Dagli scavi sono emersi insediamenti risalenti all'età del bronzo e un'alternanza di periodi di completo abbandono con altri di forte sviluppo. Ritrovamenti presso Santa Marina mostrano un notevole insediamento attorno al IV secolo a.C. Attorno al VII secolo d.C. Salina fu una delle Eolie più popolate, perché i vulcani di Lipari erano in attività. Le invasioni arabe la resero deserta finché, attorno al XVII secolo, tornò a popolarsi.
Salina è l'isola più fertile delle Eolie e ricca d'acqua; vi si coltivano uve pregiate dalle quali si ricava la Malvasia delle Lipari, un vino di sapore dolce, e capperi che sono esportati in tutto il mondo.
L'Abate Gerolamo Maurando giunse nel 1544 nell'arcipelago delle Eolie attestando l'esistenza di un'attività economica molto florida che probabilmente era già iniziata durante il Medioevo.
Tuttavia, a quel tempo, nonostante la presenza di vigneti sull'isola non si presume la presenza di comunità organizzate: la continua minaccia dei pirati che assediava l'isola sin dall'epoca bizantina, aveva spinto i liparesi a limitare le visite unicamente per la cura dei vigneti e dei raccolti durante le stagioni.
L'isola si ripopola solo alla fine del 1500, grazie alle concessioni enfiteutiche del Vescovo di Lipari, e raggiunge il suo apice nella metà dell'Ottocento: durante 300 anni si ritrovano a convivere famiglie provenienti da tutto il basso Tirreno, attratte dal lavoro e dall'illusione della piccola proprietà.
La conseguente dipendenza economica dall'isola maggiore di Lipari, dovuta alla mancanza di tradizioni comuni nella nuova comunità, ha fine solo agli inizi del XIX secolo, quando un'improvvisa domanda di Malvasia, permette agli abitanti di Salina di affermarsi finalmente nei mezzi di scambio: per 10 lunghi anni, infatti, i commissari per gli approvvigionamenti dell'armata britannica, giunta a Messina per fronteggiare la possibile avanzata di Napoleone in Sicilia, richiedono il noto 'passito eoliano' sulle tavole dei loro ufficiali. Una domanda così duratura innesca un processo di sviluppo locale tale da permettere all'isola di affrancarsi dall'economia liparese nonché dal suo potere amministrativo.
Sfortunatamente però, nella primavera del 1889, la filossera invade i vigneti dell'intera Europa e pone fine alla prosperità, l'emigrazione prende piede ed in quindici anni la popolazione di Salina si dimezza.
Un'altra importante risorsa per l'isola è il turismo
Salina è l'isola più fertile delle Eolie e ricca d'acqua; vi si coltivano uve pregiate dalle quali si ricava la Malvasia delle Lipari, un vino di sapore dolce, e capperi che sono esportati in tutto il mondo.
L'Abate Gerolamo Maurando giunse nel 1544 nell'arcipelago delle Eolie attestando l'esistenza di un'attività economica molto florida che probabilmente era già iniziata durante il Medioevo.
Tuttavia, a quel tempo, nonostante la presenza di vigneti sull'isola non si presume la presenza di comunità organizzate: la continua minaccia dei pirati che assediava l'isola sin dall'epoca bizantina, aveva spinto i liparesi a limitare le visite unicamente per la cura dei vigneti e dei raccolti durante le stagioni.
L'isola si ripopola solo alla fine del 1500, grazie alle concessioni enfiteutiche del Vescovo di Lipari, e raggiunge il suo apice nella metà dell'Ottocento: durante 300 anni si ritrovano a convivere famiglie provenienti da tutto il basso Tirreno, attratte dal lavoro e dall'illusione della piccola proprietà.
