Il castello di Donnafugata si trova nel territorio del comune di Ragusa, a circa 15 chilometri dalla città. L'attuale costruzione, al contrario di quanto il nome possa far pensare, è una sontuosa dimora nobiliare del tardo '800. La dimora sovrastava quelli che erano i possedimenti della ricca famiglia Arezzo De Spuches.
Fin dall'arrivo il castello rivela la sua sontuosità: l'edificio copre un'area di oltre 7500 metri quadrati su 3 piani in stile neogotico, coronata da due torri laterali accoglie i visitatori.
@sicilianewseinfo
Fin dall'arrivo il castello rivela la sua sontuosità: l'edificio copre un'area di oltre 7500 metri quadrati su 3 piani in stile neogotico, coronata da due torri laterali accoglie i visitatori.
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Fin dall'arrivo il castello rivela la sua sontuosità: l'edificio copre un'area di oltre 7500 metri quadrati su 3 piani in stile neogotico, coronata da due torri laterali accoglie i visitatori.
Storia.
Loggia del castello.
Scorcio del parco.
La prima costruzione del castello sembra dovuta ai Chiaramonte, conti di Modica nel XIV secolo. Nel XV secolo potrebbe essere stata una delle residenze di Bernardo Cabrera, all'epoca gran giustiziere del Regno di Sicilia, pur se si deve tener conto del fatto che tutti i dati riguardanti tale castello, precedenti il Settecento, ivi compresa la sua primitiva costruzione, sono solo il frutto della leggenda quattrocentesca, riguardante Bernardo Cabrera e Bianca di Navarra, e sono dati che non hanno alcun riscontro probatorio storico. Successivamente, la costruzione del feudo ex Bellio-Cabrera di Donnafugata fu acquistata nel 1648 da Vincenzo Arezzo-La Rocca, già barone di Serri o Serre, che ne fece una masseria fortificata. Nel corso del tempo si trasformò in casina neoclassica e in castello neogotico. La maggior parte della costruzione si deve nell'Ottocento al discendente, il barone Corrado Arezzo, eclettico uomo di studi e politico.
Attraverso varie generazioni, giunse a Clementina Paternò di Manganelli, vedova del visconte Gaetano Combes de Lestrade. Infine, dopo anni di incuria ed abbandono, nel 1982 venne acquistato dal Comune di Ragusa che, dopo lunghi lavori di restauro lo ha reso nuovamente fruibile.
Storia.
Loggia del castello.
Scorcio del parco.
La prima costruzione del castello sembra dovuta ai Chiaramonte, conti di Modica nel XIV secolo. Nel XV secolo potrebbe essere stata una delle residenze di Bernardo Cabrera, all'epoca gran giustiziere del Regno di Sicilia, pur se si deve tener conto del fatto che tutti i dati riguardanti tale castello, precedenti il Settecento, ivi compresa la sua primitiva costruzione, sono solo il frutto della leggenda quattrocentesca, riguardante Bernardo Cabrera e Bianca di Navarra, e sono dati che non hanno alcun riscontro probatorio storico. Successivamente, la costruzione del feudo ex Bellio-Cabrera di Donnafugata fu acquistata nel 1648 da Vincenzo Arezzo-La Rocca, già barone di Serri o Serre, che ne fece una masseria fortificata. Nel corso del tempo si trasformò in casina neoclassica e in castello neogotico. La maggior parte della costruzione si deve nell'Ottocento al discendente, il barone Corrado Arezzo, eclettico uomo di studi e politico.
Attraverso varie generazioni, giunse a Clementina Paternò di Manganelli, vedova del visconte Gaetano Combes de Lestrade. Infine, dopo anni di incuria ed abbandono, nel 1982 venne acquistato dal Comune di Ragusa che, dopo lunghi lavori di restauro lo ha reso nuovamente fruibile.
La prima costruzione del castello sembra dovuta ai Chiaramonte, conti di Modica nel XIV secolo. Nel XV secolo potrebbe essere stata una delle residenze di Bernardo Cabrera, all'epoca gran giustiziere del Regno di Sicilia, pur se si deve tener conto del fatto che tutti i dati riguardanti tale castello, precedenti il Settecento, ivi compresa la sua primitiva costruzione, sono solo il frutto della leggenda quattrocentesca, riguardante Bernardo Cabrera e Bianca di Navarra, e sono dati che non hanno alcun riscontro probatorio storico. Successivamente, la costruzione del feudo ex Bellio-Cabrera di Donnafugata fu acquistata nel 1648 da Vincenzo Arezzo-La Rocca, già barone di Serri o Serre, che ne fece una masseria fortificata. Nel corso del tempo si trasformò in casina neoclassica e in castello neogotico. La maggior parte della costruzione si deve nell'Ottocento al discendente, il barone Corrado Arezzo, eclettico uomo di studi e politico.
