Le origini di Castelmola risalgono al periodo pre-ellenico. La denominazione trae ispirazione dalla conformazione del grande masso su cui sorge che ricorda appunto una "mola". Forse per la sua posizione sopraelevata fu un tempo la vera acropoli di Taormina, e le loro vicende sono talmente connesse da non poter distinguere quelle dell'una dall'altra.
Mylai era il nome del primo insediamento, risalente all'Età del ferro (VIII secolo a.C.), opera dei Siculi. Ciò è testimoniato dal ritrovamento della necropoli di Cocolonazzo. Le ceramiche con decorazioni dipinte a motivi geometrici, restituite dalle sepolture a grotticella artificiale, hanno consentito di determinare l'origine dell'abitato. Nel 396 a.C. Dionisio, tiranno di Siracusa, assedia Mylai (Μυλαί in greco antico), ma è sconfitto dai Siculi, che respingono l'assalto. Nel 392, lo stesso Dionisio, ritenta l'attacco, con maggiore fortuna e riesce ad occupare la zona. Alla sua morte, nel 367, la città è presa in mano da Andromaco che costruisce il centro abitato a piano delle Ficare, erige nuove fortificazioni, realizza cisterne, di cui esistono ancora tracce lungo il percorso, e serbatoi per l'acqua, migliorando così le condizioni di vita.
Tindarione, che governa la città, alla morte di Andromaco, la pone sotto protezione di Pirro, ma, durante la prima guerra punica, è conquistata da Gerone di Siracusa, che la governa fino al 214.
Epoca bizantino - arabaModifica
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la città segue il destino dell'isola, passando sotto l'influenza bizantina. Il primo agosto 902, i Saraceni di Ibrahim II (Ibrāhīm (II) ibn Aḥmad ibn al-Aghlab), riescono a far breccia nelle fortificazioni della città e devastano l'abitato. Solo il castello resiste all'attacco dei Mori che si dirigono verso Tauromenion, attraversando il varco che da allora è detto Porta dei Saraceni.
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Mylai era il nome del primo insediamento, risalente all'Età del ferro (VIII secolo a.C.), opera dei Siculi. Ciò è testimoniato dal ritrovamento della necropoli di Cocolonazzo. Le ceramiche con decorazioni dipinte a motivi geometrici, restituite dalle sepolture a grotticella artificiale, hanno consentito di determinare l'origine dell'abitato. Nel 396 a.C. Dionisio, tiranno di Siracusa, assedia Mylai (Μυλαί in greco antico), ma è sconfitto dai Siculi, che respingono l'assalto. Nel 392, lo stesso Dionisio, ritenta l'attacco, con maggiore fortuna e riesce ad occupare la zona. Alla sua morte, nel 367, la città è presa in mano da Andromaco che costruisce il centro abitato a piano delle Ficare, erige nuove fortificazioni, realizza cisterne, di cui esistono ancora tracce lungo il percorso, e serbatoi per l'acqua, migliorando così le condizioni di vita.
Tindarione, che governa la città, alla morte di Andromaco, la pone sotto protezione di Pirro, ma, durante la prima guerra punica, è conquistata da Gerone di Siracusa, che la governa fino al 214.
Epoca bizantino - arabaModifica
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la città segue il destino dell'isola, passando sotto l'influenza bizantina. Il primo agosto 902, i Saraceni di Ibrahim II (Ibrāhīm (II) ibn Aḥmad ibn al-Aghlab), riescono a far breccia nelle fortificazioni della città e devastano l'abitato. Solo il castello resiste all'attacco dei Mori che si dirigono verso Tauromenion, attraversando il varco che da allora è detto Porta dei Saraceni.
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Quando il paradiso è dietro l'angolo: la Timpa, riserva "magica" ai piedi di Acireale
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Quando il paradiso è dietro l'angolo: la Timpa, riserva "magica" ai piedi di Acireale
Una riserva naturale ancora poco conosciuta che offre la possibilità di nuotate rigeneranti e percorsi a piedi da cui scorgere paesaggi mozzafiato. Come raggiungerla Uno scorcio della Riserva naturale orientata della Timpa (foto di Fabrizio Zuccarello - Legambiente…
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Covid, teatro greco di Siracusa potrà accogliere fino a 3000 ospiti a sera @sicilianewseinfo
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Covid, teatro greco di Siracusa potrà accogliere fino a 3000 ospiti a sera
Siracusa - La stagione dell’INDA al Teatro Greco di Siracusa potrà accogliere 3.000 spettatori a sera. Il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ha firmato la deroga che aumenta la capienza massima per le rappresentazioni classiche in scena dal…
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La scultura di età romana, II secolo d.C., è probabilmente la copia della statua di culto realizzata per il Tempio di Afrodite a Siracusa nella prima metà del II secolo a.C. Secondo questa ipotesi la statua originale sarebbe da mettere in relazione con un aneddoto riportato da Ateneo (Deipnosofisti, XII, 554) che riferisce di una gara di bellezza tra due fanciulle siracusane. La contesa vide come giudice un giovane che dichiarò vincitrice la sorella maggiore, di cui s’innamorò. La fanciulla più giovane si fidanzò invece con il fratello del giudice della gara. Le due sorelle per ringraziare la dea dell’Amore fondarono un tempio dedicato ad Afrodite Callipige.
L’Afrodite Landolina potrebbe quindi identificarsi con questa Afrodite Callipige di cui parlano le fonti antiche. L’epiteto “callipige” deriva dal greco antico e significa “dalle belle natiche”. L’ipotesi di questa identificazione è avvalorata da un piccolo rilievo di Siracusa, trasposizione plastica del racconto di Ateneo.
