Epoca contemporanea
Nel 1928 il territorio di Castelmola fu annesso al comune di Taormina. Questo periodo fu particolarmente negativo per Castelmola, in quanto la crescita economica attraversò anni di immobilità che di certo non le giovarono; questa parentesi fortunatamente non durò a lungo, perché nel 1947 riacquistò l'autonomia amministrativa.
L'aspetto del paese e la sua struttura urbanistica medievale si sono mantenuti pressoché inalterati fino al 1928, anno in cui, per creare l'accesso al centro urbano, fu del tutto modificata l'affascinante entrata del borgo. Una scalinata quasi intagliata nella roccia conduceva ai piedi del castello, fino alla porta vera e propria di entrata nel centro; a mantenere l'idea di quello che era, rimane l'arco d'entrata posto su una gradinata in pietra calcarea; l'auditorium comunale conserva al suo interno le straordinarie foto che ne testimoniano la bellezza. Nel tempo, malgrado le modifiche apportate al suo aspetto, questo paese riesce ancora a conservare racchiuso nei suoi vicoli la magia e il fascino immutato dell'antico che, mescolandosi al nuovo, trasmette l'impressione che qui il tempo si sia fermato.
Nel 1928 il territorio di Castelmola fu annesso al comune di Taormina. Questo periodo fu particolarmente negativo per Castelmola, in quanto la crescita economica attraversò anni di immobilità che di certo non le giovarono; questa parentesi fortunatamente non durò a lungo, perché nel 1947 riacquistò l'autonomia amministrativa.
L'aspetto del paese e la sua struttura urbanistica medievale si sono mantenuti pressoché inalterati fino al 1928, anno in cui, per creare l'accesso al centro urbano, fu del tutto modificata l'affascinante entrata del borgo. Una scalinata quasi intagliata nella roccia conduceva ai piedi del castello, fino alla porta vera e propria di entrata nel centro; a mantenere l'idea di quello che era, rimane l'arco d'entrata posto su una gradinata in pietra calcarea; l'auditorium comunale conserva al suo interno le straordinarie foto che ne testimoniano la bellezza. Nel tempo, malgrado le modifiche apportate al suo aspetto, questo paese riesce ancora a conservare racchiuso nei suoi vicoli la magia e il fascino immutato dell'antico che, mescolandosi al nuovo, trasmette l'impressione che qui il tempo si sia fermato.
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Montalbano Elicona, in provincia di Messina: arte, storia e cultura di diverse epoche, s’incontrano e si integrano
@sicilianewseinfo
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Montalbano Elicona è un comune della provincia di Messina, che rientra nel circuito ‘Borghi più belli d’Italia’, messo appunto dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (A.N.C.I.).
Le origini del borgo sono relativamente recenti, così come parte della sua toponomastica, che ruota attorno al castello-svevo aragonese, realizzato nel XII secolo per volere di re Federico II d’Aragona.
Il nome ‘Montalbano’ si pensa derivi infatti dal latino ‘mons’ (monte) e ‘albus’ (bianco),ovvero il massiccio su cui venne fatto costruire il castello che domina il centro abitato. Altri invece pensano che ‘Montalbano’ derivi dall’arabo ‘al bana’,termine che significa ‘luogo eccellente’. Non ci sono dubbi invece sulle origini dell’appellativo ‘Elicona’,che risale ai tempi della colonizzazione greca di Sicilia.Secondo le testimonianze storiche, i Dori, una stirpe indoeuropea della Grecia Antica, attribuirono al monte sui cui sorse il castello, e al fiume sottostante,l’appellativo di Helikon.
📽pioandreaperi🏰
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Le origini del borgo sono relativamente recenti, così come parte della sua toponomastica, che ruota attorno al castello-svevo aragonese, realizzato nel XII secolo per volere di re Federico II d’Aragona.
Il nome ‘Montalbano’ si pensa derivi infatti dal latino ‘mons’ (monte) e ‘albus’ (bianco),ovvero il massiccio su cui venne fatto costruire il castello che domina il centro abitato. Altri invece pensano che ‘Montalbano’ derivi dall’arabo ‘al bana’,termine che significa ‘luogo eccellente’. Non ci sono dubbi invece sulle origini dell’appellativo ‘Elicona’,che risale ai tempi della colonizzazione greca di Sicilia.Secondo le testimonianze storiche, i Dori, una stirpe indoeuropea della Grecia Antica, attribuirono al monte sui cui sorse il castello, e al fiume sottostante,l’appellativo di Helikon.
