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Quasi misteriosa la chiesa del Calvario a Centuripe, ruba l’attenzione per la sua particolare posizione, emergendo su un piccolo monte, sospeso rispetto alle abitazioni circostanti.
Il simbolo inequivocabile di Centuripe.
Le origini della chiesetta risalgono al 1927 per interessamento di Padre Vincenzo Sfilio.
Fu costruita dal capomastro Giovanni Battista Senfet con l'aiuto materiale di tutto il popolo centuripino, che saliva il materiale da costruzione a mano sul viottolo impervio.
All'interno della chiesetta si trova un quadro dell'Addolorata e il SS. Crocifisso. Ogni anno il tre di maggio la chiesetta viene aperta ai fedeli in occasione della festa dell'Esaltazione della Santa Croce, in passato celebrata in modo più solenne.
A Centuripe esiste un detto " Cu voli campari a' stu munnu filici, pensa ca' u tri di maggiu è a Santa Cruci".
📸 @fabioprivitera_creator
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💻http://www.centuripe...
Il simbolo inequivocabile di Centuripe.
Le origini della chiesetta risalgono al 1927 per interessamento di Padre Vincenzo Sfilio.
Fu costruita dal capomastro Giovanni Battista Senfet con l'aiuto materiale di tutto il popolo centuripino, che saliva il materiale da costruzione a mano sul viottolo impervio.
All'interno della chiesetta si trova un quadro dell'Addolorata e il SS. Crocifisso. Ogni anno il tre di maggio la chiesetta viene aperta ai fedeli in occasione della festa dell'Esaltazione della Santa Croce, in passato celebrata in modo più solenne.
A Centuripe esiste un detto " Cu voli campari a' stu munnu filici, pensa ca' u tri di maggiu è a Santa Cruci".
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Altro che soldi, anticamente i risarcimenti erano "colossali": i Greci di Sicilia e il Tempio
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Altro che soldi, anticamente i risarcimenti erano "colossali": i Greci di Sicilia e il Tempio
Terminata la battaglia, le richieste che vennero fatte ai vinti, possono essere sintetizzare in due imposizioni. Ve le raccontiamo, non si sa mai qualcuno voglia prendere spunto Resti del Tempio di Himera, noto anche come Tempio della Vittoria Un tempo chi…
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Falcone e Borsellino sulla moneta da 2 euro, l'omaggio a 30 anni dalle stragi.
La Zecca dello Stato rende omaggio alla memoria di PaoloBorsellino e GiovanniFalcone, coniando una moneta da 2 euro che riproduce la celebre foto scattata nel 1992 da Tony Gentile con i due magistrati accanto e sorridenti.
La moneta sarà in circolazione a partire dal 2 gennaio 2022.
Le monete, per un valore nominale di 6 milioni di euro, saranno prodotte in 3 milioni di esemplari e entreranno in circolazione a partire dal 2 gennaio 2022.
Sopra l'immagine la scritta "FALCONE - BORSELLINO" e l'acronimo RI della Repubblica Italiana tra le date 1992 e 2022. Ai lati dell'immagine dei due magistrati l'identificativo della Zecca di Roma, R, a destra, e la sigla "VdS" dell'autore del design della moneta, Valerio de Seta, a sinistra.
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Post del 20/11/2021👇🏻
https://t.me/c/1369304324/5232
La Zecca dello Stato rende omaggio alla memoria di PaoloBorsellino e GiovanniFalcone, coniando una moneta da 2 euro che riproduce la celebre foto scattata nel 1992 da Tony Gentile con i due magistrati accanto e sorridenti.
La moneta sarà in circolazione a partire dal 2 gennaio 2022.
Le monete, per un valore nominale di 6 milioni di euro, saranno prodotte in 3 milioni di esemplari e entreranno in circolazione a partire dal 2 gennaio 2022.
Sopra l'immagine la scritta "FALCONE - BORSELLINO" e l'acronimo RI della Repubblica Italiana tra le date 1992 e 2022. Ai lati dell'immagine dei due magistrati l'identificativo della Zecca di Roma, R, a destra, e la sigla "VdS" dell'autore del design della moneta, Valerio de Seta, a sinistra.
