L'isola fu nota nell'antichità con tre denominazioni che si succedettero a seconda del periodo storico.
Il poeta Nicandro di Colofonefu il primo ad affermare che anticamente l'isola di Ortigia venne appellata con il nome di Homothermon[N 1] termine italianizzato in Omotermon e tradotto letteralmente da Omo-termon come "Eguale bagno" o "Eguali bagni" ad opera di Tommaso Fazello e di Vincenzo Mirabella[10]. L'origine etolica del nome accomuna, in parte, la teoria di Nicandro a quella di Pausania, il quale riconosce che tra i Siracusani e la regione greca ci siano state delle relazioni
Il nome Ortigia (in greco antico: Ὀρτυγία), col quale è nota fino dall'epoca greca, deriverebbe o da coturnice, uccello diffuso nel Mediterraneo e nell'Asia Minore, o da quaglia (in greco antico: ὄρτυξ), diffusa in quello che per i Greci era il mondo conosciuto, più comune e più antica. Nicandro invece afferma che questo nome sia connesso al fatto che gli Etoli - da lui, come da altri - indicati quali fondatori, avendo abbandonato la propria patria per giungere nell'isola mediterranea, decisero di dare alla nuova terra lo stesso nome del luogo etolico. Il termine Ὀρτυγία, presente nella lingua greca e tradotto dagli studiosi Henry Liddell e Robert Scott come isola delle quaglie, possedeva originariamente secondo il lessicografo Esichio di Alessandria un ϝ iniziale, che si sarebbe pronunciato come una sorta di v (*ϝόρτυξ).
Nonostante l'isola avesse una serie di nomi antichi, posteriormente gli abitanti non persero l'uso di identificarla come Nasos, parola che nel dialetto dorico significa Isola
Il poeta Nicandro di Colofonefu il primo ad affermare che anticamente l'isola di Ortigia venne appellata con il nome di Homothermon[N 1] termine italianizzato in Omotermon e tradotto letteralmente da Omo-termon come "Eguale bagno" o "Eguali bagni" ad opera di Tommaso Fazello e di Vincenzo Mirabella[10]. L'origine etolica del nome accomuna, in parte, la teoria di Nicandro a quella di Pausania, il quale riconosce che tra i Siracusani e la regione greca ci siano state delle relazioni
Il nome Ortigia (in greco antico: Ὀρτυγία), col quale è nota fino dall'epoca greca, deriverebbe o da coturnice, uccello diffuso nel Mediterraneo e nell'Asia Minore, o da quaglia (in greco antico: ὄρτυξ), diffusa in quello che per i Greci era il mondo conosciuto, più comune e più antica. Nicandro invece afferma che questo nome sia connesso al fatto che gli Etoli - da lui, come da altri - indicati quali fondatori, avendo abbandonato la propria patria per giungere nell'isola mediterranea, decisero di dare alla nuova terra lo stesso nome del luogo etolico. Il termine Ὀρτυγία, presente nella lingua greca e tradotto dagli studiosi Henry Liddell e Robert Scott come isola delle quaglie, possedeva originariamente secondo il lessicografo Esichio di Alessandria un ϝ iniziale, che si sarebbe pronunciato come una sorta di v (*ϝόρτυξ).
Nonostante l'isola avesse una serie di nomi antichi, posteriormente gli abitanti non persero l'uso di identificarla come Nasos, parola che nel dialetto dorico significa Isola
Un'ipotesi, a quanto pare moderna, poiché priva di riscontri antichi, vorrebbe che il nome di Ortigia sia stato dato all'isola aretusea in quanto essa mostra la forma di una quaglia, il cui becco è rappresentato dal promontorio del castello Maniace. Tuttavia, tale affermazione, pur venendo spesso citata nella cultura popolare odierna, non è stata presa in considerazione dagli studi etimologici
Dal latino
Se il nome greco della quaglia allude forse al suo movimento, quello latino, coturnix, sembrerebbe poter trarre origine dal verso proprio di questo uccello, anche se non è noto se come allusione onomatopeica imitante il suono *kwok o se si possa tracciare una connessione col sanscrito katu, che significa penetrante, e rana, grido, alludenti, una volta uniti in un unico termine, alle caratteristiche di questo suono
Se il nome greco della quaglia allude forse al suo movimento, quello latino, coturnix, sembrerebbe poter trarre origine dal verso proprio di questo uccello, anche se non è noto se come allusione onomatopeica imitante il suono *kwok o se si possa tracciare una connessione col sanscrito katu, che significa penetrante, e rana, grido, alludenti, una volta uniti in un unico termine, alle caratteristiche di questo suono
Dal Grego
Per la variante greca sopra descritta si sono evidenziate due possibili etimologie: l'una indicante una derivazione dall'indeuropeo e un'altra dall'egizio.
