♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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MUSEO DELLE ARTI E TRADIZIONI POPOLARI 'S.A.

Guastella' Hai voglia di ritornare indietro nel tempo Bene, credo allora che questo museo fa al caso tuo! Dove si trova--Via Mercé 53, presso l'ex convento dei padri mercedari.

Costo--Completamente gratuito! Orari-Dalle 10-00 alle 19-00 dal lun alla dom.

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📍ISOLA BELLA

Isola Bella è conosciuta anche come "Perla del Mediterraneo", situata di fronte alla città di Taormina ed è circondata da limpidissime acque color smeraldo.

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La Sicilia è terra di tartufi ma solo in pochi lo sanno.

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La Sicilia è una delle regioni d’Italia a maggiore vocazione tartufigena ma in pochissimi lo sanno.

Il sottosuolo siciliano è ricco di pepite di tartufo, ma come spesso succede noi siciliani riusciamo con mirabile abilità a trascurare e sottovalutare ciò che in altri posti diventa un simbolo in grado di produrre benessere.

È difficile che parlando di questo prezioso prodotto del sottosuolo venga in mente la Sicilia, vengano in mente i monti Iblei o i Nebrodi di cui i boschi sono ricchi.

Quali sono le zone maggiormente produttive?

La zona occidentale con i monti Sicani e la provincia di Trapani "Castellamare, Alcamo" ricchi di Tuber Aestivum e Tuber Borchii. La zona di Palermo con Partinico, Cinisi, Ficuzza  "per il brumale", Godrano "per il Borchii". La zona delle Madonie per l’Aestivum e il Brumale. La zona dei Nebrodi con buone quantità di Tuber Aestivum varietà Uncinatum e Brumale. Poco ancora si conosce del messinese e dei Peloritani

Quali sono le differenze con i tartufi delle zone più famose d'Italia?

Non ci sono differenze sostanziali tra il nostro tartufo e quello del nord – ha detto Bucchieri -, considerato sempre che non si possono fare paragoni tra il Tuber Magnatum perché quasi inesistente e il Melanosporum nostrano "pochissime quantità". Forse il nostro tartufo "Borchii, Aestivum" è più profumato, in quanto essendoci da noi minore quantità di piogge, più concentrata è la quantità di sostanze volatili e quindi il tartufo risulta più profumato.

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Dal 250 a.C. fino ai giorni nostri, molte donne siciliane si sono distinte per la loro forza. Donne di cultura, rivoluzionarie e audaci, hanno cambiato le sorti di varie epoche storiche. Tutto in nome dell'emancipazione. Figlie dell'isola più grande del Mediterraneo, queste donne hanno ereditato i tratti somatici e spesso anche culturali, dei popoli conquistatori.

Tuttavia, i libri, gli archivi storici e i documenti che mantengono viva la memoria della Sicilia, ci ricordano il ruolo di primo ordine, della figura femminile nella storia dell'isola. L'origine del nome è donna. Una leggenda racconta che il nome Sicilia deriva da una bellissima ragazza, figlia del re del Libano, costretta, il giorno del suo sedicesimo compleanno, ad abbandonare la propria terra - poiché sarebbe stata divorata da un mostro - e ad imbarcarsi in mezzo al mare, disponendo solo di alcuni viveri. La ragazza, Sicilia era il suo nome, dopo aver solcato le onde con la sua barca, arriva in un'isola molto grande ma desolata. L'unico abitante è un giovane sopravvissuto alla peste. I due si innamorano e danno alla luce la nuova stirpe che abiterà l'isola. Ecco che, dall'antico nome Trinacria (testa femminile con tre gambe piegate), l'isola prende il nome di Sicilia, ovvero colei che ha dato la vita. Dalla leggenda alla storia il passo è breve: Protagoniste guerriere di un capitolo storico, sono le donne palermitane, durante la prima guerra punica del 250 a.C., poi ricordiamo Damarete di Agrigento, nel 480 a.C.
Continua il viaggio attraverso la storia dell'Isola. Cambiano le epoche storiche ma la presenza della figura femminile è sempre più forte. La prima ad indossare i pantaloni è stata la siciliana Massara Francisca nel 1698. Nel 1808 si distingue la baronessa catanese Maria Paternò, prima divorziata d'Italia. La coraggiosissima Maria Occhipinti, famosissima per essersi stesa a terra nel 1945, al quinto mese di gravidanza, per impedire la partenza delle reclute ragusane. Grande attenzione alle donne, madri e sorelle che hanno lottato contro la mafia, da Felicia Bartolotta Impastato a Franca Viola. Sono queste, alcune delle donne, che hanno reso la Sicilia ancora più bella.

