Storia antica e medievale
Secondo taluni, l'origine della città risale a Hybla Major sita in prossimità della costa sud-orientale della Sicilia. La zona, abitata precedentemente dai Sicani, fu invasa dai Siculi e divenne teatro di lotte per il predominio sulla regione.
Il termine Hybla non è greco ma pre-ellenico, probabilmente sicano, ed è il nome di una Dea adorata da entrambe le popolazioni (identificata poi con l'Afrodite ellenica).
I Siculi combatterono gli indigeni e si insediarono definitivamente sul territorio a cavallo fra il XIII e il XII secolo a.C. Dell'epoca dei Siculi sono testimonianza i numerosi reperti, soprattutto vasellame e stoviglie, rinvenuti in alcune tombe in quella che è oggi la Riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile.
Successivamente i Greci colonizzarono la zona intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. trovando una civiltà già influenzata e raffinatasi a contatto con i Fenici.
Durante il IV sec. a.C. il sito conobbe la dominazione del tiranno Dionisio I di Siracusa. Nel III secolo a.C., a seguito della Prima guerra punica, il predominio greco-cartaginese passò ai Romani che costituirono la provincia di Sicilia (227 a.C.), pur lasciando un'ampia autonomia a Siracusa e a tutti i possedimenti di questa città nella parte sudorientale dell'isola, fra cui anche la zona di Hybla Major. La soppressione delle istituzioni statuali siracusane nel corso della seconda guerra punica, vide l'occupazione militare romana di tutta la Sicilia sud orientale attorno alla metà del penultimo decennio del III secolo a.C. (definitiva dopo la caduta di Siracusa nel 212 a.C.).
Con la dominazione romana, protrattasi fino al 450 circa, tutto il territorio perse il suo antico splendore. A seguito delle devastazioni e dei saccheggi operati dai Vandali che occuparono l'intera Sicilia attorno alla metà del V secolo, venne cancellato persino il ricordo di Hybla major e la zona si tramutò in una landa semideserta. Tale situazione si protrasse durante la dominazione ostrogota (V-VI secolo) e bizantina (VI-IX secolo). In epoca araba (IX-XI secolo) il territorio si andò progressivamente ripopolando ma un modestissimo borgo, sul luogo di Avola vecchia, nacque con ogni probabilità solo durante la dominazione normanna o sveva (XI-XIII secolo)
Secondo taluni, l'origine della città risale a Hybla Major sita in prossimità della costa sud-orientale della Sicilia. La zona, abitata precedentemente dai Sicani, fu invasa dai Siculi e divenne teatro di lotte per il predominio sulla regione.
Il termine Hybla non è greco ma pre-ellenico, probabilmente sicano, ed è il nome di una Dea adorata da entrambe le popolazioni (identificata poi con l'Afrodite ellenica).
I Siculi combatterono gli indigeni e si insediarono definitivamente sul territorio a cavallo fra il XIII e il XII secolo a.C. Dell'epoca dei Siculi sono testimonianza i numerosi reperti, soprattutto vasellame e stoviglie, rinvenuti in alcune tombe in quella che è oggi la Riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile.
Successivamente i Greci colonizzarono la zona intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. trovando una civiltà già influenzata e raffinatasi a contatto con i Fenici.
Durante il IV sec. a.C. il sito conobbe la dominazione del tiranno Dionisio I di Siracusa. Nel III secolo a.C., a seguito della Prima guerra punica, il predominio greco-cartaginese passò ai Romani che costituirono la provincia di Sicilia (227 a.C.), pur lasciando un'ampia autonomia a Siracusa e a tutti i possedimenti di questa città nella parte sudorientale dell'isola, fra cui anche la zona di Hybla Major. La soppressione delle istituzioni statuali siracusane nel corso della seconda guerra punica, vide l'occupazione militare romana di tutta la Sicilia sud orientale attorno alla metà del penultimo decennio del III secolo a.C. (definitiva dopo la caduta di Siracusa nel 212 a.C.).