Il termine *ϝόρτυξ, pronunciabile come vòrtux, richiama il termine tedesco per quaglia Wachtel e presenta un'affinità colla parola Vártikā, appartenente al sanscrito vedico, la lingua che viene usata nei Veda, tra i più antichi testi sacri dell'India: la radice indoeuropea Vart, Vartukas, da cui visibilmente deriva Vártikā, allude alla forma rotonda propria del muoversi a terra della quaglia ed è connesso col verbo latino per girare, vertere. Tuttavia, non è detto che il nesso logico tra quest'animale, identificato anticamente come "emblema del sole", e il vertere latino debba necessariamente stare nel movimento dell'uccello, poiché esso potrebbe risiedere nel fatto che la quaglia fosse implicata nell'annuncio di una particolare fase di un fenomeno ciclico, quale il sorgere del Sole o l'arrivo della primavera; in questo secondo caso risultando uno dei primi uccelli che annunciano la primavera mediante il ritorno sulle coste del mare e l'emissione del loro verso. In questa identificazione si troverebbe come rievocazione dei riti sacri praticati a Delo, isola del mar Egeo che ha parecchie analogie con Siracusa quanto alla storia mitologica. Sempre in visione sacrale, il termine Ortigia sarebbe riconducibile a un soprannome con il quale veniva definita la dea Diana.
Si è anche ipotizzato che il termine greco possa essere una derivazione dall'egiziano πι.ορτ(υξ)
Per la variante greca sopra descritta si sono evidenziate due possibili etimologie: l'una indicante una derivazione dall'indeuropeo e un'altra dall'egizio.
Il termine *ϝόρτυξ, pronunciabile come vòrtux, richiama il termine tedesco per quaglia Wachtel e presenta un'affinità colla parola Vártikā, appartenente al sanscrito vedico, la lingua che viene usata nei Veda, tra i più antichi testi sacri dell'India: la radice indoeuropea Vart, Vartukas, da cui visibilmente deriva Vártikā, allude alla forma rotonda propria del muoversi a terra della quaglia ed è connesso col verbo latino per girare, vertere. Tuttavia, non è detto che il nesso logico tra quest'animale, identificato anticamente come "emblema del sole", e il vertere latino debba necessariamente stare nel movimento dell'uccello, poiché esso potrebbe risiedere nel fatto che la quaglia fosse implicata nell'annuncio di una particolare fase di un fenomeno ciclico, quale il sorgere del Sole o l'arrivo della primavera; in questo secondo caso risultando uno dei primi uccelli che annunciano la primavera mediante il ritorno sulle coste del mare e l'emissione del loro verso. In questa identificazione si troverebbe come rievocazione dei riti sacri praticati a Delo, isola del mar Egeo che ha parecchie analogie con Siracusa quanto alla storia mitologica. Sempre in visione sacrale, il termine Ortigia sarebbe riconducibile a un soprannome con il quale veniva definita la dea Diana.
Si è anche ipotizzato che il termine greco possa essere una derivazione dall'egiziano πι.ορτ(υξ)
Località omonime
Esistevano anche altre località note con questo nome, tra le quali se ne ricordano una in Etolia e un'altra sita presso Efeso nella Ionia, la quale prese poi il nome di Delo (in greco antico: Δῆλος, Dêlos), significante "la Manifesta", o acquisendolo per prima e passandolo all'isola delle Cicladi oppure assumendolo per similitudine con la stessa isola, già nota coi nomi di Ortigia e di Asteria, in allusione in (questo secondo caso) ad "Astro" e ad Asteria, anch'essa legata alla mitologia aretusea. Delo avrebbe infatti passato il suo nome a tutte le proprie colonie, tra le quali comunque non è possibile annoverare Siracusa, la cui fondazione è storicamente, tradizionalmente e solidamente attribuita ai Corinzi, con la conseguenza che è improbabile un suo legame politico-fraterno con Delo.
