LE GELSOMINAIE DI MILAZZO
La coltivazione del gelsomino per finalità industriali fu introdotta nel 1928. Questa coltivazione era diffusa sulla sponda tirrenica della Sicilia, con centro Milazzo, dove esistevano parecchie distillerie per la lavorazione primaria del gelsomino e di altre essenze. Il prodotto semilavorato veniva inviato principalmente in Francia, per l’industria dei profumi. La povertà del tempo trovò subito buona manodopera nelle ragazze e donne dell’epoca che per racimolare qualcosa per la famiglia, lavoravano dapprima notti intere chine a raccogliere i minuscoli fiorellini stellati, poi dalle prime ore dell’alba fino al sorgere del sole che altrimenti avrebbe ossidato il bianco del fiore. Non di rado venivano impiegate anche bambine alla raccolta. Non tutte riuscivano però a farcela, qualcuna spesso sveniva.
Poi venne una svolta col primo sciopero indetto dalle raccoglitrici di Milazzo che per prime incrociarono le braccia e per protesta calpestarono i fiori raccolti.
La coltivazione del gelsomino per finalità industriali fu introdotta nel 1928. Questa coltivazione era diffusa sulla sponda tirrenica della Sicilia, con centro Milazzo, dove esistevano parecchie distillerie per la lavorazione primaria del gelsomino e di altre essenze. Il prodotto semilavorato veniva inviato principalmente in Francia, per l’industria dei profumi. La povertà del tempo trovò subito buona manodopera nelle ragazze e donne dell’epoca che per racimolare qualcosa per la famiglia, lavoravano dapprima notti intere chine a raccogliere i minuscoli fiorellini stellati, poi dalle prime ore dell’alba fino al sorgere del sole che altrimenti avrebbe ossidato il bianco del fiore. Non di rado venivano impiegate anche bambine alla raccolta. Non tutte riuscivano però a farcela, qualcuna spesso sveniva.
Poi venne una svolta col primo sciopero indetto dalle raccoglitrici di Milazzo che per prime incrociarono le braccia e per protesta calpestarono i fiori raccolti.
Le gelsominaie si interessarono anche al destino di altre lavoratrici sfruttate, le loro gesta si diffusero per tutta l’ isola, molte di loro conobbero la cella. Ma queste donne continuarono a difendersi e a difendere, consapevoli di essere parte e rappresentanza di una categoria, e lo sciopero proseguì, si estese a macchia d’ olio e coinvolse le impiegate che si occupavano dei semenzai di Mazzarrà Sant’ Andrea, le cavatrici di agrumi di Barcellona di Sicilia, le incartatrici di Capo d’ Orlando, le salatrici di sarde di Sant’ Agata, le portatrici di argilla di Santo Stefano di Camastra, le raccoglitrici di olive dei monti Nebrodi e delle Madonie. Superò perfino lo Stretto, tracciando un’ inquietante mappa del lavoro nero femminile…..” Grazie all’opera energica e battagliera del sindacalista La Rosa, il salario riuscì a lievitare sino alle 50 lire al kg. Fu il primo di una lunga serie di scioperi che attirarono l’attenzione della stampa nazionale ed estera e che continuarono periodicamente sino agli anni 60.
Le isole dei Ciclopi si trovano a largo delle coste catanesi, nel comune di Acicastello e, in piccola parte, in quello di Acireale. Su questi territori, nel 1989, è stata istituita la riserva marina protetta.
Le isole che formano questo arcipelago sono: l’isola di Lachea, l’isola Faraglione Grande, Faraglione di Mezzo e il Faraglione degli Uccelli. Il Faraglione Grande, o di Santa Maria, è l’unico dei faraglioni che è stato toccato dall’intervento dell’uomo testimoniato dalla presenza di una scala in muratura che conduce fino ad una piazza dove è sistemata la statua della Vergine (segno di devozione dei pescatori).