La conseguente dipendenza economica dall'isola maggiore di Lipari, dovuta alla mancanza di tradizioni comuni nella nuova comunità, ha fine solo agli inizi del XIX secolo, quando un'improvvisa domanda di Malvasia, permette agli abitanti di Salina di affermarsi finalmente nei mezzi di scambio: per 10 lunghi anni, infatti, i commissari per gli approvvigionamenti dell'armata britannica, giunta a Messina per fronteggiare la possibile avanzata di Napoleone in Sicilia, richiedono il noto 'passito eoliano' sulle tavole dei loro ufficiali. Una domanda così duratura innesca un processo di sviluppo locale tale da permettere all'isola di affrancarsi dall'economia liparese nonché dal suo potere amministrativo.
Sfortunatamente però, nella primavera del 1889, la filossera invade i vigneti dell'intera Europa e pone fine alla prosperità, l'emigrazione prende piede ed in quindici anni la popolazione di Salina si dimezza.
Un'altra importante risorsa per l'isola è il turismo
Panarea è un'isola italiana appartenente all'arcipelago delle isole Eolie, in Sicilia. Amministrativamente appartiene a Lipari, comune italiano della città metropolitana di Messina, di cui costituisce una frazione di 241 abitanti, suddivisa nei centri di San Pietro, Ditella e Drauto.
È l'isola più piccola e la meno elevata dell'arcipelago eoliano, nonché la più antica, e con gli isolotti di Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera e gli scogli dei Panarelli e delle Formiche, costituisce un microarcipelago fra Lipari e l'isola di Stromboli posto su un unico basamento sottomarino.
@newseinfo
È l'isola più piccola e la meno elevata dell'arcipelago eoliano, nonché la più antica, e con gli isolotti di Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera e gli scogli dei Panarelli e delle Formiche, costituisce un microarcipelago fra Lipari e l'isola di Stromboli posto su un unico basamento sottomarino.
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Preistoria
Le origini del nome
Nell'antichità si ritrovano diversi nomi greci per Panarea: Euṓnymos, Εὐώνυμος ("di buon nome", "prospera"); e Hikesía, Ἱκεσία ("la supplice", forse per la presenza di luoghi di culto). Il nome Pagnarea, di etimologia incerta, è attestato per la prima volta nella Cosmografia ravennate nel VI-VII secolo.
Panarea fu abitata già in epoca preistoricacome testimonia il villaggio dell'età del Bronzo (XIV secolo a.C.) sul promontorio di Capo Milazzese, a sud-ovest dell'isola (da cui prende il nome la Cultura del Milazzese). La particolare posizione del pianoro, proteso verso il mare e protetto da alte pareti a dirupo sul mare - dunque facilmente difendibile - ne fece un luogo ideale per l'insediamento: nel villaggio, di cui sono visibili e visitabili i resti di una ventina di capanne, sono stati ritrovati materiali d'origine micenea, a testimonianza del ruolo svolto, anche in antichità, dall'arcipelago eoliano, al centro delle principali rotte commerciali del Mar Mediterraneo. Per il resto Panarea condivide la storia delle altre isole Eolie ed in particolare di Lipari.
Le origini del nome
Nell'antichità si ritrovano diversi nomi greci per Panarea: Euṓnymos, Εὐώνυμος ("di buon nome", "prospera"); e Hikesía, Ἱκεσία ("la supplice", forse per la presenza di luoghi di culto). Il nome Pagnarea, di etimologia incerta, è attestato per la prima volta nella Cosmografia ravennate nel VI-VII secolo.
Panarea fu abitata già in epoca preistoricacome testimonia il villaggio dell'età del Bronzo (XIV secolo a.C.) sul promontorio di Capo Milazzese, a sud-ovest dell'isola (da cui prende il nome la Cultura del Milazzese). La particolare posizione del pianoro, proteso verso il mare e protetto da alte pareti a dirupo sul mare - dunque facilmente difendibile - ne fece un luogo ideale per l'insediamento: nel villaggio, di cui sono visibili e visitabili i resti di una ventina di capanne, sono stati ritrovati materiali d'origine micenea, a testimonianza del ruolo svolto, anche in antichità, dall'arcipelago eoliano, al centro delle principali rotte commerciali del Mar Mediterraneo. Per il resto Panarea condivide la storia delle altre isole Eolie ed in particolare di Lipari.