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🪸Il corallo di Sciacca è un octocorallo che fa parte della famiglia del Corallium rubrum mediterraneo.

Il tipico colore rosso del corallo di Sciacca sotto l’azione dei funghi vulcanici dell’Isola Ferdinandea (nel canale di Sicilia, tra Sciacca e Pantelleria) assume sfumature particolarissime.

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Scoperto per caso da un gruppetto pescatori nel 1875 sui fondali al largo della città in provincia di Agrigento, dal 2012 il corallo di Sciacca è finalmente tutelato da un consorzio formato da alcune aziende specializzate nella lavorazione, consorzio che preserva e promuove metodi di lavorazione artigianali e identità della pregiata gemma marina in tutt’Italia e all’estero, con esposizioni e distribuzione da New York a Doha, il tutto per un giro d’affari di circa 2 milioni di euro all’anno.

Il corallo di Sciacca è più piccolo del corallo asiatico, in genere 10-12 millimetri, per un diametro di una lavorazione a sfera che solitamente oscilla tra i 3 e gli 8 millimetri. L’oro rosso di Sciacca ha caratteristiche che lo rendono unico rispetto alle specie di corallo lavorabili conosciute: a fare la differenza per quanto riguarda le tonalità di colore sono le caratteristiche del suo habitat.

Il corallo di Sciaccia cresce alle pendici del vulcano sottomarino, dai 50 ai 200 metri di profondità, e i suoi rami formano lo scheletro calcareo di colonie di polipetti bianchi molto piccoli della famiglia dei Celenterati che qui si riproducono in modo asessuato avendo trovato le condizioni ideali.

La colorazione del corallo di Sciacca è la cifra della sua unicità con sfumature che vanno dal salmone al giallo, dall’arancione intenso fino al nero-brunastro, a riprova dell’origine vulcanica. Il corallo grezzo, formato da materiale organico che cresce sui fianchi del vulcano sottomarino, appare opaco.

Dopo la pesca il corallo viene accuratamente pulito e lavorato da mani esperte che ne fanno risaltare il colore e la lucentezza vitreo-porcellanosa trasformandolo in ricercati gioielli – ciondoli, orecchini, bracciali e collane – non di rado in combinazione con altri materiali preziosi come ad esempio oro e argento

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Le Solette(Porto Palo - frazione di Menfi)

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Per molti è un nome che suona strano e per alcuni, quelli che amano scoprire il territorio siciliano, rappresenta una delle spiagge incontaminate e cristalline del litorale meridionale.

A circa un chilometro scarso (via mare) da Porto Palo, si trova un tratto di costa che è stato inserito tra le migliori insieme alla spiaggia dei Conigli di Lampedusa. Un attestato importante dopo alcuni studi fatti all’interno di un’area pari a 25 ettari circa.

Dal punto di vista geografico, la spiaggia viene inserita nel territorio menfitano ma bisogna attenzionare la linea di confine determinata dal torrente Gurra.

Quest’ultimo, con un corso abbastanza modesto, proviene direttamente dal vallone omonimo e demarca la fine del territorio trapanese e l’inizio di quello agrigentino.

Un paio di spiagge (a semicurva) rientrano nella fase conclusiva del confine selinuntino e una, quella più ampia e maggiormente conosciuta, in quello menfitano.

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