Attraverso varie generazioni, giunse a Clementina Paternò di Manganelli, vedova del visconte Gaetano Combes de Lestrade. Infine, dopo anni di incuria ed abbandono, nel 1982 venne acquistato dal Comune di Ragusa che, dopo lunghi lavori di restauro lo ha reso nuovamente fruibile.
Attraverso varie generazioni, giunse a Clementina Paternò di Manganelli, vedova del visconte Gaetano Combes de Lestrade. Infine, dopo anni di incuria ed abbandono, nel 1982 venne acquistato dal Comune di Ragusa che, dopo lunghi lavori di restauro lo ha reso nuovamente fruibile.
Interni
Il castello, diviso su tre piani, conta oltre 120 stanze di cui una ventina sono oggi fruibili ai visitatori. Visitando le stanze che contengono ancora gli arredi ed i mobili originali dell'epoca, sembra quasi di fare un salto nel passato, nell'epoca degli ultimi "gattopardi". Ogni stanza era arredata con gusto diverso ed aveva una funzione diversa. Da ricordare la stanza della musica con bei dipinti a trompe-l'œil, la grande sala degli stemmi con i blasoni di tutte le famiglie nobili siciliane e due antiche armature, il salone degli specchi (ornato da stucchi), la pinacoteca con quadri neoclassici della scuola di Luca Giordano. Notevole, poi, il cosiddetto appartamento del vescovo, con splendidi mobili Boulle, riservato esclusivamente all'alto prelato (un membro della famiglia Arezzo nel Settecento).
Il castello, diviso su tre piani, conta oltre 120 stanze di cui una ventina sono oggi fruibili ai visitatori. Visitando le stanze che contengono ancora gli arredi ed i mobili originali dell'epoca, sembra quasi di fare un salto nel passato, nell'epoca degli ultimi "gattopardi". Ogni stanza era arredata con gusto diverso ed aveva una funzione diversa. Da ricordare la stanza della musica con bei dipinti a trompe-l'œil, la grande sala degli stemmi con i blasoni di tutte le famiglie nobili siciliane e due antiche armature, il salone degli specchi (ornato da stucchi), la pinacoteca con quadri neoclassici della scuola di Luca Giordano. Notevole, poi, il cosiddetto appartamento del vescovo, con splendidi mobili Boulle, riservato esclusivamente all'alto prelato (un membro della famiglia Arezzo nel Settecento).
Intorno al castello si trova un ampio e monumentale parco di 8 ettari. Contava oltre 1500 specie vegetali e varie "distrazioni" che dovevano allietare e divertire gli ospiti, come il tempietto circolare, la Coffee House (per dare ristoro), alcune "grotte" artificiali dotate di finte stalattiti (sotto il tempietto) o il particolare labirinto in pietra costruito nella tipica muratura a secco del ragusano.
Molto particolare è il fatto che nel parco si trovino degli scherzi che il barone ha fatto disporre per allietare le giornate, altrimenti noiose, al castello. Un esempio: su di un sedile è stato posizionato un irrigatore, che entrava in funzione quando un ospite ci si sedeva sopra. Un altro scherzo del barone burlone veniva attivato quando aprivano una particolare cappella posta in fondo al parco - ne usciva un monaco di pezza, spaventando la vittima dello scherzo. Attualmente gli scherzi non sono attivati, ma si sta lavorando per rimetterli in funzione. Inoltre nel parco si trovano delle tombe vuote, il cui scopo leggendario era di spaventare le donzelle: spinte dal terrore della vista di un corpo morto, andavano a rifugiarsi dal barone che era più che felice di consolarle.
Molto particolare è il fatto che nel parco si trovino degli scherzi che il barone ha fatto disporre per allietare le giornate, altrimenti noiose, al castello. Un esempio: su di un sedile è stato posizionato un irrigatore, che entrava in funzione quando un ospite ci si sedeva sopra. Un altro scherzo del barone burlone veniva attivato quando aprivano una particolare cappella posta in fondo al parco - ne usciva un monaco di pezza, spaventando la vittima dello scherzo. Attualmente gli scherzi non sono attivati, ma si sta lavorando per rimetterli in funzione. Inoltre nel parco si trovano delle tombe vuote, il cui scopo leggendario era di spaventare le donzelle: spinte dal terrore della vista di un corpo morto, andavano a rifugiarsi dal barone che era più che felice di consolarle.
Il labirinto
Pianta del labirinto di Hampton Court, simile a quello di Donnafugata.
