“La gravità delle forze nascoste” Mostra di Sasha Vinci - Cappella dell’Incoronata, Museo Riso, Palermo - fino al 20 gennaio 2024.
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“Una dichiarazione d'amore ad una città, il cui ductus ardente viene simbolicamente auscultato, e decifrato, nelle sue armonie e dissonanze per essere restituito ai cittadini in una nuova forma espressiva come dono straordinario" (Serena Ribaudo, curatrice della Mostra)
Questa esposizione è un omaggio vibrante alla città di Palermo, un’esplorazione profonda e multisensoriale del tessuto urbano e sociale di questa antica città, un viaggio attraverso il quale l’artista siciliano ci svela il suo intimo legame con Palermo.
Nel cuore della mostra sorge infatti l’imponente installazione “Non si disegna il cielo / Il Canto di Palermo”. Parte di una serie avviata a Volterra nel 2015, quest’opera trasforma lo skyline e le costellazioni di Palermo in armonie musicali, incarnando un dialogo tra cielo e terra.
La struttura ottagonale, ispirata ai Quattro Canti di Palermo, simboleggia l’equilibrio cosmico e l’infinito. Realizzata in marmo grigio Billiemi, un materiale storico di Palermo, l’opera rappresenta un ponte tra il passato glorioso della città e la sua contemporaneità.
Proseguendo il percorso espositivo, si entra nella cripta che ospita un’installazione unica, una sorta di mappatura di una città ipotetica dove natura e storia si fondono. Infine, nella biblioteca, un’imponente scultura di alabastro si staglia, invitando il pubblico a un’interazione intima e luminosa.
(📸 Sasha Vinci – Artemagazine) Sasha Vinci è un artista poliedrico noto per la sua ricerca continua attraverso differenti linguaggi artistici.
Dal disegno alla scultura, dalla performance alla musica, Vinci ha costruito un percorso artistico che si interroga sulle problematiche dell’esistente, giungendo a una visione ampia e plurale.
Collaboratore attivo con varie gallerie d’arte e progetti culturali, Vinci ha contribuito significativamente alla scena artistica siciliana e italiana.
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Questa esposizione è un omaggio vibrante alla città di Palermo, un’esplorazione profonda e multisensoriale del tessuto urbano e sociale di questa antica città, un viaggio attraverso il quale l’artista siciliano ci svela il suo intimo legame con Palermo.
Nel cuore della mostra sorge infatti l’imponente installazione “Non si disegna il cielo / Il Canto di Palermo”. Parte di una serie avviata a Volterra nel 2015, quest’opera trasforma lo skyline e le costellazioni di Palermo in armonie musicali, incarnando un dialogo tra cielo e terra.
La struttura ottagonale, ispirata ai Quattro Canti di Palermo, simboleggia l’equilibrio cosmico e l’infinito. Realizzata in marmo grigio Billiemi, un materiale storico di Palermo, l’opera rappresenta un ponte tra il passato glorioso della città e la sua contemporaneità.
Proseguendo il percorso espositivo, si entra nella cripta che ospita un’installazione unica, una sorta di mappatura di una città ipotetica dove natura e storia si fondono. Infine, nella biblioteca, un’imponente scultura di alabastro si staglia, invitando il pubblico a un’interazione intima e luminosa.
(📸 Sasha Vinci – Artemagazine) Sasha Vinci è un artista poliedrico noto per la sua ricerca continua attraverso differenti linguaggi artistici.
Dal disegno alla scultura, dalla performance alla musica, Vinci ha costruito un percorso artistico che si interroga sulle problematiche dell’esistente, giungendo a una visione ampia e plurale.
Collaboratore attivo con varie gallerie d’arte e progetti culturali, Vinci ha contribuito significativamente alla scena artistica siciliana e italiana.
