♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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Il termine ‘Ntuppatedde deriva dal siciliano “tuppa”, che designa la membrana che protegge il corpo delle lumache e dunque rimanda a qualcosa che si nasconde.

Con questa interpretazione è  nata la tradizione delle  ‘Ntuppatedde a Catania che fa riferimento alle donne che si travestivano e nascondevano il viso per non svelare la propria identità durante i giorni della festa di Sant’Agata.

Delle ‘Ntuppatedde ci parla Giovanni Verga nella sua novella “La coda del diavolo” che fa parte della raccolta da “Primavera e altri racconti” del 1877.

Così si legge: Il costume componesi di un vestito elegante e severo,possibilmente nero,chiuso quasi per intero nel manto,il quale poi copre tutta la persona e lascia scoperto soltanto un occhio per vederci e per far perdere la tramontana,o per far dare al diavolo.

Dalle quattro alle otto o alle nove di sera la ‘ntuppatedda è padrona di sé (cosa che da noi ha un certo valore).

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La tradizione delle ‘Ntuppatedde dal 1600 al 1800

Si tratta di una tradizione legata alla Festa di Sant’Agata, attuata a Catania dal 1600 fino al 1870, quando venne soppressa per questioni morali e di sicurezza.

Le donne velate erano malviste perchè considerate pericolose e rimandavano alle streghe della tradizione popolare siciliana.

Nella Sicilia di quel tempo, che dava ogni potere decisionale al padre o al marito, la donna aveva poche occasioni di svago e divertimento. 

In occasione della festa di Sant’Agata, le donne potevano uscire con il vestito più bello che avevano chiedendo in giro doni e stuzzicando altri uomini per affermare la propria libertà e i propri diritti, libere dal controllo maschile.

Indossavano dei domino euna maschera 
successivamente sostituita da un cappuccio con due buchi per gli occhi, liberi di guardare, ammiccare e sedurre.

Si coprivano con abiti neri e lasciavano scoperto solo qualche particolare, libere di andare in giro da sole. Non c’era distinzione fra loro: erano nubili, sposate, signore e popolane.

Per Sant’Agata scelgono le donne, con un ribaltamento dei classici ruoli sociali e delle convenzioni.

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La storia del castello di Cammarata è molto incerta, perché non esistono documenti antichi che senza ombra di dubbio datino la sua edificazione oppure raccontino per volere di chi è stato costruito.

La prima volta che si può leggere del castellum Cameratae, in un carteggio ufficiale, è intorno al 1100, per cui è chiaro che la sua edificazione originaria era precedente a questa data. Secondo gli studiosi Barone e Giarratana, quindi, la sua edificazione dovrebbe essere precedente a quella della nascita del borgo, visto che gli agglomerati di case si sviluppavano di solito intorno ad un castello, che aveva la funzione di protezione.

Dallo stemma, che è ben visibile su uno dei portoni principali, si ricava poi il dato che, a partire dal 1302, il castello e tutto il feudo relativo passarono sotto il dominio della famiglia Palizzi.

Il castello passò poi di famiglia nobile in famiglia nobile fino al 1838 quando, abolito il feudalesimo, la struttura passò prima nelle mani del Comune, che lo vendette a Vincenzo Collari, il quale a sua volta lo cedette a don Giuseppe Longo, che invece lo donò alle religiose, che vi organizzarono al suo interno un orfanotrofio.

Del castello non è rimasta l'intera struttura e anche la parte superstite ha subito nel corso dei secoli una profonda rivisitazione, quindi è difficile riuscire a capire con esattezza quale fosse il suo aspetto originale.

Da quello che oggi si può ammirare e dagli studi condotti dagli esperti, si evince che originariamente il castello era dotato di una pianta rettangolare, con un lato più lungo degli altri due.

Ai quattro angoli, poi, erano poste altrettante torri di avvistamento, tutte a pianta circolare. Se il nucleo originario del castello era molto semplice, nel corso del tempo erano sorte all'interno delle mura altre strutture, che servivano per l'autosufficienza del castello, soprattutto in periodi di assedio.

Ancora oggi si possono scorgere le carceri nei sotterranei, ma anche le parti adibite a stalle e a magazzini, all'interno dei quali erano conservate le provviste.

Oggi il castello è visitabile e in alcune delle sue zone ospita mostre d'arte permanenti.

(Castelli di Sicilia)

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Randazzo è uno splendido borgo di origine medievale, ai piedi dell’Etna🌋 a 750 mt sul livello del mare, in provincia di Catania.

Situato tra i tre maggiori parchi siciliani (Parco dell’Etna, Parco dei Nebrodi e Parco Fluviale dell’Alcantara), il Parco Polifunzionale dello Sciarone e il lago Gurrida, costituisce il punto di arrivo della prima tappa📌 della Ciclovia dei Parchi della Sicilia.

Tra le sue bellezze da ammirare ricordiamo la Basilica⛪️ di Santa Maria Assunta di inizio 200, la Chiesa di San Martino⛪️ del V secolo d.C. e la Chiesa di San Nicolò di Bari⛪️ risalente al XIII secolo.

Un susseguirsi di archi a sesto acuto e bifore in grado di catapultare il visitatore nelle atmosfere medievali costituiscono la suggestiva Via degli Archi: da qui è possibile osservare il Castello, i Palazzi Russo e Clarentano e alcune chiese minori.