📽pioandreaperi🏰
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Ma le prime testimonianze dell’esistenza del borgo, risalgono al XI secolo, in quanto possesso demaniale. Nel 1232, Montalbano Elicona fu uno dei paesi che si rivoltò contro Federico II di Svevia per aver sfidato il Papa. Dopo un tale affronto, il re decise di modificare l’assetto urbanistico della cittadina medievale, distruggendo parzialmente l’antico manufatto di origini arabe e deportando il grosso della popolazione ad Agrigento. In seguito, la fortezza venne riedificata e completata da Ferdinando III d’Aragona. Il paese messinese divenne poi possesso feudatario, e infine seguì le orme della storia di Sicilia.
Le prime testimonianze del castello, sono riportate negli scritti del geografo di corte Idrisi. Il lato nord-occidentale, è dunque caratterizzato dai primitivi insediamenti, probabilmente ad opera araba, mentre la torre poligonale è stata aggiunta nel periodo svevo.
Le prime testimonianze del castello, sono riportate negli scritti del geografo di corte Idrisi. Il lato nord-occidentale, è dunque caratterizzato dai primitivi insediamenti, probabilmente ad opera araba, mentre la torre poligonale è stata aggiunta nel periodo svevo.
Pur essendo sorto a 900 metri sul livello del mare, il castello mal si presta ad un uso tipicamente difensivo, in quanto da quella posizione, non è possibile ammirare del tutto e attentamente la costa, né le sue numerose vie d’accesso che sfociano sul mar Tirreno.
Ci sono evidenze che il castello venne utilizzato come residenza di svago della corte, specialmente durante il regno di Federico III. Nonostante la sua struttura di maniero, il castello infatti non presenta fossati, contrafforti, altre mura protettive né ponte levatoio; i camminamenti, le merlature e le feritoie al piano inferiore davano solo la possibilità di difendere quella che era una sontuosa dimora estiva.
Ci sono evidenze che il castello venne utilizzato come residenza di svago della corte, specialmente durante il regno di Federico III. Nonostante la sua struttura di maniero, il castello infatti non presenta fossati, contrafforti, altre mura protettive né ponte levatoio; i camminamenti, le merlature e le feritoie al piano inferiore davano solo la possibilità di difendere quella che era una sontuosa dimora estiva.
All'interno del maniero è presente la Cappella Reale privilegio esclusivo dei sovrani; è una ‘cuba’ di epoca bizantina dedicata alla Santissima Trinità. Essa sorse cronologicamente coeva alla chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nata nel centro abitato, fuori dunque dalle mura del castello, nota con il nome attuale di Basilica minore di Santa Maria Assunta e San Nicolò Vescovo.
All'interno della cappella è presente la lapide commemorativa in onore di Arnaldo da Villanova, medico-alchimista e consigliere della Corona d'Aragona.
Il castello, dopo essere passato per le mani di diversi feudatari, tra cui quelle della nota famiglia Lanza (1396), venne ceduto all'Ordine dei Gesuiti che ne fece un monastero. Dal 1921 al 1967, il castello è stato sede del Comune di Montalbano. Edificio che è ancor oggi di proprietà comunale, dopo due campagne di restauri, è diventato sede del Museo delle Armi.
All'interno della cappella è presente la lapide commemorativa in onore di Arnaldo da Villanova, medico-alchimista e consigliere della Corona d'Aragona.
Il castello, dopo essere passato per le mani di diversi feudatari, tra cui quelle della nota famiglia Lanza (1396), venne ceduto all'Ordine dei Gesuiti che ne fece un monastero. Dal 1921 al 1967, il castello è stato sede del Comune di Montalbano. Edificio che è ancor oggi di proprietà comunale, dopo due campagne di restauri, è diventato sede del Museo delle Armi.
Il Duomo di Montalbano Elicona, o Duomo di Santa Maria Assunta e San Nicolò Vescovo, è, assieme al Castello Svevo, l’edificio che più rappresenta Montalbano Elicona, e che gli è valso, assieme ai parametri di armonia del tessuto urbano, di massima vivibilità e quelli legati alla fornitura dei servizi, il titolo di ‘borgo più bello d’Italia’, nel 2011.
