♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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La bellissima nube lenticolare, denominata anche Contessa dei venti, che mercoledì scorso si è colorata di rosso fuoco alle prime luci di una freddissima alba dicembrina. La foto è stata scattata dal piazzale di Piano Provenzana a quota 1800 metri circa di altitudine. Ho faticato per arrivare a questa quota considerate le temperature ed il manto stradale praticamente ridotto ad una lastra di ghiaccio, ma comunque, come sempre, posso dire che ne è valsa veramente la pena. L'etna non smette mai di stupirmi, sono curioso di sapere cosa mi riserverà domani, visto che le condizioni non sembrano essere delle migliori.

"Etna, 8 Dicembre 2021"

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Ti facisti quantu Teresina .

Teresina è un nome antico di origine greca, significa "colei che fa la cacciatrice", ma anche "colei che è nata d’estate o è molto amabile."
In Sicilia c'è un detto ad indicare una persona che ingrassa repentinamente e voluminosamente.
"Ti facisti quannu a Teresina" – sei ingrassato come Teresina.
Molti sono i dubbi sull'origine di questo modo di dire, ma la versione più attendibile è quella definita da un cuntu che girava a Niscemi fino a poco prima della seconda guerra mondiale.

Si narra che a Niscemi vivessero due sorelle (Teresina e Filomena) una bellissima e l'altra, se non brutta, di normale aspetto, ma che vicino alla sorella sembrava una margherita vicino ad una rosa.
Un giovane ricco commerciante le vide e, ovviamente, si innamorò della più bella.
La chiese in sposa alla madre vedova, ma se una madre può scegliere tra piazzare una figlia bella (Teresina) e una molto meno (Filomena) cerca di aiutare la più “debole”.
Propose quindi al ricco uomo di sposare la figlia meno avvenente, ma abile nei lavori di casa ed esperta nella tessitura di tele.

Il giovane senza battere ciglio decise di acconsentire a questo matrimonio, dopo poco tempo quindi con grande fasto avvennero le nozze tra Filomena ed il giovane, che parve avulso dalla festa e pensoso.
I due partirono in viaggio di nozze per poi andare a vivere a casa del giovane a Sciacca, ma proprio il primo giorno di nozze, l'uomo portò la sposina in riva al mare e l'affogò.

Passarono sei mesi e il giovane tornò dalla suocera portando notizie (false) della figlia, disse che stava tessendo una tela e che le serviva l'aiuto della sorella e che ella desiderava ardentemente rivederla per tornare a lavorare al telaio insieme.
La bella Teresina ,non volle comunque partire presagendo le insidie amorose del cognato, ma la madre convince la bella ad andare.

Durante il viaggio l'uomo confessò il suo amore per la bella giovane, ella però lo respinse ricordando il voto fatto alla sorella.
Messo alle strette l'uomo non trovò di meglio che terrorizzarla raccontandole l'omicidio della sorella e minacciandola dello stesso triste destino se avesse continuato a respingerlo. L'uomo lasciò una notte alla giovane per decidere il suo destino, dandole due opzioni: si sarebbe dovuta concedere con le buone, o con le cattive, e in questo secondo caso sarebbe stata poi assassinata.

La ragazza passò la notte pregando di fuggire al suo triste destino, la mattina un uccello si affacciò alla sua finestra la ragazza pregò la bestiola di comunicare alla madre il suo triste fato e quello della sorella.
Ormai certa del proprio destino scese per comunicare il proprio disgusto a quel viscido individuo, ma appena vista Teresina il giovane fu terrorizzato, gridando al maleficio scappò con tanta fretta da non accorgersi di uno spuntone acuminato di roccia che si conficcò mortalmente sul suo petto.

Quando Teresina si guardò allo specchio capì il motivo della fuga dell'uomo, era ingrassata in una sola notte di oltre 100kg. .
Da quel giorno chi ingrassa in poco tempo viene comparato a Teresina (almeno in Sicilia).

💻Fonti 👇🏻

"LA CANZONE DEL COGNATO TRADITORE" O DELLE "DUE SORELLE IN SICILIA" Maria Ragusa Lares Vol.21
(Gennaio-Giugno 1955) ; Boris Di Felice -e Giorgio Riccobene Valenti scienziati
ed esperti in tradizioni siciliane.

