Nel 2010 realizza una scultura per la “Notte della Cultura”, e l’anno seguente realizza un’altra opera per la manifestazione “Angeli in Città”.
Artista eclettico dalla vena creativa multiforme e dallo stile originale, la sua arte può essere solo in parte accostata alle esperienze della Transavanguardia e del neoespressionismo.
Ccosì come indicato da Teresa Pugliatti e Luigi Ferlazzo Natoli, il suo stile pare debitore più della quotidianità estetica della città di Messina, che ai grandi nomi dell’arte contemporanea.
Biografia di Ute Pyka e Umberto Leone:
Verso la fine degli anni 1980 Pyka e Leone si incontrano a Selinunte e decidono di collaborare.
Incominciano a costruire mobili-scultura e nel 1990 nasce la prima collezione di design presentata a Palermo.
Nel 1994, con il marchio Pyka e Leone presentano a Verona, in occasione di “Abitare il Tempo” le lampade-scultura “Eliotopiche”.
Aprendo le porte dei più qualificati showroom italiani e europei.
Nel 1997 presentano al Museo Civico di Castelvetrano, l’installazione “Arte in Corso”, che viene premiata a New York dalla rivista ID Magazine in occasione del 44mo International Design Annual Review.
Nel 1998 cominciano a collaborare con la Fondazione Orestiadi di Gibellina con una serie di mostre.
Nel 2002 le loro opere fanno parte della collettiva ‘Corrispondences‘ – Art from Sicily, con catalogo di A. Bonito Oliva, che viene ospitata nel museo del Cairo e in quello di Damasco.
Nel 2007, in collaborazione con lo scrittore Vincenzo Consolo realizzano la stanza d’arte ‘Lunaria-Contrada senza nome’ (museo-albergo Atelier sul Mare di Antonio Presti).
Alla fine dello stesso anno, la Fondazione Buttitta attribuisce loro il premio per la ricerca sulle arti ‘Antonio Maggio’.
Quest’anno il Rito della luce – Solstizio d’estate si è adeguato alle regole dettate dal Covid-19.
Oltre alle inaugurazioni delle due nuove opere non poteva mancare icon l’apertura della Piramide 38° Parallelo, opera di Mauro Staccioli.
Antonio Presti afferma:
“L’animavirus sarà l’antidoto contro la svuotante cultura dell’attimo fuggente.
Contro la radioattività che ha contaminato un presente senza futuro.
Al moto centrifugo degli anni passati si sostituisce quello centripeto di quest’anno, volto alla meditazione individuale, alla riflessione profonda di ciascuno su quest’importante momento di passaggio.
Ritrovare relazioni autentiche senza mummificarsi nella superficialità dell’Avere era ormai urgenza, impellenza, una strada per la sopravvivenza“.
@siciliaterramia
@sicilianewseinfo
Artista eclettico dalla vena creativa multiforme e dallo stile originale, la sua arte può essere solo in parte accostata alle esperienze della Transavanguardia e del neoespressionismo.
Ccosì come indicato da Teresa Pugliatti e Luigi Ferlazzo Natoli, il suo stile pare debitore più della quotidianità estetica della città di Messina, che ai grandi nomi dell’arte contemporanea.
Biografia di Ute Pyka e Umberto Leone:
Verso la fine degli anni 1980 Pyka e Leone si incontrano a Selinunte e decidono di collaborare.
Incominciano a costruire mobili-scultura e nel 1990 nasce la prima collezione di design presentata a Palermo.
Nel 1994, con il marchio Pyka e Leone presentano a Verona, in occasione di “Abitare il Tempo” le lampade-scultura “Eliotopiche”.
Aprendo le porte dei più qualificati showroom italiani e europei.
Nel 1997 presentano al Museo Civico di Castelvetrano, l’installazione “Arte in Corso”, che viene premiata a New York dalla rivista ID Magazine in occasione del 44mo International Design Annual Review.
Nel 1998 cominciano a collaborare con la Fondazione Orestiadi di Gibellina con una serie di mostre.
Nel 2002 le loro opere fanno parte della collettiva ‘Corrispondences‘ – Art from Sicily, con catalogo di A. Bonito Oliva, che viene ospitata nel museo del Cairo e in quello di Damasco.
Nel 2007, in collaborazione con lo scrittore Vincenzo Consolo realizzano la stanza d’arte ‘Lunaria-Contrada senza nome’ (museo-albergo Atelier sul Mare di Antonio Presti).
Alla fine dello stesso anno, la Fondazione Buttitta attribuisce loro il premio per la ricerca sulle arti ‘Antonio Maggio’.
Quest’anno il Rito della luce – Solstizio d’estate si è adeguato alle regole dettate dal Covid-19.
Oltre alle inaugurazioni delle due nuove opere non poteva mancare icon l’apertura della Piramide 38° Parallelo, opera di Mauro Staccioli.
Antonio Presti afferma:
“L’animavirus sarà l’antidoto contro la svuotante cultura dell’attimo fuggente.
