La chiesa madre, dedicata alla Madonna Assunta, è il principale luogo di culto cattolico di Favara nonché il duomo della città. È stata edificata tra il 1892 e il 1898. Precedentemente, nel 1558, risultava già presente un'altra chiesa nello stesso luogo chiamata Maior, ossia la principale, e nel 1598 risultava sotto il titolo dell'Assunzione.
La chiesa fu ampiamente ricostruita nel corso del 1760, e ancora nel 1828 per volere soprattutto di Biagio Licata nonno del principe di Baucina, che destinò all'opera un'ingente somma. Gli stucchi e le pitture dell'interno, adornato da colonne con capitelli in stile ionico, vennero completati intorno alla metà del 1830. Questa chiesa fu abbattuta nel 1892 quando venne costruita l'attuale, i cui lavori durarono fino al luglio 1898.
L'inaugurazione avvenne il 10 ottobre 1897. La direzione dei lavori fu affidata all'architetto Carmelo Sciuto Patti di Catania che non poté completare i lavori; furono ripresi dall'ingegnere Achille Viola da Castronovo, il quale modificò in parte il progetto. La chiesa, che si rifa a modelli di architettura lombarda dei secoli XIV e XV, sulla imponente facciata presenta dei mosaici che sono stati introdotti intorno alla fine degli anni cinquanta ad opera di alcuni artisti fiorentini.
All'interno è suddivisa in tre navate di cui quella laterale a sinistra custodisce un grande e pregevole Crocifisso del Seicento. In questo luogo, nel corso dei secoli XVIII e XIX, c'era un oratorio, detto del SS. Crocifisso che accoglieva il citato Crocifisso, proveniente dalla vecchia chiesa madre; l'oratorio venne distrutto nel 1892, quando iniziò la costruzione della nuova madrice.
Degno di nota è l'organo costruito e collocato da Pacifico Inzoli da Crema. Interessante è il pulpito ligneo, in stile neogotico.
Degno di nota è l'organo costruito e collocato da Pacifico Inzoli da Crema.
Interessante è il pulpito ligneo, in stile neogotico, eseguito nel 1901 dai maestri Antonio Amico e il figlio Antonio, su disegno del pittore favarese Vincenzo Indelicato. Nel 1920 circa, furono messi in opera dal maestro Giacomo Patti, i vetri policromi delle grandi finestre, poi sostituiti nei primi anni novanta.
Le spese per la costruzione dell'attuale chiesa vennero sostenute principalmente da Francesco Piscopo, che alla sua morte fece, a questo scopo, un notevole lascito, e dai fratelli Giudice e la sorella Gesuela, che vi destinarono grosse somme di denaro.
Fu per volere di quest'ultima che venne edificata la grandiosa cupola, non prevista nel progetto dello Sciuto Patti.
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La chiesa fu ampiamente ricostruita nel corso del 1760, e ancora nel 1828 per volere soprattutto di Biagio Licata nonno del principe di Baucina, che destinò all'opera un'ingente somma. Gli stucchi e le pitture dell'interno, adornato da colonne con capitelli in stile ionico, vennero completati intorno alla metà del 1830. Questa chiesa fu abbattuta nel 1892 quando venne costruita l'attuale, i cui lavori durarono fino al luglio 1898.
L'inaugurazione avvenne il 10 ottobre 1897. La direzione dei lavori fu affidata all'architetto Carmelo Sciuto Patti di Catania che non poté completare i lavori; furono ripresi dall'ingegnere Achille Viola da Castronovo, il quale modificò in parte il progetto. La chiesa, che si rifa a modelli di architettura lombarda dei secoli XIV e XV, sulla imponente facciata presenta dei mosaici che sono stati introdotti intorno alla fine degli anni cinquanta ad opera di alcuni artisti fiorentini.
All'interno è suddivisa in tre navate di cui quella laterale a sinistra custodisce un grande e pregevole Crocifisso del Seicento. In questo luogo, nel corso dei secoli XVIII e XIX, c'era un oratorio, detto del SS. Crocifisso che accoglieva il citato Crocifisso, proveniente dalla vecchia chiesa madre; l'oratorio venne distrutto nel 1892, quando iniziò la costruzione della nuova madrice.
Degno di nota è l'organo costruito e collocato da Pacifico Inzoli da Crema. Interessante è il pulpito ligneo, in stile neogotico.
