♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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📹 Ig: Giusy Maffei.
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 La scultura di età romana, II secolo d.C., è probabilmente la copia della statua di culto realizzata per il Tempio di Afrodite a Siracusa nella prima metà del II secolo a.C. Secondo questa ipotesi la statua originale sarebbe da mettere in relazione con un aneddoto riportato da Ateneo (Deipnosofisti, XII, 554) che riferisce di una gara di bellezza tra due fanciulle siracusane. La contesa vide come giudice un giovane che dichiarò vincitrice la sorella maggiore, di cui s’innamorò. La fanciulla più giovane si fidanzò invece con il fratello del giudice della gara. Le due sorelle per ringraziare la dea dell’Amore fondarono un tempio dedicato ad Afrodite Callipige.
L’Afrodite Landolina potrebbe quindi identificarsi con questa Afrodite Callipige di cui parlano le fonti antiche. L’epiteto “callipige” deriva dal greco antico e significa “dalle belle natiche”. L’ipotesi di questa identificazione è avvalorata da un piccolo rilievo di Siracusa, trasposizione plastica del racconto di Ateneo.
La dea è raffigurata mentre sta per denudarsi prima del bagno. Il nudo opulento e sensuale è messo in risalto dal ricco panneggio e dal gesto pudico della mano che copre il pube. La statua è acefala e priva dell'avambraccio destro, che originariamente copriva il seno. A sinistra della figura è un delfino acefalo che evoca le acque marine da cui nacque Afrodite.
L'originale fu realizzato probabilmente da scultori greci della scuola rodio-asiatica o scolpito da maestranze greche nella stessa città di Siracusa. Durante l’ellenismo infatti furono intense e continue le relazioni commerciali ed economiche tra Rodi, Coo e Siracusa ed è quindi plausibile pensare a forti influenze artistiche dei centri insulari e microasiatici.
Il nudo femminile di Afrodite, rappresentato per la prima volta dallo scultore greco Prassitele nel IV secolo a.C. con la sua celeberrima Afrodite cnidia, divenne in età ellenistica uno dei temi preferiti dagli artisti che rielaborarono soprattutto il soggetto dell'Afrodite al bagno, che poteva presentarsi interamente nuda o con un mantello che copriva soltanto una parte del corpo come nel caso della statua di Siracusa.

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ARVULIDDU DI CIRASA

Arvuliddu, cu amuri ti chiantai
’nta la virdi campia arretu a la casa,
criscisti forti e sempri ti vantai,
era lu preju miu la to’ cirasa.

Non mi lu scordu ’ddu beddu sapuri,
’nta la vucca la ducizza lassava,
e chi spittaculu lu so’ culuri,
’nta l’arvuliddu duci maturava.

Arvuliddu di ummira e frischizza,
facevi ’nta la ’stati a mia riparu,
ora provu pi tia ’na gran tristizza
e lu vuccuni mi l’agghiuttu amaru.

’Na manu sdisonesta e ’nvidiusa,
di tia ni fici ’na vili addumata;
’nta l’occhi mei la cinniri piatusa
di lu me’ chiantu ni veni vagnata.

Arvuliddu, ti luvaru la vita,
ju ti penzu e di collira mi pigghiu,
eri nicuzzu quantu ’na matita
e ti criscii comu si crisci ’n figghiu!

🖌Giovanni Rizza.
Poeta Dalettale

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La ricorrenza del 2 giugno, festa della Repubblica ci riporta a quel momento, drammatico, in cui il popolo italiano si trovò a scegliere fra passato e futuro e, sorprendendo quanti erano perplessi sul ricorso al referendum – non si dimentichi che in una prima fase il problema istituzionale doveva essere rinviato alla decisione dell’Assemblea costituente e che solo per le insistenze di De Gasperi fu affidato al voto popolare – diede il clamoroso risultato che metteva la parola fine a 86 anni di monarchia sabauda. Gli italiani diedero la maggioranza alla Repubblica con 12.717.923 voti pari al 54,3% contro 10.719.284, pari al 45,7% dati alla monarchia.

