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Storia della Sicilia greca
fase ellenica della storia della Sicilia, dall'VIII secolo al 212 a.C.
La storia della Sicilia greca (in greco antico: Σικελία) si fa risalire convenzionalmente alla fondazione delle prime colonie, intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Il tentativo di una Sicilia dominata interamente da stirpi greche tramonterà definitivamente intorno al 276 a.C., con la cacciata dall'isola di Pirro, re dell'Epiro, che era riuscito a conquistare tutta l'isola tranne la cartaginese Lilibeo. Di lì a poco l'isola cadrà in mano dei Romani.
I Greci di Sicilia erano detti Sicelioti.
@newseinfo
fase ellenica della storia della Sicilia, dall'VIII secolo al 212 a.C.
La storia della Sicilia greca (in greco antico: Σικελία) si fa risalire convenzionalmente alla fondazione delle prime colonie, intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Il tentativo di una Sicilia dominata interamente da stirpi greche tramonterà definitivamente intorno al 276 a.C., con la cacciata dall'isola di Pirro, re dell'Epiro, che era riuscito a conquistare tutta l'isola tranne la cartaginese Lilibeo. Di lì a poco l'isola cadrà in mano dei Romani.
I Greci di Sicilia erano detti Sicelioti.
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C'è un angolo di paradiso terrestre in Sicilia: la Kolymbetra, un'esperienza da non perdere @newseinfo
#goodnews〽️
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Telegraph
C'è un angolo di paradiso terrestre in Sicilia: la Kolymbetra, un'esperienza da non perdere
Il giardino greco nel cuore della Valle dei Templi è un luogo in cui la natura è regina incontrastata, un luogo dove sono racchiusi tutti i colori, i sapori e i profumi della Sicilia Giardino della Kolymbetra. Photo Credits: Vince Cammarata Nel cuore della…
Pistacchio verde di Bronte
Il pistacchio verde di Bronte (in siciliano si chiama frastuca per il frutto e frastucara per la pianta)è una varietà di pistacchio(Pistacia vera cv Napoletana, innestata su Pistacia terebinthus) a Denominazione di origine protetta DOP. Il Pistacchio di Bronte è anche Presidio Slow Food
@newseinfo
Il pistacchio verde di Bronte (in siciliano si chiama frastuca per il frutto e frastucara per la pianta)è una varietà di pistacchio(Pistacia vera cv Napoletana, innestata su Pistacia terebinthus) a Denominazione di origine protetta DOP. Il Pistacchio di Bronte è anche Presidio Slow Food
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Il pistacchio di Bronte, oro verde di Sicilia.
Conosciuto con il nomignolo di “Oro verde” della Sicilia, il pistacchio di Bronte è davvero un prodotto che ha fatto la fortuna del piccolo paese in cui viene coltivato.
L’unicità del frutto dipende chiaramente dalle particolari condizioni territoriali e climatiche in cui viene coltivato: gli alberi di pistacchio crescono infatti su terreni rocciosi ricoperti dalle lave vulcaniche provenienti dall’Etna.
Il pistacchio di Bronte continua ad essere raccolto ed essiccato secondo le abitudini locali come si faceva molto tempo fa.
All’interno, il pistacchio ha una forma allungata, protetto da una sottile pellicina di colore violaceo con riflessi verdi. A caratterizzare il frutto, una volta aperto a metà, è però il suo colore verde smeraldo, dovuta all’alta concentrazione di clorofilla ed anche il gusto tendente al dolce.
Conosciuto con il nomignolo di “Oro verde” della Sicilia, il pistacchio di Bronte è davvero un prodotto che ha fatto la fortuna del piccolo paese in cui viene coltivato.
L’unicità del frutto dipende chiaramente dalle particolari condizioni territoriali e climatiche in cui viene coltivato: gli alberi di pistacchio crescono infatti su terreni rocciosi ricoperti dalle lave vulcaniche provenienti dall’Etna.
Il pistacchio di Bronte continua ad essere raccolto ed essiccato secondo le abitudini locali come si faceva molto tempo fa.
All’interno, il pistacchio ha una forma allungata, protetto da una sottile pellicina di colore violaceo con riflessi verdi. A caratterizzare il frutto, una volta aperto a metà, è però il suo colore verde smeraldo, dovuta all’alta concentrazione di clorofilla ed anche il gusto tendente al dolce.
La coltivazione e la produzione del pistacchio rappresenta per Bronte "un paese della provincia di Catania" un'importante fonte di reddito, tanto da essere soprannominato l'Oro Verde, per il suo alto valore commerciale. La città di Bronte ha saputo sfruttare questo vantaggio, infatti nel suo territorio si contano circa 5000 produttori, la maggior parte con appezzamenti di circa 1 ettaro cadauno, nonché qualche grosso produttore con un multiplo di ettari. Il frutto raccolto viene in genere smallato ed asciugato ad opera del produttore stesso, che poi vende il suo pistacchio in guscio alle aziende esportatrici (circa il 60% viene esportato all'estero, mentre il 40% trova impiego nell'industria nazionale e in molte nuove aziende locali che lo trasformano in crema, pesto, torrone che negli ultimi anni sono esplosi nel mercato italiano). Vi sono circa una ventina di aziende della lavorazione del pistacchio, alcune ottimamente attrezzate e tecnologicamente avanzate, che si occupano della lavorazione successiva e della commercializzazione, anche online, in Europa e in altri paesi extraeuropei. Complessivamente l'Oro Verde produce annualmente una ricchezza di circa 35/40 milioni di euro. Il Pistacchio di Bronte DOP è coltivato nel comune Bronte, e in quelli di Adrano e Biancavilla a precise altezze e terreni indicati nel disciplinare del DOP, tra i 400 e i 900 m s.l.m.Nei territori di Bronte, Adrano e Biancavilla, in oltre 3500 ettari di terreno, c'è il 90 % della produzione Siciliana (3500 tonnellate nel 2012) e rappresenta lo 0,25 % della quantità prodotta nel mondo
Una sagoma a forma di falce si perde nel cielo terso dell’estate Mediterranea. Siamo nell’Isola di Salina, nel cuore dell’arcipelago delle Eolie, e quello che volteggia lassù, sopra le coste rocciose, è un falco della Regina (Falco eleonorae).