Esistevano anche altre località note con questo nome, tra le quali se ne ricordano una in Etolia e un'altra sita presso Efeso nella Ionia, la quale prese poi il nome di Delo (in greco antico: Δῆλος, Dêlos), significante "la Manifesta", o acquisendolo per prima e passandolo all'isola delle Cicladi oppure assumendolo per similitudine con la stessa isola, già nota coi nomi di Ortigia e di Asteria, in allusione in (questo secondo caso) ad "Astro" e ad Asteria, anch'essa legata alla mitologia aretusea. Delo avrebbe infatti passato il suo nome a tutte le proprie colonie, tra le quali comunque non è possibile annoverare Siracusa, la cui fondazione è storicamente, tradizionalmente e solidamente attribuita ai Corinzi, con la conseguenza che è improbabile un suo legame politico-fraterno con Delo.
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Solarium e spiaggie ad Ortigia (Siracusa)
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Con il treno nel traghetto sullo Stretto di Messina
Ciò a cui siamo abituati è vedere il treno percorrere binari sulla terra ferma. Al massimo si vedono treni passare sui ponti, talvolta anche a velocità elevate. Dove l’infrastruttura lo permette tutto questo avviene quotidianamente in tutto il mondo.
Ci sono Paesi del mondo in cui la distanza tra le rotaie del treno, detto scartamento ferroviario, può variare (come ad esempio quando i treni dall’Europa Occidentale entrano negli stati delle ex Repubbliche Sovietiche e della Russia). Questo comporta la necessità di cambiare le ruote dei treni.
Sul mare che separa la Sicilia (l’isola più grande d’Italia) dal continente Europeo, dal 1901 i treni proseguono la loro corsa da Villa San Giovanni e Reggio Calabria verso Messina-Catania e viceversa grazie a navi appositamente progettate che permettono di far salire e scendere treni.
L’imbarco dei treni avviene dalla prua delle navi che viene aperta quando la nave si trova in prossimità dell’invasatura e sulla quale viene strettamente connesso un ponte munito di binari.
I treni vengono imbarcati spinti da apposite locomotive e dividendoli in sezioni e caricati in modo simmetrico sui binari di bordo in modo da evitare un sbilanciamento del carico della nave. I rotabili vengono poi frenati a fondo ed eventualmente legati con appositi tiranti in caso di mare troppo mosso.
Le operazioni di imbarco e sbarco sono un po’ lunghe che richiedono più del tempo della traghettazione stessa.
Una volta a bordo, i treni vengono spenti e l’alimentazione interrotta, quindi smettono di funzionare sia l’aria condizionata che le prese, e le luci, mentre le porte restano aperte. Durante la traversata è consigliato scendere dal treno.
Sul traghetto si trovano servizi igienici, bar e varie panche e sedie per sedersi ammirando il panorama dell montagne calabresi, della costa siciliana e del mare aperto.
Ciò a cui siamo abituati è vedere il treno percorrere binari sulla terra ferma. Al massimo si vedono treni passare sui ponti, talvolta anche a velocità elevate. Dove l’infrastruttura lo permette tutto questo avviene quotidianamente in tutto il mondo.
Ci sono Paesi del mondo in cui la distanza tra le rotaie del treno, detto scartamento ferroviario, può variare (come ad esempio quando i treni dall’Europa Occidentale entrano negli stati delle ex Repubbliche Sovietiche e della Russia). Questo comporta la necessità di cambiare le ruote dei treni.
Sul mare che separa la Sicilia (l’isola più grande d’Italia) dal continente Europeo, dal 1901 i treni proseguono la loro corsa da Villa San Giovanni e Reggio Calabria verso Messina-Catania e viceversa grazie a navi appositamente progettate che permettono di far salire e scendere treni.
L’imbarco dei treni avviene dalla prua delle navi che viene aperta quando la nave si trova in prossimità dell’invasatura e sulla quale viene strettamente connesso un ponte munito di binari.
I treni vengono imbarcati spinti da apposite locomotive e dividendoli in sezioni e caricati in modo simmetrico sui binari di bordo in modo da evitare un sbilanciamento del carico della nave. I rotabili vengono poi frenati a fondo ed eventualmente legati con appositi tiranti in caso di mare troppo mosso.
Le operazioni di imbarco e sbarco sono un po’ lunghe che richiedono più del tempo della traghettazione stessa.
Una volta a bordo, i treni vengono spenti e l’alimentazione interrotta, quindi smettono di funzionare sia l’aria condizionata che le prese, e le luci, mentre le porte restano aperte. Durante la traversata è consigliato scendere dal treno.