Tra i vari divertimenti rivolti agli ospiti del Barone, nel parco fu costruito anche un labirinto realizzato con muri a secco, in pietra bianca ragusana e sorvegliato all'ingresso da un soldato di pietra. Il labirinto riproduceva la forma trapezoidale del labirinto inglese di Hampton Court, situato vicino Londra, che probabilmente il Barone aveva visto durante uno dei suoi vari viaggi. Sui muri del tracciato si stendevano siepi di rose rampicanti che impedivano la vista e impedivano lo scavalcamento delle corsie
Pianta del labirinto di Hampton Court, simile a quello di Donnafugata.
Tra i vari divertimenti rivolti agli ospiti del Barone, nel parco fu costruito anche un labirinto realizzato con muri a secco, in pietra bianca ragusana e sorvegliato all'ingresso da un soldato di pietra. Il labirinto riproduceva la forma trapezoidale del labirinto inglese di Hampton Court, situato vicino Londra, che probabilmente il Barone aveva visto durante uno dei suoi vari viaggi. Sui muri del tracciato si stendevano siepi di rose rampicanti che impedivano la vista e impedivano lo scavalcamento delle corsie
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Il Castello di Donnafugata - Ragusa
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Alle isole Egadi, l’area marina protetta più grande d’Europa è sempre più sicura
Con i suoi 53.992 ettari di estensione, l’area marina protetta delle Egadi è la più grande d’Europa. Un paradiso di terra e di mare tutto italiano, che ha fatto della sostenibilità ambientale il suo fiore all’occhiello e che per mantenersi tale ha deciso di adottare misure concrete contro le pratiche che lo minacciano. Pesca a strascico in primis.
Le acque della riserva infatti, ospitano una vera e propria “foresta” (ma è più corretto chiamarla prateria) di Posidonia oceanica, un polmone verde sommerso di circa 7.700 ettari che offre nutrimento e riparo a innumerevoli specie. Oltre a svolgere questa funzione di nursery e di ripopolamento per la fauna marina, la Posidonia contrasta l’erosione delle coste e combatte i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, producendo ben 2,5 volte l’ossigeno della foresta amazzonica a parità di estensione e assorbendo CO2 in grande quantità.
@sicilianewseinfo
Con i suoi 53.992 ettari di estensione, l’area marina protetta delle Egadi è la più grande d’Europa. Un paradiso di terra e di mare tutto italiano, che ha fatto della sostenibilità ambientale il suo fiore all’occhiello e che per mantenersi tale ha deciso di adottare misure concrete contro le pratiche che lo minacciano. Pesca a strascico in primis.
Le acque della riserva infatti, ospitano una vera e propria “foresta” (ma è più corretto chiamarla prateria) di Posidonia oceanica, un polmone verde sommerso di circa 7.700 ettari che offre nutrimento e riparo a innumerevoli specie. Oltre a svolgere questa funzione di nursery e di ripopolamento per la fauna marina, la Posidonia contrasta l’erosione delle coste e combatte i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, producendo ben 2,5 volte l’ossigeno della foresta amazzonica a parità di estensione e assorbendo CO2 in grande quantità.
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“Alle Egadi la Posidonia oceanica batte tutti i primati: ha foglie lunghe oltre due metri e cresce in profondità sotto il livello del mare. Stiamo parlando di una pianta che ha bisogno della fotosintesi e delle luce del sole, che prospera sotto una colonna d’acqua di ben 52 metri. Questo è possibile grazie alla eccezionale trasparenza dell’acqua delle Egadi”, ha precisato il direttore dell’area marina protetta, Stefano Donati.
La pesca a strascico sotto costa, vietata nell’area marina ma praticata illegalmente (si stimano 1.200 passaggi all’anno), provoca solchi sul fondale causati dal trascinamento della rete che distruggono la preziosa prateria di Posidonia, oltre a sterminare gli stock ittici. Per contrastare la pesca illegale, Donati ha optato per il posizionamento sui fondali di una gran quantità di dissuasori anti strascico, blocchi di cemento armato certificato sea-friendly, dello stesso pH del mare, a cui gli organismi marini possono facilmente attecchire e che in pochi mesi si mimetizzano perfettamente con l’ecosistema marino.
La pesca a strascico sotto costa, vietata nell’area marina ma praticata illegalmente (si stimano 1.200 passaggi all’anno), provoca solchi sul fondale causati dal trascinamento della rete che distruggono la preziosa prateria di Posidonia, oltre a sterminare gli stock ittici. Per contrastare la pesca illegale, Donati ha optato per il posizionamento sui fondali di una gran quantità di dissuasori anti strascico, blocchi di cemento armato certificato sea-friendly, dello stesso pH del mare, a cui gli organismi marini possono facilmente attecchire e che in pochi mesi si mimetizzano perfettamente con l’ecosistema marino.