Degno di nota è l'organo costruito e collocato da Pacifico Inzoli da Crema.
Interessante è il pulpito ligneo, in stile neogotico, eseguito nel 1901 dai maestri Antonio Amico e il figlio Antonio, su disegno del pittore favarese Vincenzo Indelicato. Nel 1920 circa, furono messi in opera dal maestro Giacomo Patti, i vetri policromi delle grandi finestre, poi sostituiti nei primi anni novanta.
Le spese per la costruzione dell'attuale chiesa vennero sostenute principalmente da Francesco Piscopo, che alla sua morte fece, a questo scopo, un notevole lascito, e dai fratelli Giudice e la sorella Gesuela, che vi destinarono grosse somme di denaro.
Fu per volere di quest'ultima che venne edificata la grandiosa cupola, non prevista nel progetto dello Sciuto Patti.
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📍NOTO, LA CAPITALE MONDIALE DEL BAROCCO.
Noto è un comune siciliano di 24 162 abitanti del libero consorzio comunale di Siracusa. È il primo comune della regione per estensione territoriale.
Definita la "capitale del Barocco", nel 2002 il suo centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità da parte dell'UNESCO, insieme con le altre città tardo barocche del Val di Noto.
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📷 Salvo Olimpo
Noto è un comune siciliano di 24 162 abitanti del libero consorzio comunale di Siracusa. È il primo comune della regione per estensione territoriale.
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La Chiesa dell’Immacolata di Linguaglossa, con annesso Convento dei Cappuccini, sorge sul Piano cappuccini. La costruzione ebbe inizio nella prima metà del Seicento. L’altare maggiore, in noce ad intarsio con motivi floreali, è di Frate Mariano da Francavilla, intagliatore dell’Ottocento.
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Sull’altare è la Custodia (1708-10) di Pietro Bencivinni da Polizzi.
Scolpita in legno di cipresso, arancio e noce, la meravigliosa Custodia è tra le più insigni opere d’arte che si conservino nelle Chiese di Linguaglossa.
Di proporzioni monumentali e fastosa nella complessa architettura delle sue parti, essa è tutto un ricamo molto fantasioso di motivi ornamentali che vanno dalle figure di animali a quelle di angeli, dalle conchiglie agli ippogrifi, ai fiori, che istoriano le colonnine tortili delle absidiole.
Le numerose scene tratte dai testi sacri (Mosè ed il serpente di bronzo; Caino e Abele; Adamo ed Eva; la Cena di Emmaus) e i Santi collocati nelle nicchie o sulle mensole rette da cariatidi, non solo testimoniano la raffinata tecnica dell’intagliatore, ma sono anche l’espressione più genuina di un sentimento che sa rivelarsi nelle forme di un’arte che esula dai soliti schemi popolareggianti.
Le custodie simili di Piazza Armerina, Palagonia, Mazzarino, Militello, ecc., per quanto celebrate, non reggono al confronto del prezioso modello linguaglossese. Nei locali del Convento sono numerosi dipinti tra i quali una Vergine; una Madonna col Bambino (XVIII sec.) ascritta a Vito D’Anna; una seconda Madonna col Bambino (XVI sec.) attribuita ad Andrea da Salerno; un San Gaetano (1834) di Lucio Grasso; ed una Santa Margherita d’ignoto.
Il testo, tratto dal Volume di Santo Calì “Convegno di artisti e artigiani nelle chiese di Linguaglossa”, è stato aggiornato da Mons. Orazio Barbarino, attuale amato arciprete e leader spirituale della città.
📸 N.L.G.
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Scolpita in legno di cipresso, arancio e noce, la meravigliosa Custodia è tra le più insigni opere d’arte che si conservino nelle Chiese di Linguaglossa.
Di proporzioni monumentali e fastosa nella complessa architettura delle sue parti, essa è tutto un ricamo molto fantasioso di motivi ornamentali che vanno dalle figure di animali a quelle di angeli, dalle conchiglie agli ippogrifi, ai fiori, che istoriano le colonnine tortili delle absidiole.
Le numerose scene tratte dai testi sacri (Mosè ed il serpente di bronzo; Caino e Abele; Adamo ed Eva; la Cena di Emmaus) e i Santi collocati nelle nicchie o sulle mensole rette da cariatidi, non solo testimoniano la raffinata tecnica dell’intagliatore, ma sono anche l’espressione più genuina di un sentimento che sa rivelarsi nelle forme di un’arte che esula dai soliti schemi popolareggianti.