Con la dominazione romana, protrattasi fino al 450 circa, tutto il territorio perse il suo antico splendore. A seguito delle devastazioni e dei saccheggi operati dai Vandali che occuparono l'intera Sicilia attorno alla metà del V secolo, venne cancellato persino il ricordo di Hybla major e la zona si tramutò in una landa semideserta. Tale situazione si protrasse durante la dominazione ostrogota (V-VI secolo) e bizantina (VI-IX secolo). In epoca araba (IX-XI secolo) il territorio si andò progressivamente ripopolando ma un modestissimo borgo, sul luogo di Avola vecchia, nacque con ogni probabilità solo durante la dominazione normanna o sveva (XI-XIII secolo)
Storia moderna e contemporanea
Divenuta dal 1358 signoria della famiglia Aragona, si ebbe un certo risveglio demografico ed economico del paese che si intensificò nel corso del XVI e del XVII secolo soprattutto durante la signoria di Carlo d'Aragona Tagliavia. Alla vigilia dei grandi sconvolgimenti tellurici del 1693, Avola, ancora abbarbicata sulle colline iblee, che si trovano alle spalle dell'attuale abitato, doveva avere una popolazione non inferiore ai seimila abitanti. Ma in quell'anno, ed esattamente il 9 e l'11 gennaio, un violento terremoto, che distrusse la cittadina e numerosi altri centri urbani della Sicilia orientale (fra cui anche Siracusa e Catania), costrinse la popolazione superstite a spostarsi nell'ampia costa sottostante, a otto chilometri di distanza, e a rifondare Avola nel luogo dove prima vi era solo un'estesa e deserta pianura affacciata sul mare, così che Avola da un paese di montagna, si trasformò (a causa del terremoto) in una piana cittadina marittima. I lavori di ricostruzione iniziarono negli anni immediatamente successivi al cataclisma per volere del Principe Nicolò Pignatelli Aragona che affidò la progettazione del nuovo abitato a padre Angelo Italia, noto architetto siciliano appartenente all'ordine dei Gesuiti. La città fu edificata a pianta centrica e secondo una struttura geometrica e razionale che le conferì quel nobile aspetto che ancor oggi la caratterizza.
Nel corso del XVIII e XIX secolo Avola fu abbellita da alcune pregevoli costruzioni civili (Palazzo Ducale, Palazzo di Città, Teatro Comunale ecc.) e religiose (chiese di Sant'Antonio Abate, Sant'Antonio di Padova e la fastosa Chiesa Madre). Nei primi decenni del XX secolo vennero eretti anche alcuni eleganti villini liberty che dettero, e continuano a dare, ulteriore lustro al centro cittadino.
Divenuta dal 1358 signoria della famiglia Aragona, si ebbe un certo risveglio demografico ed economico del paese che si intensificò nel corso del XVI e del XVII secolo soprattutto durante la signoria di Carlo d'Aragona Tagliavia. Alla vigilia dei grandi sconvolgimenti tellurici del 1693, Avola, ancora abbarbicata sulle colline iblee, che si trovano alle spalle dell'attuale abitato, doveva avere una popolazione non inferiore ai seimila abitanti. Ma in quell'anno, ed esattamente il 9 e l'11 gennaio, un violento terremoto, che distrusse la cittadina e numerosi altri centri urbani della Sicilia orientale (fra cui anche Siracusa e Catania), costrinse la popolazione superstite a spostarsi nell'ampia costa sottostante, a otto chilometri di distanza, e a rifondare Avola nel luogo dove prima vi era solo un'estesa e deserta pianura affacciata sul mare, così che Avola da un paese di montagna, si trasformò (a causa del terremoto) in una piana cittadina marittima. I lavori di ricostruzione iniziarono negli anni immediatamente successivi al cataclisma per volere del Principe Nicolò Pignatelli Aragona che affidò la progettazione del nuovo abitato a padre Angelo Italia, noto architetto siciliano appartenente all'ordine dei Gesuiti. La città fu edificata a pianta centrica e secondo una struttura geometrica e razionale che le conferì quel nobile aspetto che ancor oggi la caratterizza.
Nel corso del XVIII e XIX secolo Avola fu abbellita da alcune pregevoli costruzioni civili (Palazzo Ducale, Palazzo di Città, Teatro Comunale ecc.) e religiose (chiese di Sant'Antonio Abate, Sant'Antonio di Padova e la fastosa Chiesa Madre). Nei primi decenni del XX secolo vennero eretti anche alcuni eleganti villini liberty che dettero, e continuano a dare, ulteriore lustro al centro cittadino.
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Origini Della Triscele
La bandiera siciliana ha avuto sempre come simboli distintivi la triscele e il gorgoneion.
La triscele, comunemente chiamata anche trinacria, è lo storico simbolo della Sicilia. Si tratta della raffigurazione di un essere con tre gambe (dal greco τρισκελής appunto). È un simbolo di origine indo-aria, e ha una storia articolata e complessa; essa è similare a simboli di altre civiltà antiche come i Celti, e di diverse aree geografiche del pianeta, dal centro America, alla Mesopotamia e all'India.
Dopo il ritrovamento di una triscele nella zona di Agrigento, a Palma di Montechiaro, sarebbe da accreditare in particolare l'ipotesi dell'origine minoica delle prime civiltà sull'isola, a conferma di quanto racconta Omero, e cioè che Minosse, partito da Cnosso all'inseguimento di Dedalo, sbarcò in Sicilia. Questa Triscele di terracotta è conservata presso il Museo Archeologico di Agrigento.
La bandiera siciliana ha avuto sempre come simboli distintivi la triscele e il gorgoneion.