Il Duomo è la più grande delle chiese del paese; sorge nella piazza principale e appartiene alla Diocesi di Messina. Le sue origini vengono fatte risalire tra il IX e il X secolo; è costituita da una pianta a croce latina con tetto a capriate, che caratterizza l’originaria navata centrale. Nel 1646 infatti, alcuni lavori di ricostruzione hanno portato all’ampliamento della chiesa che è stata dichiarata basilica minore da Giovanni Paolo II nel 1997. Nacquero così le due navate laterali, caratterizzate da cinque arcate ciascuna e da cinque altari minori a sinistra e quattro a destra.
Gli archi a tutto sesto che caratterizzano la volta, poggiano su robusti pilastri che terminano, nella navata centrale, con medaglioni in stucco raffiguranti personaggi biblici.
Il Duomo è la più grande delle chiese del paese; sorge nella piazza principale e appartiene alla Diocesi di Messina. Le sue origini vengono fatte risalire tra il IX e il X secolo; è costituita da una pianta a croce latina con tetto a capriate, che caratterizza l’originaria navata centrale. Nel 1646 infatti, alcuni lavori di ricostruzione hanno portato all’ampliamento della chiesa che è stata dichiarata basilica minore da Giovanni Paolo II nel 1997. Nacquero così le due navate laterali, caratterizzate da cinque arcate ciascuna e da cinque altari minori a sinistra e quattro a destra.
Gli archi a tutto sesto che caratterizzano la volta, poggiano su robusti pilastri che terminano, nella navata centrale, con medaglioni in stucco raffiguranti personaggi biblici.
La navata laterale sinistra è caratterizzata da mense murali sovrastate da pregevoli tele di scuola siciliana, che raffigurano la Vergine e i Santi. Particolarmente sentito è infatti il culto della Vergine Maria, a cui in Sicilia sono state dedicate diverse Cattedrali e i principali santuari religiosi. In onore del rapporto epistolare tra l'Ambasceria del Senato Messinese e Maria, la Vergine è Patrona delle principali città dell’Isola nonché Patrona Principale del Regno delle Due Sicilie e Patrona dell’attuale Sicilia tutta.
Presso il lato Sud della prima campata a destra della navata laterale sinistra, è collocata l’insegna marmorea che ricorda e attesta, con scritte in latino, l’elevazione della chiesa a Basilica minore.
Presso il lato Nord della navata, campeggiano una serie di altari costituiti da nicchie che ospitano i simulacri di diversi Santi, tra cui San Giuseppe e Sant’Antonio da Padova.
Nella prima campata a sinistra è collocata un’altra iscrizione, che attesta, sempre in latino, la consacrazione del ’92 del tempio, alla Santissima Beata Vergine Maria in Cielo Assunta.
Presso il lato Sud della prima campata a destra della navata laterale sinistra, è collocata l’insegna marmorea che ricorda e attesta, con scritte in latino, l’elevazione della chiesa a Basilica minore.
Presso il lato Nord della navata, campeggiano una serie di altari costituiti da nicchie che ospitano i simulacri di diversi Santi, tra cui San Giuseppe e Sant’Antonio da Padova.
Nella prima campata a sinistra è collocata un’altra iscrizione, che attesta, sempre in latino, la consacrazione del ’92 del tempio, alla Santissima Beata Vergine Maria in Cielo Assunta.
La cappella posta nell’abside minore della navata di destra, è dedicata a San Nicola, il cui culto è legato alla chiesa greco-bizantina. Il monumento del Santo Patrono, assiso sul trono, è stato realizzato da Giacomo Gagini nel 1587. L'arcata, sostenuta da colonna ioniche, sottende il seggio vescovile dove, in atto benedicente, è stata scolpita la figura di San Nicola. Alle sue spalle, il bassorilievo marmoreo raffigurante putti alati con in mano la mitra vescovile, e i quattro bassorilievi posti sul basamento, che raffigurano eventi legati alla vita del Santo, completano l’opera.
La cappella posta nell’abside minore a sinistra è dedicata invece al Santissimo Sacramento di Gesù.
Il campanile è stato realizzato tra il 1665 e il 1673.
La cappella posta nell’abside minore a sinistra è dedicata invece al Santissimo Sacramento di Gesù.
