La Sagra del Mandorlo veniva accolta dalla città come propria e continuava ad essere una festa popolare ma di più ampio respiro, si era spostata nella provincia con un modesto programma ed iniziative che impiegavano contadini e artigiani nella sfilata di gruppi in costume, carri addobbati e canterini che si riunivano la prima domenica di Febbraio per poi giungere alla Valle e festeggiare la primavera, ancorati alle tradizioni popolari del territorio.
La prima edizione ad Agrigento ha avuto molto successo, appariva evidente l’intento culturale, spirituale ed economico della festa, in quanto oltre a voler festeggiare le tradizioni, le bellezze artistiche e naturali si voleva far conoscere la festa e le sue caratteriale nonché il fiore del Mandorlo con la sua bellezza e la sua utilità. Infatti intento della festa era anche quello di farconoscere l’economia sulla quale di basava la città, cioè quella agricola e il frutto del mandorlo ne era protagonista.
Il frutto del Mandorlo è conosciuto come “intrita” con la quale venivano e vengono tutt’ora prodotti tantissimi alimenti e soprattutto dolci, il più conosciuto è il torrone siciliano, mentre con il suo guscio si fabbricava “la scebba”, infine con la “scorza” veniva utilizzata per accendere il fuoco. Inoltre dalla mandorla si ricavava un’olio utilizzato anche per scopi farmaceutici.
Dopo la prima edizione ufficiale del 1937, ne seguirono altre tre fino al 1940, edizione organizzata dall’Ente Provinciale Turismo con il Dopolavoro Provinciale e con gli auspici del Partito Nazionale Fascista.
Successivamente, lo scoppio della guerra non ha più permesso l’organizzazione della festa, così viene sospesa per sette anni, riprendendo solo nel 1948.
La Sagra riprendeva dopo la guerra sotto iniziativa dell’Enal (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori) in collaborazione con l’E.P.T e con l’Azienda Autonoma del Turismo oramai divenuta comunale essi si andavano a sostituire ai Dopolavoristi che per assenza di mezzi economici decidevano di non portare avanti la vecchia tradizione.
La manifestazione di primavera, quindi, dopo la guerra riprende la fastosa tradizione, vengono indetti concorsi di carri allegorici,, organizzate sfilate di gruppi corali, esibizioni di gruppi folkloristici e anche la sfilata dei carretti siciliani tutti ben addobbati con le spalliere che riportavano dipinte le storie di Carlo Magno e dei paladini di Francia e tantissime altre iniziative. Nel 1951 tutti gli eventi della Sagra vengono diluiti per la prima volta in una settimana e non più in una sola domenica.
La festa del Mandorlo in Fiore andava sempre più affermandosi, aumentava il suo successo, cresceva il suo richiamo turistico, nel ’59 veniva anche realizzato il Festival della Canzone Siciliana che poi nel tempo è andato perduto, dal 1952 in poi iniziarono i lavori per rendere concreto il progetto del Professore Lauretta avviando il Festival Internazionale del Folklore, ancora oggi esistente.
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La prima edizione ad Agrigento ha avuto molto successo, appariva evidente l’intento culturale, spirituale ed economico della festa, in quanto oltre a voler festeggiare le tradizioni, le bellezze artistiche e naturali si voleva far conoscere la festa e le sue caratteriale nonché il fiore del Mandorlo con la sua bellezza e la sua utilità. Infatti intento della festa era anche quello di farconoscere l’economia sulla quale di basava la città, cioè quella agricola e il frutto del mandorlo ne era protagonista.
Il frutto del Mandorlo è conosciuto come “intrita” con la quale venivano e vengono tutt’ora prodotti tantissimi alimenti e soprattutto dolci, il più conosciuto è il torrone siciliano, mentre con il suo guscio si fabbricava “la scebba”, infine con la “scorza” veniva utilizzata per accendere il fuoco. Inoltre dalla mandorla si ricavava un’olio utilizzato anche per scopi farmaceutici.
Dopo la prima edizione ufficiale del 1937, ne seguirono altre tre fino al 1940, edizione organizzata dall’Ente Provinciale Turismo con il Dopolavoro Provinciale e con gli auspici del Partito Nazionale Fascista.
Successivamente, lo scoppio della guerra non ha più permesso l’organizzazione della festa, così viene sospesa per sette anni, riprendendo solo nel 1948.