Gli altri due Faraglioni, molto più piccoli per dimensione, non presentano particolarità.
A queste quattro isole si accompagnano dei piccoli scogli chiamati “U zu lanu di Fora” e “U zu lanu di Terra” e altri tre faraglioni che il mare ha tenuto nascosti. Questi tre faraglioni non raggiungono la superficie dell’acqua e dominano con imponenza i fondali. @newseinfo @siciliaforever
Le isole che formano questo arcipelago sono: l’isola di Lachea, l’isola Faraglione Grande, Faraglione di Mezzo e il Faraglione degli Uccelli. Il Faraglione Grande, o di Santa Maria, è l’unico dei faraglioni che è stato toccato dall’intervento dell’uomo testimoniato dalla presenza di una scala in muratura che conduce fino ad una piazza dove è sistemata la statua della Vergine (segno di devozione dei pescatori).
Gli altri due Faraglioni, molto più piccoli per dimensione, non presentano particolarità.
A queste quattro isole si accompagnano dei piccoli scogli chiamati “U zu lanu di Fora” e “U zu lanu di Terra” e altri tre faraglioni che il mare ha tenuto nascosti. Questi tre faraglioni non raggiungono la superficie dell’acqua e dominano con imponenza i fondali. @newseinfo @siciliaforever
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“Sì proprio na camurrìa!”. Quante volte avete detto, o vi siete sentiti dire questa frase? La camurria, in siciliano, è la scocciatura ed esiste anche l’aggettivo “camurriusu/camurriusa”, ovviamente con lo stesso significato. Tra le varianti, c’è anche CÀMULA.
Nel suo “Nuovo dizionario siciliano-italiano” datato 1876, Vincenzo Mortillaro definisce la camurria una “sorta di malattia, scolagione celtica, virulenta, contagiosa, venerea, vedi Gonorrea”. Da questa discenderebbe, per metafora, “noia, fastidio, importunità”. Secondo altri, invece, la parola deriverebbe da “camula”, che è il tarlo. Questo, con il suo fastidioso “camuliare”, produce un caratteristico e ossessivo rumore quando rode il legno.
Accrescitivi di camurria sono: “gran camurria” e “grannissima camurria”, frequente è anche “granni e grannissima camurria”. Il massimo è costituito dalla composizione “grannissima camurria buttana”. 😁 (Andrea Camilleri)
By @newseinfo
“Sì proprio na camurrìa!”. Quante volte avete detto, o vi siete sentiti dire questa frase? La camurria, in siciliano, è la scocciatura ed esiste anche l’aggettivo “camurriusu/camurriusa”, ovviamente con lo stesso significato. Tra le varianti, c’è anche CÀMULA.
Nel suo “Nuovo dizionario siciliano-italiano” datato 1876, Vincenzo Mortillaro definisce la camurria una “sorta di malattia, scolagione celtica, virulenta, contagiosa, venerea, vedi Gonorrea”. Da questa discenderebbe, per metafora, “noia, fastidio, importunità”. Secondo altri, invece, la parola deriverebbe da “camula”, che è il tarlo. Questo, con il suo fastidioso “camuliare”, produce un caratteristico e ossessivo rumore quando rode il legno.
Accrescitivi di camurria sono: “gran camurria” e “grannissima camurria”, frequente è anche “granni e grannissima camurria”. Il massimo è costituito dalla composizione “grannissima camurria buttana”. 😁 (Andrea Camilleri)
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La costa bassa dei litorali trapanesi ed il clima estremamente favorevole suggerirono ai Fenici (VIII sec. a.c.)l'impianto delle prime saline che la storia ricordi. Nel XVII e nel XVIII secolo le saline rappresentano una risorsa fondamentale dell’economia della città, assieme all’arte del corallo e alla pesca, di portata tale da far diventare il porto di Trapani uno dei più importanti del Mediterraneo e d’Europa. Ancora oggi alcune saline sono pienamente attive, definitivamente salvate dal degrado grazie alla sensibilità di privati, dal WWF e dalla azienda per il turismo di Trapani che ha recuperato alcuni mulini.Uno dei mulini a vento, quello in contrada Nubia (Paceco TP), è sede del Museo del Sale, un luogo dove vengono conservati gli attrezzi da lavoro dei salinai e nel quale si ritrovano i segni di una cultura materiale il cui patrimonio etno-antropologico è di inestimabile valore. Le Saline di Trapani sono oggi una Riserva Naturale. @newseinfo
Tutta la Sicilia con la sua storia, le sue origini, la sua cultura e le sue tradizioni e tante curiosità da scoprire.
