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La “cobaita” detta “cubaida” è un dolce siciliano molto noto e di cui si hanno molte varianti di paese in paese.
La cobaita è un dolce tipico della tradizione siciliana di origine araba, in dialetto gigghiulena
e l’ingrediente principale è il sesamo.
Potremmo dire che la cobaita è il torrone tradizionale siciliano, un dolce tipico di Modica, in provincia di Ragusa, ma diffuso con ricette e nomi diversi in tutta la Sicilia.
Questo è un croccante di miele caramellato con semi di sesamo che fu portata in territorio siciliano al tempo della dominazione dell’isola da parte degli arabi che chiamavano anticamente la cobaita “qubbiat”, che significa mandorlato.
La ricetta originale della cobaita è quella con i semi di sesamo impastati col miele, con l’aggiunta di mandorle tostate e pezzetti di scorza d’arancia.
ll miele consigliato dai siciliani per la preparazione della cobaita è tradizionalmente il miele di timo dei Monti Iblei, ma in generale si consiglia di utilizzare del miele di qualità per la buona riuscita delle ricetta.
La difficoltà di questa ricetta sta nel procedimento della cottura: nel momento in cui si vanno a cuocere gli ingredienti insieme, la temperatura e il tempo di cottura devono essere tali da consentire al miele di caramellarsi ma anche ma di non bruciarsi. Tanto più equilibrata sarà la vostra mano, tanto più equilibrato sarà il contrasto fra le note dolci e amare e migliore sarà il sapore del croccante.
Che si tratti delle festività o di qualsiasi altra occasione, il profumo della cobaita è il classico odore delle feste…e se non avete mai avuto occasione di provarla vi consiglio vivamente di provare a realizzare voi la ricetta.
Un consiglio che vi do è quello di utilizzare una buona padella antiaderente e di non allontabarvi mai dal fuoco! Per quanto riguarda la conservazione, la cobaita si conserva perfettamente fino a 10 giorni, meglio se coperta
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
La cobaita è un dolce tipico della tradizione siciliana di origine araba, in dialetto gigghiulena
e l’ingrediente principale è il sesamo.
Potremmo dire che la cobaita è il torrone tradizionale siciliano, un dolce tipico di Modica, in provincia di Ragusa, ma diffuso con ricette e nomi diversi in tutta la Sicilia.
Questo è un croccante di miele caramellato con semi di sesamo che fu portata in territorio siciliano al tempo della dominazione dell’isola da parte degli arabi che chiamavano anticamente la cobaita “qubbiat”, che significa mandorlato.
La ricetta originale della cobaita è quella con i semi di sesamo impastati col miele, con l’aggiunta di mandorle tostate e pezzetti di scorza d’arancia.
ll miele consigliato dai siciliani per la preparazione della cobaita è tradizionalmente il miele di timo dei Monti Iblei, ma in generale si consiglia di utilizzare del miele di qualità per la buona riuscita delle ricetta.
La difficoltà di questa ricetta sta nel procedimento della cottura: nel momento in cui si vanno a cuocere gli ingredienti insieme, la temperatura e il tempo di cottura devono essere tali da consentire al miele di caramellarsi ma anche ma di non bruciarsi. Tanto più equilibrata sarà la vostra mano, tanto più equilibrato sarà il contrasto fra le note dolci e amare e migliore sarà il sapore del croccante.
Che si tratti delle festività o di qualsiasi altra occasione, il profumo della cobaita è il classico odore delle feste…e se non avete mai avuto occasione di provarla vi consiglio vivamente di provare a realizzare voi la ricetta.
Un consiglio che vi do è quello di utilizzare una buona padella antiaderente e di non allontabarvi mai dal fuoco! Per quanto riguarda la conservazione, la cobaita si conserva perfettamente fino a 10 giorni, meglio se coperta
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Ingredienti
+500 g di semi di sesamo
+300 g di miele
+150 g di zucchero
+130 g di mandorle tostate
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+500 g di semi di sesamo
+300 g di miele
+150 g di zucchero
+130 g di mandorle tostate
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Ricetta della cubbaita (giuggiulena)
Versare il miele in un tegame e farlo sciogliere a fiamma bassa. Quindi aggiungere lo zucchero mescolando continuamente. Quando la miscela raggiungerà il punto di ebollizione, aggiungere i semi di sesamo e le mandorle tagliate grossolanamente o tritate e fare cuocere, sempre a fiamma bassa e mescolando spesso, per il tempo necessario affinché i semi di sesamo prendano un colore ambrato e si amalgamino bene con gli altri ingredienti.