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Indovinate qual è la città europea in cui si vive peggio: la maglia nera va a una siciliana
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Indovinate qual è la città europea in cui si vive peggio: la maglia nera va a una siciliana
A fotografare la situazione è il "Rapporto sulla qualità della vita nelle città europee 2023", realizzato dalla Commissione europea. L'anno inizia con una bocciatura Sicilia Il 2023 è appena finito ma è ancora tempo di bilanci. E questa volta, nonostante…
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🗓️ 5 GENNAIO
📖Proverbiu du jionnu
"A iaddina fa l'ovu e o iaddu ci brucia u culu"😅
🗞Videmu chi succidiu na vota di sti tempi.
Il 5 gennaio 1948 nasceva a #Cinisi, in provincia di #Palermo, il giornalista Peppino Impastato. Il 5 gennaio 1984 moriva invece a #Catania il giornalista Pippo Fava, nativo di #PalazzoloAcreide.
Due giornalisti, due attivisti antimafia, due caduti, due eroi del novecento siciliano.
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Il 5 gennaio 1948 nasceva a #Cinisi, in provincia di #Palermo, il giornalista Peppino Impastato. Il 5 gennaio 1984 moriva invece a #Catania il giornalista Pippo Fava, nativo di #PalazzoloAcreide.
Due giornalisti, due attivisti antimafia, due caduti, due eroi del novecento siciliano.
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🗞️ IL CORAGGIO DELLA LIBERTÀ
Peppino era componente di una famiglia nota per i legami con i mafiosi locali, e quindi il suo attivismo contro quei poteri era ancora più insopportabile per gli ambienti mafiosi.
Il padre Luigi (1905-1977) durante il periodo fasciata fu confinato proprio per i legami malavitosi. Lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre, Cesare Manzella, era il capomafia del paese, ucciso nel 1963 in un attentato con una Alfa Romeo Giulietta riempita di tritolo.
L’attività di Peppino incrinò i rapporti con il padre che non poteva tollerare le azioni del figlio secondo la mentalità e la cultura di famiglia e lo cacció di casa.
Impastato non si limitò ad una attività di protesta fine a se stessa, ma cercó di creare strumenti che potessero amplificare la sua voce e quindi nel 1965 fondò il giornalino L'idea socialista e aderì al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipò, con il ruolo di dirigente, alle attività delle nuove formazioni comuniste, come Il manifesto e, in particolare, Lotta Continua.
Condusse le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.
Nel 1976 costituì il gruppo Musica e cultura, che svolgeva attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1977 fondò Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denunciò i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo di Gaetano Badalamenti (chiamato sarcasticamente «Tano Seduto» da Peppino, successore di suo zio Cesare Manzella come capomafia locale, che aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto di Punta Raisi. Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione satirica in cui Peppino derideva mafiosi e politici.
Nonostante le minacce e le continue pressioni della comunità locale, nel 1978 si candidò nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, ma non fece in tempo a sapere l'esito delle votazioni perché venne assassinato a campagna elettorale ancora in corso, la notte del 9 maggio, su commissione di Badalamenti.
Con il suo cadavere venne inscenato un attentato, per distruggerne anche l'immagine, in cui la vittima apparisse come suicida, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani. La lista di Democrazia Proletaria ottenne 260 voti e un seggio; gli elettori votarono comunque, simbolicamente, per il defunto Peppino, che addirittura risultò il candidato più votato con 199 preferenze.
L'ultimo comizio di Impastato, il 7 maggio 1978
Stampa, forze dell'ordine e magistratura inizialmente sostennero che Peppino stesse architettando un attentato nel quale lui stesso sarebbe rimasto ucciso, poi iniziarono a parlare di suicidio dopo la scoperta di una lettera in casa della zia, che in realtà non rivelava propositi suicidi. Il delitto, avvenuto in piena notte, passò inizialmente inosservato, poiché coincise con il ritrovamento del corpo di Aldo Moro.
