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Il presepe vivente di Custonaci è considerato ad oggi il più grande evento di valorizzazione dei mestieri e delle tradizioni popolari siciliane. Un cast composto da oltre 160 fra artisti, artigiani e figuranti. Un tuffo nel passato, il fascino della Sicilia di un tempo. Lo spettacolo ha luogo a Borgo Scurati una realtà di case rurali disseminate come in un presepe a ridosso di un contesto di grotte naturali, primeggia la grotta Mangiapane dove è rappresentata la scena della natività.
La Grotta Mangiapane fa parte del preistorico sistema insediativo che a Scurati – frazione del comune di Custonaci in provincia di Trapani – conta un totale di nove cavità, alcune delle quali comprese nella Riserva Naturale Orientata Monte Cofano. La Mangiapane registra un’altezza di 70 metri, una larghezza di 13 e una profondità di 50, dimensioni tali da porla in cima alla gerarchia delle grotte siciliane.
@sicilianewseinfo
@siciliaterramia
La Grotta Mangiapane fa parte del preistorico sistema insediativo che a Scurati – frazione del comune di Custonaci in provincia di Trapani – conta un totale di nove cavità, alcune delle quali comprese nella Riserva Naturale Orientata Monte Cofano. La Mangiapane registra un’altezza di 70 metri, una larghezza di 13 e una profondità di 50, dimensioni tali da porla in cima alla gerarchia delle grotte siciliane.
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Le grotte, abbandonate dai pastori che l'utilizzavano per la lavorazione della ricotta, hanno trovato altro utilizzo. Annualmente, dal 1983, la grotta è diventata sede del suggestivo Presepe vivente di Custonaci, testimonianza della vita contadina dell'agro ericino alla fine dell'Ottocento, meta di turisti e devoti.
Accanto all’evento religioso della Natività vi sono rappresentazioni del lavoro artigiano e rurale che hanno dato vita, con gli anni, a una suggestiva messa in scena. Un evento reso caratteristico anche dalla presenza di suoni, odori e colori che ricostruiscono veri e propri spaccati di vita. La messinscena è accurata come quella di un set cinematografico: i pastori mungono e fabbricano vero formaggio, le massaie preparano la pasta e infornano il pane, con un cast composto da oltre 160 interpreti, tra artigiani-artisti provenienti dall'intera Sicilia e maestranze contadine e figuranti locali. È la Sicilia più antica che interpreta se stessa. Ecco come un intero paese partecipa alla sacra rappresentazione... e diventa museo stabile.
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Basta un attimo per sentirti avvolta da una sensazione nuova e antica, avvolgente e narcotizzante assieme, quell’attimo in cui poggi il piede su quest’isola, appena scesa da un treno o da un aereo. E subito capisci che questa terra, questo paesaggio, questa luce ti appartengono, fanno parte del tuo dna, delle tue radici, della tua anima, di qualcosa che senti tuo…
(Claudia Cardinale)
Buongiorno🌵☀️☕️💋
@siciliaterramia
(Claudia Cardinale)
Buongiorno🌵☀️☕️💋
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Per tutte le volte che hai detto "Botta ri sale": come nasce il modo di dire siciliano @sicilianewseinfo
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Per tutte le volte che hai detto "Botta ri sale": come nasce il modo di dire siciliano
Il sale, in Sicilia, ha dato da lavoro, è servito per scongiurare il malocchio ed è diventato pure un modo di dire tipico del nostro dialetto. E noi vi sveliamo qual è la sua origine Chi non ha mai sentito l’espressione botta ri sale? Da che mondo è mondo…
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L'ORECCHIO DI DIONISIO
L'orecchio di Dionisio è una grotta artificiale, scavata nel calcare, alta circa 23 metri larga dagli 8 agli 11 e profonda circa 65, dotata di una eccezionale proprietà acustica che amplifica i suoni fino a 16 volte.
La sua particolare forma, simile ad un padiglione auricolare, e le sue caratteristiche acustiche, indussero Michelangelo di Caravaggio a soprannominarla "Orecchio di Dionisio", avvalorando così la leggenda secondo la quale la grotta sarebbe stata fatta costruire da Dionisio,tiranno di Siracusa, per rinchiudervi i prigionieri e poter ascoltare da un'apertura dall'alto le loro parole amplificate dall'eco.