Terminata la cottura, versare il composto su di un piano di marmo unto d'olio o su carta da forno e spianare rapidamente la cubbaita fino a farle raggiungere uno spessore tra i 5 e i 10 mm. Infine, dividere con un coltello la cubbaita in tanti rettangoli o rombi e lasciare raffreddare a temperatura ambiente.
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
Versare il miele in un tegame e farlo sciogliere a fiamma bassa. Quindi aggiungere lo zucchero mescolando continuamente. Quando la miscela raggiungerà il punto di ebollizione, aggiungere i semi di sesamo e le mandorle tagliate grossolanamente o tritate e fare cuocere, sempre a fiamma bassa e mescolando spesso, per il tempo necessario affinché i semi di sesamo prendano un colore ambrato e si amalgamino bene con gli altri ingredienti.
Terminata la cottura, versare il composto su di un piano di marmo unto d'olio o su carta da forno e spianare rapidamente la cubbaita fino a farle raggiungere uno spessore tra i 5 e i 10 mm. Infine, dividere con un coltello la cubbaita in tanti rettangoli o rombi e lasciare raffreddare a temperatura ambiente.
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Avrebbe compiuto oggi 81 anni Paolo Borsellino, ancor oggi autentico simbolo di legalità
Le caratteristiche della caparbietà, dell’allegria e della passione per il suo lavoro fanno di Borsellino una persona speciale, un esempio, capace di trasmettere dei valori positivi per le generazioni future. La triste tragedia del suo assassinio, come quella dell’amico e collega Giovanni Falcone, non va dimenticata per il semplice fatto che deve ancora essere raggiunto l’obiettivo di una vita: sconfiggere la mafia.
Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940 in una famiglia borghese, nell’antico quartiere di origine araba della Kalsa. Entrambe i genitori sono farmacisti. Frequenta il Liceo classico “Meli” e si iscrive presso la facoltà di Giurisprudenza di Palermo: all’età di 22 anni consegue la laurea con il massimo dei voti. Membro dell’esecutivo provinciale, delegato al congresso provinciale, nel periodo universitario Paolo Borsellino viene anche eletto come rappresentante studentesco nella lista del Fuan Fanalino.
Pochi giorni dopo la laurea subisce la perdita del padre. Prende così sulle sue spalle la responsabilità di provvedere alla famiglia. Si impegna con l’ordine dei farmacisti a tenere l’attività del padre fino al conseguimento della laurea in farmacia della sorella. Tra piccoli lavoretti e le ripetizioni Borsellino studia per il concorso in magistratura che supera nel 1963.
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
Le caratteristiche della caparbietà, dell’allegria e della passione per il suo lavoro fanno di Borsellino una persona speciale, un esempio, capace di trasmettere dei valori positivi per le generazioni future. La triste tragedia del suo assassinio, come quella dell’amico e collega Giovanni Falcone, non va dimenticata per il semplice fatto che deve ancora essere raggiunto l’obiettivo di una vita: sconfiggere la mafia.
Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940 in una famiglia borghese, nell’antico quartiere di origine araba della Kalsa. Entrambe i genitori sono farmacisti. Frequenta il Liceo classico “Meli” e si iscrive presso la facoltà di Giurisprudenza di Palermo: all’età di 22 anni consegue la laurea con il massimo dei voti. Membro dell’esecutivo provinciale, delegato al congresso provinciale, nel periodo universitario Paolo Borsellino viene anche eletto come rappresentante studentesco nella lista del Fuan Fanalino.
Pochi giorni dopo la laurea subisce la perdita del padre. Prende così sulle sue spalle la responsabilità di provvedere alla famiglia. Si impegna con l’ordine dei farmacisti a tenere l’attività del padre fino al conseguimento della laurea in farmacia della sorella. Tra piccoli lavoretti e le ripetizioni Borsellino studia per il concorso in magistratura che supera nel 1963.
