Il pozzo di Gammazita "Catania"
Una leggenda popolare che riguarda gli Angiò, è quella del pozzo di Gammazita, nel centro storico di Catania, adiacente all’omonima cinta muraria. Gammazita era una bellissima e virtuosa fanciulla catanese. Di lei si invaghì un soldato francese, non ricambiato, perché Gammazita era già fidanzata. Proprio nel giorno del suo matrimonio, mentre Gammazita si recava a prendere l’acqua, il soldato la aggredì violentemente e la ragazza, non potendo scappare, preferì gettarsi nel pozzo piuttosto che tra le sue grinfie e disonorarsi.
Versioni successive della storia la arricchiscono, in trama e personaggi. A Gammazita si aggiunge infatti la figura di donna Macalda Scaletta, bellissima vedova del signore di Ficara, innamorata del suo giovane paggio Giordano. Giordano vide però un giorno, la giovane Gammazita ricamare dinanzi la soglia di casa, e se ne innamorò perdutamente. Il sentimento dei due ragazzi scatenò le ire della donna, che si accordò con il francese De Saint Victor per tendere un tranello a Gammazita: se lei si fosse innamorata di lui, Giordano sarebbe stato suo.
Qui, la seconda versione della leggenda si unisce alla prima: De Saint Victor tende un agguato a Gammazita che, piuttosto che concederglisi, si getta nel pozzo. I depositi di ferro sulle pareti del pozzo, vengono considerati tracce del sangue della giovane, che è stata per lungo tempo esempio patriottico dell’onestà delle donne catanesi.
Altre storie, prendono linfa dal panegirico di don Giacomo Gravina, scritto in onore del duca di Carpignano, don Francesco Lanario: in “Gemma Zita” (‘gemma’ cioè fidanzata e ‘zita’ cioè sposa) si racconta la storia delle nozze fra il pastore Amaseno (o Amenano) e la ninfa Gemma, di cui era innamorato anche il dio Plutone (secondo il Gravina, Polifemo). Questi, scatenò l’ira di Proserpina, che per gelosia la trasformò in una fonte. Gli Dei, toccati dalla disperazione di Amaseno, trasformarono anch’egli in una fonte: il pozzo di Gammazita sarebbe il luogo in cui si uniscono le acque dei due amanti.
Un altro racconto parla di un uomo dalla gamba rigida (iamma zita), che abitava in una grotta presso fonte; il pozzo prenderebbe dunque il nome dal suo difetto fisico. Alcuni invece, legano il toponimo alle lettere dell’alfabeto greco gamma e zeta, che occupano l’antico muro circostante la fonte.
✍🏻@sicilianewseinfo
📌@siciliaterramia
📚Mitologia & Leggenda
Una leggenda popolare che riguarda gli Angiò, è quella del pozzo di Gammazita, nel centro storico di Catania, adiacente all’omonima cinta muraria. Gammazita era una bellissima e virtuosa fanciulla catanese. Di lei si invaghì un soldato francese, non ricambiato, perché Gammazita era già fidanzata. Proprio nel giorno del suo matrimonio, mentre Gammazita si recava a prendere l’acqua, il soldato la aggredì violentemente e la ragazza, non potendo scappare, preferì gettarsi nel pozzo piuttosto che tra le sue grinfie e disonorarsi.
Versioni successive della storia la arricchiscono, in trama e personaggi. A Gammazita si aggiunge infatti la figura di donna Macalda Scaletta, bellissima vedova del signore di Ficara, innamorata del suo giovane paggio Giordano. Giordano vide però un giorno, la giovane Gammazita ricamare dinanzi la soglia di casa, e se ne innamorò perdutamente. Il sentimento dei due ragazzi scatenò le ire della donna, che si accordò con il francese De Saint Victor per tendere un tranello a Gammazita: se lei si fosse innamorata di lui, Giordano sarebbe stato suo.
Qui, la seconda versione della leggenda si unisce alla prima: De Saint Victor tende un agguato a Gammazita che, piuttosto che concederglisi, si getta nel pozzo. I depositi di ferro sulle pareti del pozzo, vengono considerati tracce del sangue della giovane, che è stata per lungo tempo esempio patriottico dell’onestà delle donne catanesi.
Altre storie, prendono linfa dal panegirico di don Giacomo Gravina, scritto in onore del duca di Carpignano, don Francesco Lanario: in “Gemma Zita” (‘gemma’ cioè fidanzata e ‘zita’ cioè sposa) si racconta la storia delle nozze fra il pastore Amaseno (o Amenano) e la ninfa Gemma, di cui era innamorato anche il dio Plutone (secondo il Gravina, Polifemo). Questi, scatenò l’ira di Proserpina, che per gelosia la trasformò in una fonte. Gli Dei, toccati dalla disperazione di Amaseno, trasformarono anch’egli in una fonte: il pozzo di Gammazita sarebbe il luogo in cui si uniscono le acque dei due amanti.