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Falcone e Borsellino nelle monete da 2 euro: in arrivo conio commemorativo
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Falcone e Borsellino nelle monete da 2 euro: in arrivo conio commemorativo
Un tributo molto sentito è quello che riguarda dopo 30 anni, 1992-2022, la morte dei due magistrati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Si contano 3 milioni di pezzi, con un valore complessivo di 6 milioni di euro. Il 2022 segna anche i 30 anni dalla morte…
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Favara, la chiesa Madre e il castello Chiaramontano.
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La chiesa madre, dedicata alla Madonna Assunta, è il principale luogo di culto cattolico di Favara nonché il duomo della città. È stata edificata tra il 1892 e il 1898. Precedentemente, nel 1558, risultava già presente un'altra chiesa nello stesso luogo chiamata Maior, ossia la principale, e nel 1598 risultava sotto il titolo dell'Assunzione.
La chiesa fu ampiamente ricostruita nel corso del 1760, e ancora nel 1828 per volere soprattutto di Biagio Licata nonno del principe di Baucina, che destinò all'opera un'ingente somma. Gli stucchi e le pitture dell'interno, adornato da colonne con capitelli in stile ionico, vennero completati intorno alla metà del 1830. Questa chiesa fu abbattuta nel 1892 quando venne costruita l'attuale, i cui lavori durarono fino al luglio 1898.
L'inaugurazione avvenne il 10 ottobre 1897. La direzione dei lavori fu affidata all'architetto Carmelo Sciuto Patti di Catania che non poté completare i lavori; furono ripresi dall'ingegnere Achille Viola da Castronovo, il quale modificò in parte il progetto. La chiesa, che si rifa a modelli di architettura lombarda dei secoli XIV e XV, sulla imponente facciata presenta dei mosaici che sono stati introdotti intorno alla fine degli anni cinquanta ad opera di alcuni artisti fiorentini.
All'interno è suddivisa in tre navate di cui quella laterale a sinistra custodisce un grande e pregevole Crocifisso del Seicento. In questo luogo, nel corso dei secoli XVIII e XIX, c'era un oratorio, detto del SS. Crocifisso che accoglieva il citato Crocifisso, proveniente dalla vecchia chiesa madre; l'oratorio venne distrutto nel 1892, quando iniziò la costruzione della nuova madrice.
Degno di nota è l'organo costruito e collocato da Pacifico Inzoli da Crema. Interessante è il pulpito ligneo, in stile neogotico.
Degno di nota è l'organo costruito e collocato da Pacifico Inzoli da Crema.
Interessante è il pulpito ligneo, in stile neogotico, eseguito nel 1901 dai maestri Antonio Amico e il figlio Antonio, su disegno del pittore favarese Vincenzo Indelicato. Nel 1920 circa, furono messi in opera dal maestro Giacomo Patti, i vetri policromi delle grandi finestre, poi sostituiti nei primi anni novanta.
Le spese per la costruzione dell'attuale chiesa vennero sostenute principalmente da Francesco Piscopo, che alla sua morte fece, a questo scopo, un notevole lascito, e dai fratelli Giudice e la sorella Gesuela, che vi destinarono grosse somme di denaro.
Fu per volere di quest'ultima che venne edificata la grandiosa cupola, non prevista nel progetto dello Sciuto Patti.
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La chiesa fu ampiamente ricostruita nel corso del 1760, e ancora nel 1828 per volere soprattutto di Biagio Licata nonno del principe di Baucina, che destinò all'opera un'ingente somma. Gli stucchi e le pitture dell'interno, adornato da colonne con capitelli in stile ionico, vennero completati intorno alla metà del 1830. Questa chiesa fu abbattuta nel 1892 quando venne costruita l'attuale, i cui lavori durarono fino al luglio 1898.
