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“Uno dei momenti più tristi della nostra vita é quando la porta della casa dei nonni si chiude per sempre. Una volta chiusa quella porta non ci saranno più i pomeriggi felici con zii, cugini, nipoti, genitori fratelli e sorelle. Ve lo ricordate? Non era necessario andare al ristorante la domenica. Si andava a casa dei nonni.

A Natale la nonna bucava l’ozono con le sue fritture mentre il nonno si dedicava all’arrosto facendo puntualmente bruciare la canna fumaria. La tavola era lunghissima e veniva apparecchiata nella stanza più grande. Adesso la casa è chiusa ed è rimasta soltanto la polvere. Un cartello vendesi. Nessuno la vuole quella casa. È vecchia. Va ristrutturata. Costa troppo. Ma che ne sapete di quanto vale la casa dei nonni. La casa dei nonni non ha un valore. E così passano gli anni. Non ci sono più regali da scartare. Frittate da mangiare. Verdure da pulire.

Quando la casa dei nonni si chiude ci ritroviamo adulti senza capire quando abbiamo smesso di essere bambini. Certo per i nonni saremo sempre piccoli e indifesi. Sempre. I nonni avevano sempre il caffè pronto. La pasta. Il vino. Le caramelle. Poi finisce tutto. Non ci sono più le canzoni. Non si fa più la pasta fatta in casa. La nonna non friggerà più le patatine e io non potrò più rubarle di nascosto dal forno. Siete andati via troppo presto porca miseria.

Io volevo fare la salsa ancora una volta. Il mirto. Le chiacchiere. E il liquore all’alloro. Io volevo ancora accatastare la legna con te nonno, anzi grazie per avermelo insegnato. E grazie per gli insegnamenti sulla vita. E sulla campagna. E sul giardinaggio.

Ora quando passo guardo quella casa e mi viene sempre l’abitudine di parcheggiare. E di buttare giù il campanello. E di sentire la nonna gridare che porco giuda non sono modi quelli. Scusa nonna. Non suonerò più il campanello. Al massimo quando mi capiterà di pensarvi di nuovo, come ora, canterò una canzone. Quella preferita dal nonno. Un amore così grande.

"Tratto da: Viva gli anni '90"

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Festa di Sant' Antonio Abate – Novara di Sicilia (ME)

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La Festa di Sant'Antonio Abate si celebra il 17 gennaio, accompagnata dalla settena: sette giorni di preparazione durante i quali si recitano le preghiere e si cantano gli inni composti in loco.

La sera della vigilia si accende "u fogu" al piano terra della torre campanaria, questo gesto viene compiuto per devozione, e per chiedere la grazia di essere guariti da una brutta malattia scientificamente chiamata Herpes Zoster, intesa comunemente come fuoco di Sant'Antonio.

Il fuoco viene acceso con la legna che i fedeli portano in dono, andando a fare "u viaggiu", cioè una visita di devozione al Santo. Una volta nel pomeriggio della vigilia vi era la sfilata dei cavalli e dei giumenti, parati a festa con nastri colorati. Gli animali con in groppa i loro padroni percorrevano alcune vie del paese, quindi giungevano nel quartiere di Sant'Antonio, dove, dopo aver girato nel suggestivo vicolo intorno alla chiesa, si fermavano nel piazzale per ricevere la benedizione.

Talvolta i cavalli tornavano nella piazza il giorno della festa, per prendere parte alla processione.

Ogni 17 gennaio la piazza si riempie di animali capre, cani, cavalli, porcellini, che vengono portati prevalentemente dai bambini per ricevere la protezione del Santo.

La sera della vigilia viene celebrata una funzione molto particolare, che viene chiamata "u du uri", il "due ore", poiché anticamente veniva celebrata due ore prima del tramonto.

(Testo e foto da Rete italiana per la salvaguardia e la valorizzazione delle feste di Sant’Antonio Abate)

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Palazzo Bella–Cammarata – Campobello di Licata  (AG)

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