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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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Anche il torrone ha origini siciliane.

Il torrone di Caltanissetta è una specialità di antica origine.

Questo dolce vanta una storia molto antica, che tuttavia non tutti conoscono.

Una fonte storica ci porta indietro addirittura al 300 a.C., quando viene citato un dolce chiamato koptè.

Quando si pensa al torrone, difficilmente lo si associa alla Sicilia, eppure le sue origini affondano le radici nel territorio della nostra isola, più precisamente a Caltanissetta. Questo dolce vanta una storia antica, ma poco conosciuta. Il torrone che si prepara nell’entroterra siciliano è un presidio Slow Food e si prepara con maestria da generazioni. Già in alcuni documenti del 1600 si fa riferimento a un dolce, tipico delle festività natalizie, che tuttavia non aveva ancora il nome di torrone

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La storia

Le attività di vendita in città risalgono al 1860, ma una fonte ci porta indietro addirittura al 300 a.C., quando il filosofo Clearco di Soli cita un dolce a base di frutta secca e miele, chiamato koptè. Questo dolce, ben presto, divenne popolare in tutto il Mediterraneo, con un nome che cambiò presto in “cuppedia” e poi nell’arabo “cubaita”. Questa sovrapposizione di nomi ha generato un po’ di equivoci con il croccante di mandorle, chiamato appunto cubaita, che ha una preparazione molto diversa. La storia del torrone di Caltanissetta è legata ai tanti mandorleti e pistacchieti dell’entroterra siciliano. A testimonianza della sua bontà, nel 1884, raggiunse il primo posto sul podio dell’Esposizione generale italiana di Torino, per la categoria “torroni e panforte”, lasciando senza parole i torronai di Cremona, Caserta e Siena. A vincere fu Salvatore Amico, mentre altri due nisseni, cioè Luigi Giannone e Giuseppe Infantolino, ottennero la menzione d’oro. In quegli anni c’erano ben 8 torronifici in città. Oggi c’è ancora il torronificio fondato nel 1879 da Michele Geraci, arrivato alla quarta generazione

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Come si fa il torrone di Caltanissetta

Il torrone di Caltanissetta è chiamato in dialetto “turruni” e comprende diverse varianti. Quello tradizionale, a pasta dura, si prepara con mandorle, pistacchi, miele, albume d’uovo, zucchero e sciroppo di glucosio. Le maestranze mescolano gli ingredienti in una caldaia dal fondo di rame, simile alle caldaie utilizzate anticamente. Nella fase finale della cottura a fiamma bassa (che dura otto ore) aggiungono mandorle e pistacchi siciliani. Al termine della cottura, l’impasto è distribuito in telai di forma rettangolare. Il torrone si stende e si lavora con mattarelli in legno. Il verbo utilizzato per descrivere questa fase è incorporare (‘intularare’, in dialetto).

Le maestranze distribuiscono altro pistacchio di prima scelta, tritato con la macchina raffinatrice, sulla superficie dei blocchi di torrone. I telai vengono messi sotto una pressa che uniforma la superficie e fissa meglio il pistacchio. Quando il torrone si raffredda, il torrone di Caltanissetta è estratto dai telai e tagliato in pezzature da 50, 100 o 250 grammi.

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Cuccia !!!!
La cuccìa è un dolce di grano bollitto solitamente mescolato con crema di ricotta , zucca candita e scaglie di cioccolato. Tipico e apprezzatissimo dolce della Festa di Santa Lucia del 13 dicembre la cuccìa di Santa Lucia è consumata in particolar modo nelle zone di Palermo e Siracusa, che se ne contendono l’invenzione. Infatti, secondo la tradizione, la cuccìa intende ricordare due episodi molto simili avvenuti a Palermo nel 1646 e a Siracusa nel 1763. Da tempo il popolo era stremato da una terribile carestia e invocava l’aiuto divino affinché la propria sofferenza avesse termine. Impietosita dalle sue preghiere, Santa Lucia si impegnò a fare attraccare alcune navi cariche di grano nei rispettivi porti delle due città. Tuttavia, serviva troppo tempo per trasformare il grano in farina e poi in pane e così tanto i palermitani quanto i siracusani decisero di adottare la soluzione più immediata per placare la fame: bollirono il grano e lo condirono con un po’ d’olio. Così nacque la prima cuccìa ed è per rispetto di quei giorni difficili e della misericordiosa Santa Lucia che ancora oggi è usanza molto osservata tra gli abitanti delle due città siciliane e dei paesi vicini astenersi dal consumo di pasta e pane ogni 13 dicembre.
Ingredienti
800 g di ricotta di pecora
500 g di grano tenero
300 g di zucchero
100 g di gocce di cioccolato
100 g di capelli d'angelo (zucca candita a strisce sottili)
Cannella in polvere q.b.
Per la crema di ricotta
Mettere la ricotta di pecora a sgocciolare in un colino e riporla in frigorifero finché non avrà perso il siero, quindi setacciarla, mescolarla per bene in una terrina insieme allo zucchero e aggiungere le gocce di cioccolato e i capelli d'angelo.
Per la cottura della cuccìa
Tenere il grano in acqua per tre giorni, avendo cura di cambiare l’acqua ogni 24 ore.
Trascorsi i tre giorni in ammollo, sciacquare il grano in acqua corrente e lessarlo in acqua abbondante con una presa di sale e una punta di bicarbonato di sodio (meglio cuocerlo in una pentola a pressione per 50 minuti circa, altrimenti la cottura si prolungherà di almeno tre ore).
Quando il grano sarà diventato gonfio e molto morbido, lasciarlo intiepidire nella sua stessa acqua di cottura, quindi scolarlo e condirlo con la crema di ricotta e la cannella in polvere.

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