Non supera l'altezza di un ginocchio ma è un vulcano a tutti gli effetti. Sono i vulcanelli bonsai delle macalube e si trovano qua e la in Sicilia.
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LE MACCALUBE (o Macalube) sono delle sorgenti idroargillose che si trovano in Sicilia, a circa quattro chilometri dal centro urbano di Aragona e a 15 chilometri da Agrigento.
Il nome “Macalube” deriva dall'arabo Maqlùb che significa letteralmente "ribaltamento". Le più antiche descrizioni di quest'area si devono a Platone, Aristotele, Diodoro Siculo e a Plinio il Vecchio.
In epoca romana il fango che fuoriusciva dal terreno veniva utilizzato per cure reumatiche e trattamenti di bellezza. La fuoriuscita di pietre e materiale argilloso dal sottosuolo si manifesta solo se i gas presenti nel sottosuolo (metano, ma anche anidride carbonica, azoto, ossigeno, argon, ossido di carbonio ed elio) sono sottoposti ad una certa pressione e in relazione con argille non consolidate.
Il materiale che fuoriesce dal sottosuolo non sempre è argilla; a volte sono gas misti a sostanze liquide che formano degli stagni di acqua torbida ove si moltiplicano piccoli organismi che trovano in essi l’habitat ideale.
La collinetta delle Maccalube ha tonalità variabili tra il bianco e il grigio e un aspetto lunare caratterizzato da una serie di vulcanelli freddi di fango dalla tipica forma a cono.
Le eruzioni di materiale dal sottosuolo sono precedute da un inarcamento della collina e da crepe che compaiono sulla superficie del terreno, spesso si verificano anche forti boati e, in questi casi, il materiale argilloso misto a gas e acqua viene scagliato a decine di metri di altezza, simile al fungo delle esplosioni nucleari.
Nonostante l'aspetto prevalentemente desertico, a sorpresa la collinetta è anche un vero e proprio Paradiso Botanico. In primavera, infatti, essa si trasforma in un'esplosione di colori e vanta la presenza di ben quindici specie di orchidee. Tuttavia la vera ricchezza è data dagli stagni temporanei mediterranei che hanno determinato la presenza di un’abbondante flora endemica (che cresce solo in questo luogo) come l'Aster Sorrentini (varietà tutelata dalla Comunità Europea), la Lavatera Agrigentina, il Tricum ovatum, il Catananche lutea, il Trichodes alvearius, la Notobasis syriaca; di particolare importanza è la gariga-steppa formata dal Lygeum Spartum e dalla Salsola Agrigentina.
Tutta questa varietà di flora ha permesso di inserire le Maccalube tra i siti di interesse Comunitario e di istituire, nel 1996, la Riserva Naturale Integrale delle Maccalube.
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Il nome “Macalube” deriva dall'arabo Maqlùb che significa letteralmente "ribaltamento". Le più antiche descrizioni di quest'area si devono a Platone, Aristotele, Diodoro Siculo e a Plinio il Vecchio.
In epoca romana il fango che fuoriusciva dal terreno veniva utilizzato per cure reumatiche e trattamenti di bellezza. La fuoriuscita di pietre e materiale argilloso dal sottosuolo si manifesta solo se i gas presenti nel sottosuolo (metano, ma anche anidride carbonica, azoto, ossigeno, argon, ossido di carbonio ed elio) sono sottoposti ad una certa pressione e in relazione con argille non consolidate.
Il materiale che fuoriesce dal sottosuolo non sempre è argilla; a volte sono gas misti a sostanze liquide che formano degli stagni di acqua torbida ove si moltiplicano piccoli organismi che trovano in essi l’habitat ideale.
La collinetta delle Maccalube ha tonalità variabili tra il bianco e il grigio e un aspetto lunare caratterizzato da una serie di vulcanelli freddi di fango dalla tipica forma a cono.
Le eruzioni di materiale dal sottosuolo sono precedute da un inarcamento della collina e da crepe che compaiono sulla superficie del terreno, spesso si verificano anche forti boati e, in questi casi, il materiale argilloso misto a gas e acqua viene scagliato a decine di metri di altezza, simile al fungo delle esplosioni nucleari.
Nonostante l'aspetto prevalentemente desertico, a sorpresa la collinetta è anche un vero e proprio Paradiso Botanico. In primavera, infatti, essa si trasforma in un'esplosione di colori e vanta la presenza di ben quindici specie di orchidee. Tuttavia la vera ricchezza è data dagli stagni temporanei mediterranei che hanno determinato la presenza di un’abbondante flora endemica (che cresce solo in questo luogo) come l'Aster Sorrentini (varietà tutelata dalla Comunità Europea), la Lavatera Agrigentina, il Tricum ovatum, il Catananche lutea, il Trichodes alvearius, la Notobasis syriaca; di particolare importanza è la gariga-steppa formata dal Lygeum Spartum e dalla Salsola Agrigentina.
Tutta questa varietà di flora ha permesso di inserire le Maccalube tra i siti di interesse Comunitario e di istituire, nel 1996, la Riserva Naturale Integrale delle Maccalube.
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Ogni figura delle carte siciliane ha un significato: vi diciamo qual è, seme per seme
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Ogni figura delle carte siciliane ha un significato: vi diciamo qual è, seme per seme
Se a Natale cercate nei cassetti dei vostri parenti più anziani non troverete soltanto un passatempo ma tirerete fuori anche un pezzo della nostra storia Carte siciliane Le carte siciliane rappresentano, manco a dirlo, un insieme di culture diverse. Non è…
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🗓️ #28 DICEMBRE
🏚️ LA MORTE CALA SU MESSINA
Il 28 dicembre 1908 si consumava il catastrofico terremoto di #Messina, considerato tra gli eventi sismici più tragici del novecento.