Contro la radioattività che ha contaminato un presente senza futuro.
Al moto centrifugo degli anni passati si sostituisce quello centripeto di quest’anno, volto alla meditazione individuale, alla riflessione profonda di ciascuno su quest’importante momento di passaggio.
Ritrovare relazioni autentiche senza mummificarsi nella superficialità dell’Avere era ormai urgenza, impellenza, una strada per la sopravvivenza“.
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Miss Mondo: ecco Viviana, la bellezza nissena che rappresenterà l'Italia @sicilianewseinfo
#goodnews 〽️
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Miss Mondo: ecco Viviana, la bellezza nissena che rappresenterà l'Italia
Da Caltanissetta al concorso mondiale di bellezza: è l’ascesa della giovane Viviana Vizzini che a 27 anni ha conquistato il titolo di Miss Universo Italy ed è pronta a rappresentare l’Italia nel mondo alle finali di Las Vegas. In questi giorni frenetici,…
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Quale miglior modo per iniziare questa nuova settimana se non con una dolce e buona colazione?
Buongiorno ☀️☕️💋
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@saporietradizionidelmondo🌏
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Tumori del sangue, somministrata per la prima volta in Sicilia l'immunoterapia Car-T @sicilianewseinfo
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Tumori del sangue, somministrata per la prima volta in Sicilia l'immunoterapia Car-T
PALERMO - Somministrata per la prima volta in Sicilia una terapia innovativa per combattere i tumori del sangue. Il dipartimento oncologico «La Maddalena» di Palermo è il primo ospedale dell’Isola dove è stata praticata l'immunoterapia con Car-T, una delle…
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Bonu tempu e malu tempu nun duranu tuttu u tempu.
Letteralmente, si traduce in italiano come: “Bel tempo e cattivo tempo non durano tutto il tempo”. Ma cosa significa? Il proverbio vuole dire che felicità e tristezza non durano per sempre. È importante, quindi, tanto non scoraggiarsi, quanto non ritenersi troppo invincibili. Anche i periodi peggiori passano, bisogna essere forti e avere pazienza.
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
#siciliafan
#proverbi
#capomilazzo
#messina
Letteralmente, si traduce in italiano come: “Bel tempo e cattivo tempo non durano tutto il tempo”. Ma cosa significa? Il proverbio vuole dire che felicità e tristezza non durano per sempre. È importante, quindi, tanto non scoraggiarsi, quanto non ritenersi troppo invincibili. Anche i periodi peggiori passano, bisogna essere forti e avere pazienza.
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Strìtta 'un ci càpi e làrga 'un ci tràsi.
Detto ben noto che significa: "Non è mai contento, non gli va mai bene niente.
Ricorrono due termini che val la pena di osservare:
TRÀSIRI. Entrare; participio passato, trasùtu, entrato/a. Sostantivo: trasùta, entrata (di un luogo, di un immobile).
Latino composto da intra (dentro) + se (pronome personale riflessivo + ire (andare); oppure da trans (attraverso) + ire.
CÀPIRI. (Ormai poco usato) Non è l'italiano "capire", ma si riferisce alla capacità di contenere una certa quantità di cose, aver capacità di grandezza, di volume (per miglior comprensione, citiamo l'italiano "capiente"); cì càpi, ’un ci càpi, ci entra, non ci entra. Capùta 1. Participio passato di capìri, capire: compresa, capìta;’a cosa fù màla capùta, la cosa è stata capita male, malintesa. 2. Sostantivo, contenitore, recipiente, genericamente inteso (secchio, paniere, ciotola o altro), per piccole quantità di prodotti o di liquidi (vino, olio, acqua, etc.); pìgghia 'na capùta pi l'ògghiu, prendi un recipiente per metterci l'olio. Latino "capio, capere", aver capacità, contenere.
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
#dialetti
Detto ben noto che significa: "Non è mai contento, non gli va mai bene niente.
Ricorrono due termini che val la pena di osservare:
TRÀSIRI. Entrare; participio passato, trasùtu, entrato/a. Sostantivo: trasùta, entrata (di un luogo, di un immobile).
Latino composto da intra (dentro) + se (pronome personale riflessivo + ire (andare); oppure da trans (attraverso) + ire.
CÀPIRI. (Ormai poco usato) Non è l'italiano "capire", ma si riferisce alla capacità di contenere una certa quantità di cose, aver capacità di grandezza, di volume (per miglior comprensione, citiamo l'italiano "capiente"); cì càpi, ’un ci càpi, ci entra, non ci entra. Capùta 1. Participio passato di capìri, capire: compresa, capìta;’a cosa fù màla capùta, la cosa è stata capita male, malintesa. 2. Sostantivo, contenitore, recipiente, genericamente inteso (secchio, paniere, ciotola o altro), per piccole quantità di prodotti o di liquidi (vino, olio, acqua, etc.); pìgghia 'na capùta pi l'ògghiu, prendi un recipiente per metterci l'olio. Latino "capio, capere", aver capacità, contenere.