Età antica
Abitate fin dal neolitico, nel periodo fra il VII e il VI secolo a.C. le isole furono preda di continue scorrerie etrusche fino a quando questi ultimi non vennero sostituiti dalla colonizzazione greca. Nel 264 a.C. Lipari è alleata di Cartagine e le isole devono quindi subire i continui attacchi della flotta romana. Nel 252 a.C. Lipari e le sue isole passeranno sotto il dominio romano. Ne sono prova i resti di una villa romana sulla difficilmente accessibile sommità dell'isolotto di Basiluzzo, proprietà di un eccentrico possidente romano, evidentemente amante dell'asprezza e bellezza dei panorami panarellesi.
Abitate fin dal neolitico, nel periodo fra il VII e il VI secolo a.C. le isole furono preda di continue scorrerie etrusche fino a quando questi ultimi non vennero sostituiti dalla colonizzazione greca. Nel 264 a.C. Lipari è alleata di Cartagine e le isole devono quindi subire i continui attacchi della flotta romana. Nel 252 a.C. Lipari e le sue isole passeranno sotto il dominio romano. Ne sono prova i resti di una villa romana sulla difficilmente accessibile sommità dell'isolotto di Basiluzzo, proprietà di un eccentrico possidente romano, evidentemente amante dell'asprezza e bellezza dei panorami panarellesi.
Con la caduta dell'Impero romano d'Occidenteinizia un periodo di decadenza che aumenta con la dominazione bizantina e diviene ancor più rapida con l'inizio dell'occupazione araba (827/1061). Con l'avvento dei Normanni e la nascita del Regno di Sicilia ricominciò lo sviluppo economico e demografico delle isole (1340-1544 circa). A metà del 1500 infatti gli arabi ricominciarono a insidiare le isole (ne resta traccia nella toponomastica isolana nella baia e relativa contrada di Drautto, dal nome del pirata Dragut. Per le scorrerie della pirateria arabo-turca l'isola rimase pressoché disabitata, gli abitanti infatti non superavano il centinaio. Verso la fine del XVII secolo i contadini di Lipari ripresero a coltivarla (senza portarvici però donne e bambini, per via del pericolo delle scorrerie piratesche).
È significativo come sopra il villaggio preistorico di Cala Junco esista il "Castello del Salvamento" (nella toponomastica eoliana "castello" sta per pinnacolo roccioso di notevole altezza), usato appunto come provvidenziale rifugio degli abitanti durante queste incursioni. In seguito, con il miglioramento della situazione politica nelle isole, la popolazione di Panarea aumentò sino a circa 1000 persone. Ma alla fine dell'Ottocento diminuì nuovamente per via dell'emigrazione, verso Stati Uniti, Sud America e Australia.
È significativo come sopra il villaggio preistorico di Cala Junco esista il "Castello del Salvamento" (nella toponomastica eoliana "castello" sta per pinnacolo roccioso di notevole altezza), usato appunto come provvidenziale rifugio degli abitanti durante queste incursioni. In seguito, con il miglioramento della situazione politica nelle isole, la popolazione di Panarea aumentò sino a circa 1000 persone. Ma alla fine dell'Ottocento diminuì nuovamente per via dell'emigrazione, verso Stati Uniti, Sud America e Australia.
Età contemporanea
Ai giorni nostri la popolazione è intorno ai 200 abitanti stabili (in inverno, nei mesi estivi con i turisti può facilmente decuplicare). Gli isolani vivono ora soprattutto del successo turistico dell'isola, esploso alla fine degli anni settanta, ma iniziato alla fine degli anni cinquanta, con la scoperta di queste isole da parte di villeggianti più avventurosi, alla ricerca di un'oasi di vita più semplice e a contatto diretto con la natura.
