♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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A Messina non mangiamo le Lumache, ma “ì Stuppateddi”

Piatto tipico Messinese

Oggi vogliamo parlarvi di un piatto tipico Messinese estivo: le Lumache, chiamate in dialetto Messinese i “Stuppateddi”.

I stuppateddi sono consumate prettamente nella provincia di Messina ed i messinesi ne sono grandissimi estimatori e consumatori.

Cosa sono le Stuppateddi? Non sono che delle lumachine in letargo con la pellicina che chiude l’apertura riconoscibili dall’inconfondibile colore del guscio che va dal marrone al color sabbia e la loro grandezza può essere variabile, ma normalmente le più piccole sono anche le più saporite.

Le lumache sono un piatto di antica tradizione, infatti in passato, alle prime piogge estive o autunnali, le famiglie andavano alla ricerca per le campagne e raccoglievano queste pregiatissime lumache che vivevano nascoste dentro la terra soltanto alle prime piogge, venivano fuori.

Sono ricche di proteine, magnesio e fosforo è contraddistinta da un gusto unico in grado di riportare alla memoria un antico sapore genuino.

INGREDIENTI

500 g lumache dimensione medie

180 g Olio d’oliva

Origano q.b.

Sale q.b.

PROCEDIMENTO

Lavate accuratamente le lumache in abbondante acqua corrente e sciacquatele più volte strofinandole con le mani, sino a togliere tutte le impurità.
In una padella capiente a bordi alti , versate le lumache; quando saranno abbastanza asciutte, aggiungete l’olio d’oliva.

Lasciate rosolare le lumache mescolando con un cucchiaio di legno e continuate la cottura per 10 minuti poi aggiungete origano sale e pepe q.b. fate insaporire a fuoco basso per qualche minuto. Quando la membrana protettiva bianca inizia a staccarsi le lumache saranno pronte!

Le lumache si mangiano estraendole con uno stuzzicadenti e intingendole nel sale. Buon Appetito!

Segreto di preparazione: Quando sarete abbastanza esperti circa i tempi di cottura, potrete applicare questo piccolo segreto di preparazione: Dopo aver lavato le Stuppateddi in abbondante acqua corrente, immergetele in una bacinella d’acqua con qualche goccia di aceto. A quel punto potrete togliere la membrana protettiva con più facilità, prima di metterle in padella. Questo permetterà alle vostre “Stuppateddi” di mantenere una migliore consistenza ed insaporirsi maggiormente con gli aromi durante la cottura.
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La Sicilia è una terra stupenda. Non solo: è una terra a dir poco leggendaria. Dove avrebbero avuto luogo alcune delle vicende narrate nell’Odissea di Omero. Queste quattro, per la precisione.
Grotta di Polifemo "Milazzo"

1) Grotta di Polifemo
Si parte da piazza San Papino, a Milazzo. Si raggiunge la mole imponente del castello di Milazzo, in pieno borgo antico. Ai piedi della rocca su sui sorge il castello, si apre una grotta. La leggenda vuole che quella sia la grotta di Polifemo, dove il ciclope fu accecato da Ulisse e dai suoi compagni. Nel Seicento, la grotta veniva anche utilizzata per la fabbricazione di “polvere e salnitro”.
Faraglioni dei Ciclopi "Acitrezza"

2) I faraglioni dei Ciclopi
Polifemo, accecato da Ulisse, uscì ruggente fuori dalla sua grotta. Sbeffeggiato da Nessuno che si allontanava sulla sua nave, scagliò degli enormi massi in mare con lo scopo di colpire l’imbarcazione. Ma non ci riuscì e l’eroe greco si allontanò sulla sua barca.
Nel golfo di Acitrezza, a poca distanza da Catania, ci sono degli spettacolari faraglioni che al tramonto regalano dei panorami romantici e suggestivi: i faraglioni sarebbero gli enormi macigni che Polifemo scagliò contro la nave di Ulisse.
Isole Eolie

3) Le isole Eolie
Eolo, il dio dei venti, diede ospitalità a Ulisse e ai suoi compagni. Al momento della partenza, regalò loro un otre pieno di venti, da usare con parsimonia per tornare a casa. Ma i compagni di Ulisse, incuriositi, aprirono l’otre scatenando una terribile tempesta. Che li riportò nuovamente sull’isola del dio.
Oggi, le isole Eolie sono una delle mete più ambite da tutti i turisti. Sembra che la dimora del dio dei venti, da cui il nome dell’intero arcipelago, si trovasse a Stromboli.
Scilla e Cariddi
"Stretto di Messina"

4) Scilla e Cariddi
Cariddi era una naiade, trasformata da Poseidone in un mostro che inghiotte e rigetta i flutti. Scilla, invece, era una bellissima ninfa che, a causa di un veleno, si trasformò in un mostro. La leggenda situa i loro antri l’uno di fronte all’altro, ai due lati dello stretto di Messina.
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Riserva Naturale "l'isola dei Ciclopi"

Le isole dei Ciclopi si trovano a largo delle coste catanesi, nel comune di Acicastello e, in piccola parte, in quello di Acireale. Su questi territori, nel 1989, è stata istituita la riserva marina protetta.