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Anticamente, quando ancora il pane si faceva in casa, un utensile indispensabile era 'a maidda'.
La maidda, ottenuto da un unico pezzo di legno, altro non è che un contenitore per impastare la farina, di forma rettangolare e con una maniglia per ogni lato.
Il pane fatto in casa: vuoi per la lunga conservazione, vuoi per la povertà di quei tempi, si faceva ogni due settimane, infatti quando si faceva il pane era una giornata di festa...
E 'u lasagnaturi' ? Già che impastiamo la farina, facciamo anche la pasta che stenderemo Co lasagnaturi (il matterello), dalle mie parti si usava fare i maccaruni, ricordo mi nonna che usava i ferri da maglia per dargli la forma.
Oggi la maidda antica si usa come oggetto di design, da integrare anche in un arredamento moderno, ma per la sua funzione e praticità è riproposta da molte falegnamerie.
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
#siciliafan
La maidda, ottenuto da un unico pezzo di legno, altro non è che un contenitore per impastare la farina, di forma rettangolare e con una maniglia per ogni lato.
Il pane fatto in casa: vuoi per la lunga conservazione, vuoi per la povertà di quei tempi, si faceva ogni due settimane, infatti quando si faceva il pane era una giornata di festa...
E 'u lasagnaturi' ? Già che impastiamo la farina, facciamo anche la pasta che stenderemo Co lasagnaturi (il matterello), dalle mie parti si usava fare i maccaruni, ricordo mi nonna che usava i ferri da maglia per dargli la forma.
Oggi la maidda antica si usa come oggetto di design, da integrare anche in un arredamento moderno, ma per la sua funzione e praticità è riproposta da molte falegnamerie.
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A “maidda” siciliana. Come descrivevano le massaie siciliane di una volta, “a maidda è nu mòbbuli di lignu, ginirarmenti a forma di casciuni rittanculari, usatu tradizziunarmenti n campagna pi mpastari lu pani, cunzirvari farina, lèvutu e àutri gèniri alimentari”. La maidda, in italiano madia, è un contenitore ricavato da un unico blocco di legno, di forma rettangolare, con i bordi rialzati, in cui veniva impastato il pane nelle abitazioni di campagna, oggi prevalentemente utilizzato come elemento decorativo nelle case di villeggiatura come fioriera o portariviste. Nel passato fare il pane era un rituale che si ripeteva ogni 15 giorni, il capofamiglia si recava al mulino per comprare il sacco di farina che doveva essere macinata fresca, e la figlia femmina più piccola aveva invece il compito di andare a prendere il “crescente” (lievito madre) dalla vicina di casa che per ultima aveva fatto il pane. Il contenitore del lievito madre era condiviso da tutte le famiglie del quartiere, e girava di casa in casa da anni per mantenere sempre vivo con le nuove “prese” rigeneranti il suo prezioso e delicato contenuto. Nel giorno prefissato per la preparazione del pane, durante la colazione la famiglia riunita organizzava il lavoro per preparare 20 kg tra “Vastedde” (tipica pagnotta siciliana) e “Cucciddati” (ciambelle) che in genere bastavano per circa 15 giorni. Nel passato il pane era uno degli alimenti principali nelle tavole dei siciliani e veniva utilizzato in molti modi sia nel salato che nel dolce, all’insegna dell’economia e di un’alimentazione fatta di poche cose semplici ma genuine. La cucina durante la preparazione delle pagnotte diventava un campo di battaglia, e “a maidda” guadagnava il centro della scena. Dopo aver fatto cadere setacciata a pioggia la farina al suo interno, si metteva il sale miscelato a secco per non compromettere il buon esito della lievitazione, reazione purtroppo abbastanza comune quando il sale entrava a contatto diretto con il lievito madre cagionandone il rallentamento della crescita. Infine si faceva una fontana al cui interno si aggiungevano il lievito e l’acqua tiepida dando il via alla lavorazione dell’impasto che richiedeva un ritmo sostenuto ed una presa energica effettuata da almeno due persone alla volta. La pasta veniva appallottolata e presa a pugni, sollevata in aria e poi sbattuta con grande forza, al fine di fargli incorporare aria per ottenere una migliore lievitazione. Quando poi sulla superficie dell’impasto cominciavano a comparire le bolle, era pronto per essere frazionato in panetti che venivano adagiati a riposare su un tavolo appositamente abbigliato con coperte e due tovaglie bianche infarinate. A maidda rimaneva pulita, completamente priva di residui attaccati se la lavorazione era stata ben fatta, e questo era motivo di orgoglio di molte esperte massaie. In ultimo si procedeva con la cottura del pane nel forno a legna. Quando non era utilizzata per la lavorazione dell’impasto, a maidda aveva la funzione di contenitore per il pane ma anche di altri alimenti. Forse ancora oggi in qualche paese c’è qualcuno che l’adopera, ma nella maggior parte delle case le vecchie o antiche maidde sono diventate solo un pezzo d’arredamento a ricordo di un passato che purtroppo non tornerà più.
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