Il sisma, di magnitudo 7,1 Mw, ebbe luogo poco dopo le 5 del mattino e dilaniò profondamente Messina e, in parte, anche #ReggioCalabria nell'arco di soli 37 secondi.
Il totale delle vittime ammonta a circa 120 mila persone. Proprio per numero di vittime si tratta del più grave disastro naturale mai accaduto in #Sicilia e #Italia.
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Il sisma, di magnitudo 7,1 Mw, ebbe luogo poco dopo le 5 del mattino e dilaniò profondamente Messina e, in parte, anche #ReggioCalabria nell'arco di soli 37 secondi.
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MESSINA 1908 - il terremoto - VIDEO originale dell'epoca
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Il Terremoto di Messina, 28 Dicembre 1908, La catastrofe naturale più disastrosa della storia d' Europa.
Ore 5:20 del mattino del 28 dicembre 1908
Messina, Reggio Calabria e lo stretto di Scilla e Cariddi, cambiano aspetto per sempre.
Sono le 5:20 del mattino del 28 dicembre 1908, dal traghetto Calabria in navigazione sullo stretto il comandante sta guardando le luci di Messina. Un fragore cupo sale da sotto il mare. Un pezzo di crosta terrestre lungo circa 40 chilometri è scattato verso il basso di due tre metri. Il traghetto viene sbalzato in su poi ricade giù.
A terra trenta secondi di scosse violentissime sorprendono i messinesi nel sonno.
Negli edifici che crollano ha inizio un orrore che nessuno di loro dimenticherà più. A sud della città il terremoto innesca una gigantesca frana sottomarina che a sua volta provoca uno tsunami.
Parecchi minuti più tardi tre ondate alte dai sei ai dodici metri spazzano la costa. All'alba appare Messina quasi completamente distrutta e non solo Messina ma anche Reggio Calabria insieme ad altri diciassette piccoli centri in Sicilia e venticinque in Calabria.
Il terremoto ha devastato un'area di seimila chilometri quadrati ma per molte ore il resto dell'Italia non se ne accorge. Le linee telegrafiche sono interrotte. Migliaia di persone sono
intrappolate sotto le rovine. Hai sopravvissuti sembra sia arrivata la fine del mondo.
Interi isolati prendono fuoco. Scende una pioggia sottile che continuerà per giorni. I primi soccorsi li porta una squadra navale russa all'alba del ventinove. Il trenta arriva una squadra inglese partita da Malta. Per molti giorni saranno gli unici soccorsi organizzati
ed efficienti.
Lo Stato arriva per ultimo e senza la minima organizzazione. La vita civile è sprofondata nel caos. E i comandi militari non riescono a proporre di meglio che finire di distruggere la città a cannonate e darle fuoco, Il Governo li ferma ma nega i viveri e i soccorsi ai sopravvissuti per costringerli a lasciare la città.
Reggio viene quasi dimenticata e in alcuni centri della Calabria i primi soccorsi arriveranno dopo settimane. Il bilancio del terremoto è di ottantamila vittime. Duemila delle quali per lo tsunami.
Messina ha perso il quarantadue percento dei suoi abitanti.
Reggio il ventisette percento.
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#limportanzadellamemoria #siciliaantica #storiadisicilia #ceraunavoltainsicilia #siciliastoria
Ore 5:20 del mattino del 28 dicembre 1908
Messina, Reggio Calabria e lo stretto di Scilla e Cariddi, cambiano aspetto per sempre.
Sono le 5:20 del mattino del 28 dicembre 1908, dal traghetto Calabria in navigazione sullo stretto il comandante sta guardando le luci di Messina. Un fragore cupo sale da sotto il mare. Un pezzo di crosta terrestre lungo circa 40 chilometri è scattato verso il basso di due tre metri. Il traghetto viene sbalzato in su poi ricade giù.
A terra trenta secondi di scosse violentissime sorprendono i messinesi nel sonno.
Negli edifici che crollano ha inizio un orrore che nessuno di loro dimenticherà più. A sud della città il terremoto innesca una gigantesca frana sottomarina che a sua volta provoca uno tsunami.
Parecchi minuti più tardi tre ondate alte dai sei ai dodici metri spazzano la costa. All'alba appare Messina quasi completamente distrutta e non solo Messina ma anche Reggio Calabria insieme ad altri diciassette piccoli centri in Sicilia e venticinque in Calabria.
Il terremoto ha devastato un'area di seimila chilometri quadrati ma per molte ore il resto dell'Italia non se ne accorge. Le linee telegrafiche sono interrotte. Migliaia di persone sono
intrappolate sotto le rovine. Hai sopravvissuti sembra sia arrivata la fine del mondo.
Interi isolati prendono fuoco. Scende una pioggia sottile che continuerà per giorni. I primi soccorsi li porta una squadra navale russa all'alba del ventinove. Il trenta arriva una squadra inglese partita da Malta. Per molti giorni saranno gli unici soccorsi organizzati
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Reggio viene quasi dimenticata e in alcuni centri della Calabria i primi soccorsi arriveranno dopo settimane. Il bilancio del terremoto è di ottantamila vittime. Duemila delle quali per lo tsunami.
Messina ha perso il quarantadue percento dei suoi abitanti.
Reggio il ventisette percento.
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IL TERREMOTO DI MESSINA 28 Dicembre 1908
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