In effetti la particolare forma della grotta è dovuta al fatto che lo scavo iniziò dall'alto andando ad allargarsi verso il basso per seguire una vena di roccia di ottima qualità.
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L'orecchio di Dionisio è una grotta artificiale, scavata nel calcare, alta circa 23 metri larga dagli 8 agli 11 e profonda circa 65, dotata di una eccezionale proprietà acustica che amplifica i suoni fino a 16 volte.
La sua particolare forma, simile ad un padiglione auricolare, e le sue caratteristiche acustiche, indussero Michelangelo di Caravaggio a soprannominarla "Orecchio di Dionisio", avvalorando così la leggenda secondo la quale la grotta sarebbe stata fatta costruire da Dionisio,tiranno di Siracusa, per rinchiudervi i prigionieri e poter ascoltare da un'apertura dall'alto le loro parole amplificate dall'eco.
In effetti la particolare forma della grotta è dovuta al fatto che lo scavo iniziò dall'alto andando ad allargarsi verso il basso per seguire una vena di roccia di ottima qualità.
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Situata all'interno della latomia del Paradiso, ancora coperta, vi è la Grotta dei Cordari che, per secoli, grazie alla propria lunghezza e alla presenza dell'acqua, ha ospitato l'arte dei fabbricanti di corde, i cordari appunto. La volta è sostenuta ancora da piloni lasciati dai cavatori di pietre, e si vedono enormi blocchi ben squadrati pendere dal soffitto come colossali stalattiti. Qui si fabbricavano le corde sfruttando l'umidità del posto. Molto suggestiva per la vegetazione di muschi e capelvenere, la Grotta dei Cordari è famosa anche per i giochi di luce che si creano al suo interno. Sulle pareti e sul soffitto, in alcuni punti, si notano i piani di estrazione dei blocchi di calcare.
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Coronavirus e voglia di viaggiare, la classifica delle 10 mete più sognate: la Sicilia al 4° posto @sicilianewseinfo
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Coronavirus e voglia di viaggiare, la classifica delle 10 mete più sognate: la Sicilia al 4° posto
SICILIA – Dall’inizio della pandemia, quasi un anno fa, l’idea di viaggiare è diventata più un sogno che una realtà effettiva, ma l’arrivo del vaccino ha risvegliato quella voglia di evadere che tanto ci mancava. Così, la volontà di guardare al futuro con…
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Salvatore Borsellino vince il Premio Astrea 2020 in memoria del fratello Paolo @sicilianewseinfo
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Salvatore Borsellino vince il Premio Astrea 2020 in memoria del fratello Paolo
È stata dedicata a Paolo Borsellino l'edizione 2020 del Premio Nazionale Astrea. Si tratta di un premio che si svolge ogni anno in Calabria, allo scopo di conferire un riconoscimento a personalità italiane che si sono contraddistinte, in vari ambiti, per…
Il “Castello Matagriffone”.
Dal nome di “Castello Matagriffone” si risale alla presenza di una fortificazione già intorno al 1061 d.C., con la conquista della Sicilia da parte dei Normanni. Venti anni dopo, nel 1081 d.C., si ricordano le azioni di Ruggero I protese a rafforzare le difese dell’abitato tramite la costruzione di un vero e proprio castello che diverrà Palazzo Reale.
Un secolo dopo (1190 d.C.), prima di partire per la III crociata, sbarca a Messina Riccardo Cuor di Leone, il quale, soggiornando in città per circa sei mesi, impartisce ordini al fine di edificare il castello di “Mategrifon”. Il toponimo, composto da due termini, significa “ammazza-griffoni”, nomignolo quest’ultimo affibbiato dagli europei a greci e levantini. In onore al re guelfo la nuova fortificazione verrà anche chiamata “Roccaguelfonia”, per ricordare colui che la fece costruire.
@sicilianewseinfo
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Dal nome di “Castello Matagriffone” si risale alla presenza di una fortificazione già intorno al 1061 d.C., con la conquista della Sicilia da parte dei Normanni. Venti anni dopo, nel 1081 d.C., si ricordano le azioni di Ruggero I protese a rafforzare le difese dell’abitato tramite la costruzione di un vero e proprio castello che diverrà Palazzo Reale.
