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Alle isole Egadi, l’area marina protetta più grande d’Europa è sempre più sicura
Con i suoi 53.992 ettari di estensione, l’area marina protetta delle Egadi è la più grande d’Europa. Un paradiso di terra e di mare tutto italiano, che ha fatto della sostenibilità ambientale il suo fiore all’occhiello e che per mantenersi tale ha deciso di adottare misure concrete contro le pratiche che lo minacciano. Pesca a strascico in primis.

Le acque della riserva infatti, ospitano una vera e propria “foresta” (ma è più corretto chiamarla prateria) di Posidonia oceanica, un polmone verde sommerso di circa 7.700 ettari che offre nutrimento e riparo a innumerevoli specie. Oltre a svolgere questa funzione di nursery e di ripopolamento per la fauna marina, la Posidonia contrasta l’erosione delle coste e combatte i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, producendo ben 2,5 volte l’ossigeno della foresta amazzonica a parità di estensione e assorbendo CO2 in grande quantità.

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“Alle Egadi la Posidonia oceanica batte tutti i primati: ha foglie lunghe oltre due metri e cresce in profondità sotto il livello del mare. Stiamo parlando di una pianta che ha bisogno della fotosintesi e delle luce del sole, che prospera sotto una colonna d’acqua di ben 52 metri. Questo è possibile grazie alla eccezionale trasparenza dell’acqua delle Egadi”, ha precisato il direttore dell’area marina protetta, Stefano Donati.
La pesca a strascico sotto costa, vietata nell’area marina ma praticata illegalmente (si stimano 1.200 passaggi all’anno), provoca solchi sul fondale causati dal trascinamento della rete che distruggono la preziosa prateria di Posidonia, oltre a sterminare gli stock ittici. Per contrastare la pesca illegale, Donati ha optato per il posizionamento sui fondali di una gran quantità di dissuasori anti strascico, blocchi di cemento armato certificato sea-friendly, dello stesso pH del mare, a cui gli organismi marini possono facilmente attecchire e che in pochi mesi si mimetizzano perfettamente con l’ecosistema marino.
Nei moduli di cemento sono inseriti grandi uncini di un particolare tipo di acciaio, flessibile, che consentono di agganciare e rendere inutilizzabili le reti da strascico, ma dai quali il peschereccio può liberarsi facilmente, senza incorrere nel pericolo di affondare. Considerando che ognuna di queste reti costa all’incirca 15.000 euro e che una volta finita sul dissuasore è praticamente compromessa, facile intuire il buon esito dell’operazione. Successo già confermato dal monitoraggio da parte di Enea, Capitaneria e Area marina protetta sulla prima installazione di 72 dissuasori, effettuata nel 2012 e finanziata dal ministero dell’Ambiente, grazie alla quale le incursioni dei pescherecci di frodo sono calate vistosamente.
“I risultati della prima fase del progetto sono stati eccezionali. Abbiamo monitorato i tracciati satellitari delle barche a strascico nei primi 18 mesi di posizionamento dei dissuasori e poi nei successivi; già con la posa dei primi dissuasori solo attorno a Favignana abbiamo registrato una riduzione superiore al 50 per cento degli abusi”, ha dichiarato Donati.
Tuttavia, per creare una barriera senza falle, si è resa necessaria l’installazione di altri 80 dissuasori entro il 2017: il posizionamento dei primi 40 è in corso proprio in questi giorni ed è stato finanziato da Rio Mare, azienda leader nel mercato del tonno in scatola che ha promesso ai consumatori di voler raggiungere il 100 per cento di tonno da pesca sostenibile entro il 2017. L’azienda affiancherà e sosterrà economicamente per ben tre anni l’amministrazione comunale di Favignana e l’area marina protetta delle isole Egadi finanziando non solo la posa in mare dei dissuasori contro la pesca a strascico, ma anche il nuovissimo centro di primo soccorso per le tartarughe marine di Favignana e l’Osservatorio della foca monaca nel suggestivo Castello di Punta Troia a Marettimo, dall’alto del quale, grazie alla trasparenza delle acque, è frequente scorgere ad occhio nudo il passaggio di meravigliose creature marine
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Avola (pronuncia /'avɔla/; Àvula, Àula in siciliano) è un comune italiano di 31 163 abitanti del libero consorzio comunale di Siracusa in Sicilia.