I depistaggi e la macchina del fango su Peppino Impastato sono solo uno degli esempi attraverso il quale la propaganda istituzionale sia stata complice del tentativo di uccisione anche dell’immagine di un siciliano che ha tentato di dare onore e dignità alla propria terra e al proprio popolo.
«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».
"Peppino Impastato"
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Peppino era componente di una famiglia nota per i legami con i mafiosi locali, e quindi il suo attivismo contro quei poteri era ancora più insopportabile per gli ambienti mafiosi.
Il padre Luigi (1905-1977) durante il periodo fasciata fu confinato proprio per i legami malavitosi. Lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre, Cesare Manzella, era il capomafia del paese, ucciso nel 1963 in un attentato con una Alfa Romeo Giulietta riempita di tritolo.
L’attività di Peppino incrinò i rapporti con il padre che non poteva tollerare le azioni del figlio secondo la mentalità e la cultura di famiglia e lo cacció di casa.
Impastato non si limitò ad una attività di protesta fine a se stessa, ma cercó di creare strumenti che potessero amplificare la sua voce e quindi nel 1965 fondò il giornalino L'idea socialista e aderì al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipò, con il ruolo di dirigente, alle attività delle nuove formazioni comuniste, come Il manifesto e, in particolare, Lotta Continua.
Condusse le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.
Nel 1976 costituì il gruppo Musica e cultura, che svolgeva attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1977 fondò Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denunciò i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo di Gaetano Badalamenti (chiamato sarcasticamente «Tano Seduto» da Peppino, successore di suo zio Cesare Manzella come capomafia locale, che aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto di Punta Raisi. Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione satirica in cui Peppino derideva mafiosi e politici.
Nonostante le minacce e le continue pressioni della comunità locale, nel 1978 si candidò nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, ma non fece in tempo a sapere l'esito delle votazioni perché venne assassinato a campagna elettorale ancora in corso, la notte del 9 maggio, su commissione di Badalamenti.
Con il suo cadavere venne inscenato un attentato, per distruggerne anche l'immagine, in cui la vittima apparisse come suicida, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani. La lista di Democrazia Proletaria ottenne 260 voti e un seggio; gli elettori votarono comunque, simbolicamente, per il defunto Peppino, che addirittura risultò il candidato più votato con 199 preferenze.
L'ultimo comizio di Impastato, il 7 maggio 1978
Stampa, forze dell'ordine e magistratura inizialmente sostennero che Peppino stesse architettando un attentato nel quale lui stesso sarebbe rimasto ucciso, poi iniziarono a parlare di suicidio dopo la scoperta di una lettera in casa della zia, che in realtà non rivelava propositi suicidi. Il delitto, avvenuto in piena notte, passò inizialmente inosservato, poiché coincise con il ritrovamento del corpo di Aldo Moro.
I depistaggi e la macchina del fango su Peppino Impastato sono solo uno degli esempi attraverso il quale la propaganda istituzionale sia stata complice del tentativo di uccisione anche dell’immagine di un siciliano che ha tentato di dare onore e dignità alla propria terra e al proprio popolo.
«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».
"Peppino Impastato"
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🗞️ Archeologia, scoperta a Ustica una fortificazione di oltre 3000 anni fa
📖 Nell'isola di Ustica, terra ricca di storia e mistero, è emersa una scoperta archeologica straordinaria: una fortificazione risalente a più di 3.000 anni fa, dell'Età del Bronzo. Questa affascinante ...
👉🏼 Commenti 👉🏼 Canale
👉🏼 News e Info 👉🏼 Fonte Siciliafan
#goodnews 〽️
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Vincenzo Florio ideatore della Targa Florio moriva il 6 Gennaio 1959.
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Ad un suo colpo di genio si deve la realizzazione dei guard rail per il circuito.
Palermo era immersa nella sua età dell’oro: la Belle Epoque. Ernesto Basile cambiava il volto della città, Renè Lalique realizzava il trofeo per il vincitore della 1^ Targa Florio del 1906 e Vittorio Ducrot produceva apprezzatissimi mobili in stile Liberty.