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C’È UN POSTU CA NUN PÒ SCURDARI

C’è un postu di lu munnu ntȏ pinzeri
e nta lu cori ca nun pò scurdari.
Puru ca si luntanu, furisteri,
almenu 'na vota l'annu ci ha turnari!

Stu postu di lu munnu tantu amatu
è lu paisi ca ti vitti nicu
ca si lu penzi ti senti annacatu
di la so aria e dû so ventu anticu.

Si chiudi l'occhi senti li campani
di Menzujornu e di l'Avummaria.
Li senti forti e sunnu assai luntani...
forti, chiù forti di la nustalgia!

🖌Cinzia Pitingaro

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Cu’ simina pi Santa Lucia
nun porta furmentu pi la via.

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#detto_popolare_siciliano
📍Siracusa, processione del simulacro di Santa Lucia.

Lucia è protettrice della vista sia per il nome – dal latino “luminosa, splendente”– sia per una frase che avrebbe pronunciato durante le torture: “Farò vedere ai credenti in Cristo la virtù del martirio e ai non credenti toglierò l’accecamento della loro superbia”. Si dice che a Santa Lucia venissero cavati gli occhi e che le fossero immediatamente restituiti dal Signore.

La festa liturgica di Santa Lucia ricorre il 13 dicembre. In Svezia, la festa di Santa Lucia è tra le più attese del periodo natalizio. Le ragazze si vestono di bianco e si adornano il capo con una corona di sette candele. Il poeta Dante, nella Divina Commedia, riserva a Santa Lucia il compito di illuminare la strada dell’uomo nel suo cammino verso Dio.

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Lu miraculu di S. Lucia
"sulle origini della cuccia"

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Lu miraculu di S. Lucia (sulle origini della cuccia)

Mi rissi me nanna, quann'era nica:
"Ora ti cuntu 'na storia antica".
'Ncapu li ammi mi fici assittari
e araciu araciu si misi a cuntari:

"Ci fu 'na vota, a Siracusa
'na caristìa troppu dannusa.
Pani 'un cinn'era e tanti famigghi
'unn'arriniscìanu a sfamari li figghi.
Ma puru 'mmenzu a la disperazioni
nun ci mancava mai la devozioni
e addumannavanu a Santa Lucia
chi li sarvassi di la caristìa.

Un beddu jornu arrivà di luntanu
rintra lu portu siracusanu
'na navi carrica di furmentu
a liberalli ri 'ddu tormentu.
Pi li cristiani la gioia fu tanta
chi tutti griravanu "viva la Santa!"

Picchì fu grazii a la so 'ntercessioni
ch'avìa arrivatu 'dda binirizioni.
Tutti accurrìanu a la marina,
ma era furmentu, 'unn'era farina
e cu un pitittu ch'un facìa abbintari
'un c'era tempu di iri a macinari.

Pi mettisi subitu 'n'sarvamentu
avìanu a cociri lu stessu furmentu
e pi la forma "a coccia" ch'avìa
accuminciaru a chiamalla "cuccìa".

La bona nova arrivà luntana
e pi sta màrtiri siracusana
fu accussì granni la venerazioni
chi fici nasciri 'na tradizioni.

Passà lu tempu di la caristìa
e arristà l'usanza, pi Santa Lucia,
di 'un fari pani, di 'un cociri pasta,
e di manciari la cuccìa e basta.

Ma lu sapemu, ci voli picca
e l'usanza di scarsa addiventa ricca.
A ognunu ci vinni la bedda pinzata
di priparalla chiù elaborata.

Cu ci mittìa lu biancumanciari
e cu vinu cottu ci vosi 'mmiscari.
Cu ci vulìa lu meli ri ficu
e tanti atri cosi chi mancu ti ricu.

Ma je vulissi sapiri, a la fini,
di runni spuntaru li beddi arancini?
E m'addumànnu di quali manu
nasceru panelli e risattianu".

E amentri chi me nanna si sfirniciàva,
a mia lu stommacu mi murmuriava
e mi ricordu chi ci avissi rittu:
"nonnò, zittemuni ch'haiu pitittu!"

(leggetela e vivete le tradizioni)

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Il miracolo di S. Lucia (sulle origini della cuccia)

Mia nonna mi diceva quando ero piccola:
"Ora ti racconterò una vecchia storia."
Mi ha fatto sedere sulle sue gambe
e lentamente cominciò a raccontare:

"C'è stato un tempo, a Siracusa
una carestia troppo dannosa.