A pianta esagonale, si affaccia sulla costa ionica della Sicilia orientale nel Golfo di Noto.

Secondo taluni, l'origine della città risale a Hybla Major sita in prossimità della costa sud-orientale della Sicilia. La zona, abitata precedentemente dai Sicani, fu invasa dai Siculi e divenne teatro di lotte per il predominio sulla regione.

Il termine Hybla non è greco ma pre-ellenico, probabilmente sicano, ed è il nome di una Dea adorata da entrambe le popolazioni (identificata poi con l'Afrodite ellenica).

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Elegante, barocca ed esagonale... Ecco Avola!

Avola è tra i comuni più popolosi del Libero Consorzio Comunale di Siracusa. Una cittadina che oggi conta circa 31.800 abitanti sviluppatasi in una piana nella quale orti e campagne incontrano una costa dove le correnti del Mar Ionio si mischiano con quelle del Canale di Sicilia.

Avola vanta un territorio storicamente ricchissimo si spazia dal Dolmen di Avola testimonianza della Preistoria, alle tracce dei Siculi, al passaggio dei greci, dei bizantini, per giungere poi all'Emirato di Sicilia e la fase dei Normanni. Come tutti i centri della Sicilia sud-orientale subì un durissimo colpo dall'apocalittico terremoto del 1693 e fu nuovamente concepita con un tessuto urbano ordinato ed esagonale e adornata da chiese e palazzi in Barocco siciliano.

La patrona è Santa Venera vergine e martire alla quale è intitolata la chiesa barocca affacciata nello scenario di Piazza Teatro.
Storia antica e medievale

Secondo taluni, l'origine della città risale a Hybla Major sita in prossimità della costa sud-orientale della Sicilia. La zona, abitata precedentemente dai Sicani, fu invasa dai Siculi e divenne teatro di lotte per il predominio sulla regione.

Il termine Hybla non è greco ma pre-ellenico, probabilmente sicano, ed è il nome di una Dea adorata da entrambe le popolazioni (identificata poi con l'Afrodite ellenica).

I Siculi combatterono gli indigeni e si insediarono definitivamente sul territorio a cavallo fra il XIII e il XII secolo a.C. Dell'epoca dei Siculi sono testimonianza i numerosi reperti, soprattutto vasellame e stoviglie, rinvenuti in alcune tombe in quella che è oggi la Riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile.

Successivamente i Greci colonizzarono la zona intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. trovando una civiltà già influenzata e raffinatasi a contatto con i Fenici.

Durante il IV sec. a.C. il sito conobbe la dominazione del tiranno Dionisio I di Siracusa. Nel III secolo a.C., a seguito della Prima guerra punica, il predominio greco-cartaginese passò ai Romani che costituirono la provincia di Sicilia (227 a.C.), pur lasciando un'ampia autonomia a Siracusa e a tutti i possedimenti di questa città nella parte sudorientale dell'isola, fra cui anche la zona di Hybla Major. La soppressione delle istituzioni statuali siracusane nel corso della seconda guerra punica, vide l'occupazione militare romana di tutta la Sicilia sud orientale attorno alla metà del penultimo decennio del III secolo a.C. (definitiva dopo la caduta di Siracusa nel 212 a.C.).

Con la dominazione romana, protrattasi fino al 450 circa, tutto il territorio perse il suo antico splendore. A seguito delle devastazioni e dei saccheggi operati dai Vandali che occuparono l'intera Sicilia attorno alla metà del V secolo, venne cancellato persino il ricordo di Hybla major e la zona si tramutò in una landa semideserta. Tale situazione si protrasse durante la dominazione ostrogota (V-VI secolo) e bizantina (VI-IX secolo). In epoca araba (IX-XI secolo) il territorio si andò progressivamente ripopolando ma un modestissimo borgo, sul luogo di Avola vecchia, nacque con ogni probabilità solo durante la dominazione normanna o sveva (XI-XIII secolo)