La Sagra riprendeva dopo la guerra sotto iniziativa dell’Enal (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori) in collaborazione con l’E.P.T e con l’Azienda Autonoma del Turismo oramai divenuta comunale essi si andavano a sostituire ai Dopolavoristi che per assenza di mezzi economici decidevano di non portare avanti la vecchia tradizione.
La manifestazione di primavera, quindi, dopo la guerra riprende la fastosa tradizione, vengono indetti concorsi di carri allegorici,, organizzate sfilate di gruppi corali, esibizioni di gruppi folkloristici e anche la sfilata dei carretti siciliani tutti ben addobbati con le spalliere che riportavano dipinte le storie di Carlo Magno e dei paladini di Francia e tantissime altre iniziative. Nel 1951 tutti gli eventi della Sagra vengono diluiti per la prima volta in una settimana e non più in una sola domenica.
La festa del Mandorlo in Fiore andava sempre più affermandosi, aumentava il suo successo, cresceva il suo richiamo turistico, nel ’59 veniva anche realizzato il Festival della Canzone Siciliana che poi nel tempo è andato perduto, dal 1952 in poi iniziarono i lavori per rendere concreto il progetto del Professore Lauretta avviando il Festival Internazionale del Folklore, ancora oggi esistente.
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E se il Re Sole avesse origini siciliane? Mazzarino, il Cardinale e i suoi intrighi
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E se il Re Sole avesse origini siciliane? Mazzarino, il Cardinale e i suoi intrighi
Mazzarino centro medievale, oggi con poco più di diecimila abitanti sito in provincia di Caltanissetta, vanta un particolare primato che riguarda i "legami" storici con diverse famiglie nobiliari Il cardinale Mazzarino A Mazzarino, centro medievale, oggi…
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Solo in Sicilia in un giorno puoi fare un bagno al mare, visitare un teatro greco, fare un'escursione sulla neve guardando un'eruzione.
📸 Domenico Mazzaglia
Buongiorno e buona domenica
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Il meteo di domenica 16 gennaio
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Da Bagheria alla Silicon Valley: il dirigente Airbnb che "prevede" il futuro della Sicilia
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Da Bagheria alla Silicon Valley: il dirigente Airbnb che "prevede" il futuro della Sicilia
L'inventore dell'ultima frontiera in tema di traduttori e localizzazione per il noto portale racconta la sua storia. E ci svela la sua visione sulle nuove generazioni di lavoratori Salvatore Giammarresi, dirigente Airbnb Un filo rosso tra gli Stati Uniti…
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La storia di Aci e Galatea: Un sentimento che scorre ancora verso il mare
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Il dramma di un amore tra un pastore e una ninfa stroncato dalla gelosia di un crudele ciclope, una leggenda che affascina a distanza di secoli e da cui prenderebbero il nome le Aci in provincia del capoluogo etneo.
Nei pressi di Capo Mulini, in provincia di Catania, in una sorgente dal colore rossastro, chiamata u sangu di Jaci (il sangue di Aci), finisce il suo corso il fiume Aci. Un nome che il piccolo corso d’acqua condivide con ben nove dei comuni che costellano la costa siciliana nelle vicinanze. Tra i più noti, Aci Castello, con la sua fortezza normanna affacciata sul mare, Aci Trezza, il piccolo borgo marinaro in cui Verga ha ambientato i suoi Malavoglia nonché Luchino Visconti la sua pellicola La terra trema; a cui si aggiungono Aci Catena, sede del sito archeologico di Santa Venera al Pozzo e del palazzo Principe Riggio, e infine Acireale, città barocca famosa per le sue Terme e il carnevale. Qui, a villa Belvedere, è custodita una statua che ritrae due giovani Aci e Galatea. Alla loro tragica storia d’amore che si deve questa curiosa ossessione della toponomastica siciliana.
IL MITO. È infatti Ovidio, nelle sue Metamorfosi, a raccontarci la storia di Galatea, una delle cinquanta Nereidi, le ninfe del mare figlie di Doride e Nereo, e del bellissimo pastore Aci, figlio di Fauno e della ninfa Simetide. La loro storia ha inizio vicino al mare, dove Aci, che lì era solito pascolare le sue pecore, si innamorò perdutamente di Galatea al primo sguardo. L’amore e la passione del pastorello vennero ricambiate dalla ninfa, di cui era da tempo innamorato anche Polifemo, il ciclope che viveva nel vulcano, non contraccambiato da Galatea nonostante i suoi corteggiamenti. Una sera il gigante li vide baciarsi in riva al mare e, accecato dalla gelosia, decise di vendicarsi: non appena Galatea si tuffò in mare, scagliò un masso di lava su Aci che morì schiacciato dal suo peso.