Un risultato sorprendente visto che al voto – politico e non amministrativo – partecipavano finalmente le donne, nell’immaginario collettivo del tempo, considerate fondamentalmente tradizionaliste.

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Il Sud votò in larga maggioranza a favore della monarchia con percentuali che, nella circoscrizione napoletana, toccarono circa il 79 %, mentre il nord diede il consenso di massa alla repubblica, con la percentuale massima raggiunta nella provincia di Trento dell’85% mancarono al voto la provincia di Bolzano e quella di Trento la cui riassegnazione all’Italia era ancora incerta. La Sicilia confermò la sua sostanziale arretratezza, in entrambe le circoscrizioni, in cui era stata divisa l’isola, i risultati premiarono la monarchia con percentuali superiori al 60%.

Messina con, addirittura, il 77,20%, seguita da Palermo con il 73,03 % e da Catania, con il 72,86% dei voti, diedero consenso alla monarchia. L’unica provincia che si distinse fu quella di Trapani dove prevalse la scelta della Repubblica.

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La Madonna della Lettera patrona di Messina

Sono molteplici le storie che legano la città di Messina alla figura di Maria, fin dall'antichità venerata nella città dello Stretto.

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Le origini di questa festa ci riportano indietro nel tempo, fin all'anno 42 d.C., secondo la tradizione, quando sulle sponde della Sicilia giunse l'apostolo Paolo, durante uno dei suoi viaggi d'annuncio del Vangelo, Paolo trovò i messinesi ben disposti a lasciarsi convertire e parlò alla popolazione anche di Maria, Madre di Cristo. Così quando l'apostolo si accinse a partire per tornare in Palestina, una delegazione di messinesi, secondo tradizione composta da Girolamo Origgiano, Marcello Benifacite, Ottavio Brizio e il centurione Mulè, volle partire con lui per incontrare la Madonna e chiedere una benedizione per la città. Così partiti alla volta del medio oriente, i messinesi riuscirono ad incontrare la Vergine il 3 giugno dell'anno 42, ricevendo da essa una lettera, contenente una benedizione per la città e la popolazione, scritta in ebraico, legata con una ciocca dei suoi capelli.

I fieri messinesi fecero ritorno sulle coste peloritane nel settembre dello stesso, recando con loro la lettera che recitava:

"Maria Vergine, figlia di Gioacchino, umilissima serva di Dio, Madre di Gesù Crocefisso, della tribù di Giuda,
della stirpe di Davide, salute a tutti i Messinesi e benedizione di Dio Padre Onnipotente. Ci consta, per pubblico strumento, che voi tutti con fede grande avete a noi spedito Legati e Ambasciatori e confessate che il nostro Figlio, generato da Dio, sia Dio e uomo, e che dopo la sua risurrezione salì al cielo, conoscendo voi la via della verità per mezzo della predicazione di Paolo Apostolo eletto. Per la qual cosa, benediciamo voi e la stessa città, della quale Noi vogliamo essere perpetua protettrice.
Da Gerusalemme"

Nella frase "Vos et ipsam Civitatem benedicimus" ("Benediciamo voi e la vostra Città"), oggi scritta alla base delle stele votiva situata nel porto della città, è sintetizzata la benedizione che Maria volle dare alla città, dando cos' inizio ad una tradizione di fede e devozione che portarono la "Madonna della Lettera" a diventare patrona della città.

Tuttavia il vero e proprio culto così come lo conosciamo oggi, fu introdotto solo nel XV secolo, grazie ad un dotto del tempo, Costantino Lascaris, che fuggito da Costantinopoli caduta in mano ai turchi, venne a Messina, dove fondò una scuola di lettere e presso la quale si sviluppò il culto della Madonna della Lettera. Addirittura sarebbe stato proprio lo stesso Lascaris a tradurre la lettera in latino dall'ebraico in cui era stata scritta.

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