Le custodie simili di Piazza Armerina, Palagonia, Mazzarino, Militello, ecc., per quanto celebrate, non reggono al confronto del prezioso modello linguaglossese. Nei locali del Convento sono numerosi dipinti tra i quali una Vergine; una Madonna col Bambino (XVIII sec.) ascritta a Vito D’Anna; una seconda Madonna col Bambino (XVI sec.) attribuita ad Andrea da Salerno; un San Gaetano (1834) di Lucio Grasso; ed una Santa Margherita d’ignoto.
Il testo, tratto dal Volume di Santo Calì “Convegno di artisti e artigiani nelle chiese di Linguaglossa”, è stato aggiornato da Mons. Orazio Barbarino, attuale amato arciprete e leader spirituale della città.
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Forza D'Agro (Messina)
Forza d'Agrò
(a Forza in siciliano)
è un comune italiano di 867 abitanti della città metropolitana di Messina in Sicilia.
Fa parte del comprensorio della Valle d'Agrò e all'Unione dei comuni delle Valli joniche dei Peloritani. Il primo insediamento risale al X secolo, con il nome di Vicum Agrillae, mentre l'attuale denominazione risale al XIV secolo.
Numerosi ritrovamenti archeologici, effettuati negli anni scorsi, nei pressi del castello della Forza testimoniano che il sito era frequentato sia in età protostorica (dai Sicani e dai Siculi) che in epoche successive come il periodo greco-siceliota, ellenistico e romano. Il sito di Forza d'Agrò sorgeva infatti sulla linea di confine tra la sfera di giurisdizione della polis siceliota di Messana e quella di Naxos.
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è un comune italiano di 867 abitanti della città metropolitana di Messina in Sicilia.
Fa parte del comprensorio della Valle d'Agrò e all'Unione dei comuni delle Valli joniche dei Peloritani. Il primo insediamento risale al X secolo, con il nome di Vicum Agrillae, mentre l'attuale denominazione risale al XIV secolo.
Numerosi ritrovamenti archeologici, effettuati negli anni scorsi, nei pressi del castello della Forza testimoniano che il sito era frequentato sia in età protostorica (dai Sicani e dai Siculi) che in epoche successive come il periodo greco-siceliota, ellenistico e romano. Il sito di Forza d'Agrò sorgeva infatti sulla linea di confine tra la sfera di giurisdizione della polis siceliota di Messana e quella di Naxos.
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Vi auguriamo una meravigliosa serata con questo maglifico tramonto di Noto
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Scorcio del paese con la chiesa della Santissima Trinità
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Durante l'epoca dell'Emirato di Sicilia e per tutti i secoli XII e XIII, il villaggio era ubicato in contrada Casale, nella parte occidentale del monte Calvario. Distrutto da una frana, venne riedificato attorno al 1300 nel sito ove oggi noi lo ammiriamo. Dell'antico centro abitato rimangono i resti della chiesa di San Michele Arcangelo, probabilmente di epoca bizantina.
Nel 1116, il villaggio era denominato Agrilla e il Re di Sicilia Ruggero II Altavilla lo proclamò terra inalienabile donandolo all'Abate del monastero dei Santi Pietro e Paolo d'Agrò che vi esercitò per secoli il mero e misto imperio. L'amministrazione del villaggio era affidata ai Due Giurati che duravano in carica un anno e venivano sorteggiati estraendo i nomi da una lista di persone gradite all'Abate. Tra le cariche esistenti all'epoca si ricordino: il Iudice, che amministrava la giustizia nel villaggio, il Capitano Giustiziere che amministrava l'ordine pubblico, il Baglivo che aveva poteri di polizia campestre ed infine la commissione dei Deputati che aveva una miriade di poteri tra cui la manutenzione e la cura del castello. Gli abitanti di Forza d'Agrò erano obbligati a coltivare i campi dell'Abate e a donare ai monaci del convento, nei giorni di Natale e Pasqua due galline e una capra.