Le isole che formano questo arcipelago sono: l’isola di Lachea, l’isola Faraglione Grande, Faraglione di Mezzo e il Faraglione degli Uccelli. Il Faraglione Grande, o di Santa Maria, è l’unico dei faraglioni che è stato toccato dall’intervento dell’uomo testimoniato dalla presenza di una scala in muratura che conduce fino ad una piazza dove è sistemata la statua della Vergine (segno di devozione dei pescatori).

Gli altri due Faraglioni, molto più piccoli per dimensione, non presentano particolarità.
A queste quattro isole si accompagnano dei piccoli scogli chiamati “U zu lanu di Fora” e “U zu lanu di Terra” e altri tre faraglioni che il mare ha tenuto nascosti. Questi tre faraglioni non raggiungono la superficie dell’acqua e dominano con imponenza i fondali.
Riserva naturale "L'isola dei Ciclopi"
LA COFFA SICILIANA ADDOBBATA DI ARTIGIANATO, MODA E TRADIZIONE

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Se artigianato e moda si incontrano puoi stare sicuro che è già magia.

La coffa siciliana è una cesta tradizionale della Sicilia che viene lavorata con le foglie di palma nana e realizzata a mano dagli artigiani locali. Nel passato veniva impiegata per dare il foraggio ai cavalli o come contenitore posizionato sui muli e usato per il trasporto del materiale; la possiamo ancora ammirare sui carretti siciliani nei giorni di festa. Oggi la moda e l’arreda l’ha presa in prestito dalla tradizione!

La coffa è uno di quegli accessori che per me fa parte degli ‘essenziali’, quelli cioè che non passano mai di moda mentre la moda è assai mutevole. Negli anni ho imparato che gli acquisti migliori sono proprio quelli che durano, che prendendoli da un cassetto tra dieci anni possono essere ancora usati.
Con questa idea puoi costruirti un armadio perfetto, ragionato, che cavalca il tempo e ti permette di creare uno stile veramente tuo. Perché come diceva Coco Chanel, grande amica di noi donne ‘normali’ che amiamo la moda ma non la sua mutevolezza e la sua volubilità, “La moda passa e lo stile resta

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E la coffa sicialiana, sempre uguale a se stessa, è un essenziale per l’estate: un accessorio di stile copiato dai marchi low coast – Mango per esempio – come dai siti luxury come Polyvore dove si possono trovare le coffe originali. Ne sto cercando una … sarebbe bellissimo poterla acquistare in Sicilia 😉 ma siccome quest’estate non ci andrò le mie ricerche sono concentrate sul web.

Alcuni consigli di styling per la coffa:
– è un accessorio da indossare di giornofino all’aperitivo, compreso
– in città possiamo abbinarla a una tuta intera e sandali stile Birkenstock
– abbinarla a un abito bianco stile boho è davvero un classico, non si sbaglia!
– in spiaggia è ultra chic, se poi il tuo costume dall’aria retrò sarai veramente perfetta
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Carrubo, l’albero amato dalla Sicilia

Il carrubo caratterizza da sempre i paesaggi siciliani. È un albero antico e molto apprezzato, che regala frutti ricchi di proprietà, dai quali peraltro si ricava un’ottima farina. Secondo alcuni, a introdurre il carrubo in Sicilia sarebbero stati i Greci e a diffonderlo sarebbero stati gli Arabi. Per altri, invece, sarebbero state le popolazioni fenicie a portarlo: queste, infatti, provenivano dal Libano e si ritiene che la pianta abbia avuto origine proprio qui.

Nel corso del XVIII la pianta ha trovato il suo ambiente ideale, soprattutto nei territori di Modica, Ragusa, Scicli, Comiso, Noto e Avola. A lungo è stata una fondamentale risorsa economica per le popolazioni del Ragusano. Il frutto, chiamato carato, veniva usato come unità di misura dagli orafi.

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Oggi la coltivazione viene spesso sostituita con quella del bagolato che, sebbene molto simile, non è la stessa cosa.

La denominazione scientifica del carrubo è Ceratonia siliqua L. e deriva dal greco: “keras”, infatti, significa corno, mentre “siliqua” si riferisce al tipo di frutto. Il nome comune proviene invece dall’arabo kharrub.
Le caratteristiche del carrubo

Il carrubo è longevo: può sopravvivere fino a 500 anni, se non addirittura 1000. La fioritura ha inizio tra luglio e agosto e prosegue fino a dicembre, mentre il frutto si sviluppa in primavera e matura in estate inoltrata. I fiori hanno bisogno di circa un anno per trasformarsi in frutti maturi e, quando vengono raccolti, hanno già sviluppato i fiori per la successiva fruttificazione.

In cucina, la farina di carrube viene utilizzata per la realizzazione di numerose ricette, che vanno dagli antipasti ai dolci. In tempi relativamente recenti è diventata molto popolare la pizza preparata con questa farina. Un celebre prodotto della tradizione sono le caramelle alla carruba.

Una piccola curiosità: il fungo di carrubo è un prodotto davvero particolare e molto raro.
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