♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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Cappero di Pantelleria

Il cappero di Pantelleria è un prodotto ortofrutticolo che designa il bottone fiorale del Capparis spinosa L., (varietà Inermis, cultivar Nocellara) coltivato sull'isola vulcanica di Pantelleria, in provincia di Trapani, Sicilia.

Nel giugno 1996 al Cappero di Pantelleria è stato riconosciuto il marchio indicazione geografica protetta

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Cappereto a terrazze
Il cappero è un arbusto con un'altezza media di 30–50 cm con dei fiori molto vistosi bianchi e rosa con punte di viola.

Tra la fine di maggio e settembre comincia la fioritura e con essa la raccolta dei bottoni floreali non ancora aperti. Devono essere raccolti in modo tempestivo, prima dell'alba e appena germogliati. Quelli di dimensioni minori divengono, dopo la maturazione, il prodotto migliore.

Una volta raccolti vengono messi a maturare in salamoia in sale marino. La maturazione è un passaggio obbligato, allo stato fresco i capperi sono amari e di gusto sgradevole. I capperi messi a maturare nel sale marino (circa il 40% del loro peso) vi restano 10 giorni durante i quali vengono periodicamente rimescolati. Una volta scolati vengono posti nuovamente sotto sale (circa il 20% del loro peso) per altri 10 giorni. Alla fine di questo secondo passaggio sono pronti per essere consumati.

I capperi di Pantelleria IGP sono rigorosamente conservati al sale marino.
Pianta di capperi
In epoca moderna, le prime notizie specifiche appaiono nel saggio del professore Pietro Calcara Breve cenno sulla Geognosia ed Agricoltura dell'isola di Pantelleria edito a Palermo nel 1855 sul “Il Giornale della Commissione d'Agricoltura e Pastorizia in Sicilia”. E nel suo Cenni storici su Pantelleria(1908), Pietro Brignone Boccanera afferma che a partire dalla seconda metà del XIX secolo "… andò coltivandosi il cappero e l'isola raggiunse la produzione di 600 quintali di capperi".

Sono anche lodati da alcuni scrittori, come ad esempio Carlo Volonté che nel suo volume Ricette pratiche ha scritto: «... ed anzi è proprio l'Italia che vanta i migliori capperi del mondo: sono quelli dell'isola di Pantelleria, dove oltre a crescere splendidi allo stato spontaneo, i capperi vengono coltivati su ampia scala...».
Cucina siciliana

insieme di tradizioni culinarie e piatti tipici della Sicilia

La cassata siciliana è uno dei dolci più diffusi a livello regionale.

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I limoni, frutto simbolo della Sicilia.

«Noi siciliani siamo gente piuttosto impegnativa: pensa alla caponata, un piatto unico che è una mescolanza di mille sapori. Non è significativo?»
La cucina siciliana è l'espressione dell'arte culinaria sviluppata in Sicilia fin dall'antichità ed è strettamente collegata alle vicende storiche, culturali e religiose dell'isola. Già dai tempi dell'Antica Grecia in Sicilia si andava sviluppando uno stile ben preciso di abitudini culinarie che col passare dei secoli si è arricchito di nuovi sapori e di nuove pietanze, seguendo le vicissitudini storiche dell'isola mediterranea.

Si tratta quindi di una cultura gastronomica regionale che mostra tracce e contributi di tutte le culture che si sono stabilite in Sicilia negli ultimi due millenni, tramandata di generazione in generazione oltre che in ambito letterario, motivo che spiega perché alcune ricette, di origine antichissima, sono tutt'oggi preparate e servite a tavola con frequenza.

Nel contesto generale si può affermare che la cucina siciliana sia motivo di riconoscimento e identità comune per i siciliani e, nell'epoca moderna, un motivo di attrazione turistica. Con l'effetto dell'emigrazione all'estero, questa cucina è stata esportata in molte località, distanti dalla terra d'origine.

