Il Casino – Bivona (AG)
Il Casino (XVII secolo) è sito in prossimità del Monte Il Casino, da cui prende nome.
Si tratta di una costruzione con rinforzi angolari (a forma di torre) che domina l’alto di un colle, da cui si scorge la Diga Castello, situata a pochissimi chilometri. Il complesso, che assume le sembianze di un vero e proprio castello, si svolge su una pianta articolata di forma rettangolare.
All’interno sono ancora presenti i ruderi di una cappella religiosa, decorata da stucchi settecenteschi, e i ruderi di altri ambienti con arcate, dai quali era possibile raggiungere i piani superiori dell'edificio. Si pensa che tale costruzione fosse di epoca secentesca e che fungesse da residenza per i periodi di caccia ai nobili del luogo.
A breve distanza dal "Casino" si trova un abbeveratoio ottagonale, probabilmente attinente all'edificio.
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Il Casino (XVII secolo) è sito in prossimità del Monte Il Casino, da cui prende nome.
Si tratta di una costruzione con rinforzi angolari (a forma di torre) che domina l’alto di un colle, da cui si scorge la Diga Castello, situata a pochissimi chilometri. Il complesso, che assume le sembianze di un vero e proprio castello, si svolge su una pianta articolata di forma rettangolare.
All’interno sono ancora presenti i ruderi di una cappella religiosa, decorata da stucchi settecenteschi, e i ruderi di altri ambienti con arcate, dai quali era possibile raggiungere i piani superiori dell'edificio. Si pensa che tale costruzione fosse di epoca secentesca e che fungesse da residenza per i periodi di caccia ai nobili del luogo.
A breve distanza dal "Casino" si trova un abbeveratoio ottagonale, probabilmente attinente all'edificio.
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Ciò che resta del castello di Capo di Disi è ubicato in contrada Borangio, case Borangio, (da Agrigento, strada statale 115 per Sciacca, uscita Montallegro per Cattolica Eradea; 6 km prima di Cattolica Eraclea, carreggiabile a destra per case Borangio).
Il castello medievale è stato trasformato in una piccola masseria fortificata, oggi totalmente abbandonata. Dai ruderi, si può presumere che il castello fosse in origine in realtà una semplice torre di forma quadrangolare, forse rinforzata da un muro di cinta.
Tra le strutture residue esiste ancora una botola che metteva in comunicazione il primo livello della torre con una piccola grotta sottostante. I muri conservati hanno uno spessore di ca. 0,50 m e sono costruiti in pietrame legato con abbondante malta. Anche se lo stato di conservazione del complesso, in disfacimento totale, non consente di approfondire la descrizione, riteniamo che Borangi appartenga alla classe delle torri rurali isolate del Trecento.
I resti fuori terra visibili non consentono una lettura ricostruttiva dell'impianto. Nel 1211 - il tenimentum di Captedis (poi Capo di Disi) è confermato alla chiesa di Palermo. Nel 1305 ca. - castrum de Capo di Disi ecclesie panormitanae. Nel 1355 ca - il castrum Barangij è annoverato nella lista di terre e castelli Siciliani.
Nel 1456 ante - la chiesa di Palermo cede il castello di Capo di Disi a Gispert d'Isfar. Nel XV secolo (prima metà) - Capu di Disi è annoverato fra i castelli situati in feudi disabitati.
L'edificio fortificato, costruito su una piccola rupe con una grotta, sfruttava al massimo il rilievo roccioso, assecondandone l'andamento.
Questo sito, di poca rilevanza, è circondato da colline molto più alte, che limitano la visuale ad un territorio agricolo piuttosto ristretto.
L'impianto planimetrico era presumibilmente rettangolare. La proprietà attuale è privata e il sito versa in stato di abbandono.
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Tra le strutture residue esiste ancora una botola che metteva in comunicazione il primo livello della torre con una piccola grotta sottostante. I muri conservati hanno uno spessore di ca. 0,50 m e sono costruiti in pietrame legato con abbondante malta. Anche se lo stato di conservazione del complesso, in disfacimento totale, non consente di approfondire la descrizione, riteniamo che Borangi appartenga alla classe delle torri rurali isolate del Trecento.