L'inaugurazione avvenne il 10 ottobre 1897. La direzione dei lavori fu affidata all'architetto Carmelo Sciuto Patti di Catania che non poté completare i lavori; furono ripresi dall'ingegnere Achille Viola da Castronovo, il quale modificò in parte il progetto. La chiesa, che si rifa a modelli di architettura lombarda dei secoli XIV e XV, sulla imponente facciata presenta dei mosaici che sono stati introdotti intorno alla fine degli anni cinquanta ad opera di alcuni artisti fiorentini.
All'interno è suddivisa in tre navate di cui quella laterale a sinistra custodisce un grande e pregevole Crocifisso del Seicento. In questo luogo, nel corso dei secoli XVIII e XIX, c'era un oratorio, detto del SS. Crocifisso che accoglieva il citato Crocifisso, proveniente dalla vecchia chiesa madre; l'oratorio venne distrutto nel 1892, quando iniziò la costruzione della nuova madrice.
Degno di nota è l'organo costruito e collocato da Pacifico Inzoli da Crema. Interessante è il pulpito ligneo, in stile neogotico.
Degno di nota è l'organo costruito e collocato da Pacifico Inzoli da Crema.
Interessante è il pulpito ligneo, in stile neogotico, eseguito nel 1901 dai maestri Antonio Amico e il figlio Antonio, su disegno del pittore favarese Vincenzo Indelicato. Nel 1920 circa, furono messi in opera dal maestro Giacomo Patti, i vetri policromi delle grandi finestre, poi sostituiti nei primi anni novanta.
Le spese per la costruzione dell'attuale chiesa vennero sostenute principalmente da Francesco Piscopo, che alla sua morte fece, a questo scopo, un notevole lascito, e dai fratelli Giudice e la sorella Gesuela, che vi destinarono grosse somme di denaro.
Fu per volere di quest'ultima che venne edificata la grandiosa cupola, non prevista nel progetto dello Sciuto Patti.
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📍NOTO, LA CAPITALE MONDIALE DEL BAROCCO.
Noto è un comune siciliano di 24 162 abitanti del libero consorzio comunale di Siracusa. È il primo comune della regione per estensione territoriale.
Definita la "capitale del Barocco", nel 2002 il suo centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità da parte dell'UNESCO, insieme con le altre città tardo barocche del Val di Noto.
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📷 Salvo Olimpo
Noto è un comune siciliano di 24 162 abitanti del libero consorzio comunale di Siracusa. È il primo comune della regione per estensione territoriale.
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La Chiesa dell’Immacolata di Linguaglossa, con annesso Convento dei Cappuccini, sorge sul Piano cappuccini. La costruzione ebbe inizio nella prima metà del Seicento. L’altare maggiore, in noce ad intarsio con motivi floreali, è di Frate Mariano da Francavilla, intagliatore dell’Ottocento.
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Sull’altare è la Custodia (1708-10) di Pietro Bencivinni da Polizzi.
Scolpita in legno di cipresso, arancio e noce, la meravigliosa Custodia è tra le più insigni opere d’arte che si conservino nelle Chiese di Linguaglossa.
Di proporzioni monumentali e fastosa nella complessa architettura delle sue parti, essa è tutto un ricamo molto fantasioso di motivi ornamentali che vanno dalle figure di animali a quelle di angeli, dalle conchiglie agli ippogrifi, ai fiori, che istoriano le colonnine tortili delle absidiole.
Le numerose scene tratte dai testi sacri (Mosè ed il serpente di bronzo; Caino e Abele; Adamo ed Eva; la Cena di Emmaus) e i Santi collocati nelle nicchie o sulle mensole rette da cariatidi, non solo testimoniano la raffinata tecnica dell’intagliatore, ma sono anche l’espressione più genuina di un sentimento che sa rivelarsi nelle forme di un’arte che esula dai soliti schemi popolareggianti.