Ma nel 1915, l’ingresso dell’Italia in guerra cambiò la prospettiva dell’azienda Ducrot. Al mobilificio fu infatti chiesto di produrre aerei necessari per fronteggiare gli
avversari.
Durante la produzione delle eliche, si pose il problema di cosa fare degli esemplari difettosi e quindi inutilizzabili.
Florio, aguzzò l’ingegno, volle riutilizzare quei manufatti. Ne fece eleganti paletti per delimitare ampi tratti del circuito della sua Targa.
Curve e tornanti delle Madonie videro rinascere a nuova vita quelle eliche malfatte e altrimenti destinate alla distruzione.
💻Fonte
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Palermo era immersa nella sua età dell’oro: la Belle Epoque. Ernesto Basile cambiava il volto della città, Renè Lalique realizzava il trofeo per il vincitore della 1^ Targa Florio del 1906 e Vittorio Ducrot produceva apprezzatissimi mobili in stile Liberty.
Ma nel 1915, l’ingresso dell’Italia in guerra cambiò la prospettiva dell’azienda Ducrot. Al mobilificio fu infatti chiesto di produrre aerei necessari per fronteggiare gli
avversari.
Durante la produzione delle eliche, si pose il problema di cosa fare degli esemplari difettosi e quindi inutilizzabili.
Florio, aguzzò l’ingegno, volle riutilizzare quei manufatti. Ne fece eleganti paletti per delimitare ampi tratti del circuito della sua Targa.
Curve e tornanti delle Madonie videro rinascere a nuova vita quelle eliche malfatte e altrimenti destinate alla distruzione.
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Viaggio e Adorazione dei Magi – Chiostro di Monreale (PA)
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“Il meraviglioso chiostro di Monreale suggerisce alla mente una tale sensazione di grazia che ci vorrebbe restare quasi per sempre.
È molto grande, perfettamente quadrato, di un’eleganza delicata e fine; e chi non l’ha visto non può immaginare cosa sia l’armonia di un colonnato.
La squisita proporzione, l’incredibile snellezza di tutte queste leggere colonnine, che vanno a due a due, a fianco a fianco, tutte differenti, alcune rivestite di mosaici, altre nude; alcune ricoperte da sculture d’incomparabile bellezza, altre adorne di un semplice disegno di pietra che vi sale attorno, avvolgendosi come una pianta rampicante, meravigliano lo sguardo, e poi lo affascinano, lo incantano, vi generano quella gioia artistica che le cose di un gusto assoluto fanno penetrare nell’anima attraverso gli occhi.
Come tutte queste coppie di colonnine, anche tutti i capitelli di fattura incantevole, sono differenti.
E ci si meraviglia contemporaneamente, cosa molto rara, dell’effetto mirabile dell’insieme, e della perfezione del particolare.
(Guy de Maupassant, “La via errante”, 1885)
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È molto grande, perfettamente quadrato, di un’eleganza delicata e fine; e chi non l’ha visto non può immaginare cosa sia l’armonia di un colonnato.
La squisita proporzione, l’incredibile snellezza di tutte queste leggere colonnine, che vanno a due a due, a fianco a fianco, tutte differenti, alcune rivestite di mosaici, altre nude; alcune ricoperte da sculture d’incomparabile bellezza, altre adorne di un semplice disegno di pietra che vi sale attorno, avvolgendosi come una pianta rampicante, meravigliano lo sguardo, e poi lo affascinano, lo incantano, vi generano quella gioia artistica che le cose di un gusto assoluto fanno penetrare nell’anima attraverso gli occhi.
Come tutte queste coppie di colonnine, anche tutti i capitelli di fattura incantevole, sono differenti.
E ci si meraviglia contemporaneamente, cosa molto rara, dell’effetto mirabile dell’insieme, e della perfezione del particolare.
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