Pane non ce n'era e tante famiglie
non potevano ne sfamarsi ne nutrire i loro figli.
Ma anche in mezzo alla disperazione
non ci è mai mancata la devozione
e chiesero a S. Lucia di salvarli dalla carestia.

Un bel giorno è arrivato da lontano
all'interno del porto di Siracusa
una nave piena di grano
per liberarli da quel tormento.
Per la gente, la gioia era così grande,
tutti gridarono "Viva la Santa!"

Perché è stato grazie alla sua intercessione
che avevano ricevuto quella benedizione.
Tutti si precipitarono al porto turistico,
ma era grano, non farina
e con una fame che li metteva a disagio
Non c'era tempo per macinare.

Per salvare subito il grano,
dovevano cuocere lo stesso grano
e per la forma a "coccia" hanno iniziato a chiamarla "cuccia".

La buona notizia arriva da lontano
e per questa martire siracusana
la venerazione era così grande
che ha dato vita a una tradizione.

Passa il tempo della carestia ed e rimasta l'usanza per S. Lucia, di non fare pane, di non cuocere pasta,
e di mangiare la cuccia e basta.

Ma lo sappiamo, ci vuole poco
l'abitudine di poco conto diventa importante.
Ad ognuno gli venne la bella idea
di una preparazione più elaborata.

Chi gli metteva il biancomangiare
e con il vino cotto l'ha voluto mischiare.
Chi voleva il miele di fichi
e tante altre cose che nemmeno ti dico.

Ma vorrei sapere, alla fine,
Da dove sono spuntati gli arancini?
E mi chiedo quale mano
sono nate le panelle e riso”.

E mentre mia nonna stava parlando,
mi mormorava lo stomaco
e ricordo di avergli detto,
"Nonna, stiamo zitti, che ho fame!"

(leggetela e vivete le tradizioni)

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LA CUCCÌA SICILIANA CON LA RICOTTA

Ricetta dolce palermitana

Non so se avete mai assaggiato la ‘cuccìa siciliana’ di Santa Lucia. Si tratta di un tipico dolce siciliano, e in particolare palermitano, a base di ricotta e grano cotto, con il quale si celebra tradizionalmente il 13 dicembre, la festa di Santa Lucia.

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La preparazione è semplicissima, La cuccìa è un dolce senza uova, senza burro né olio e senza cottura. 

Delizioso e veloce da preparare.

In Sicilia adoriamo la ricotta di pecora, che è molto più cremosa e saporita di quella vaccina. Moltissimi sono i DOLCI CON LA RICOTTA siciliani, ma la cuccìa è sicuramente tra quelli meno conosciuti. Soprattutto se paragonata alla CASSATA SICILIANA o ai CANNOLI SICILIANI, La cuccìa è un dolce al cucchiaio palermitano molto semplice: la ricetta prevede l’uso di ricotta, zucchero, canditi, cioccolato, grano cotto e cannella. Tutto mescolato in un amalgama aromatico, saporito, dalla morbidezza stupefacente, che ovviamente nel gusto ricorda quello della cassata siciliana.

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LA STORIA DELLA CUCCIA PALERMITANA

Esistono però anche alcune varianti della ricetta della cuccìa, come quelle con la crema pasticcera, al cioccolato o con la ‘crema bianca’ ovvero fatta senza uova.

La cuccìa viene preparata e mangiata tradizionalmente nel palermitano e nel siracusano il 13 dicembre, festa di Santa Lucia. Mentre in altri luoghi della Sicilia,  il 13 dicembre si prepara sempre una ricetta con il grano cotto ma salata, ad esempio una minestra con ceci o verdure. Ora, perché il 13 dicembre in Sicilia si consuma il grano cotto?

Tutto si riferisce al 13 dicembre del 1946, quando a Palermo, colpita da una gravissima carestia, sbarcò finalmente una nave carica di grano. La fame dei palermitani era tale che non riuscirono ad attendere che il grano venisse macinato e trasformato in pane: lo lessarono così com’era e lo mangiarono subito. Così, il 13 dicembre a Palermo si evitano i cibi a base di farina e si mangiano cuccìa con grano cotto, ARANCINE (che sono fatte con il riso), PANELLE DI FARINA DI CECI e panini di Santa Lucia, fatti con la farina di mais.

La tradizione vuole che si prepari la Cuccìa con il grano secco, ma visto che si trova raramente potete usare quello precotto, opportunamente trattato.

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