Sul traghetto si trovano servizi igienici, bar e varie panche e sedie per sedersi ammirando il panorama dell montagne calabresi, della costa siciliana e del mare aperto.
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L'esercizio di Stato
La stazione di Villa San Giovanni e l'approdo del traghetto nel 1906
Il successo dell'iniziativa fu oltre ogni aspettativa e nel 1903 la Società Sicula ordinò un'altra coppia di traghetti, il Sicilia e il Calabria che presero servizio nel 1905, anno in cui lo Stato riscattò le ferrovie della penisola, mentre per la Sicula questo avvenne l'anno dopo. Nello stesso anno, il 1º marzo entrò in funzione l'invasatura nº 1 di Villa San Giovanni permettendo l'avvio del traghettamento di carri da inoltrare direttamente sulla nuova linea Tirrenica. L'inizio della gestione di Stato coincise con la nascita dell'Ispettorato della Navigazione con sede a Messina Marittima, che dipendeva direttamente dalla Direzione generale delle Ferrovie dello Stato. Il 1906 segnò la nascita del traghettamento regolare delle carrozze della CIWL, dell'autorizzazione alla navigazione notturna e dell'ordinazione di due nuove navi traghetto più grandi e con propulsione ad elica, anziché a pale come le quattro in servizio. Queste, battezzate con i nomi di Reggio e di Villa permisero al treno di lusso da Roma per Siracusa e Palermo di essere trasbordato per intero. Il 28 agosto del 1917, in piena prima guerra mondiale, il traghetto a pale Scilla affondò in seguito all'urto contro una mina nemica (il sommergibile posa-mine austro-ungarico UC-38 ne rivendica l'affondamento) e pertanto ne venne ordinata la sostituzione con una nuova unità più grande e moderna, così alcuni anni dopo la fine del conflitto entrò in servizio la nuova Scilla simile alla Reggio e ad essa si aggiunse nel 1924 la più grande, con tre binari a bordo, la Messina prima unità ad avere anche la propulsione con motore diesel.
Il periodo fascista vide un incremento del numero e della stazza delle nuove navi che arrivarono a poter imbarcare un treno viaggiatori completo di 14 carrozze. Le navi costruite furono anche molto innovative; ebbero infatti un rivoluzionario tipo di propulsione con apparati motori diesel-elettrici e furono le più grandi e veloci navi del loro genere in Europa atte al trasporto contemporaneo di treni, automobili e viaggiatori. La coppia di navi prese il nome di Cariddi II e di Scilla III.
Negli anni tra il 1931 e il 1935 si ebbe anche l'aumento del numero di invasature sia a Messina che a Villa San Giovanni e l'istituzione nel 1934 del traghettamento di autoveicoli: il primo anno di esercizio registrò il transito di 3521 autoveicoli tra le due sponde[5]. Venne inoltre realizzata, tra il 1937 e il 1939 la nuova stazione di Messina Marittima, importante opera dell'architetto Angiolo Mazzoni, dal cui lungo corridoio a ponte in cui era collocato il grande mosaico murale di Michele Cascella, si poteva osservare l'andirivieni dei treni imbarcati e le navi in arrivo e partenza. Anche a Reggio Calabria, nello stesso periodo vennero potenziate le infrastrutture del porto e di stazione.
Allo scoppio della guerra la flotta FS dello stretto venne coinvolta duramente con perdite e distruzioni; tra il 1942 e il 1943 vennero affondate la nave Aspromonte al largo della Tunisia, la Scilla e la Reggio nel porto di Messina. Poco prima dell'arrivo degli Alleati il comando della Regia Marina italiana fece autoaffondare la Cariddi e la Villa per evitare che fossero utilizzate dal nemico. Fino al mese di aprile del 1944 il servizio di traghetto fu completamente interrotto; restavano di nuovo solo le barche dei pescatori per attraversare lo stretto di Messina ma le ferrovie in Calabria permanevano interrotte. La prima nave a riprendere servizio tra Messina e Reggio Calabria fu la Messina, una delle poche sopravvissute, dato che la Ferrovia Jonica aveva ripreso a funzionare. La nave, soprannominata U Iaddinaru (il pollaio), viaggiava veramente stipata all'inverosimile, proprio come un pollaio, date le poche corse giornaliere. Qualche anno dopo le Ferrovie dello Stato iniziarono un programma di recupero delle navi affondate e il loro contemporaneo riarmo con caratteristiche più moderne, ma non fu più possibile riattivare a causa dei danni subiti la Aspromonte.