Quando la ninfa si recò dove giaceva il corpo senza vita del suo amato, versò tutte le sue lacrime. Gli Dei, commossi dal dolore e dalla disperazione di Galatea, trasformarono il sangue di Aci in un fiume che scorrendo dall’Etna passava nella spiaggia, luogo dei loro incontri, per sfociare infine nel mare, dove la ninfa, immergendosi nelle sue acque, poté abbracciare di nuovo il suo amato e ricongiungersi a lui per sempre.
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Nei pressi di Capo Mulini, in provincia di Catania, in una sorgente dal colore rossastro, chiamata u sangu di Jaci (il sangue di Aci), finisce il suo corso il fiume Aci. Un nome che il piccolo corso d’acqua condivide con ben nove dei comuni che costellano la costa siciliana nelle vicinanze. Tra i più noti, Aci Castello, con la sua fortezza normanna affacciata sul mare, Aci Trezza, il piccolo borgo marinaro in cui Verga ha ambientato i suoi Malavoglia nonché Luchino Visconti la sua pellicola La terra trema; a cui si aggiungono Aci Catena, sede del sito archeologico di Santa Venera al Pozzo e del palazzo Principe Riggio, e infine Acireale, città barocca famosa per le sue Terme e il carnevale. Qui, a villa Belvedere, è custodita una statua che ritrae due giovani Aci e Galatea. Alla loro tragica storia d’amore che si deve questa curiosa ossessione della toponomastica siciliana.
IL MITO. È infatti Ovidio, nelle sue Metamorfosi, a raccontarci la storia di Galatea, una delle cinquanta Nereidi, le ninfe del mare figlie di Doride e Nereo, e del bellissimo pastore Aci, figlio di Fauno e della ninfa Simetide. La loro storia ha inizio vicino al mare, dove Aci, che lì era solito pascolare le sue pecore, si innamorò perdutamente di Galatea al primo sguardo. L’amore e la passione del pastorello vennero ricambiate dalla ninfa, di cui era da tempo innamorato anche Polifemo, il ciclope che viveva nel vulcano, non contraccambiato da Galatea nonostante i suoi corteggiamenti. Una sera il gigante li vide baciarsi in riva al mare e, accecato dalla gelosia, decise di vendicarsi: non appena Galatea si tuffò in mare, scagliò un masso di lava su Aci che morì schiacciato dal suo peso.
Quando la ninfa si recò dove giaceva il corpo senza vita del suo amato, versò tutte le sue lacrime. Gli Dei, commossi dal dolore e dalla disperazione di Galatea, trasformarono il sangue di Aci in un fiume che scorrendo dall’Etna passava nella spiaggia, luogo dei loro incontri, per sfociare infine nel mare, dove la ninfa, immergendosi nelle sue acque, poté abbracciare di nuovo il suo amato e ricongiungersi a lui per sempre.
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In Sicilia c'è un borgo "a forma di edera": dove si trova il paesino dei tesori segreti
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In Sicilia c'è un borgo "a forma di edera": dove si trova il paesino dei tesori segreti
La cittadina che custodisce la lingua parlata del Gallo-Italico, entra a far parte del circuito Bella Sicilia. Vi presentiamo il borgo, le sua storia e le sue bellezze Il borgo di San Piero Patti - Messina (foto di Gianni Distefano) Di certo non è tra i più…
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L'Università di Oxford studierà le epigrafi della Sicilia antica
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L'Università di Oxford studierà le epigrafi della Sicilia antica
L’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana ha siglato un accordo con l'Università di Oxford - Faculty of Classics, grazie al quale da oggi prende il via un percorso di collaborazione, di studio e ricerca scientifica sui beni archeologici…
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Il 18 gennaio 1987 moriva a Roma il grande artista siciliano Renato Guttuso.
"Io dico sempre che le cose che hanno più influito sulla scelte della mia vita sono Villa Palagonia e la pittura dei carretti. Sono i due elementi che hanno influito sulla mia immaginazione, sulla mia fantasia, profondamente. Non me li tolgo di dosso".
🖌Renato Guttuso
In foto: Renato Guttuso firma un carretto siciliano dei fratelli Ducato (Bagheria, anni '70)
Foto di Mimmo Pintacuda
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