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Sicilia, Il mondo in un isola.

Quegli odori di alga seccata al sole e di capperi e di fichi maturi non li ritroverà mai da nessuna parte; quelle coste arse e profumate, quei marosi ribollenti, quei gelsomini che si sfaldano al sole.

(Dacia Maraini)

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I mostri di Villa Palagonia_ La presenza delle misteriose statue raffiguranti figure mostruose che circondano la villa, e causa della sua denominazione come Villa dei mostri, si deve all’omonimo nipote Ferdinando Francesco II, detto Il negromante

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Si chiama Villa Palagonia ma la chiamano “villa dei mostri”: è una strana storia quella del grandioso edificio fatto costruire a Bagheria, nel palermitano, a partire dal 1715 da Ferdinando Francesco I detto il negromante, principe di Palagonia.

Il viale di ingresso, sormontato da un arco trionfale, infatti è popolato da una schiera di statue di mostri deformi e animali dall’aspetto inquietante.
Quando Goethe visitò la villa ne rimase talmente colpito da coniare un neologismo: “pallagonico”, ovvero di un’opera deforme, folle e caotica.

“I cornicioni delle costruzioni minori sono sghembi, pendono a destra o a sinistra... Questi tetti sono popolati e decorati di idre di piccoli busti e di orchestre di scimmie ed altre dabbenaggini”

Sulle mostruose statue aleggiarono per secoli leggende sulla loro influenza malefica sugli uomini. Questo non fece mai venir meno la notorietà e il fascino esercitato dalla villa su scrittori, su registi e artisti, come Salvator Dalì e Guttuso.

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13 Aprile 1848 il Parlamento Siciliano decreta la decadenza dei Borbone delle Due Sicilie dal trono dell'isola.

Così si leggeva nel proclama...

“A tutte le Nazioni civili-Il più grande atto di giustizia è compiuto.
La Sicilia ha dichiarato decaduti dal suo trono, e per sempre, Ferdinando di Borbone e la sua dinastia. Una famiglia, sistematicamente spergiura, che da 33 anni ha manomesso i sacri diritti di questa terra; che dal Regno libero e indipendente riduceva per violenza e per frode schiava e provincia; che, non paga di violare l’antichissima Costituzione di questo Regno nei patti giurati nel 1812, conculcava ogni umana ragione colle ferocie d’una tirannide unica al mondo”.

I Borboni infatti infransero l'antica costituzione feudale del Regno di Sicilia e calpestarono il nuovo e moderno testo costituzionale che il Regno di Sicilia si era dato nel 1812 che vietava espressamente l'unione tra Sicilia e Napoli.

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Monte Adranone

Nell'antico percorso della Selinuntia odòs (l'area archeologica di Selinunte) echeggia silenziosamente il sito archeologico di Adranon.

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Si trova a circa 900 metri di altezza sul Monte Adranone. Incastonato tra due provincie che fa da cornice a una delle aree archeologiche che hanno rivestito una notevole importanza nella storia della Sicilia.

Un ambiente incastonato tra le province di Palermo e Agrigento che fa da cornice a una delle aree archeologiche che hanno rivestito una notevole importanza nella storia siciliana.

Nel 1885 venne scoperta la Tomba della Regina risalente al VI-V sec. a.C. Una tomba a camera in conci di tufo con copertura a falsa volta e apertura preceduta da un breve dromos con accesso a pozzetto.

Durante gli scavi (anni Sessanta e dal 1985 al 1989) sono stati rinvenuti diversi frammenti ceramici,utensili di uso domestico,oggetti votivi e rituali e statuette fittili.Sono conservati presso il Museo Archeologico Palazzo Pannitteri a Sambuca di Sicilia.

Grazie agli studi di Diodoro Siculo è stato possibile toccare con mano una realtà vasta,ricca e di spessore archeologico.

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📍Casalvecchio Siculo "Messina"

Una tra le più importanti opere architettoniche di tutta la Sicilia!

Abbazia SS.Pietro e Paolo D’Agró

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Era la fortezza che controllava l’accesso alla valle d’Agrò: lungo il corso del torrente, posizionata sul versante nord. È un monastero fortificato, che esercitava funzione difensiva, con feritoie, finestre, merlature e tetto calpestabile. Anche i monaci erano attrezzati non solo con sai e sandali, ma soprattutto con armi e spade, proprio per la particolare condizione di isolamento del Monastero. È il migliore in stato di conservazione della provincia di Messina: caratterizzato dalla policromia della pietra lavica, basalto e pietra pomice nera leggera, pietra calcarea, e cotto, utilizzato in vario modo: in strati paralleli di taglio, a coltello e a dente di lupo, in modo da creare contrasti cromatici.

Considerata la datazione del restauro, avvenuto nel 1172, grazie al contributo dell’abate Gerasimo e dell’architetto Gerardo il Franco, il monastero costituisce il prototipo, l’antesignano di quello che sarà il grande patrimonio delle cattedrali normanne di Messina, Catania, Monreale e Cefalù. Il territorio era già frequentato in epoca romana, come testimoniato dal villaggio di Scifì, frazione di Forza d’Agrò.
Nella struttura della chiesa si ritrovano una serie di mattoni greci, mentre varie tesi sostengono che gran parte e dei materiali lapidei di spoglio, come ad esempio le colonne, siano provenienti dal Teatro Antico di Taormina.

Secondo la prima fonte documentale, un monaco di nome Gerasimo chiese al Re Ruggero II il permesso e l’aiuto economico per riedificare un monastero sito lungo la fiumara di Agrò, evidentemente distrutto durante l’invasione musulmana e probabilmente risalente al 560 d.C, anno in cui arrivarono in Sicilia i Padri Basiliani. Ruggero II accolse la richiesta del monaco ed elargì denaro e mezzi sufficienti per la ricostruzione del complesso nel 1117. Nel 1131 il monastero dei Santi Pietro e Paolo di Agrò è dichiarato suffraganeo del San Salvatore di Messina.

La chiesa è orientata, cioè con le absidi rivolte verso est come tutte le chiese medievali: l’orientamento delle chiese è determinato dal sole, che nasce ad oriente (Cristo=Luce) ed è un simbolo della Risurrezione e della seconda venuta. Dal XVI secolo questa caratteristica verrà sempre meno rispettata per le architetture di carattere sacro. Le tre absidi all’esterno si differenziano fra loro per dimensioni e forma. Le due laterali, infatti, si presentano più piccole rispetto a quella centrale, e hanno forma semicircolare, all’esterno così come all’interno, mentre l’abside centrale ha forma rettangolare all’esterno, pur mantenendo la semicircolarità interna. Questo elemento lo ritroviamo anche nella Chiesa dell’Annunziata dei Catalani di Messina, dove le absidi laterali si presentano rettangolari mentre quella centrale è semicircolare. L’abside di destra serviva da “diakònikon” ovvero uno spazio utilizzato per custodire i paramenti sacri e i messali, mentre l’abside di sinistra è chiamato “pròtesis” dove venivano preparate le offerte del pane e del vino per l’officiazione liturgica.

La chiesa si caratterizza per la presenza di due cupole, un tempo presumibilmente quattro, che sormontano la struttura. La prima copre la parte centrale della navata, è caratterizzata da otto spicchi visibili oltre che all’esterno, anche all’interno, ed è sopraelevata su di un alto tamburo. La seconda cupola copre la parte centrale del transetto e, similmente alla prima, è divisa in otto spicchi ed poggia su un tamburo ottogonale.

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