I resti fuori terra visibili non consentono una lettura ricostruttiva dell'impianto. Nel 1211 - il tenimentum di Captedis (poi Capo di Disi) è confermato alla chiesa di Palermo. Nel 1305 ca. - castrum de Capo di Disi ecclesie panormitanae. Nel 1355 ca - il castrum Barangij è annoverato nella lista di terre e castelli Siciliani.
Nel 1456 ante - la chiesa di Palermo cede il castello di Capo di Disi a Gispert d'Isfar. Nel XV secolo (prima metà) - Capu di Disi è annoverato fra i castelli situati in feudi disabitati.
L'edificio fortificato, costruito su una piccola rupe con una grotta, sfruttava al massimo il rilievo roccioso, assecondandone l'andamento.
Questo sito, di poca rilevanza, è circondato da colline molto più alte, che limitano la visuale ad un territorio agricolo piuttosto ristretto.
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Castello di Borangi o Capo di Disi - Cattolica Eraclea (AG)
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La tonnara di “Santa Panagia” a Siracusa
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Tonnara di “Santa Panagia” a Siracusa
Uno splendido aneddoto esiste sulla Tonnara di Santa Panagia, meraviglia antica e fragile che si può ammirare alla fine della Pista Ciclabile Rossana Maiorca.
Circa alla fine del 1700, Domenique Vivant Denon, studioso, scrittore e critico francese, si trovava a Siracusa seguendo e studiando le Mura Dionigiane per trovare il tracciato fatto edificare dal tiranno Dionisio I, nel suo libro “Viaggio in Sicilia”, scrive così: “Più avanzavamo lungo il porto Trogilo più le tracce delle mura diventavano evidenti; e dopo aver oltrepassato la Tonnara, chiamata “Santa Buonacia”, che è un luogo in cui il mare, rientrando nella città, forma una piccola insenatura stretta e profonda, abbiamo trovato le famose mura erette da Dionigi.”
Denon chiama “Santa Buonacia” Santa Panagia, il quartiere siracusano che corrisponde all’antico quartiere di Tiche, a nord-ovest della bella città siciliana. Santa Buonacia: dal greco “pan” – tutto – e “àghia” – santa: Maria, la “tutta santa”.
Qui, dall’inizio del XII secolo, fu costruita la prima tonnara. Ricostruita dopo il terremoto del 1693, visse anni di splendore fino alla sua chiusura.
Il luogo è ad oggi in ristrutturazione e chiuso al pubblico, ma il viaggiatore può comunque goderne l’imponenza dei ruderi visibili da un tratto di costa rocciosa, quello sul quale è situata, fra i più affascinanti e articolati di Siracusa.
💻Fonte
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Circa alla fine del 1700, Domenique Vivant Denon, studioso, scrittore e critico francese, si trovava a Siracusa seguendo e studiando le Mura Dionigiane per trovare il tracciato fatto edificare dal tiranno Dionisio I, nel suo libro “Viaggio in Sicilia”, scrive così: “Più avanzavamo lungo il porto Trogilo più le tracce delle mura diventavano evidenti; e dopo aver oltrepassato la Tonnara, chiamata “Santa Buonacia”, che è un luogo in cui il mare, rientrando nella città, forma una piccola insenatura stretta e profonda, abbiamo trovato le famose mura erette da Dionigi.”
Denon chiama “Santa Buonacia” Santa Panagia, il quartiere siracusano che corrisponde all’antico quartiere di Tiche, a nord-ovest della bella città siciliana. Santa Buonacia: dal greco “pan” – tutto – e “àghia” – santa: Maria, la “tutta santa”.
Qui, dall’inizio del XII secolo, fu costruita la prima tonnara. Ricostruita dopo il terremoto del 1693, visse anni di splendore fino alla sua chiusura.
Il luogo è ad oggi in ristrutturazione e chiuso al pubblico, ma il viaggiatore può comunque goderne l’imponenza dei ruderi visibili da un tratto di costa rocciosa, quello sul quale è situata, fra i più affascinanti e articolati di Siracusa.
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