Complessa ed articolata, la cucina siciliana è sovente ritenuta la più ricca di specialità e la più scenografica d'Italia.[2] Alcuni dei cibi più noti, diffusi non solo a livello regionale ma addirittura mondiale, sono la cassata siciliana, gli iris, il cannolo siciliano, la granita e gli arancini. Grazie al suo clima mite, l'isola è ricca di spezie e piante aromatiche; origano, menta, rosmarino, fanno quotidianamente parte dei condimenti siculi. Il terreno fertile produce arance e limoni in grande quantità. Mandorle, ficodindia, pistacchio e olive sono altri simboli culinari nei quali l'isola eccelle.

Nonostante nell'insieme il carattere alimentare di tale cucina risulti unificato, una sua caratteristica è quella di avere per ciascun territorio, se pur di ridotto perimetro o di vicinanza ad un altro territorio, delle pietanze culinarie circoscritte a quella determinata area, per cui la stessa ricetta diventa quasi introvabile spostandosi in un'altra zona dell'isola. Nella maggior parte dei casi si tratta di varianti della stessa ricetta regionale, ma in alcuni casi questi cibi, come ad esempio le panelle palermitane o i muccunetti di Mazara del Vallo, hanno una preparazione e una commercializzazione rilevata solo nella loro zona di origine. Tale caratteristica alimentare ha portato spesso ad una divisione culinaria tra Sicilia occidentale, Sicilia centrale e Sicilia orientale.

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Buongiorno 💋
La Sicilia e le sue coste, meraviglie da scoprire via mare

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La ricchezza della Sicilia in materia di bagaglio culturale e storico è indubbia, viste le sue città piene di musei, chiese e opere architettoniche e gli splendidi siti archeologici sparsi un po’ ovunque. La regione è anche un ottimo punto di riferimento per gli amanti della buona cucina e dell’artigianato ma, soprattutto, è una meta imperdibile per gli appassionati del mare. Gli oltre 1.100 chilometri di costa dell’isola maggiore, uniti ai 500 e più degli arcipelaghi che la circondano, sono un susseguirsi di località rinomate (per esempio Mondello, Taormina, Cefalù, il lido di Noto o Punta Secca – dove si trova la casa del Commissario Montalbano) e di baie e calette meno conosciute ma non meno affascinanti. Tra lidi sabbiosi, spiagge di ghiaia e scogliere, la costa siciliana può accontentare veramente tutti, ancor più se raggiunta via mare a bordo di un’imbarcazione privata anziché utilizzando i traghetti di linea o spostandosi per le vie interne. La barca, infatti, permette di organizzare la propria vacanza senza vincoli di orari, senza problemi di traffico e parcheggio e in tutta libertà. Si può decidere di momento in momento il proprio itinerario, scoprire angoli nascosti o mete affollate, fare un bagno al largo o sdraiarsi al sole senza litigare con il vicino di ombrellone. Inoltre, è sempre possibile ormeggiare in uno dei sessantotto porti turistici, scendere a terra per visitare una località interessante o gustarsi una cena tipica e poi risalire a bordo senza il pensiero di trovare posto per dormire se non si è prenotato.

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Tindari
Tìndari è una frazione di Patti, comune italiano della città metropolitana di Messina, in Sicilia.

Gli abitanti sono detti tindàridi, tindaroti, tindaritani, tindaridei (in omaggio ai Dioscurifigli di Tindaro); in siciliano tinnaroti.
Santuario di Tindari
La città (in greco antico: Τύνδαρις, Týndaris) venne fondata da Dionisio I di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari siracusaniche avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas.

Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell'836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.

Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.
Santuario di Tindari
Santuario di Tindari
Le origini della statua bizantina della Madonna Nera del Tindari sono legate ad una leggenda, secondo la quale la scultura, trasportata per mare, impedì alla nave di ripartire dopo che si era rifugiata nella baia di Tindari, presso i laghetti di Marinello, per sfuggire alla tempesta.

I marinai, depositarono a terra via via il carico, pensando che fosse questo ad impedire il trasporto, e solo quando vi portarono anche la statua, la nave poté riprendere il mare.

La statua è quindi portata sul colle soprastante, dentro una piccola chiesa che dovette in seguito essere più volte ampliata per accogliere i pellegrini, attratti dalla fama miracolosa del simulacro. La festa della Madonna nera del Tindari si svolge il 7 e 8 settembre.