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L’amore per la sua terra, per la giustizia gli danno quella spinta interiore che lo porta a diventare magistrato senza trascurare i doveri verso la sua famiglia. La professione di magistrato nella città di Palermo ha per lui un senso profondo. Nel 1965 è uditore giudiziario presso il tribunale civile di Enna. Due anni più tardi ottiene il primo incarico direttivo: Pretore a Mazara del Vallo nel periodo successivo al terremoto. Si sposa alla fine del 1968, e nel 1969 viene trasferito alla pretura di Monreale dove lavora in stretto contatto con il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile.
E’ il 1975 quando Paolo Borsellino viene trasferito al tribunale di Palermo; a luglio entra all’Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con il Capitano Basile lavora alla prima indagine sulla mafia: da questo momento comincia il suo grande impegno, senza sosta, per contrastare e sconfiggere l’organizzazione mafiosa
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
E’ il 1975 quando Paolo Borsellino viene trasferito al tribunale di Palermo; a luglio entra all’Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con il Capitano Basile lavora alla prima indagine sulla mafia: da questo momento comincia il suo grande impegno, senza sosta, per contrastare e sconfiggere l’organizzazione mafiosa
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L'iris è un cibo tipico della gastronomia siciliana, la cui origine è palermitana. Come produzione tipica siciliana, è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).
L'origine del nome è molto particolare. Il cavaliere del lavoro Antonio Lo Verso, pasticcere palermitano preparò questo dolce in occasione della prima (1901) dell'opera Iris di Pietro Mascagni. La sua creazione divenne talmente famosa che indusse Antonio Lo Verso a cambiare il nome del suo caffè proprio in Iris. La pasticceria Iris di via Roma 148 da allora divenne un punto di riferimento per l'aristocrazia e la borghesia palermitana che lì si servivano per le proprie colazioni a base di caffè e appunto iris.
L'iris è una preparazione fatta di pasta lievitata dolce fritta. Nonostante sia dolce, viene annoverato tra i classici cibi di strada della cucina palermitana, venendo gustato a tutte le ore da cittadini e turisti. L'iris è una ciambella di forma tonda e senza buco avente un ripieno di crema di ricotta, zucchero, cioccolato fuso e pezzetti di cioccolato. Nel Catanese è diffusa la variante al pistacchio, cioccolato e crema bianca ovviamente anche quella alla ricotta. Va consumata calda appena fritta. Una certa diffusione ha anche una variante dell'iris al forno.
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
L'origine del nome è molto particolare. Il cavaliere del lavoro Antonio Lo Verso, pasticcere palermitano preparò questo dolce in occasione della prima (1901) dell'opera Iris di Pietro Mascagni. La sua creazione divenne talmente famosa che indusse Antonio Lo Verso a cambiare il nome del suo caffè proprio in Iris. La pasticceria Iris di via Roma 148 da allora divenne un punto di riferimento per l'aristocrazia e la borghesia palermitana che lì si servivano per le proprie colazioni a base di caffè e appunto iris.
L'iris è una preparazione fatta di pasta lievitata dolce fritta. Nonostante sia dolce, viene annoverato tra i classici cibi di strada della cucina palermitana, venendo gustato a tutte le ore da cittadini e turisti. L'iris è una ciambella di forma tonda e senza buco avente un ripieno di crema di ricotta, zucchero, cioccolato fuso e pezzetti di cioccolato. Nel Catanese è diffusa la variante al pistacchio, cioccolato e crema bianca ovviamente anche quella alla ricotta. Va consumata calda appena fritta. Una certa diffusione ha anche una variante dell'iris al forno.
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Forwarded from 🌿Natura Sapori & Benessere 💮 (👑🇶 🇺 🇪 🇪 🇳👑)
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Il couscous è il piatto più popolare in Marocco e nel Nord Africa, ma diffuso in tutto il mondo. La storia ha elaborato diverse opinioni circa le sue origini. Alcuni ritengono che il couscous, come la pasta, sia stata creato in Cina, mentre altri sono sicuri della sua origine dall’Africa dell’est. Tuttavia, l’evidenza più palese sembra indicare il Nord Africa. Inoltre, proprio qui, delle scoperte archeologiche risalenti al nono secolo, avrebbe portato alla luce degli utensili da cucina per preparare il couscous.