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🗓️ 5 FEBBRAIO: Oggi Sant’Agata, vergine e martire.

📖Proverbiu du jionnu

"Pri Sant’Aàti, cucuzzi nati, s’un su nati su siminati".

✝️ LA GRANDE MARTIRE

5 Febbraio si rinnova la memoria di una delle sante siciliane più importanti, la martire Agata muore nella sua cella Sant’Agata dopo avere subito tante torture
#Catania - città di cui è patrona 251.

Secondo la leggenda la Santa nacque in una famiglia siciliana ricca e nobile, nell'anno 235, indicata come di origine palermitana, ma da altre fonti catanese.

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LA PEDATA DI SANT’AGATA

Pochi Santi ebbero in Sicilia tanto culto quanto n’ebbe per avventura questa nei secoli passati.

Palermo e Catania gareggiarono di zelo come qualmente essa fosse palermitana o catanese. L’opinione più comune è che essa nacque in Palermo e ricevette il martirio in Catania.

A causa perduta i Palermitani si rassegnarono nella persuasione che Sant’Agata se non fu loro concittadina, fu almeno loro visitatrice; e in una delle tre chiese a Lei dedicate , in quella cioè <sopra le mura> additarono sempre non so qual vivo sasso, ove la Santa avrebbe posato il piede e lasciandovi miracolosamente impressa l’orma in esso.

Ma questa pia tradizione è molto contrastata, ed uno storico catanese dice che falsamente si attribuisce dai Palermitani questa “ pedata a Sant’Agata“.

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Le origini storiche

Agata nacque da una famiglia di nobili catanesi di religione cristiana, intorno al 230 d.C. A quel tempo Catania era sotto la dominazione romana che perseguitava barbaramente chiunque professasse il cristianesimo, motivo per il quale la famiglia di Agata,  come tutta la comunità cristiana, viveva la fede nel silenzio. Nonostante le difficoltà, Agata decise sin da giovane di consacrarsi a Dio. Negli anni tra il 250 e il 251 d.C,  divenne proconsole della città Quirino, giunto alla sede di Catania con l'intento di far rispettare l'editto dell'imperatore.

Conosciuta la giovinetta, Quirino pare se ne invaghì e, venuto a conoscenza della consacrazione, le ordinò di rinnegare la sua fede e di adorare gli dei pagani. E' più plausibile che in realtà le mire di Quirino puntassero più alla confisca dei beni appartenenti alla facoltosa famiglia di Agata. Al rifiuto di Agata, Quirino decise di affidarla alla cortigiana Afrodisia, allo scopo di corromperne lo spirito e la fede con le lusinghe materiali. Ma ai tentativi della perversa cortigiana, Agata oppose sempre un’incrollabile fede in Dio, tanto che la stessa Afrodisia rinunciò all’incarico riconsegnando la giovane nelle mani del proconsole.

Quirino avviò un processo e convocò Agata al palazzo pretorio. La tradizione conserva ancora i dialoghi fra la giovane e il proconsole da cui si evince la capacità della giovane di tenere testa a chi la stava giudicando con argomentazioni erudite. Dal processo al carcere il passo fu breve.

Dopo diversi giorni di digiuno, di fronte alla fermezza della giovane, iniziarono le torture fisiche, dalla fustigazione all’atroce strappo delle mammelle che si racconta le ricrebbero prodigiosamente durante la notte grazie all’intervento di San Pietro. La fede incrollabile della ragazza la condannò all’ultima delle torture, un letto di tizzoni ardenti, e durante la quale si racconta di un altro prodigioso evento: mentre il corpo di Agata veniva martoriato dal fuoco, il velo rosso, simbolo della sua consacrazione a Dio, non bruciava. Dopo il supplizio, Agata morì in carcere il 5 febbraio 251.

Il suo corpo venne imbalsamato e avvolto in un velo rosso che, si racconta, fermò più volte la lava che minacciava la città, come avvenne ad un anno esatto dalla sua morte. In seguito a questi prodigi miracolosi, Agata fu proclamata santa. Inizialmente seppellita nelle catacombe cristiane della collina di San Domenico, dopo l'Editto di Costantino del 313, il corpo della Santa fu portato nella Chiesa di Santa Maria di Betlemme. Tra il IV e il V secolo il corpo venne trasferito nella Chiesa di Sant'Agata La Vetere. Le reliquie furono in seguito trafugate e portate a Costantinopoli nel 1040.

Nel 1126 due soldati dell’esercito bizantino le rapirono e le consegnarono al vescovo di Catania Maurizio nel castello di Aci. Il 17 agosto 1126, le reliquie rientrarono definitivamente nella Cattedrale di Sant'Agata, Duomo di Catania dove vengono oggi conservate in parte all'interno del prezioso mezzobusto in argento (parte del cranio, del torace e alcuni organi interni) e in parte dentro lo scrigno, anch'esso d'argento (braccia e mani, femori, gambe e piedi, la mammella e il velo).

Numerosi i doni preziosi che nei secoli hanno arricchito il mezzobusto della Santa e che hanno formato nel tempo un tesoro dal valore inestimabile, donato tra gli altri da personaggi famosi come la Regina Margherita di Savoia, il viceré Ferdinando Acugna e Vincenzo Bellini. Fra gli altri il più famoso è la corona che spicca sul capo del busto reliquiario: un gioiello  in oro tempestato e pietre preziose, donato da Riccardo Cuor di Leone durante una crociata in Sicilia.

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