La stazione di Villa San Giovanni e l'approdo del traghetto nel 1906
Il successo dell'iniziativa fu oltre ogni aspettativa e nel 1903 la Società Sicula ordinò un'altra coppia di traghetti, il Sicilia e il Calabria che presero servizio nel 1905, anno in cui lo Stato riscattò le ferrovie della penisola, mentre per la Sicula questo avvenne l'anno dopo. Nello stesso anno, il 1º marzo entrò in funzione l'invasatura nº 1 di Villa San Giovanni permettendo l'avvio del traghettamento di carri da inoltrare direttamente sulla nuova linea Tirrenica. L'inizio della gestione di Stato coincise con la nascita dell'Ispettorato della Navigazione con sede a Messina Marittima, che dipendeva direttamente dalla Direzione generale delle Ferrovie dello Stato. Il 1906 segnò la nascita del traghettamento regolare delle carrozze della CIWL, dell'autorizzazione alla navigazione notturna e dell'ordinazione di due nuove navi traghetto più grandi e con propulsione ad elica, anziché a pale come le quattro in servizio. Queste, battezzate con i nomi di Reggio e di Villa permisero al treno di lusso da Roma per Siracusa e Palermo di essere trasbordato per intero. Il 28 agosto del 1917, in piena prima guerra mondiale, il traghetto a pale Scilla affondò in seguito all'urto contro una mina nemica (il sommergibile posa-mine austro-ungarico UC-38 ne rivendica l'affondamento) e pertanto ne venne ordinata la sostituzione con una nuova unità più grande e moderna, così alcuni anni dopo la fine del conflitto entrò in servizio la nuova Scilla simile alla Reggio e ad essa si aggiunse nel 1924 la più grande, con tre binari a bordo, la Messina prima unità ad avere anche la propulsione con motore diesel.
Il periodo fascista vide un incremento del numero e della stazza delle nuove navi che arrivarono a poter imbarcare un treno viaggiatori completo di 14 carrozze. Le navi costruite furono anche molto innovative; ebbero infatti un rivoluzionario tipo di propulsione con apparati motori diesel-elettrici e furono le più grandi e veloci navi del loro genere in Europa atte al trasporto contemporaneo di treni, automobili e viaggiatori. La coppia di navi prese il nome di Cariddi II e di Scilla III.
Negli anni tra il 1931 e il 1935 si ebbe anche l'aumento del numero di invasature sia a Messina che a Villa San Giovanni e l'istituzione nel 1934 del traghettamento di autoveicoli: il primo anno di esercizio registrò il transito di 3521 autoveicoli tra le due sponde[5]. Venne inoltre realizzata, tra il 1937 e il 1939 la nuova stazione di Messina Marittima, importante opera dell'architetto Angiolo Mazzoni, dal cui lungo corridoio a ponte in cui era collocato il grande mosaico murale di Michele Cascella, si poteva osservare l'andirivieni dei treni imbarcati e le navi in arrivo e partenza. Anche a Reggio Calabria, nello stesso periodo vennero potenziate le infrastrutture del porto e di stazione.
Allo scoppio della guerra la flotta FS dello stretto venne coinvolta duramente con perdite e distruzioni; tra il 1942 e il 1943 vennero affondate la nave Aspromonte al largo della Tunisia, la Scilla e la Reggio nel porto di Messina. Poco prima dell'arrivo degli Alleati il comando della Regia Marina italiana fece autoaffondare la Cariddi e la Villa per evitare che fossero utilizzate dal nemico. Fino al mese di aprile del 1944 il servizio di traghetto fu completamente interrotto; restavano di nuovo solo le barche dei pescatori per attraversare lo stretto di Messina ma le ferrovie in Calabria permanevano interrotte. La prima nave a riprendere servizio tra Messina e Reggio Calabria fu la Messina, una delle poche sopravvissute, dato che la Ferrovia Jonica aveva ripreso a funzionare. La nave, soprannominata U Iaddinaru (il pollaio), viaggiava veramente stipata all'inverosimile, proprio come un pollaio, date le poche corse giornaliere. Qualche anno dopo le Ferrovie dello Stato iniziarono un programma di recupero delle navi affondate e il loro contemporaneo riarmo con caratteristiche più moderne, ma non fu più possibile riattivare a causa dei danni subiti la Aspromonte.