Nell’undicesimo secolo, la conquista arabo-islamica ha contribuito alla diffusione del piatto in tutta la regione nordafricana. La crescita economica e lo sviluppo della produzione di grano ne hanno accelerato l’espansione. Quindi il couscous fu portato in Spagna, nella regione meridionale dell’Andalusia, e lungo il perimetro del Mediterraneo. In uno scritto del XVI secolo di Francois Revelais, si nota come in Provenza fosse diffuso e apprezzato il Coscoton a la Moresque. Il couscous giunse fino in Sud America, attraverso le colonie portoghesi emigrate dal Marocco. L’espansione del couscous è continuata durante il XX secolo, soprattutto a causa di ondate migratorie dal Nord Africa verso l’Europa, la Francia in particolare. Un recente sondaggio ha svelato come il couscous sia oggi il secondo piatto preferito dai transalpini.
Oggi il couscous è l’ambasciatore culinario del Nord Africa ed è un emblema dell’arte culinaria marocchina. Vediamo la ricetta del couscous tradizionale.
@saporietradizionidelmondo🌎
@siciliaterramia🌵
@vogliadisapere 📚
Nell’undicesimo secolo, la conquista arabo-islamica ha contribuito alla diffusione del piatto in tutta la regione nordafricana. La crescita economica e lo sviluppo della produzione di grano ne hanno accelerato l’espansione. Quindi il couscous fu portato in Spagna, nella regione meridionale dell’Andalusia, e lungo il perimetro del Mediterraneo. In uno scritto del XVI secolo di Francois Revelais, si nota come in Provenza fosse diffuso e apprezzato il Coscoton a la Moresque. Il couscous giunse fino in Sud America, attraverso le colonie portoghesi emigrate dal Marocco. L’espansione del couscous è continuata durante il XX secolo, soprattutto a causa di ondate migratorie dal Nord Africa verso l’Europa, la Francia in particolare. Un recente sondaggio ha svelato come il couscous sia oggi il secondo piatto preferito dai transalpini.
Oggi il couscous è l’ambasciatore culinario del Nord Africa ed è un emblema dell’arte culinaria marocchina. Vediamo la ricetta del couscous tradizionale.
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Il cous cous sbarca in Sicilia
Tutte le fonti del periodo puntano decisamente sulle coste della Barbaria (che vanno dall’Oceano Atlantico fino al confine con l’Egitto) per localizzare i luoghi di produzione e consumo di questo alimento. Per collocare il cous cous sulle coste italiane è necessario attendere il 1777 con una testimonianza inserita un secolo più tardi all’interno di un saggio di antropologia sugli usi e i costumi del popolo siciliano a cura di Giuseppe Pitré. Nel racconto viene riferito un episodio in occasione di un matrimonio a Trapani “[fu] regalata al parroco una pietanza chiamata cuscusu colla carne di porco, vivanda in Sicilia dai saraceni lasciata ”.
La cronaca prosegue descrivendo la lavorazione della semola, identica in tutto a quella tradizionale utilizzata nel Nordafrica: “formasi con della semola in un vaso, ove di tanto in tanto spruzzandosi dell’acqua, e strisciandovisi leggermente la mano in giro, in minutissime coccoline si riduce; quindi su una pentola, o sia dentro la sola carne a bollire, un’altra con ispessi e piccoli buchi nel fondo e che la preparata semola contiene, assettandosi, al caldo fumo di quella, che le sta sotto si cuoce”.
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Tutte le fonti del periodo puntano decisamente sulle coste della Barbaria (che vanno dall’Oceano Atlantico fino al confine con l’Egitto) per localizzare i luoghi di produzione e consumo di questo alimento. Per collocare il cous cous sulle coste italiane è necessario attendere il 1777 con una testimonianza inserita un secolo più tardi all’interno di un saggio di antropologia sugli usi e i costumi del popolo siciliano a cura di Giuseppe Pitré. Nel racconto viene riferito un episodio in occasione di un matrimonio a Trapani “[fu] regalata al parroco una pietanza chiamata cuscusu colla carne di porco, vivanda in Sicilia dai saraceni lasciata ”.
La cronaca prosegue descrivendo la lavorazione della semola, identica in tutto a quella tradizionale utilizzata nel Nordafrica: “formasi con della semola in un vaso, ove di tanto in tanto spruzzandosi dell’acqua, e strisciandovisi leggermente la mano in giro, in minutissime coccoline si riduce; quindi su una pentola, o sia dentro la sola carne a bollire, un’altra con ispessi e piccoli buchi nel fondo e che la preparata semola contiene, assettandosi, al caldo fumo di quella, che le sta sotto si cuoce”.
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