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Conosciuto con il nomignolo di “Oro verde” della Sicilia, il pistacchio di Bronte è davvero un prodotto che ha fatto la fortuna del piccolo paese in cui viene coltivato. L’unicità del frutto dipende chiaramente dalle particolari condizioni territoriali e climatiche in cui viene coltivato: gli alberi di pistacchio crescono infatti su terreni rocciosi ricoperti dalle lave vulcaniche provenienti dall’Etna, ad un’altitudine che varia tra i 300 ed i 900 metri, risultando così ben in grado di resistere sia al freddo sia alla siccità.
Riserva Naturale del Plemmirio, è situata a sud dell’isola di Ortigia e offre diverse spiaggette e bellissime scogliere. La riserva si trova lungo la costa orientale della Sicilia ad appena 10 km da Siracusa. Le sue acque, che vanno dal verde smeraldo al turchese dei punti più profondi, ospitano una ricca e suggestiva biodiversità marina tra affascinanti grotte ideali per chi ama praticare immersioni subacquee. Tra le più belle troviamo le grotte Plemmirio e di Capo Meli, oltre a cavità marine e formazioni rocciose, come gli Archi e la Lingua del Gigante.
Tra le insenature vi sono diverse calette e piccole spiagge. La Fanusa è una spiaggetta incontaminata di sabbia dorata, subito dopo la quale si incontra la Costa Bianca, una zona rocciosa dal mare cristallino.
Tra le insenature vi sono diverse calette e piccole spiagge. La Fanusa è una spiaggetta incontaminata di sabbia dorata, subito dopo la quale si incontra la Costa Bianca, una zona rocciosa dal mare cristallino.
CACIO CAVALLO RAGUSANO (in siciliano Cosacavaddu) è un formaggio italiano DOP (Denominazione d'Origine Protetta).
>Il nome pare derivi dall'antica abitudine di appendere le forme a cavallo di un bastone posto in orizzontale. Viene prodotto solamente nella provincia di Ragusa, con latte di mucche della razza modicana.
>Il Ragusano è un formaggio semiduro a pasta filata prodotto esclusivamente con latte di vacca.
>La forma è ovale o tronco-conica con testina o senza. Il peso di ogni forma è compreso tra 1 kg e 2,500 kg. La crosta è sottile, liscia, di marcato colore paglierino.
>Il sapore è aromatico, piacevole, fusibile in bocca, normalmente delicato e tendenzialmente dolce quando il formaggio è giovane, fino a divenire piccante a maturazione avanzata.
>Il nome pare derivi dall'antica abitudine di appendere le forme a cavallo di un bastone posto in orizzontale. Viene prodotto solamente nella provincia di Ragusa, con latte di mucche della razza modicana.
>Il Ragusano è un formaggio semiduro a pasta filata prodotto esclusivamente con latte di vacca.
>La forma è ovale o tronco-conica con testina o senza. Il peso di ogni forma è compreso tra 1 kg e 2,500 kg. La crosta è sottile, liscia, di marcato colore paglierino.
>Il sapore è aromatico, piacevole, fusibile in bocca, normalmente delicato e tendenzialmente dolce quando il formaggio è giovane, fino a divenire piccante a maturazione avanzata.