Si tratta di uno dei rapaci più rari al mondo e l’isola siciliana rappresenta uno dei più importanti territori per questa specie.
@newseinfo
Si tratta di uno dei rapaci più rari al mondo e l’isola siciliana rappresenta uno dei più importanti territori per questa specie.
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Dagli scavi sono emersi insediamenti risalenti all'età del bronzo e un'alternanza di periodi di completo abbandono con altri di forte sviluppo. Ritrovamenti presso Santa Marina mostrano un notevole insediamento attorno al IV secolo a.C. Attorno al VII secolo d.C. Salina fu una delle Eolie più popolate, perché i vulcani di Lipari erano in attività. Le invasioni arabe la resero deserta finché, attorno al XVII secolo, tornò a popolarsi.
Salina è l'isola più fertile delle Eolie e ricca d'acqua; vi si coltivano uve pregiate dalle quali si ricava la Malvasia delle Lipari, un vino di sapore dolce, e capperi che sono esportati in tutto il mondo.
L'Abate Gerolamo Maurando giunse nel 1544 nell'arcipelago delle Eolie attestando l'esistenza di un'attività economica molto florida che probabilmente era già iniziata durante il Medioevo.
Tuttavia, a quel tempo, nonostante la presenza di vigneti sull'isola non si presume la presenza di comunità organizzate: la continua minaccia dei pirati che assediava l'isola sin dall'epoca bizantina, aveva spinto i liparesi a limitare le visite unicamente per la cura dei vigneti e dei raccolti durante le stagioni.
L'isola si ripopola solo alla fine del 1500, grazie alle concessioni enfiteutiche del Vescovo di Lipari, e raggiunge il suo apice nella metà dell'Ottocento: durante 300 anni si ritrovano a convivere famiglie provenienti da tutto il basso Tirreno, attratte dal lavoro e dall'illusione della piccola proprietà.
La conseguente dipendenza economica dall'isola maggiore di Lipari, dovuta alla mancanza di tradizioni comuni nella nuova comunità, ha fine solo agli inizi del XIX secolo, quando un'improvvisa domanda di Malvasia, permette agli abitanti di Salina di affermarsi finalmente nei mezzi di scambio: per 10 lunghi anni, infatti, i commissari per gli approvvigionamenti dell'armata britannica, giunta a Messina per fronteggiare la possibile avanzata di Napoleone in Sicilia, richiedono il noto 'passito eoliano' sulle tavole dei loro ufficiali. Una domanda così duratura innesca un processo di sviluppo locale tale da permettere all'isola di affrancarsi dall'economia liparese nonché dal suo potere amministrativo.
Sfortunatamente però, nella primavera del 1889, la filossera invade i vigneti dell'intera Europa e pone fine alla prosperità, l'emigrazione prende piede ed in quindici anni la popolazione di Salina si dimezza.
Un'altra importante risorsa per l'isola è il turismo
Salina è l'isola più fertile delle Eolie e ricca d'acqua; vi si coltivano uve pregiate dalle quali si ricava la Malvasia delle Lipari, un vino di sapore dolce, e capperi che sono esportati in tutto il mondo.
L'Abate Gerolamo Maurando giunse nel 1544 nell'arcipelago delle Eolie attestando l'esistenza di un'attività economica molto florida che probabilmente era già iniziata durante il Medioevo.
Tuttavia, a quel tempo, nonostante la presenza di vigneti sull'isola non si presume la presenza di comunità organizzate: la continua minaccia dei pirati che assediava l'isola sin dall'epoca bizantina, aveva spinto i liparesi a limitare le visite unicamente per la cura dei vigneti e dei raccolti durante le stagioni.
L'isola si ripopola solo alla fine del 1500, grazie alle concessioni enfiteutiche del Vescovo di Lipari, e raggiunge il suo apice nella metà dell'Ottocento: durante 300 anni si ritrovano a convivere famiglie provenienti da tutto il basso Tirreno, attratte dal lavoro e dall'illusione della piccola proprietà.
La conseguente dipendenza economica dall'isola maggiore di Lipari, dovuta alla mancanza di tradizioni comuni nella nuova comunità, ha fine solo agli inizi del XIX secolo, quando un'improvvisa domanda di Malvasia, permette agli abitanti di Salina di affermarsi finalmente nei mezzi di scambio: per 10 lunghi anni, infatti, i commissari per gli approvvigionamenti dell'armata britannica, giunta a Messina per fronteggiare la possibile avanzata di Napoleone in Sicilia, richiedono il noto 'passito eoliano' sulle tavole dei loro ufficiali. Una domanda così duratura innesca un processo di sviluppo locale tale da permettere all'isola di affrancarsi dall'economia liparese nonché dal suo potere amministrativo.
Sfortunatamente però, nella primavera del 1889, la filossera invade i vigneti dell'intera Europa e pone fine alla prosperità, l'emigrazione prende piede ed in quindici anni la popolazione di Salina si dimezza.
Un'altra importante risorsa per l'isola è il turismo