La dea è raffigurata mentre sta per denudarsi prima del bagno. Il nudo opulento e sensuale è messo in risalto dal ricco panneggio e dal gesto pudico della mano che copre il pube. La statua è acefala e priva dell'avambraccio destro, che originariamente copriva il seno. A sinistra della figura è un delfino acefalo che evoca le acque marine da cui nacque Afrodite.
L'originale fu realizzato probabilmente da scultori greci della scuola rodio-asiatica o scolpito da maestranze greche nella stessa città di Siracusa. Durante l’ellenismo infatti furono intense e continue le relazioni commerciali ed economiche tra Rodi, Coo e Siracusa ed è quindi plausibile pensare a forti influenze artistiche dei centri insulari e microasiatici.
Il nudo femminile di Afrodite, rappresentato per la prima volta dallo scultore greco Prassitele nel IV secolo a.C. con la sua celeberrima Afrodite cnidia, divenne in età ellenistica uno dei temi preferiti dagli artisti che rielaborarono soprattutto il soggetto dell'Afrodite al bagno, che poteva presentarsi interamente nuda o con un mantello che copriva soltanto una parte del corpo come nel caso della statua di Siracusa.
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L’Afrodite Landolina potrebbe quindi identificarsi con questa Afrodite Callipige di cui parlano le fonti antiche. L’epiteto “callipige” deriva dal greco antico e significa “dalle belle natiche”. L’ipotesi di questa identificazione è avvalorata da un piccolo rilievo di Siracusa, trasposizione plastica del racconto di Ateneo.
La dea è raffigurata mentre sta per denudarsi prima del bagno. Il nudo opulento e sensuale è messo in risalto dal ricco panneggio e dal gesto pudico della mano che copre il pube. La statua è acefala e priva dell'avambraccio destro, che originariamente copriva il seno. A sinistra della figura è un delfino acefalo che evoca le acque marine da cui nacque Afrodite.
L'originale fu realizzato probabilmente da scultori greci della scuola rodio-asiatica o scolpito da maestranze greche nella stessa città di Siracusa. Durante l’ellenismo infatti furono intense e continue le relazioni commerciali ed economiche tra Rodi, Coo e Siracusa ed è quindi plausibile pensare a forti influenze artistiche dei centri insulari e microasiatici.
Il nudo femminile di Afrodite, rappresentato per la prima volta dallo scultore greco Prassitele nel IV secolo a.C. con la sua celeberrima Afrodite cnidia, divenne in età ellenistica uno dei temi preferiti dagli artisti che rielaborarono soprattutto il soggetto dell'Afrodite al bagno, che poteva presentarsi interamente nuda o con un mantello che copriva soltanto una parte del corpo come nel caso della statua di Siracusa.
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Messina, l'antica Zancle, chiamata "La porta della Sicilia": città moderna, signorile e accogliente
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Messina, l'antica Zancle, chiamata "La porta della Sicilia": città moderna, signorile e accogliente
La città di Messina, che si estende nella parte più a est della Sicilia, si affaccia sul mare ma regala, ai suoi abitanti e visitatori, parchi, riserve e montagne per poter godere di un contatto diretto con la natura. Situata tra lo Ionio e il Tirreno, protetta…
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ARVULIDDU DI CIRASA
Arvuliddu, cu amuri ti chiantai
’nta la virdi campia arretu a la casa,
criscisti forti e sempri ti vantai,
era lu preju miu la to’ cirasa.
Non mi lu scordu ’ddu beddu sapuri,
’nta la vucca la ducizza lassava,
e chi spittaculu lu so’ culuri,
’nta l’arvuliddu duci maturava.
Arvuliddu di ummira e frischizza,
facevi ’nta la ’stati a mia riparu,
ora provu pi tia ’na gran tristizza
e lu vuccuni mi l’agghiuttu amaru.
’Na manu sdisonesta e ’nvidiusa,
di tia ni fici ’na vili addumata;
’nta l’occhi mei la cinniri piatusa
di lu me’ chiantu ni veni vagnata.
Arvuliddu, ti luvaru la vita,
ju ti penzu e di collira mi pigghiu,
eri nicuzzu quantu ’na matita
e ti criscii comu si crisci ’n figghiu!
🖌Giovanni Rizza.
Poeta Dalettale
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’nta la virdi campia arretu a la casa,
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Non mi lu scordu ’ddu beddu sapuri,
’nta la vucca la ducizza lassava,
e chi spittaculu lu so’ culuri,
’nta l’arvuliddu duci maturava.
Arvuliddu di ummira e frischizza,
facevi ’nta la ’stati a mia riparu,
ora provu pi tia ’na gran tristizza
e lu vuccuni mi l’agghiuttu amaru.
’Na manu sdisonesta e ’nvidiusa,
di tia ni fici ’na vili addumata;
’nta l’occhi mei la cinniri piatusa
di lu me’ chiantu ni veni vagnata.
Arvuliddu, ti luvaru la vita,
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La ricorrenza del 2 giugno, festa della Repubblica ci riporta a quel momento, drammatico, in cui il popolo italiano si trovò a scegliere fra passato e futuro e, sorprendendo quanti erano perplessi sul ricorso al referendum – non si dimentichi che in una prima fase il problema istituzionale doveva essere rinviato alla decisione dell’Assemblea costituente e che solo per le insistenze di De Gasperi fu affidato al voto popolare – diede il clamoroso risultato che metteva la parola fine a 86 anni di monarchia sabauda. Gli italiani diedero la maggioranza alla Repubblica con 12.717.923 voti pari al 54,3% contro 10.719.284, pari al 45,7% dati alla monarchia.
Un risultato sorprendente visto che al voto – politico e non amministrativo – partecipavano finalmente le donne, nell’immaginario collettivo del tempo, considerate fondamentalmente tradizionaliste.
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