Nel 1282, durante la Guerra del Vespro, Re Pietro I di Sicilia ordinò ai forzesi di inviare trenta arcieri nella vicina Taormina agli ordini di Giovanni Chelamidi. Nel 1302, passa sotto la giurisdizione dello Strategoto Messinese ed è inclusa nella comarca di Taormina. Nel XV secolo, Forza d'Agrò conosce un periodo di grande espansione edilizia, vengono costruiti il Duomo della Santissima Annunziata e la Chiesa della Triade.
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Nel 1116, il villaggio era denominato Agrilla e il Re di Sicilia Ruggero II Altavilla lo proclamò terra inalienabile donandolo all'Abate del monastero dei Santi Pietro e Paolo d'Agrò che vi esercitò per secoli il mero e misto imperio. L'amministrazione del villaggio era affidata ai Due Giurati che duravano in carica un anno e venivano sorteggiati estraendo i nomi da una lista di persone gradite all'Abate. Tra le cariche esistenti all'epoca si ricordino: il Iudice, che amministrava la giustizia nel villaggio, il Capitano Giustiziere che amministrava l'ordine pubblico, il Baglivo che aveva poteri di polizia campestre ed infine la commissione dei Deputati che aveva una miriade di poteri tra cui la manutenzione e la cura del castello. Gli abitanti di Forza d'Agrò erano obbligati a coltivare i campi dell'Abate e a donare ai monaci del convento, nei giorni di Natale e Pasqua due galline e una capra.
Nel 1282, durante la Guerra del Vespro, Re Pietro I di Sicilia ordinò ai forzesi di inviare trenta arcieri nella vicina Taormina agli ordini di Giovanni Chelamidi. Nel 1302, passa sotto la giurisdizione dello Strategoto Messinese ed è inclusa nella comarca di Taormina. Nel XV secolo, Forza d'Agrò conosce un periodo di grande espansione edilizia, vengono costruiti il Duomo della Santissima Annunziata e la Chiesa della Triade.
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Visitare i megaliti dell'Argimusco: il mistero della Stonehenge italiana
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Visitare i megaliti dell'Argimusco: il mistero della Stonehenge italiana
A circa 7 km dal centro abitato di Montalbano Elicona (eletto borgo più bello d’Italia nel 2015), si trova uno dei luoghi probabilmente più misteriosi e suggestivi di tutta la Sicilia, ovvero l’altipiano dell’Argimusco. Siamo a 1.200 metri di altitudine,…
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Dal paesello siciliano a Milano con una lapa di libri: Salvatore e la sua libreria d'asporto
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Dal paesello siciliano a Milano con una lapa di libri: Salvatore e la sua libreria d'asporto
Il piccolo grande sogno su quattro ruote di Salvatore Lanno adesso è realtà: la Libreria d’Asporto. Lui, scrittore, che vuole che tutti possano godere di un amico come il libro Dalla Sicilia alla Lombardia per creare una libreria itinerante, d'asporto, che…
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Acqua di Noto Profumi
Cultura, tradizione e storia rappresentano l’emblema di unicità che distingue il nostro prodotto Made in Sicily, che nasce per rafforzare l’identità della città di Noto attraverso la riscoperta e la valorizzazione del suo patrimonio artistico e paesaggistico, dal 2002, appartenente all’umanità.
Ci prefiggiamo di generare un valore identitario ancora più rilevante, nell’ ottica di renderlo condiviso.
La missione è stata quella di raccogliere l’eredità culturale della città di Noto, patrimonio dell’umanità, come fonte inesauribile di vita e di ispirazione, per trasmetterne l’eccezionale valore universale.
"Quel ch’è più memorabile è l’odore di un luogo, prima o poi le sue note torneranno a far vibrare le corde della nostra anima nel suo fluire".
~Acqua di Noto~
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Cultura, tradizione e storia rappresentano l’emblema di unicità che distingue il nostro prodotto Made in Sicily, che nasce per rafforzare l’identità della città di Noto attraverso la riscoperta e la valorizzazione del suo patrimonio artistico e paesaggistico, dal 2002, appartenente all’umanità.
Ci prefiggiamo di generare un valore identitario ancora più rilevante, nell’ ottica di renderlo condiviso.
La missione è stata quella di raccogliere l’eredità culturale della città di Noto, patrimonio dell’umanità, come fonte inesauribile di vita e di ispirazione, per trasmetterne l’eccezionale valore universale.
"Quel ch’è più memorabile è l’odore di un luogo, prima o poi le sue note torneranno a far vibrare le corde della nostra anima nel suo fluire".
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