Un secolo dopo (1190 d.C.), prima di partire per la III crociata, sbarca a Messina Riccardo Cuor di Leone, il quale, soggiornando in città per circa sei mesi, impartisce ordini al fine di edificare il castello di “Mategrifon”. Il toponimo, composto da due termini, significa “ammazza-griffoni”, nomignolo quest’ultimo affibbiato dagli europei a greci e levantini. In onore al re guelfo la nuova fortificazione verrà anche chiamata “Roccaguelfonia”, per ricordare colui che la fece costruire.
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Nel 1240 Federico II ne amplierà le mura e qualche anno dopo la fortezza passerà in mano angioina; all’indomani del Vespro il complesso fortificato è l’ultimo baluardo all’interno del quale si asserragliano i seguaci di Carlo I d’Angiò incalzati dalla popolazione di Messina tutta in rivolta contro l’oppressore francese. L’esito è scontato, nel 1283 il castello viene incendiato dalla gente vittoriosa. L’edificio, sebbene danneggiato, intorno agli ultimi anni del XIII sec. diventa dimora della regina Costanza di Altavilla. Alla fine del XV sec. nuovi interventi rivolti all’ampliamento della fortezza saranno ordinati da Ferdinando il Cattolico, del quale rimane una iscrizione presso l’attuale torre superstite. Nei secoli successivi, divenuto sede del Senato di Messina, il castello con i suoi bastioni cinquecenteschi è protagonista o vittima delle continue rivolte della città: nel 1674 Messina si ribella agli spagnoli; nel 1718 e 1734 il forte subisce cannoneggiamenti a causa delle ribellioni. Nel 1759, forse per la decadenza delle strutture, il castello è convertito parzialmente in convento degli Agostiniani scalzi; nel 1838 in carcere distrettuale; nel 1848 i messinesi, in rivolta contro i Borboni, assediano e danneggiano quel che rimane dell’antica fortezza.
Il castello, in posizione assolutamente strategica, sorgeva su di una collina alta m. 60 sopra il livello del mare, dominando sia la città che il porto, compreso lo stretto. D’altronde l’immediato entroterra di Messina è del tutto montuoso, con tanti rilievi adatti per edificare strutture difensive (come avverrà dopo l’unità d’Italia con i “forti umbertini”). Oggi è possibile solo intuire la reale forma dell’antica fortezza. Delle bastionature cinquecentesche rimangono numerosi ruderi, per la maggior parte nascosti, obliterati o, addirittura, trasformati in edifici residenziali.
È curioso notare come la disposizione delle abitazioni civili sia il risultato di un adattamento progressivo alla topografia disegnata dal colle e dalla cinta muraria del XVI sec. nel momento in cui quest’ultima ha perso le sue funzioni strettamente difensive. Ciò sarebbe avvenuto soprattutto in seguito alla ricostruzione dopo il terremoto del 1908, cataclisma i cui effetti sul “Castello Matagriffone” saranno stati certamente devastanti, sebbene poco documentati. Sotto il viale principe Umberto trova inoltre posto una porta ad arco bugnato, forse l’antico ingresso della fortezza risultato delle trasformazioni cinquecentesche.
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Il castello, in posizione assolutamente strategica, sorgeva su di una collina alta m. 60 sopra il livello del mare, dominando sia la città che il porto, compreso lo stretto. D’altronde l’immediato entroterra di Messina è del tutto montuoso, con tanti rilievi adatti per edificare strutture difensive (come avverrà dopo l’unità d’Italia con i “forti umbertini”). Oggi è possibile solo intuire la reale forma dell’antica fortezza. Delle bastionature cinquecentesche rimangono numerosi ruderi, per la maggior parte nascosti, obliterati o, addirittura, trasformati in edifici residenziali.
È curioso notare come la disposizione delle abitazioni civili sia il risultato di un adattamento progressivo alla topografia disegnata dal colle e dalla cinta muraria del XVI sec. nel momento in cui quest’ultima ha perso le sue funzioni strettamente difensive. Ciò sarebbe avvenuto soprattutto in seguito alla ricostruzione dopo il terremoto del 1908, cataclisma i cui effetti sul “Castello Matagriffone” saranno stati certamente devastanti, sebbene poco documentati. Sotto il viale principe Umberto trova inoltre posto una porta ad arco bugnato, forse l’antico ingresso della fortezza risultato delle trasformazioni cinquecentesche.
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