Le custodie simili di Piazza Armerina, Palagonia, Mazzarino, Militello, ecc., per quanto celebrate, non reggono al confronto del prezioso modello linguaglossese. Nei locali del Convento sono numerosi dipinti tra i quali una Vergine; una Madonna col Bambino (XVIII sec.) ascritta a Vito D’Anna; una seconda Madonna col Bambino (XVI sec.) attribuita ad Andrea da Salerno; un San Gaetano (1834) di Lucio Grasso; ed una Santa Margherita d’ignoto.
Il testo, tratto dal Volume di Santo Calì “Convegno di artisti e artigiani nelle chiese di Linguaglossa”, è stato aggiornato da Mons. Orazio Barbarino, attuale amato arciprete e leader spirituale della città.
📸 N.L.G.
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Scolpita in legno di cipresso, arancio e noce, la meravigliosa Custodia è tra le più insigni opere d’arte che si conservino nelle Chiese di Linguaglossa.
Di proporzioni monumentali e fastosa nella complessa architettura delle sue parti, essa è tutto un ricamo molto fantasioso di motivi ornamentali che vanno dalle figure di animali a quelle di angeli, dalle conchiglie agli ippogrifi, ai fiori, che istoriano le colonnine tortili delle absidiole.
Le numerose scene tratte dai testi sacri (Mosè ed il serpente di bronzo; Caino e Abele; Adamo ed Eva; la Cena di Emmaus) e i Santi collocati nelle nicchie o sulle mensole rette da cariatidi, non solo testimoniano la raffinata tecnica dell’intagliatore, ma sono anche l’espressione più genuina di un sentimento che sa rivelarsi nelle forme di un’arte che esula dai soliti schemi popolareggianti.
Le custodie simili di Piazza Armerina, Palagonia, Mazzarino, Militello, ecc., per quanto celebrate, non reggono al confronto del prezioso modello linguaglossese. Nei locali del Convento sono numerosi dipinti tra i quali una Vergine; una Madonna col Bambino (XVIII sec.) ascritta a Vito D’Anna; una seconda Madonna col Bambino (XVI sec.) attribuita ad Andrea da Salerno; un San Gaetano (1834) di Lucio Grasso; ed una Santa Margherita d’ignoto.
Il testo, tratto dal Volume di Santo Calì “Convegno di artisti e artigiani nelle chiese di Linguaglossa”, è stato aggiornato da Mons. Orazio Barbarino, attuale amato arciprete e leader spirituale della città.
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Forza D'Agro (Messina)
Forza d'Agrò
(a Forza in siciliano)
è un comune italiano di 867 abitanti della città metropolitana di Messina in Sicilia.
Fa parte del comprensorio della Valle d'Agrò e all'Unione dei comuni delle Valli joniche dei Peloritani. Il primo insediamento risale al X secolo, con il nome di Vicum Agrillae, mentre l'attuale denominazione risale al XIV secolo.
Numerosi ritrovamenti archeologici, effettuati negli anni scorsi, nei pressi del castello della Forza testimoniano che il sito era frequentato sia in età protostorica (dai Sicani e dai Siculi) che in epoche successive come il periodo greco-siceliota, ellenistico e romano. Il sito di Forza d'Agrò sorgeva infatti sulla linea di confine tra la sfera di giurisdizione della polis siceliota di Messana e quella di Naxos.
📸 @pioandreaperi
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è un comune italiano di 867 abitanti della città metropolitana di Messina in Sicilia.
Fa parte del comprensorio della Valle d'Agrò e all'Unione dei comuni delle Valli joniche dei Peloritani. Il primo insediamento risale al X secolo, con il nome di Vicum Agrillae, mentre l'attuale denominazione risale al XIV secolo.
Numerosi ritrovamenti archeologici, effettuati negli anni scorsi, nei pressi del castello della Forza testimoniano che il sito era frequentato sia in età protostorica (dai Sicani e dai Siculi) che in epoche successive come il periodo greco-siceliota, ellenistico e romano. Il sito di Forza d'Agrò sorgeva infatti sulla linea di confine tra la sfera di giurisdizione della polis siceliota di Messana e quella di Naxos.
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Vi auguriamo una meravigliosa serata con questo maglifico tramonto di Noto
🎥 @roberto_celestri
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