Un altro racconto parla di un uomo dalla gamba rigida (iamma zita), che abitava in una grotta presso fonte; il pozzo prenderebbe dunque il nome dal suo difetto fisico. Alcuni invece, legano il toponimo alle lettere dell’alfabeto greco gamma e zeta, che occupano l’antico muro circostante la fonte.
✍🏻@sicilianewseinfo
📌@siciliaterramia
📚Mitologia & Leggenda
La Fata Morgana
La leggenda della Fata Morgana è diffusa in tutto lo Stretto. Narra che durante le invasioni barbariche, un’orda di conquistatori arrivò presso le rive della città di Reggio Calabria. A pochi chilometri, sull’altra sponda, il Re barbarico fu attratto dall’improvvisa visione di un’isola dai rilievi dolci e da un cratere fumante. Così d’improvviso, apparve una donna molto bella, che offrì al Re l’Isola che tanto lo attraeva. Con un cenno, la avvicinò a lui di pochi passi. Immediatamente allora, il Re si gettò in acqua, ma l’Isola non era davvero a due passi come pensava: era un miraggio operato da quella bella donna, la Fata Morgana; e quando si ruppe l’incanto, lui affogò.
La leggenda della Fata Morgana è diffusa in tutto lo Stretto. Narra che durante le invasioni barbariche, un’orda di conquistatori arrivò presso le rive della città di Reggio Calabria. A pochi chilometri, sull’altra sponda, il Re barbarico fu attratto dall’improvvisa visione di un’isola dai rilievi dolci e da un cratere fumante. Così d’improvviso, apparve una donna molto bella, che offrì al Re l’Isola che tanto lo attraeva. Con un cenno, la avvicinò a lui di pochi passi. Immediatamente allora, il Re si gettò in acqua, ma l’Isola non era davvero a due passi come pensava: era un miraggio operato da quella bella donna, la Fata Morgana; e quando si ruppe l’incanto, lui affogò.
This media is not supported in your browser
VIEW IN TELEGRAM
This media is not supported in your browser
VIEW IN TELEGRAM
This media is not supported in your browser
VIEW IN TELEGRAM
Media is too big
VIEW IN TELEGRAM
Visit Sicily
@newseinfo
@newseinfo
L’origine del termine babbaluci non è proprio sicula. Il sostantivo viene dall’antica Grecia: qui, con il termine boubalàkion si indicavano sia le lumache che i bufali (se vi state chiedendo perché, è perché hanno in comune le corna). Il suono, in Sicilia, è stato modificato, diventando buvalàci e rimanendo tale per alcuni secoli.
Dopo la dominazione araba, però, la parola subì la contaminazione del termine babbūš, che per la gente del luogo era diventato babbùcia. Da quella commistione, dunque, nacque la forma che conosciamo oggi, cioè babbaluci.
Alternativa a questa è vavaluci, che tuttavia ha origini diverse: nascerebbe, infatti, dall’incontro tra babbaluci e vava, cioè bava. Volendo fare un confronto, possiamo dire che il termine vavaluci è un po’ più colorita e rende l’idea delle lumachine che, camminando, lasciano la loro scia. @newseinfo
Dopo la dominazione araba, però, la parola subì la contaminazione del termine babbūš, che per la gente del luogo era diventato babbùcia. Da quella commistione, dunque, nacque la forma che conosciamo oggi, cioè babbaluci.
Alternativa a questa è vavaluci, che tuttavia ha origini diverse: nascerebbe, infatti, dall’incontro tra babbaluci e vava, cioè bava. Volendo fare un confronto, possiamo dire che il termine vavaluci è un po’ più colorita e rende l’idea delle lumachine che, camminando, lasciano la loro scia. @newseinfo
Media is too big
VIEW IN TELEGRAM
Castellammare nasce come Emporium Segestanorum (porto della vicina Segesta, in greco Αἰγεσταίων ἐμπόριον; il termine empòrion designava nel Mediterraneo antico una località marittima adibita allo scarico, al deposito e alla vendita di merci) e fino all'arrivo degli Arabi la sua storia si identifica con quella della città elima. Si ipotizza che l'emporio esistesse già a partire almeno dagli inizi del V secolo a.C. Testimonianze in tal senso si ricavano sia dagli scritti di Erodoto sia da quelli di Diodoro Siculo e di Tucidide, che a proposito della spedizione ateniese in Sicilia del 415 a.C., più volte parla di navi che andavano o venivano da Segesta.
This media is not supported in your browser
VIEW IN TELEGRAM