Ai giorni nostri la popolazione è intorno ai 200 abitanti stabili (in inverno, nei mesi estivi con i turisti può facilmente decuplicare). Gli isolani vivono ora soprattutto del successo turistico dell'isola, esploso alla fine degli anni settanta, ma iniziato alla fine degli anni cinquanta, con la scoperta di queste isole da parte di villeggianti più avventurosi, alla ricerca di un'oasi di vita più semplice e a contatto diretto con la natura.
Il 29 giugno Panarea festeggia S.Pietro, patrono dell'isola. La statua del Santo viene portata a spalla dai fedeli lungo le stradine principali dell'isola, la processione è accompagnata dalla banda con intervalli di preghiera. La caratteristica di questa processione, che la rende affascinante e suggestiva, riguarda il momento in cui la statua viene messa su una barca e si prosegue via mare. Una processione suggestiva del patrono che protegge l'isola ed il suo mare, che benedice i fedeli e le ricchezze naturali dell'isola. La processione via mare ricorda la passione degli abitanti dell'isola per la pesca, fonte primaria di lavoro, quasi fosse una vocazione naturale per chi nasce in questi luoghi. Da qui comprendiamo anche la forte devozione degli abitanti di Panarea a S.Pietro, pescatore nella vita, prima di incontrare Gesù, pescatore di uomini dopo l'incontro con il figlio di Dio.
I festeggiamenti durano tutta la giornata del 28 e del 29 giugno. La processione, in genere (dipende chiaramente dall'organizzazione annuale dell'evento), è organizzata a chiusura della festa, il 29 giugno. Il giorno della vigilia della festa è ricco di eventi che preparano al clima di festeggiamenti: gruppi folkloristici, balli, canti, prodotti tipici, bancarelle, ricreano un quadretto pittoresco e delizioso che richiama l'attenzione e la curiosità di tanti turisti e risveglia la fede negli animi degli abitanti dell'isola che, attraverso queste ricorrenze, mostrano quanto sia bella la loro storia e quanto valore abbiano le tradizioni e la cultura autoctona. Anche il giorno in cui si svolge la processione non mancano momenti di arte e spettacolo. La chiusura della festa vede come protagonisti dei sorprendenti giochi pirotecnici sul mare.
I festeggiamenti durano tutta la giornata del 28 e del 29 giugno. La processione, in genere (dipende chiaramente dall'organizzazione annuale dell'evento), è organizzata a chiusura della festa, il 29 giugno. Il giorno della vigilia della festa è ricco di eventi che preparano al clima di festeggiamenti: gruppi folkloristici, balli, canti, prodotti tipici, bancarelle, ricreano un quadretto pittoresco e delizioso che richiama l'attenzione e la curiosità di tanti turisti e risveglia la fede negli animi degli abitanti dell'isola che, attraverso queste ricorrenze, mostrano quanto sia bella la loro storia e quanto valore abbiano le tradizioni e la cultura autoctona. Anche il giorno in cui si svolge la processione non mancano momenti di arte e spettacolo. La chiusura della festa vede come protagonisti dei sorprendenti giochi pirotecnici sul mare.
Il Fai torna a celebrare la bellezza italiana: tutti i luoghi all'aperto da visitare in Sicilia
@sicilianewseinfo
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Telegraph
Il Fai torna a celebrare la bellezza italiana: tutti i luoghi all'aperto da visitare in Sicilia
Dalla sequoia gigante tra i pochissimi sopravvissuti al disastro del Vajont nel 1963 alla Palma di San Pietro nell'Orto Botanico di Padova, che tanto entusiasmò Goethe nel suo viaggio in Italia. Con oltre 200 luoghi in più di 150 località, il Fondo Ambiente…