta “Destra storica”. Dopo aver preso parte allo sbarco dei mille ebbe inizio la sua carriera amministrativa.
Eletto Sindaco di Palermo nel 1873, rimase in carica fino al 1876. Durante il suo mandato fu tra i principali promotori della costruzione del Teatro Massimo, destinato a divenire il più imponente teatro d’#Italia.
Nello stesso 1876 fu nominato direttore generale del Banco di Sicilia dal Presidente del Consiglio Agostino Depretis, con l’obiettivo di risanarne i conti prossimi al fallimento. Nel corso del suo mandato alla guida dell’istituto, Notarbartolo si scontrerà più volte con il collega Raffaele Palizzolo, deputato alla Camera, autore di azioni di dubbia legalità.
Costretto a dimettersi nel 1890, Notarbartolo verrà ucciso durante un agguato ad opera di due uomini legati a Cosa Nostra. Il processo di primo grado individuò come mandante dell’omicidio lo stesso Palizzolo, che verrà condannato a 30 anni. In seguito, tuttavia, la Cassazione ribalterà la sentenza e Palizzolo verrà definitivamente scagionato nel 1904 per insufficienza di prove.
💻Fonte
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Il 1° febbraio 1893 veniva ucciso con 27 pugnalate lungo il tragitto in treno tra #TerminiImerese e #Trabia l’ex Sindaco di #Palermo e direttore del Banco di #Sicilia Emanuele #Notarbartolo, considerato la prima vittima eccellente della mafia.
Nato a Palermo il 23 febbraio 1834 in una famiglia aristocratica, Notarbartolo si avvicinerà già in giovane età alle idee che saranno alla base della cosiddetta “Destra storica”. Dopo aver preso parte allo sbarco dei mille ebbe inizio la sua carriera amministrativa.
Eletto Sindaco di Palermo nel 1873, rimase in carica fino al 1876. Durante il suo mandato fu tra i principali promotori della costruzione del Teatro Massimo, destinato a divenire il più imponente teatro d’#Italia.
Nello stesso 1876 fu nominato direttore generale del Banco di Sicilia dal Presidente del Consiglio Agostino Depretis, con l’obiettivo di risanarne i conti prossimi al fallimento. Nel corso del suo mandato alla guida dell’istituto, Notarbartolo si scontrerà più volte con il collega Raffaele Palizzolo, deputato alla Camera, autore di azioni di dubbia legalità.
Costretto a dimettersi nel 1890, Notarbartolo verrà ucciso durante un agguato ad opera di due uomini legati a Cosa Nostra. Il processo di primo grado individuò come mandante dell’omicidio lo stesso Palizzolo, che verrà condannato a 30 anni. In seguito, tuttavia, la Cassazione ribalterà la sentenza e Palizzolo verrà definitivamente scagionato nel 1904 per insufficienza di prove.
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Le dici in Sicilia ma sono nate al Nord: sono cinque parole (che proprio non ti aspetti)
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Le dici in Sicilia ma sono nate al Nord: sono cinque parole (che proprio non ti aspetti)
Nessun dialetto come il siciliano è capace di far capire subito intenzioni e concetti. Alcuni dei nostri termini però vengono da lontano. Ecco quali Ammetto che ogni tanto, nonostante cerchi di darmi un contegno, esco fuori al naturale, utilizzando termini…
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