La triscele, comunemente chiamata anche trinacria, è lo storico simbolo della Sicilia. Si tratta della raffigurazione di un essere con tre gambe (dal greco τρισκελής appunto). È un simbolo di origine indo-aria, e ha una storia articolata e complessa; essa è similare a simboli di altre civiltà antiche come i Celti, e di diverse aree geografiche del pianeta, dal centro America, alla Mesopotamia e all'India.
Dopo il ritrovamento di una triscele nella zona di Agrigento, a Palma di Montechiaro, sarebbe da accreditare in particolare l'ipotesi dell'origine minoica delle prime civiltà sull'isola, a conferma di quanto racconta Omero, e cioè che Minosse, partito da Cnosso all'inseguimento di Dedalo, sbarcò in Sicilia. Questa Triscele di terracotta è conservata presso il Museo Archeologico di Agrigento.
Il Gorgoneion
L'altro simbolo della bandiera intersecato con la triscele è il gorgoneion, ovvero la testa della Gòrgone (comunemente chiamata Medusa), i cui capelli erano serpenti.
Altra versione della testa è quella di una donna dalla quale spuntano delle ali che simboleggiano il trascorrere del tempo, contornata da serpenti per indicare la saggezza. Furono poi aggiunte le spighe di grano dai Romani, sia come simbolo di fertilità sia perché la Sicilia infatti fu la prima provincia e "granaio" di Roma.
L'altro simbolo della bandiera intersecato con la triscele è il gorgoneion, ovvero la testa della Gòrgone (comunemente chiamata Medusa), i cui capelli erano serpenti.
Altra versione della testa è quella di una donna dalla quale spuntano delle ali che simboleggiano il trascorrere del tempo, contornata da serpenti per indicare la saggezza. Furono poi aggiunte le spighe di grano dai Romani, sia come simbolo di fertilità sia perché la Sicilia infatti fu la prima provincia e "granaio" di Roma.
La prima bandiera e usi successivi
La bandiera venne utilizzata per la prima volta nel 1282 nella Rivoluzione del Vespro dai siciliani, volendo simboleggiare l'unità della Sicilia nello scacciare gli Angioini.
Il significato dei colori, posizionati in ordine inverso rispetto alla odierna bandiera della Regione Siciliana, simboleggerebbe l'unione dei colori comunali di Palermo (capofila nelle ribellioni) e Corleone (in ordine, rosso e giallo), unitisi per primi nella rivoluzione che vedeva i Siciliani fronteggiare gli Angioini. Palermo era la capitale sin dal tempo dell'Emirato di Sicilia, mentre Corleone era importante centro agricolo e civile dell'entroterra di Sicilia.
Nel 1296, con l'ascesa di Federico III, sul trono di Sicilia, viene introdotta quella che sarà la bandiera del Regno di Sicilia fino al 1816. Il vessillo si presenta con una inquartatura in decusse, ovvero in croce di Sant'Andrea: al 1° e al 4° quarto sono poste le barre d'Aragona, mentre, al 2° e al 3° quarto, campeggiano, affrontate o rivolte verso il pennone, le aquile di Svevia-Sicilia.
Nella rivoluzione del 1848, precisamente il 27 maggio, la Trinacria, posta al centro del tricolore italiano, fu adottata quale simbolo dell'isola dal Parlamento siciliano:
La bandiera venne utilizzata per la prima volta nel 1282 nella Rivoluzione del Vespro dai siciliani, volendo simboleggiare l'unità della Sicilia nello scacciare gli Angioini.
Il significato dei colori, posizionati in ordine inverso rispetto alla odierna bandiera della Regione Siciliana, simboleggerebbe l'unione dei colori comunali di Palermo (capofila nelle ribellioni) e Corleone (in ordine, rosso e giallo), unitisi per primi nella rivoluzione che vedeva i Siciliani fronteggiare gli Angioini. Palermo era la capitale sin dal tempo dell'Emirato di Sicilia, mentre Corleone era importante centro agricolo e civile dell'entroterra di Sicilia.
Nel 1296, con l'ascesa di Federico III, sul trono di Sicilia, viene introdotta quella che sarà la bandiera del Regno di Sicilia fino al 1816. Il vessillo si presenta con una inquartatura in decusse, ovvero in croce di Sant'Andrea: al 1° e al 4° quarto sono poste le barre d'Aragona, mentre, al 2° e al 3° quarto, campeggiano, affrontate o rivolte verso il pennone, le aquile di Svevia-Sicilia.
Nella rivoluzione del 1848, precisamente il 27 maggio, la Trinacria, posta al centro del tricolore italiano, fu adottata quale simbolo dell'isola dal Parlamento siciliano:
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Buongiorno a tutti 😊
La Sicilia ti aspetta❤️
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