Tra 1948 e 1949 entrarono in servizio due nuove navi di cui la prima riprese il nome di Aspromonte e la seconda ebbe quello di Mongibello. In pochi anni il traffico ferroviario attraverso lo stretto superò quello d'anteguerra e vennero aumentati i treni traghettati per intero, ora anche con le carrozze di classe inferiore, e soprattutto vennero istituiti i treni senza alcun trasbordo tra le stazioni del nord, Milano, Torino e Venezia e quelle siciliane di Palermo e Siracusa, attrezzando contemporaneamente, per le navi di stazza maggiore, i ponti superiori di passerelle mobili per l'imbarco di autoveicoli.
L'avvento delle compagnie private
Inizia in sordina, nel 1965, anche un servizio di traghettamento privato con alcune piccole navi bidirezionali a ponte unico aperto trasformate ed adattate per il trasporto di autoveicoli e autocarri promiscuamente. Le società armatrici che prendono il nome di Caronte e Tourist Ferry Boats hanno ottenuta la licenza di navigazione dal Ministero della marina mercantile e in teoria non potrebbero svolgere il servizio di traghettamento sullo stretto che è assegnato in concessione esclusiva alle FS. Ma l'aumento del traffico veicolare e la rigidità che contraddistingue il servizio ferroviario, legato ad orari fissi e a procedure standard, quindi con tempi lunghi, fa sì che sempre più grandi quantità di veicoli preferiscano lo sbrigativo servizio dei piccoli traghetti privati che fanno la spola ininterrottamente, prima sulla sola direttrice di Reggio Calabria e poi anche su quella di Villa San Giovanni. La Caronte e la Tourist Ferry Boat a partire dal 1969 si accordano per la gestione in comune del servizio di traghettamento di veicoli e passeggeri sulla rotta Messina-Villa San Giovanni dividendo gli utili al 50% e utilizzando le stesse biglietterie e gli stessi approdi ed attrezzature. Nel corso degli anni successivi entrano in servizio navi più capienti e moderne aumentando quindi la loro operatività. L'aumento del traffico non è senza problemi, infatti essendo vicine le invasature FS e gli approdi privati di Villa San Giovanni in più di un'occasione sono avvenuti incidenti in manovra, il più delle volte non gravi.
Le società dichiarano di trasportare l'80% del traffico di veicoli sullo stretto, trasportando annualmente 2.300.000 automobili e 800.000 veicoli commerciali. Le due compagnie si sono fuse nel 2003 dando luogo alla società Caronte & Tourist S.p.A.
Altra compagnia che assicura il traghettamento sullo stretto è la società privata Meridiano Lines che opera tra il porto reggino e messinese.
Inizia in sordina, nel 1965, anche un servizio di traghettamento privato con alcune piccole navi bidirezionali a ponte unico aperto trasformate ed adattate per il trasporto di autoveicoli e autocarri promiscuamente. Le società armatrici che prendono il nome di Caronte e Tourist Ferry Boats hanno ottenuta la licenza di navigazione dal Ministero della marina mercantile e in teoria non potrebbero svolgere il servizio di traghettamento sullo stretto che è assegnato in concessione esclusiva alle FS. Ma l'aumento del traffico veicolare e la rigidità che contraddistingue il servizio ferroviario, legato ad orari fissi e a procedure standard, quindi con tempi lunghi, fa sì che sempre più grandi quantità di veicoli preferiscano lo sbrigativo servizio dei piccoli traghetti privati che fanno la spola ininterrottamente, prima sulla sola direttrice di Reggio Calabria e poi anche su quella di Villa San Giovanni. La Caronte e la Tourist Ferry Boat a partire dal 1969 si accordano per la gestione in comune del servizio di traghettamento di veicoli e passeggeri sulla rotta Messina-Villa San Giovanni dividendo gli utili al 50% e utilizzando le stesse biglietterie e gli stessi approdi ed attrezzature. Nel corso degli anni successivi entrano in servizio navi più capienti e moderne aumentando quindi la loro operatività. L'aumento del traffico non è senza problemi, infatti essendo vicine le invasature FS e gli approdi privati di Villa San Giovanni in più di un'occasione sono avvenuti incidenti in manovra, il più delle volte non gravi.
Le società dichiarano di trasportare l'80% del traffico di veicoli sullo stretto, trasportando annualmente 2.300.000 automobili e 800.000 veicoli commerciali. Le due compagnie si sono fuse nel 2003 dando luogo alla società Caronte & Tourist S.p.A.
Altra compagnia che assicura il traghettamento sullo stretto è la società privata Meridiano Lines che opera tra il porto reggino e messinese.