♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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Rifugio Santa Barbara Nicolosi Etna
Buon pomeriggio
☕️💋
Vucciria è un dipinto di Renato Guttuso realizzato nel 1974. Viene considerato il suo dipinto più celebre.
Il quadro, caratterizzato da realismo crudo e sanguigno come le carni esposte nel famoso omonimo mercato di Palermo, esprime una delle tante anime della città siciliana, ed è talmente forte il segno dell'artista insieme al senso del colore che sembra sprigionare il vocio e la cantilena quasi araba dei "vanniaturi" del celebre mercato palermitano che dà il nome al quartiere ed emanare i profumi dei prodotti tipici, frutta e verdura, esposti sulle bancarelle, ingredienti saporosi per la cucina siciliana.

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VUCCÍRIA

In Palermitano significa "confusione"

La Vucciria è un piacevole miscuglio di voci, odori e rumori; un angolo della città dove il tempo sembra essersi fermato. E’ il mercato più antico e popolare di Palermo si estende in Piazza Caracciolo e dintorni, nasce come bottega della carne, una volta chiusa da arcate oggi completamente all'aperto in cui la merce (carni, pesce, frutta) viene esposta in tipiche bancarelle su apposite lastre di marmo chiamate "BALATE". Anticamente era chiamato la Bucciria grande, questo termine deriva da una parola francese, boucherie che significa macelleria, perché in epoca angioina vi sorgeva un macello, mentre oggi vi abbondano le carnezzerie.

"Quannu e balate ra Vucciria s’asciucano" 

Proverbio siculo utilizzato per esprimere una promessa o un avvenimento che non si realizzerà mai.
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Involtini alla Messinese

Le braciole alla Messinese.
(In dialetto: braciuletti, braciuleddi o bracioli ), talvolta conosciute anche come involtini alla Messinese o braciole alla Messinese, sono un secondo piatto della cucina messinese a base di carne di manzo tipiche di Messina e provincia ma si sono diffuse anche in tutte le zone della Sicilia.

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Ingredienti

400 g Fettine di vitello

150 g Provolina dolce

150 g Pangrattato

150 g Parmigiano reggiano

1 spicchio Aglio

Prezzemolo

Olio extravergine d'oliva

Sale, pepe q.b
Preparazione

Le braciolette vengono preparate con delle fettine di carne molto simili, per lo spessore, a quelle del carpaccio (a Messina il taglio di carne usato per le braciolette è detto "a braciola", il magatello) che vengono immerse in un intingolo di olio d'oliva, sale e pepe e cotte alla brace, come indica il nome.

Una volta bagnate sulle fettine di carne vengono messi il pangrattato abbrustolito in padella,l'aglio, il prezzemolo e il caciocavallo (o un formaggio a pasta filata), vengono quindi arrotolati fino a formare dei cilindretti che possono avere o meno una seconda panatura esterna, e una volta chiusi vengono infilzati in bastoncini di legno a gruppi di 5 o 7 cilindretti.

Alcune macellerie propongono varianti con panatura al pistacchio o al pecorino.

Vengono cotte sulla griglia o in padella e spesso condite con il salmoriglio.

Una vera delizia provatele.

Buona cena🍷💋
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L’antica pasticceria segreta delle monache del Convento di Santa Caterina di Palermo

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L’antica pasticceria segreta delle monache di clausura del Convento di Santa Caterina di Palermo rientra oggi nel progetto di recupero del monastero per rifare del convento un luogo vivo, aperto agli incontri e alla divulgazione di tradizioni antiche

Un tempo qui, e per secoli, le monache di clausura deliziavano i palermitani con i loro dolci. Cassate, cannoli, fedde del Cancelliere, minni di Virgini, nucatoli, che una volta venivano venduti su una ruota, oggi tornano ad invadere di antichi profumi quel laboratorio di pasticceria che il Convento di Santa Caterina ha condotto per centinaia di anni. Diventato uno spazio “goloso” di incontro e cultura, ecco come (ri)scoprire dolci dimenticati e sapori antichi.

Un’occasione questa per riscoprire i sapori e le vecchie ricette della pasticceria conventuale palermitana, che rientra nell’ambito del percorso di recupero e di valorizzazione del Monastero di clausura di Santa Caterina condotto con la Soprintendenza dall’Ufficio Beni culturali della Curia

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Chi da sempre abita il quartiere ricorda ancora il profumo dei dolci che nei giorni di festa invadeva tutta piazza Bellini. Una coccola che le suore di clausura del convento dedicavano a chi frequentava la chiesa, il modo più naturale per sdebitarsi e accogliere il prossimo”, così ne “I segreti del chiostro – Storie e ricette dei Monasteri di Palermo” Maria Oliveri racconta questa storia autentica e originale, fatta di dolci raffinati dagli antichi sapori, per i quali vengono utilizzati ingredienti semplici e di qualità, esclusivamente siciliani.

Fino al 2014, prima del trasferimento dell’ultima suora, il convento di Santa Caterina rimase protetto dalle rigide regole della clausura, durate per circa 700 anni. Per volontà dell’Arcidiocesi e della Soprintendenza, poi, e con la gestione della cooperativa Pulcherrima Res, l’edificio ha aperto le porte riscoprendosi polo museale, ma la struttura è talmente vasta (occupa un intero isolato di un’area centrale di Palermo), attorno al bellissimo chiostro dal pavimento maiolicato, che è molto oneroso recuperare tutti i tesori e gli spazi.

È per questo che il ticket d’ingresso richiesto ai visitatori di 8 euro sta consentendo all’attività di autofinanziarsi.
E, tra gli spazi recuperati, riapre proprio lo storico laboratorio di pasticceria del convento laddove è sempre stato, I Segreti del Chiostro, dove si recuperano le antiche ricette, selezionando gli ingredienti migliori, allestendo uno spazio accogliente aperto ogni giorno dalle 10 alle 18. I Segreti del Chiostro ora è una pasticceria artigianale dove si conserva lo storico forno a legna sostituito negli anni Sessanta da quello a gas, entrambi ancora funzionanti, un tavolo col piano di marmo e un lavello per l’acqua corrente.

“Le ricette erano segrete, le suore si limitavano ad appuntare le dosi. La ricerca per recuperare i procedimenti è stata lunga, frutto di incontri con monache anziane che mi hanno dettato qualcosa a voce, appunti ritrovati, ricordi di parenti. E mesi di prove per trovare il gusto più convincente. Mentre per la parte estetica, tradizionalmente molto curata, abbiamo fatto ricorso a testi antichi e cercato nei conventi di provincia che ancora producono qualcosa di simile”, conclude Maria Oliveri, lasciando così solo il forte desiderio di riscoprire una così buona e bella.