Il campanile è stato realizzato tra il 1665 e il 1673.
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Montalbano Elicona - Sicily -
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Le canzoni popolari siciliane mi hanno chiamato: Come,ti sei dimenticato di noi che siamo state un vanto della cultura popolare siciliana,che abbiamo fatto il giro del mondo per vantare le bellezze e le virtù della Sicilia e del popolo siciliano?NO,assolutamente non mi sono dimenticato..So benissimo che nella vita dei nostri nonni,bisnonni e indietro ancora,vita legata alla terra e fatta di fatica,di sudore,di sofferenza,Voi,li canti popolari siete stati momenti di gioia,di allegria..C'erano canzoni per la vendemmia,la raccolta delle olive,dei limoni,per la mietitura del grano,per la Sicilia,per l'amore..Mi ricordo che quando c'erano ciurme di uomini e donne che lavoravano a distanza d'orecchio,un gruppo iniziava un canto e l'altro rispondeva con la seconda strofa..e così via si alleviava la fatica...Oggi pubblico la canzone per la raccolta dei limoni..limoni che rappresentavano una fonte di ricchezza,poi,nei tempi moderni,con la globalizzazione e l'Europa sono diventati un peso inutile..
@sicilianewseinfo
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O PEDI DI LUMIA...
“O pedi di lumia ca ti rivesti
di pampini odurusi e di pinnenti,
si lu tò fruttu abbunna cci su festi
e li travagghi sù divirtimenti.
Quanta ricchizza cc'è 'ntra sti cuntrati,
quantu ci fu binigna la natura,
la zagra odura di 'nvernu e di stati,
lu fruttu tuttu l'annu si matura.
Ricoti li lumii di primu ciuri,
cugghemu li jancuzzi e li virdeddi
e travagghiannu cantamu d'amuri,
sù ccà 'nsicilia li picciotti beddi.
La sicilianedda ch'è massara,
non cura li strapazzi di campagna,
brucia lu suli, sta sutta la fara
e di l'acqua e lu ventu non si lagna”
“O pedi di lumia ca ti rivesti
di pampini odurusi e di pinnenti,
si lu tò fruttu abbunna cci su festi
e li travagghi sù divirtimenti.
Quanta ricchizza cc'è 'ntra sti cuntrati,
quantu ci fu binigna la natura,
la zagra odura di 'nvernu e di stati,
lu fruttu tuttu l'annu si matura.
Ricoti li lumii di primu ciuri,
cugghemu li jancuzzi e li virdeddi
e travagghiannu cantamu d'amuri,
sù ccà 'nsicilia li picciotti beddi.
La sicilianedda ch'è massara,
non cura li strapazzi di campagna,
brucia lu suli, sta sutta la fara
e di l'acqua e lu ventu non si lagna”
TRADUZIONE:
O PIANTA DI LIMONE...
“ O pianta di limone che ti rivesti
di foglie odorose e di zagara,
se il tuo frutto è abbondante si fa festa
e il lavoro è un divertimento.
Quanta ricchezza c’è in queste contrade,
quanto è stata benigna la natura,
la zagara profuma d’inverno e d’estate,
il frutto matura per tutto l’anno.
Raccolti i limoni di primo fiore,
si raccolgono poi il secondo fiore e i verdelli
e lavorando cantiamo canzoni d’amore,
sono qua, in Sicilia i giovani belli.
La ragazza siciliana che fa la massaia,
non si cura delle fatiche in campagna,
brucia il sole, sta sotto la calura
e della pioggia e del vento non si lamenta.”
O PIANTA DI LIMONE...
“ O pianta di limone che ti rivesti
di foglie odorose e di zagara,
se il tuo frutto è abbondante si fa festa
e il lavoro è un divertimento.
Quanta ricchezza c’è in queste contrade,
quanto è stata benigna la natura,
la zagara profuma d’inverno e d’estate,
il frutto matura per tutto l’anno.
Raccolti i limoni di primo fiore,
si raccolgono poi il secondo fiore e i verdelli
e lavorando cantiamo canzoni d’amore,
sono qua, in Sicilia i giovani belli.
La ragazza siciliana che fa la massaia,
non si cura delle fatiche in campagna,
brucia il sole, sta sotto la calura
e della pioggia e del vento non si lamenta.”